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Autore: Kukiness    29/12/2011    7 recensioni
Il Dottore ruotò gli occhi. «Nella mia testa sembrava molto più intelligente, lo ammetto. E comunque è colpa vostra che avete sparso sale ovunque! Non mi aspettavo così tanto iodio in giro. È un miracolo se siamo ancora vivi! Siete degli incoscienti a lasciare tanto sale in giro vicino a dei teletrasporti attivi.» Sospirò. «Meno male che sono tornati a casa tutti sani e salvi. Un po’ pelati, ma salvi.»
[Crossover Supernatural/Doctor Who]
Genere: Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Molly Brown sapeva che lavorare in un Diner di notte lungo l’autostrada ti portava a incontrare persone di tutti i tipi. A parte i soliti camionisti in crisi d’astinenza da caffeina, una volta le era capitato un ragazzino con una pistola ad aria compressa e un paio di collant in testa che le aveva intimato di rovesciare tutto il contenuto della cassa in una borsa. Tutto il contenuto della cassa corrispondeva a quarantacinque dollari e sessantadue centesimi, e il ragazzo era scoppiato a piangere perché non gli bastavano per portare una certa “Dorothy” a Disneyworld. Molly si era commossa, ma aveva chiamato comunque la polizia. Un’altra volta si era fermato un tizio tutto avvolto in un soprabito color cammello, scarmigliato, con gli occhi pallati. Quando si era seduto su uno degli sgabelli al bancone e aveva ordinato un cheeseburger senza ketchup, Molly aveva notato che sotto il soprabito indossava una specie di tutina rosa da ballerina. Lui le aveva scoccato un’occhiata disperata alla “Non faccia domande” e Molly non ne aveva fatte.

Perciò quando quella mattina – erano passate da poco le quattro – erano entrati quei tre tizi con l’aria di chi è finito più e più volte sotto uno schiacciasassi, Molly aveva preso un bel respiro e si era avvicinata al loro tavolo con il taccuino per gli ordini e il suo miglior sorriso.

Capita a tutti di avere una brutta giornata.


Incontri del quinto tipo o anche quello dopo


Tre tizi. Quello magrolino e senza sopracciglia indossava un fez sbilenco, con la nappetta bruciacchiata da cui si levava ancora un filetto di fumo, e un completo da professore di matematica inglese da far impallidire Carlo d’Inghilterra – che non era un professore, da quello che ne sapeva Molly, ma diamine se si vestiva male. Si guardava attorno tutto allegro, con le lunghe dita intrecciate sul tavolo e il sorriso più largo che Molly avesse mai visto – o che comunque avesse mai visto stampato sulla faccia di uno a cui fumasse il cappello.

Quello alto alto, alto anche da seduto, aveva la faccia pesta e triste, un occhio nero e il giubbotto sbrindellato come se fosse stato aggredito da un cane rabbioso. La lana cotta dell’imbottitura era tutta spruzzata fuori da buchi più o meno grandi disseminati per tutto il giubbotto. Peccato, pensò Molly, perché sembrava proprio un bel giubbotto.

Il terzo tizio era chinato in avanti, con la faccia contro il tavolino, i capelli bruciacchiati e impronte infangate di... zoccoli?, buon Dio, sembravano proprio zoccoli... Beh, qualsiasi cosa fossero, si trovano disseminate per tutta la sua schiena.

Il sorriso di Molly vacillò.

«Allora, dolcezze, per chi è la torta di mele?»

Il tizio con le impronte di zoccoli (?) sulla schiena grugnì e alzò un dito. Il tizio con il fez gli spinse via le braccia, allungate sul tavolo, per fare posto alla torta. Molly sorrise incerta e piazzò il piatto vicino al gomito del tizio.

«E l’insalata dello chef?»

Il tizio alto alto, alto anche da seduto, ruotò gli occhi verso di lei e abbozzò un sorriso esausto. «Per me, grazie.»

«Quindi immagino che i bastoncini di pesce siano per te, zucchero,» disse Molly, piazzando il piatto fritto ancora fumante di fronte al professore di matematica.

«Niente zucchero, solo bastoncini, grazie!» replicò giulivo il professore, sistemandosi un tovagliolo di carta sul grembo.

