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Autore: LaMicheCoria    29/12/2011    5 recensioni
Si sentiva gelare e non c’era cura per quel malessere.
La Vodka bruciava solo la gola, incendiava i polmoni e torceva bollente lo stomaco; la testa pulsava, gli occhi lacrimavano e il calore non era che lingue e schiocchi e lampi, fiamme che stordivano, e inaridivano la bocca, appesantivano il petto.
Non c’era soluzione, solo freddo, brividi, denti che battevano, un’ombra vaga di calore dal metallo nero della pistola.
Lui
odiava Mosca.
[C’era la neve. C’era Ivan. C’era la notte.]
[RusAme] [Yaoi decisamente accennato]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cold War Pair [OTP]'
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aims

Titolo: All In Moonlit Silver

Autore:  Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo

Genere: Slice of Life, Angst, Introspettivo.
Avvertimenti: One-Shot, Shonen-Ai, Yaoi [Molto accennato!], Missing Moment
Personaggi: Ivan Braginski/Russia, Alfred F. Jones/America,

Pairing: RusAme
Trama: Si sentiva gelare e non c’era cura per quel malessere.
La Vodka bruciava solo la gola, incendiava i polmoni e torceva bollente lo stomaco; la testa pulsava, gli occhi lacrimavano e il calore non era che lingue e schiocchi e lampi, fiamme che stordivano, e inaridivano la bocca, appesantivano il petto.
Non c’era soluzione, solo freddo, brividi, denti che battevano, un’ombra vaga di calore dal metallo nero della pistola.  
Lui odiava Mosca.

Musica: Moscow Nights - Red Army Choir
Dedica: a Silentsky, a Rota e ad Harinezumi (Perché in realtà doveva essere una FrUk..poi ho ascoltato Moscow Nights..perdono!! Arriverà! ..Spero!)
Note: Moscow Nights è una canzone splendida. Da cui è ripreso anche il titolo. Amo le canzoni russe. E’ anche il sottofondo QUESTA bellissima RusAme ad opera di Elita One.
Andate a leggerla, forza! Lasciate perdere la mia! La sua non dovete mancarla! U_U
Le parti in corsivo appartengono al periodo della fondazione della Compagnia Russo-Americana (1799), ecco perché il riferimento alle pellicce da parte di Alfred. Le parti non in corsivo appartengono invece ad un periodo non precisato della Guerra Fredda, se non proprio alla Guerra Fredda come periodo di tempo dilatatosi per anni.
Mosca non è ri-diventata capitale della Russia nel 1918. Prima era San Pietroburgo. (dal 1703).
San Basilio è la Cattedrale della Piazza Rossa, da cui prende il nome “Rossa”, appunto. Ed è splendida. Voglio andare a Mosca.
Era Himaruya che aveva detto che le Nazioni possono spostarsi più velocemente degli essere umani? Sì, no, forse? Boh, nel caso fosse solo una speculazione/Headcanon dei fan, l’ho utilizzata anche io.
Bene! Tanta vodka a tutti!! Ehi! Siamo alle 3000 fan fiction su APH! Festeggiamo! Ps: Domani parto quindi..BUON ANNO A TUTTI!!

 

 

 

 

All In Moonlit Silver

 

-Un giorno ti porterò a vedere Moskva, da-

 

Lui odiava Mosca.
Odiava quel gelo che mordeva le carni, il fiato che si condensava se soffiato via dalle labbra livide, le mani che si screpolavano e sanguinavano, rose dal vento e dal ghiaccio che graffiava le strade.
Come tanti, minuscoli pezzetti di vetro, i cristalli di neve occhieggiavano –ammucchiati alla bell’e meglio- dagli angoli delle finestre, e sgocciolavano dai tetti e dalle braccia sbeccate di qualche statua consunta. Le lunghe ciocche di pelo dei colbacchi si afflosciavano, appesantiti e luccicanti, e i pastrani sembravano incrostati di polvere tanto era il bianco che si artigliava al tessuto.
Lui odiava Mosca.

 

-Credevo fosse Saint Petersburg la tua capitale-
Era stata un’affermazione lanciata con la tipica sicurezza di un americano e una domanda posta con l’ingenua curiosità di un bambino.
Ivan sorrise e il pavimento traslucido della Grande Sala ne restituì il riflesso, acceso dalle candele incastonate nel lampadario sopra le loro teste.
-
Sankt Peterburg la si visita per questioni politiche..-

 

Lui odiava Mosca.
Il riflesso del suo volto era distorto dalla luna, che pendeva sghemba sopra la Piazza Rossa.
Era grottesco vedersi allampanato e affondato nelle profondità di quei tasselli traslucidi, in un mondo alla rovescia dove le sue dita -oblunghe e scheletriche- spiccavano bianche contro la notte mentre artigliavano il lampo metallico di una pistola.
Era persino nauseante notare come il suo sorriso eroico si fosse liquefatto, impastando la faccia in un’espressione ridicola: le labbra storte, quasi maciullate dal rosso di San Basilio, si mescolavano ad un poco convincente ghigno di superiorità. Gli occhi, che dovevano mantenere una crudezza quasi teatrale, non erano che spilli azzurri e vuoti, conficcati nel volto contratto.
Lui odiava Mosca.

