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Autore: Red S i n n e r    29/12/2011    3 recensioni
“Cosa stiamo facendo?” continuava a guardarlo con quegli occhi spalancati, destabilizzati, ma le sue mani non avevano ancora abbandonato la sua pelle e forse non era ancora arrivato il tempo di pentirsi.
“Quello che ci pare, Cas, stasera siamo liberi. Ci stai?” a Dean non era mai piaciuta così tanto la sua impulsività e la voglia di non ragionare, quanto in quel momento, quando vide Castiel sorridergli di rimando con gli occhi divertiti e non più aperti così tanto da far male.
[Dedicata a pralinedetective, quella mucca!]
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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È un AU che mi tormentava da un po’ di tempo e che non sapevo come realizzare, davvero, mi ha dato il tormento! D: Ho pensato di fare una piccola multi capitolo, poi una flash… è uscita fuori una one-shot abbastanza lunga e va bene così. LOL

L’idea originaria era un bel po’ diversa e volevo approfondire molto di più le loro vite, ma alla fine è scappata fuori una lemon e non so perché (D:), spero tanto che a Giulia (pralinedetective) piaccia lo stesso, perché è dedicata a lei, nella speranza di risollevarle un po’ l’umore. Se così non sarà, mi farò uccidere da Castiel poiché indegna. ;-;

Red
____________________________________

 

The anthem of life sing for us.



 

Quando Dean lo aveva visto per la prima volta, in quel bar, aveva pensato subito che quel tizio fosse infelice quasi o quanto lui. Lo aveva visto subito: nella piega all’ingiù dei suoi occhi, nella postura tesa delle sue spalle dalle quali scendevano le braccia, mollemente poggiate ai lati del corpo. Lo aveva visto in quel trench largo, che più che proteggerlo dal freddo lo costringeva all’immobilità.

Sorrise amaramente pensando che quell’uomo non era affatto libero, e che era un po’ come guardarsi allo specchio. Fu quasi scontato offrirgli da bere e invitarlo a sedersi al suo stesso tavolo.

“Pensavo di essere quello messo peggio, qui” esordì a mo’ di saluto.

“Ti ho rubato la pole position?” ribatté l’altro, e la sua voce profonda e roca lo sorprese.

“Non ci sperare troppo” rilanciò allora, con un sorriso storto e osservò l’altro sorridere di rimando e fissarlo empaticamente con i suoi occhi blu.

“Castiel, piacere” disse allora, porgendogli la mano.

“Dean” disse, stringendogli la mano con forza, “e non credo sia un piacere per nessuno dei due conoscerci  in un luogo del genere e in un momento del genere” commentò con sarcasmo.

L’altro ridacchiò divertito “Sei simpatico, Dean.”

“Tu un po’ meno, Cas” lo punzecchiò l’altro, la risata che aleggiava solo nei suoi occhi. “Il tuo nome è troppo lungo” spiegò in risposta allo sguardo perplesso che gli aveva lanciato l’altro, “dovevo accorciarlo” e quasi scoppiò a ridere quando l’altro inclinò il capo di lato: sembrava un bambino.

“Forza, straniero, raccontami la tua storia.”

“Non sono uno straniero e la mia storia è lunga” rispose monocorde.

Dean glissò sull’inizio della sua frase perché no, non era possibile che quel tizio non avesse senso dell’umorismo. Era assurdo! “Beh, anche la mia lo è, ma abbiamo tutta la notte, no?”

Castiel inclinò la testa all’indietro come se volesse ridere di gusto, invece sospirò, un sospiro lungo, quasi doloroso, come di uccello in gabbia. Lo guardò dritto negli occhi con fermezza, e Dean si sentì quasi a disagio sotto quello sguardo deciso che sicuramente faceva impazzire le donne.

“Sì, abbiamo tutta la notte” confermò e sorrise appena, dolce amaro, una disarmonia affascinante sui suoi tratti.