Molly aprì la bocca e la richiuse. Sorrise. «Tranquillo, dolcezza, niente zucchero, solo pesce.» Si voltò verso quello degli zoccoli (?). «Vuoi anche la panna?» Tirò fuori dal grembiule la bomboletta di panna spray.

Il tizio alzò la testa dal tavolo. «Lascia la bottiglia,» gracchiò.

Molly sbatté le palpebre. «Ti... costerà due dollari in più, tesoro.»

«Lascia. La. Bottiglia.»

«Per favore,» aggiunse quello alto alto, con un altro sorriso esausto e dispiaciuto.

«Uhm, okay.» Molly lasciò sul tavolo la bomboletta e segnò velocemente l’aggiunta sul taccuino. «Se avete bisogno...» Fece un cenno verso il bancone e poi si allontanò.

Capitano a tutti delle brutte giornate.

Quei tre dovevano averne avuta una veramente brutta.


Il tizio degli zoccoli, che si chiamava Dean, alzò la testa e appoggiò i gomiti sul tavolo per sorreggersi seduto. Afferrò la bomboletta spray e la agitò, ma il braccio gli spedì una fitta di dolore così acuta nel cervello che fu costretto a desistere subito. Allungò la bomboletta a Sam. «Agita.»

«Allora...» Sam prese la bomboletta e cominciò a scuoterla. «Ci stavi dicendo, prima che il fienile esplodesse...»

«Che il fienile stava per esplodere,» rispose il tizio col fez. Si ficcò in bocca un bastoncino di pesce e cominciò a masticare.

Dean grugnì. «Prima di quello. La cosa dei demoni e delle pecore, razza di... strambone che non sei altro. Dottore Strambone.»

Il tizio col fez, che si era presentato come il Dottore ma non aveva dato nessun nome, fece una smorfia disgustata. Aprì la bocca con un grumo di pesce masticato sulla lingua e sputò tutto sul piatto, tra gli altri bastoncini fumanti. Afferrò la bomboletta di panna spray dalle mani di Sam e se ne spruzzò un’enorme palla in bocca. «Aaaugh, così va molto meglio,» biascicò con le guance gonfie. «Non so cos’abbia il pesce americano, ma sembra refrattario alla frittura. Avete mai notato? Grazie della panna.» Tese di nuovo la bomboletta a Sam, che era diventato bianco nausea e scosse la testa sussurrando un “no, tienila”.

Dean assottigliò le palpebre. «Le pecore demone!»

«Non erano demoni,» rispose il Dottore. Si spruzzò altra panna in bocca e ci infilò un altro bastoncino. Masticò per una manciata di secondi. «Erano Ovinikiani, da Ovinikion.»

Dean sbatté le palpebre. «Non prendermi per il culo. Non sono in vena. Sono appena stato calpestato da una mandria di pecore demone, non sono in vena di essere preso per il culo. Ridammi la panna.» Afferrò la bomboletta spray dalle mani del Dottore e se ne spruzzò una grossa palla in bocca, sotto lo sguardo orripilato di Sam.

Il Dottore sospirò. «Ovinikiani, non pecore demone. Non capisco dove sia il problema in questo passaggio.»

«Stai dicendo che erano alieni?» intervenne Sam, molto interessato. «Alieni veri?»

Il Dottore fece spallucce e annuì. Prese la panna da Dean. Bastoncino, panna, masticare.

«Okay, Man in Black... con il fez.» Dean storse il naso e si ricordò della torta. «Tu cosa saresti? Moulder? Cacciatore di alieni pecora dallo spazio profondo? Ma non farmi ridere!»

«Io non caccio,» precisò il Dottore. «Comunque sì, alieni veri. Veri alieni pecora. O meglio, veri Ovinikiani. Se li chiami pecore si offendono.» Scoccò un’occhiata al giubbotto di Sam. «Ma questo lo sapete già.»

«E che cosa diavolo volevano gli alieni pecora da noi?» Sam strabuzzò gli occhi. «Invaderci? Rubarci le anime? Mangiarci? Cosa?»

«Mangiarvi? No! Che schifo.» Bastoncino, panna. «Avete...» Masticazione. «Avete un sapore tremendo. Ho morsicato un umano, una volta. Urgh. Non c’è panna che copra il vostro saporaccio di suola di scarpe, te lo posso assicurare. Comunque, la domanda giusta è “Cosa volevate voi dagli Ovinikiani”.»