 

-…Moskva va visitata per piacere-
E lui l’aveva colta, sì, la nota nascosta che vibrava nella voce dell’Impero Russo. Lo aveva fissato con un sorriso divertito, per poi lanciare un’occhiata al resto della Sala.
Dame russe si intrattenevano con soldati americani, l’ambasciatore e lo zar discutevano animatamente di tutto e niente, la zarina e la moglie dell’ambasciatore nascondevano segreti e confessioni dietro sorrisi e ventagli.
Chi, in fondo, si sarebbe accorto della loro mancanza?
-E sia- annuì Alfred –Ma non intendo morire di freddo. Porta un po’ una di quelle famose pellicce-

 

Lui odiava Mosca.
Sollevò gli occhi e strinse le dita sul calcio della pistola.
Si sentiva intirizzito fin nelle ossa e quel maledetto ghiaccio tutt’intorno bruciava più del fuoco: non era il calore acre di uno sparo, né quello crocchiolante della cenere d’un camino.
Si sentiva gelare e non c’era cura per quel malessere.
La Vodka bruciava solo la gola, incendiava i polmoni e torceva bollente lo stomaco; la testa pulsava, gli occhi lacrimavano e il calore non era che lingue e schiocchi e lampi, fiamme che stordivano, e inaridivano la bocca, appesantivano il petto.
Non c’era soluzione, solo freddo, brividi, denti che battevano, un’ombra vaga di calore dal metallo nero della pistola.  
Lui odiava Mosca.

 

-Ho freddo!-
Si lagnò Alfred, stringendosi nel pastrano. Ivan, accanto a lui, sorrise e affondò il viso nella sciarpa.
-Vuoi della Vodka,
Amerika?-
-Non è che avresti del rum del Rhode Island, eh?-

Ma l’espressione dell’Impero Russo, tra l’offeso e il costernato, fu più eloquente di un sì o di un no. Anzi, di un da e di un nyet.
-Ho freddo!-
Uggiolò ancora, pestando i piedi; una vecchietta incartapecorita dal freddo e con la schiena curva per l’età, lo guardò socchiudendo gli occhietti a spillo. Masticò qualcosa di molle tra le labbra rugose, probabilmente un insulto, e mostrò i denti –o quel poco che rimaneva.
Ivan sorrise e America gli lanciò un’occhiataccia, stringendosi ancora di più nelle spalle; tremava così tanto che le cupole di San Basilio ondeggiavano tra i fiocchi di neve. Stava congelando e quasi non gli sarebbe dispiaciuto tornare a
Saint Petersburg, nell’aria soffocante –ma calda- del palazzo dello zar.
-Ho freddo!-
Gnaulò ancora e l’Impero Russo, questa volta, si voltò, afferrandogli il gomito.
Alfred si bloccò: fece scorrere lo sguardo dalle dita di Ivan fino al suo volto, indovinando un sorriso tra le pieghe della sciarpa e scovandolo negli occhi colmi della luce vermiglia della Cattedrale.
-In Russia abbiamo anche un altro modo per scaldarci,
da-

 

Lui odiava Mosca.
-Dovresti uccidermi, lo sai, Amerika?-
Alfred serrò la mascella e gettò via la pistola, in un gesto che di eroico aveva ben poco. Si lanciò contro Russia, afferrandolo per la sciarpa e strattonandolo verso di sé.
-Lo farò!- ringhiò –Lo farò, lo farò, lo farò, lo farò!-
Ivan doveva aver bevuto parecchio, America lo capì dal respiro che l’altro gli soffiava sulle labbra.
-I’ll do it!- gridò –I swear it!-
Lasciò andare la sciarpa, caricò il pugno e colpì. Russia non arretrò di un passo: si portò la mano al viso e si asciugò il sangue col dorso del guanto. Sorrise, di un ghigno gelido che fece salire un brivido lungo la schiena di Alfred.
-Hai freddo, Amerika?- chiese, con un sibilo –Stai tremando-
Lui odiava Mosca.

 

 

C’era la neve.
Fiocchi bianchi, grossi, piccoli, lucidi, stelle e lacrime di luce che piroettavano nella notte moscovita.
C’era Ivan.
Le sue mani, le sue labbra, il suo petto, la sua pelle, fiati e respiri che si intrecciavano nella stanza buia.
C’era la notte.
I gemiti, gli ansiti, le parole, le promesse, sussurri e sospiri che si perdevano nel cristallo della Piazza Rossa.
C’era la neve. C’era Ivan. C’era la notte.
America quasi si stupì, accorgendosi di come fosse facile dimenticare la prima e l’ultima presenza.

 

 

Lui odiava Mosca.

-Dovresti uccidermi, lo sai, Amerika?-

Lui odiava la neve.

-E lo farò!-

Lui odiava Ivan.

-Lo hai detto anche l’altra notte, da-

Lui odiava la notte.

-Ma perché sono un eroe!
Gli eroi danno sempre al nemico
La possibilità di redimersi!
Ci volessero anche mille e mille notti!-

 

Lui odiava Mosca.
La odiava perché c’era la neve. Perché c’era Ivan. Perché c’era la notte.
Perché ogni volta, tra i fiocchi bianchi, grossi, piccoli, lucidi, stelle e lacrime di luce che si perdevano nella notte moscovita, dimenticava la sua promessa.
Perché ogni volta, con le sue mani, le sue labbra, il suo petto, la sua pelle, fiati e respiri che si intrecciavano nella stanza buia, dimenticava la redenzione.
Perché ogni volta, coi gemiti, gli ansiti, le parole, le promesse, sussurri e sospiri che si perdevano nel cristallo della Piazza Rossa, dimenticava sia la neve che la notte.
E non si stupiva più di sentire solo Ivan.

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

  

 

 

 

 

   
 
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