Quel tizio era davvero strano, ma Dean decise che gli piaceva. Si portò la bottiglia alla bocca bevendone un lungo sorso con soddisfazione “Forza Cas, dacci dentro, voglio proprio vedere di chi sarà la pole position” scherzò su, allungandogli la birra che aveva ordinato anche per lui.

Castiel gli sorrise, prima di portare la birra alla bocca, poi iniziò a raccontare.

 

Castiel parlò a lungo e lo guardava dritto negli occhi, così tanto che Dean doveva per forza distogliere i suoi.

Davvero, quel tizio era proprio strano!

Parlò a lungo dei suoi sogni, di quello in cui credeva quando aveva vent’anni e del poco che gli era rimasto ora, ora che aveva trent’anni passati; gli raccontò di Anna, la sua fidanzata storica con la quale era più che giusto convolare a nozze, ma che non amava ormai da tanto tempo. Gli parlò delle pressioni che tutti ormai gli facevano in tal senso, del desiderio insopprimibile di andarsene e di tutti i lavori che aveva rifiutato perché lei non voleva, perché altrimenti sarebbero stati troppo lontani.

Castiel gli parlò di tutto quello che non aveva fatto, anche se lo aveva voluto così tanto, e di quello che adesso doveva fare senza volerlo nemmeno un po’.

Dean aveva avuto ragione nel pensare che non era un uomo libero e incosciamente l’altro glielo confermò con le sue ultime parole.

“Non sono più libero, Dean, capisci? Non sono più libero ed è la cosa che meno volevo mi capitasse” lo disse serio, dolorante, con un mezzo sorriso sulle labbra e guardandolo sempre negli occhi. Begl’occhi, dovette ammettere Dean, poi cancellò il pensiero con un altro sorso di birra.

“Allora siamo in due,” commentò amaramente, “due stronzi che non possono nemmeno pensare di fare quello che vogliono” chiarì e voleva quasi mettersi a ridere per l’assurdità del momento, per la faccia stupidamente comprensiva di Castiel e per tutta la situazione.

“Qual è la tua storia, Dean?” chiese l’altro riprendendo in mano la terza bottiglia di birra della serata.

L’uomo sbuffò appena, guardando ovunque tranne che all’amico davanti a sé: tergiversava, e Castiel pensò che forse si vergognava un po’.

“Avevo una ragazza tempo fa, Lisa, sembrava una cosa seria e siamo andati a convivere: non ha funzionato” disse in fretta, senza guardarlo in faccia “io me ne sono andato, mi sono trasferito in un’altra città, ero stanco di Lawrence. Un anno fa mi ha chiamato e mi ha detto che avevo un figlio.” Concluse malamente finendo la sua birra in un solo sorso, Castiel strinse le labbra.

“Ci pensi, Cas?” ho ventinove anni e un figlio di nove, un figlio fantastico, davvero. Ma non sono pronto ad essere padre” aggiunse guardandolo negli occhi, amareggiato.

“Ami Lisa?” chiese Castiel, la voce bassa e gentile.

“No” rispose sicuro, “non più, e non so che fare. Non la amo, ma non posso lasciarla, non posso lasciare Ben senza un padre.”

“Ma non puoi nemmeno essere infelice per tutta la vita” obiettò l’altro.

Dean scrollò le spalle come se non gli importasse e Castiel si accigliò. “Credo che tu abbia vinto” affermò allora l’uomo dopo aver aspettato senza esito la risposta di Dean.

“Che cosa?”

“La pole position” commentò sicuro, “è tua di diritto.” Dean ridacchiò strisciando il pollice sulla condensa fredda della sua bottiglia, gli occhi ancora bassi ma un po’ meno spenti.

“Qualche battuta sai farla anche tu, eh Cas?”

Castiel inclinò il capo di lato, gli occhi aperti in un’espressione comica, come se cercasse di capire le sue parole guardando più attentamente.

“Lascia stare, amico.”

Dean lo vide aprire la bocca, forse per dire che non erano esattamente amici oppure per chiedergli se lo fossero davvero, e Dean lo zittì con una sonora risata scanzonata.