Dean disse «Hai morsicato un umano?» e Sam disse «Noi niente! Non li conosciamo neanche!»

Il Dottore sospirò. «Ah, se avessi un nichelino per tutte le volte che mi hanno detto così... Se non li conoscete, perché volevate spellarli?»

Sam e Dean strabuzzarono gli occhi. «Noi non spellavamo proprio nessuno,» ringhiò Dean. «Noi eravamo lì perché un branco di pecore assassine avevano cominciato a rapire e a mangiarsi le persone!»

«Non se le mangiavano!» Il Dottore ruotò gli occhi esasperato. «Nessuno ha mangiato nessuno. Li hanno solo morsicati un po’ e hanno fatto cose poco gentili ai loro capelli. Niente che loro non avessero fatto agli Ovinikiani.»

Dean si mise le mani in faccia. «Aspetta aspetta aspetta. Non credo di afferrare il punto.» Prese un profondo respiro. «Degli alieni pecora, Ovinikit, Oviniket, Oquellochesono, sono venuti sulla Terra un bel giorno per rapare a zero gli esseri umani e per morsicarli un po’? Ti rendi conto di quanto tutto questo sia senza senso?»

«No, scusa, e voi che prendete gli Ovinikiani per raparli a zero e marchiargli il sedere?» Il Dottore brandì un bastoncino di pesce sotto il naso di Dean. «Questo invece ha senso? Erano in vacanza, per Giove! Immagina di andare in vacanza, non so, su Caveat 98 e improvvisamente, mentre te ne stai lì bel bello a mangiucchiarti la tua erba tutto tranquillo, compare un tizio enorme che ti afferra e ti rapa a zero e ti stampiglia un numero sul sedere. Tu che faresti?»

Dean sbatté le palpebre. «Caveochecosa? Perché dovrei andare lì?»

«È un bel pianeta, un sacco di spiagge, ma non è questo il punto!»

Sam annuì. «Credo di aver capito.»

«Non dargli corda, Sam,» disse Dean e si ficcò in bocca una forchettata di torta.

«Dai, non ci arrivi? Erano Ovinikiani,» Sam agitò le mani da una parte e dall’altra, come per riunire due gruppi, «e noi li abbiamo scambiati per pecore. Capito?»

Il Dottore annuì e sorrise. «Esatto. Ci voleva tanto?»

Dean assottigliò le palpebre. «Perché li hai fatti esplodere con quel minipimer, allora?»

Il Dottore spalancò la bocca e sgranò gli occhi. «Il mio che cos... È un cacciavite! È evidentemente un cacciavite sonico! Per Giove, ora ho capito come avete fatto a scambiare gli Ovinikiani per pecore! Minipimer! Il mio cacciavite!»

«Quello che è!» Dean brandì la forchetta verso il Dottore. «Minipimer, minicacciavite, minisonar o quello che vuoi! Che cos’è? Perché fa esplodere le cose?»

«Non le ho fatte esplodere!» Il Dottore sembrava scandalizzato. «Vi pare che farei esplodere gli Ovinikiani solo per tirare voi fuori dai guai? Ho solo attivato il loro teletrasporto.»

«Col fuoco?» intervenne Sam.

Il Dottore ruotò gli occhi. «Nella mia testa sembrava molto più intelligente, lo ammetto. E comunque è colpa vostra che avete sparso sale ovunque! Non mi aspettavo così tanto iodio in giro. È un miracolo se siamo ancora vivi! Siete degli incoscienti a lasciare tanto sale in giro vicino a dei teletrasporti attivi.» Sospirò. «Meno male che sono tornati a casa tutti sani e salvi. Un po’ pelati, ma salvi.»

Dean suo malgrado arrossì. «Il sale serviva per cacciare i demoni.»

«Ma com’è che sai tutte queste cose?» chiese Sam. «Cioè, come attivare i teletrasporti, gli Ovinikiani... chi sei, cosa sei tu?»

Il Dottore sorrise. «Mi sono già presentato, sono il Dottore! E so fare le cose perché sono molto intelligente.»