Quel tizio gli piaceva.

***

 

Dean non era mai stato una persona molto riflessiva - quello era Sammy, il suo fratellino nerd alto due metri – di solito il maggiore Winchester agiva d’impulso, una prerogativa che spesso gli aveva portato grossi guai e anche molte situazioni imbarazzanti, ma non si era mai pentito di nulla.

Adesso, però, con le labbra di Castiel premute contro le sue, Dean non sapeva proprio cosa pensare, ma la sensazione di quelle labbra non era affatto male e, davvero, Dean non era mai stato una persona riflessiva.

Rispose al bacio con fervore, stringendo le mani sui fianchi dell’altro e… com’erano arrivati a quel punto?

Erano usciti dal pub allegramente sbronzi, Dean si era offerto di dare un passaggio a Cas perché era arrivato in taxi e poi… le loro labbra erano premute assieme, non ricordava altro e gli andava bene così. Davvero. Non gli importava sapere chi avesse cominciato, che cosa sarebbe successo appena il bacio fosse finito, non gli importava niente: voleva solo essere libero di non pensare a nulla, almeno per una volta. Almeno per un po’.

Forte dei suoi pensieri e dell’alcool, che aveva addormentato buona parte del suo cervello, spinse Castiel contro il muro sul retro del pub e gli infilò la lingua in bocca senza tanti complimenti, forse un po’ troppo rudemente, ma Castiel non era una donna e il gemito di gola che emise gli fece capire senz’ombra di dubbio che l’uomo non si stava lamentando affatto, anzi.

Castiel gli infilò le mani sotto la t-shirt, facilmente raggiungibile sotto la giacca aperta e gli sfiorò gli addominali, strappandogli un ansito, poi quelle stesse mani si infilarono tra i suoi capelli strattonandolo e stringendolo di più a sé, facendogli inclinare la testa per approfondire il bacio e Dean ricambiò con una stretta leggera al cavallo dei suoi pantaloni eleganti.

In qualche angolo remoto del suo cervello Dean pensò che, ancor più strano che vedere due uomini sbronzi baciarsi dietro un pub di periferia, fosse vedere com’erano vestiti: uno con un elegante completo scuro e un trench, l’altro con jeans strappati e una vecchia giacca di pelle. A Dean venne quasi da ridere per l’assurdità di quel pensiero perché, nella situazione in cui si trovava e con tutto l’alcool che aveva in corpo, era davvero l’ultimo pensiero che avrebbe dovuto fare. Ma non si sentiva così libero e stupido da così tanto tempo…

Castiel decise proprio quel momento per staccarsi dalle sue labbra e guardarlo negli occhi e, wow, i suoi occhi erano così aperti e così blu, “Dean” la voce ancora più roca del normale lo fece rabbrividire – solo un po’ comunque, e neanche per tanto tempo! – “cosa stiamo facendo?” continuava a guardarlo con quegli occhi spalancati, destabilizzati, ma le sue mani non avevano ancora abbandonato la sua pelle e forse non era ancora arrivato il tempo di pentirsi.

“Quello che ci pare, Cas, stasera siamo liberi. Ci stai?” a Dean non era mai piaciuta così tanto la sua impulsività e la voglia di non ragionare, quanto in quel momento, quando vide Castiel sorridergli di rimando con gli occhi divertiti e non più aperti così tanto da far male.

Immaginò di averlo salvato, almeno per una sera – e non come fanno i supereroi che ti salvano la vita – dalla sua prigione, dai suoi obblighi, dalla donna che lo aspettava a casa e dalla vita che ormai gli stava stretta. Immaginò di aver salvato anche se stesso e non pensò più a niente, a niente, perché era troppo stanco di pensare.

“Ci sto.”

Dean lo baciò e sentì le sue labbra ancora atteggiate ad un sorriso, poi di nuovo si aprirono e le loro lingue si incontrarono, Castiel strattonò con più forza la t-shirt dell’altro e lo toccò con più sicurezza, massaggiandogli i muscoli mentre continuava  a baciarlo con forza, gli accarezzò i fianchi, i pettorali e lo spinse contro di sé. Dean ansimò sorpreso da quell’improvvisa vicinanza, allentò e slegò la sua cravatta, aprì i primi bottoni della sua camicia e gli leccò la pelle pallida del collo, succhiando e baciando ogni lembo di pelle che riusciva  a raggiungere, come impazzito.

Castiel gemette e inclinò il capo all’indietro per dargli maggiore accesso, gli afferrò le spalle e gemette di nuovo, con più forza, quando Dean gli morse forte il collo. Gli strinse le spalle e lo allontanò da sé, solo per invertire le posizioni e mettere lui contro il muro, lo fissò ansimando e non disse nulla, lo guardò in quegli occhi verdi che lo fissavano divertiti e poi premette il proprio corpo contro il suo e lo baciò di nuovo, con passione, slacciandogli la cintura e alzandogli la maglietta. Si chinò sul suo petto e leccò uno dei suoi capezzoli, tirando piano con i denti, in prova, e ascoltò gli ansiti rochi di Dean, i suoi gemiti e qualche volta il suo nome storpiato nel nomignolo che gli aveva affibbiato.

Si staccò dal suo petto e lo guardò negli occhi, si slacciarono i pantaloni nello stesso momento, poi Dean prese i loro membri e iniziò a masturbarli insieme, Castiel spalancò gli occhi scioccato dalla sensazione.

“Dean… Dean…” riuscì ad articolare con fatica, rosso in volto e con i capelli arruffati, Dean gli leccò le labbra e lo ospitò contro il suo collo quando l’altro uomo si accasciò su di lui gemendo forte e principalmente il suo nome.

Sentire il proprio nome pronunciato con quel tono e da quella voce così roca gli diede alla testa, e gli afferrò con forza i capelli quando sentì di non farcela più, spingendo a baciarlo ed a ingoiare i propri gemiti mischiati a quelli dell’altro quando alla fine vennero quasi insieme.

Castiel poggiò di nuovo la testa contro il suo collo, cercando di riprendere il controllo del proprio respiro e della situazione, stava cercando qualcosa da dire quando Dean lo precedette.

“Ti sei pentito?”

“No” rispose subito e tornò a guardarlo negli occhi, “tu?”

Dean ridacchiò e Castiel non riuscì a non fissargli quelle labbra gonfie dei suoi baci, “praticamente ti ho convinto, io. Come potrei pentirmi adesso?”

“Non mi hai convinto tu, anch’io volevo farlo” obiettò serio, inclinando la testa di lato in quello che Dean aveva capito essere una sua abitudine.

Dean sorrise un altro po’, poi il suo volto si fece scuro, “Cosa facciamo adesso?”

“Torneremo alla nostra abituale vita, suppongo” ipotizzò l’altro riallacciandosi la camicia e sistemando la cravatta.

“Tu, supponi?” commentò ironico Dean, “Ho appena tradito la madre di mio figlio, tu la tua futura moglie e tu supponi?”

“Avevi detto di non essertene pentito” disse Castiel con un’insospettabile freddezza, “lo stai facendo adesso?”

Dean boccheggiò, preso in contropiede “No, Cas, non è questo. L’ho voluto anch’io lo sai, è solo che…”

“È strano” concluse Castiel per lui.

“Sì,” confermò, “ma non c’entra il fatto che siamo entrambi uomini, o meglio è anche quello, ma il punto è che stasera mi aspettavo di tutto tranne che questo.” Borbottò con il sapore di alcool e Castiel a impastargli la lingua. “Ma no, non me ne pento.” E lo guardò dritto negli occhi, serio, come a sfidarlo a trovare menzogne nelle sue parole.

Castiel sorrise appena, di quel sorriso appena accennato che aveva esibito molto spesso durante la serata e Dean pensò che fosse bello e che fosse triste, senza sapere che anche Castiel aveva pensato una cosa del genere su di lui.

“Quindi adesso cosa siamo?” chiese Dean, scherzoso, “amanti?”