Dean inarcò un sopracciglio. «E dove lo hai preso quel minisonar? Lo voglio anch’io. Potrebbe tornarci utile.»

«A parte che non è un minisonar, o meglio, lo è ma solo in certe occasioni. E poi me lo sono costruito da solo, è mio e non potete averne uno.» Si batté sulla tasca della giacca di tweed dove evidentemente si trovava il minipimersonico.

«Non ne posso più, non ho capito niente,» grugnì Dean, e si spalmò di nuovo sul tavolo. «Sam, uccidilo e facciamola finita.»

«Ma come uccidilo?» Sam strabuzzò gli occhi. «Evidentemente non è umano e evidentemente è dalla nostra parte. Non si uccide la gente dalla nostra parte così. Non possiamo permettercelo.»

«Grazie,» disse il Dottore. «Apprezzo molto. Sapete, un uomo capisce di essere molto impegnato quando realizza di non avere più il tempo di godersi un bel piatto di pesce fritto con la panna. Erano secoli che non ne mangiavo.»

«Uccidilo!»

«Dean!» Sam gli scoccò un’occhiata truce, poi si voltò di nuovo verso il Dottore. «Ma quindi? Ne arriveranno altri? No, perché abbiamo altre cose di cui preoccuparci, noi, come la Fine del Mondo.»

«La fine del mondo?» Lo sguardo del Dottore si illuminò. «Di nuovo? Ma dove? Ma quando? In che anno siamo?»

«Nel 2010,» grugnì Dean da contro il tavolo.

«Ma sai qualcosa?» disse Sam. «Sei un Profeta? Cosa vuol dire “di nuovo”?»

Il Dottore aggrottò la fronte. «Nel 2010? Questo sì che è strano.» Tirò fuori il minipimersonico e Sam e Dean saltarono sulle sedie.

«Ehi ehi ehi, giù il coso che fa esplodere le cose,» esclamò Dean.

La cameriera dal bancone gridò «Ha una bomba?»

«No, è solo un cacciavite!» disse Sam con un sorriso che voleva essere rassicurante. Si voltò verso il Dottore. «Senti, amico, non c’è alcun bisogno di...»

Il minipimersonico si illuminò di verde e proiettò un fascio di luce prima su Sam e poi su Dean, con un rumore tipo vrrrrrr. Il Dottore lo spense e se lo rimise in tasca.

«Ma sono in un universo parallelo!» strillò e si alzò di scatto dalla sedia.

«Dolcezze, mi state spaventando i clienti!» urlò la cameriera dal bancone.

Sam e Dean si alzarono con lui. «Cosa? Cosa cosa cosa? Cosa sei tu?» Dean aveva gli occhi fuori dalle orbite.

«Ma non è possibile! Io non dovrei essere qui... Gli Ovinikiani men che meno!» Il Dottore si mise le mani nei capelli. «Quando? Come? No? Sì! Devo andare!»

Schizzò verso la porta d’ingresso.

«Il conto!» strillò la cameriera. Sam fece appena in tempo a mollare una manciata di banconote non contate sul tavolo prima di correre dietro al Dottore e a Dean dietro di lui.

«Vuoi fermarti, razza di pazzo dello spazio?» urlò Dean quando furono fuori sul selciato, tra le pompe di benzina. «Che diavolo sta succedendo? Chi sei tu? Di cosa stai parlando?»

Il Dottore si voltò verso di lui. «Non c’è tempo, capisci? Io non dovrei essere qui. Voi non dovreste essere qui. Immagina un foglio di carta, però di vetro. Non puoi piegarlo, no? O si spezza! E si rompe e ci sono schegge dappertutto. Solo che qui non si parla di vetro, ma di tempo e spazio e qui stiamo facendo un gran casino.»

«Ho capito solo casino!» urlò Dean e tirò fuori la pistola. «Dimmi. Che. Diavolo. Sta. Succedendo.»

Il Dottore lo ignorò e si mise a correre verso dove avevano parcheggiato l’Impala, accanto a una grossa cabina blu del telefono. La cabina aveva il portello spalancato, ed era più vicina all’Impala di quando se ne erano andati.

Il Dottore si mise le mani nei capelli e poi si sugli occhi. «No! No no no no! Cosa state facendo?»

Sam arrivò di corsa. «Niente! Seguiamo te!»