Castiel lo fissò per qualche attimo, soppesando la domanda, “tu vorresti che lo fossimo?” chiese, e Dean non riuscì  a trovare parole per rispondergli. “Io vorrei vederti ancora”continuò l’uomo, continuando a guardarlo dritto negli occhi, come se non ci fosse nient’altro da guardare nel mondo e Dean si agitò un po’ a disagio sotto quello sguardo così sicuro. “Mi piaci, Dean.”

Dean sorrise, ritrovando la sua vecchia baldanza, “sono bellissimo, vero?” e Castiel sorrise di nuovo, con un sorriso più aperto; Dean decise che gli stava bene.

“Anch’io voglio rivederti, Cas.”

***

 

“Dean… “ il suo nome sussurrato da Castiel, in un gemito roco direttamente nel suo orecchio, lo fece rabbrividire mentre se lo spingeva ancora più addosso per sentirlo di più, sempre di più.

La bambina di Dean, una chevy impala del ’67, era diventata da un po’ di tempo il loro rifugio dalla vita e ogni volta che si vedevano al pub finivano in quella macchina.

Dean lo vedeva negli occhi di Castiel che avrebbero dovuto smetterla, che ormai erano passati mesi dalla prima volta che si erano visti, che poteva finire male, che sicuramente sarebbe finita così; ma Dean lo vedeva negli occhi di Castiel che non ci riusciva a smetterla e riconosceva quella stessa incapacità nei suoi stessi occhi, quando si guardava allo specchio la mattina e nascondeva i segni sul suo corpo. Lo vedeva ogni volta che baciava Lisa per salutarla e tutto quello a cui riusciva a pensare era che quelle labbra erano troppo diverse dalle sue.

Stavano cadendo e non volevano fermarsi, non potevano, perché per la prima volta dopo tanto tempo si sentivano liberi ed era una droga migliore del sesso, perché per una notte potevano finalmente essere se stessi e smettere di mentire, di rassicurare, di vivere una vita che li annoiava.

“Dean, Dean, Dean…” Castiel continuava a dire solo il suo nome e Dean voleva baciarlo ovunque, stringerlo e fare l’amore con lui senza preoccuparsi del dopo e vivere solo il presente, con i loro corpi intrecciati e tutto quel calore.

Dean spinse in Castiel con forza, ancora e ancora, mentre l’altro affondava il volto nel suo collo e gli mordeva la pelle sensibile per non gemere troppo forte.

“Dean… cosa siamo noi?” riuscì a chiedere Castiel, tra un gemito e l’altro, guardandolo però negli occhi. Dean sorrise malizioso e si chinò a leccargli il collo, “Tutto quello che vuoi, Cas, tutto quello che vuoi.”

Si spinse in lui con maggiore forza, prendendo Castiel alla sprovvista che venne, col  gemito roco  che era squisitamente suo, Dean lo seguì poco dopo e lo strinse a sé, concedendosi di accarezzare la sua schiena chiara che non avrebbe rivisto per troppi giorni.

“Lo sai che non ci basterà per sempre tutto questo, vero?” gli chiese la voce affannata di Castiel, “un giorno non ci basterà più assecondarci ogni volta che capita.” Concluse abbandonando il suo collo per guardarlo, gli occhi dalle pupille dilatate, il viso arrossato, le labbra gonfie. Aveva ragione, un giorno avrebbe voluto molto di più di tutto quello e non avrebbe potuto averlo.

Dean sorrise amaramente, gli occhi bassi e troppe rughe sulla fronte, “Lo so” confermò, e fu veramente troppo difficile vedere il suo stesso dolore nel viso dell’uomo che aveva di fronte. “Ma per stasera facciamo quello che ci pare, ricordi? Per stasera siamo liberi, ci stai?”

Gli occhi di Castiel si addolcirono e sulle sue labbra era segnato lo stesso sorriso a metà di quando gli aveva rivelato di non essere più libero.

 

“Sempre.”

 

 

 

 

 

   
 
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