«Non voi! Loro!» Indicò con una mano tremante la cabina e l’Impala, mentre con l’altra si copriva gli occhi. «E voi non guardate!»

«VOI CHI! LORO CHI!» Dean aveva una gran voglia di sparare a qualcosa. «Non puntare il minipimer alla mia macchina, sai? Ti uccido!»

Il Dottore non lo stava ascoltando. «Come hai potuto?» Puntò il dito contro la cabina blu. «E rivestiti immediatamente, sai? Non... Non ci credo.» Lo sportello si chiuse di colpo. «Come hai potuto? In un universo parallelo, per giunta!»

«Non ho capito, stava rompendo la mia macchina?» ringhiò Dean e corse verso l’Impala, per controllare che non avesse graffi. «Ehi! Perché il serbatoio è aperto? Cosa hai fatto alla mia bambina?» Puntò la pistola verso il Dottore, poi verso la cabina, poi verso il Dottore.

Il Dottore sospirò. «Sono costernato. Sul serio. Mi dispiace moltissimo. Di solito non si comporta così! È seria, di solito. Non... Oh, cielo, che imbarazzo.» Si coprì la faccia con le mani.

Dean divenne rosso dalla rabbia. Sam si avvicinò al Dottore e disse «Chi c’è nella cabina?»

«Un pappagallo,» rispose il Dottore sempre con le mani sulla faccia. «E un pesce. Cosa c’entrano loro in questo momento?»

Sam sbatté le palpebre. «Chi... di loro... ha toccato la Impala?»

Il Dottore alzò lo sguardo su Sam. «Nessuno dei due! Ti pare che Taddeus possa saltare fuori dalla boccia e andare a toccare la Impala? È stata la TARDIS!» E rivolse un’occhiata truce alla cabina. «Cosa. Ti. È. Saltato. In. Mente! Non è nemmeno la tua specie! Urgh!»

«Sta parlando con la cabina,» sussurrò Sam a Dean, con gli occhi sgranati.

«Sì, ma la mia macchina?» Dean agitò la pistola verso l’Impala. «Chiedigli della macchina.»

«La tua macchina sta benissimo,» rispose il Dottore. «Fin troppo bene, anzi. È così che fate in questo universo? Circuite le povere TARDIS così, al bordo di una strada?»

Dean assottigliò le palpebre. «Stai insultando la mia macchina?»

«A ognuno le sue responsabilità! Non ha mica fatto tutto da sola!» Gesticolò verso la cabina. Poi si batté la mano sulla fronte. «Ma io non ho tempo per rimediare agli errori di letto degli altri. Spero solo che abbiate preso precauzioni. Sono stufo di gente che concepisce cose dove io mangio e dormo.»

Dean e Sam si scoccarono una lunga occhiata.

«Beh, siamo d’accordo,» disse il Dottore, e schioccò le dita. La cabina si aprì di nuovo. Una strana luce gialla si rifletté sull’asfalto. «È stato un piacere conoscervi, Winchester. Tu no, Impala.» Scoccò un’occhiata severa alla macchina. «E chiudi quello sportellino, per Giove, non ti si può proprio vedere.»

Sotto gli occhi orripilati di Sam e Dean, lo sportello dell’Impala si chiuse di botto. Quando alzarono lo sguardo, il Dottore era già entrato nella cabina blu. Con un rumore simile a quello di un’aspirapolvere inceppata, la cabina scomparve nel nulla.



Note notevoli

Questa fanfiction è apparentemente senza senso, ma in realtà un senso c’è, che è quello di far divertire la mia sorellina appassionata di Supernatural e di Doctor Who. È una Super Who, questa storia!

L’idea mi è venuta spulciando i prompt del p0rn-fest, anche se di p0rn alla fine c’è poco e niente – o forse sì, se riuscite a vedere le cose al modo del Dottore. Il prompt era: DOCTOR WHO/SUPERNATURAL Impala/TARDIS, “Il mio mi chiama baby”, “Il mio mi chiama sexy”. La cosa mi è un filino sfuggita di mano. Scusa, Dean, non potrai più guidare l’Impala senza pensarci.

Uhm, non c’è altro da aggiungere. Ah, sì, scusate, mi dispiace.

   
 
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