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Autore: Niniel Virgo    29/12/2011    2 recensioni
[Regalo di compleanno per la mia Haru-chan, che adora tanto la coppia Spamano. :*]
Il novantanove percento del vocabolario di Romano era composto da insulti. Tra i suoi preferiti, vi erano “bastardo”, “stronzo” e “cretino”. Li usava almeno un migliaio di volte al giorno, e quasi sempre erano riferiti a quell'idiota di Spain.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il novantanove percento del vocabolario di Romano era composto da insulti. Tra i suoi preferiti, vi erano “bastardo”, “stronzo” e “cretino”. Li usava almeno un migliaio di volte al giorno, e quasi sempre erano riferiti a quell'idiota di Spain.

-Romano!- Ed eccolo lì, il grande Spagna. Gli correva incontro sventolando una mano con talmente tanta foga che, l'italiano ne era certo, prima o poi gli si sarebbe staccata. E sorrideva, sorrideva e sorrideva. Lo faceva ventiquattro ore al giorno, non smetteva mai di sorridere. Romano non riusciva davvero a capacitarsene, non gli faceva male la mascella dopo un po'?

-Ehy bast..- Non fece nemmeno in tempo a finire di insultarlo, che lo spagnolo gli si gettò praticamente addosso, facendogli quasi perdere l'equilibrio.

-Che bello vederti, querido!- Continuò il più grande, strofinando la guancia contro quella del ragazzo. Sembrava un cane, un enorme cane bisognoso di affetto. Romano proprio non poteva sopportarlo.

-BASTARDO!- Ripeté quindi, alzando la voce. -LASCIAMI, SUBITO!-

In tutta risposta, Antonio lo strinse più forte, borbottando in tono sognante parole in spagnolo, troppo veloci perché Romano potesse capirle. Ovviamente però, dato il tono di voce usato, erano tutti complimenti, cosa che non faceva altro che farlo imbestialire di più. I complimenti di Spagna o erano talmente dolci da fargli venire il diabete (“Ah, sei così carino! Hai le guance morbide, proprio come quando eri piccolo!”) o erano terribilmente perversi (“Che bel sedere che hai, fammi sentire se è morbido come sembra!” E via a toccarlo.)

-Spagna! Dannazione, vuoi ascoltarmi invece che fare la fottuta fangirl?!- Strillò esasperato, cercando di allontanarlo. Impossibile, dato che era molto più grande di lui.

-Ma Roma!- Finalmente lo spagnolo si decise a dargli retta, alzando lo sguardo su di lui. -Mi sei mancato! E' un sacco che non ci vediamo, chico.-

-E con ciò?- L'italiano sbuffò, liberandosi finalmente dalla presa. Stupido, enorme Spagna sempre bisognoso di affetto. Davvero non lo capiva, che così facendo lo metteva in imbarazzo?

Antonio sbuffò sonoramente, in modo davvero infantile. -Ah Roma, perché non vuoi mai un abbraccio?-

In tutta risposta, Romano arrossì. Lievemente certo, ma arrossì. E non perché il pensiero di abbracciarlo sotto sotto gli piaceva, e si vergognava ad ammetterlo, ma per la rabbia, certo! -Perché sei peggio di una ragazzina bisognosa di affetto, e lo sai che io odio gli abbracci.-

Parole al vento, lo spagnolo già non lo ascoltava più. Sembrava invece che avesse fretta di andarsene.

-Sì, sì.- Rispose distratto, guardando l'orologio. -Roma, io devo andare. Ho alcune cose da sistemare a casa.- Alzò nuovamente lo sguardo su di lui, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro e diavolo, se piaceva a Romano quando sorrideva così a lui, come se fosse la stella più brillante che avesse mai visto. L'italiano scrollò -mentalmente- la testa; lo aveva pensato sul serio? Non era da lui!

-Puoi passare da me più tardi, che ne so, tra due ore? Così passiamo la giornata assieme. E' tanto che non ci vediamo, e mi sei mancato.-

Un tuffo al cuore. Com'era possibile che riuscisse a renderlo così felice con una frase? Avrebbe davvero voluto dire di sì, mettere da parte il proprio orgoglio e stare con lui tutto il tempo che volesse. Ma si sa, l'orgoglio è una brutta bestia. Scosse con forza la testa, incrociando le braccia al petto per darsi un tono. -No, ho promesso ad Emma che l'avrei accompagnata a fare spese.-

Ah, quanto si pentiva di aver acconsentito! Se avesse saputo prima che Spagna gli avrebbe chiesto di passare del tempo assieme, non avrebbe detto di sì a Belgio. Ma era impossibile per lui pensare anche soltanto di cancellare l'incontro con l'amica, perché Romano è sempre, sempre gentile con le donne.

Antonio fece una smorfia nervosa, parecchio simile a quella di un bambino. -Non puoi rimandare?-

Roma scosse nuovamente il capo, più forte. -No, mi dispiace.- Rispose a malincuore. Non avrebbe mai dato buca all'amica.

-Muy Bien. Allora vado, ci vediamo quando capita.- Lo spagnolo si avvicinò fulmineo, posandogli un veloce bacio sulla guancia. Romano sentì appena le labbra dell'altro sfiorargli la pelle, e si chiese se lo aveva davvero toccato o meno. -Hasta Luego, chico!-

E se ne andò, lasciando un Romano più intontito del solito, che si sfiorava la guancia con la punta delle dita, con l'espressione più ebete che mai dipinta in viso.

 

***

Romano aveva detto di no, quando Spagna gli aveva chiesto di vedersi quel pomeriggio. Doveva uscire con Emma, e allora perché si trovava di fronte a casa dello spagnolo?

Doveva ringraziare Dio, probabilmente. Si sentiva un verme ad esultare del febbrone che si era preso la sua amica, ma non poteva farci nulla. Voleva vedere Antonio, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Era sua intenzione andare là da solo, senza portare niente e senza avvisare. Ma Feliciano lo aveva fermato, lo aveva guardato per qualche istante e poi aveva detto, con quel tono di voce dolce che usava pochissimo, dato che caratterizzava certe uscite intelligenti che mai, mai ti saresti aspettato da lui. -Fratello, perché non gli porti dei fiori? Sono certo che fratellone Spagna sarebbe contento di vederti arrivare con un mazzo di rose.-

-Rose?- Aveva ripetuto lui, scettico. -Che diavolo ti salta in testa? Rose per quel coglione di Spagna?-

Feliciano aveva annuito, con un sorriso paziente stampato in viso. Diavolo, si era detto Romano, era più intelligente di quanto volesse dare a vedere. Aveva perfettamente capito quello che provava per quel bastardo.

-E va bene- Aveva detto Roma, con un finto sospiro seccato. -Gli prenderò delle rose, contento?-

L'altro aveva annuito, abbracciandolo. -Certo. E cerca di non essere troppo cattivo con lui.-

Ed ecco che, poco dopo, si trovava davanti a casa sua, con un enorme mazzo di rose rosse in mano. “Ridicolo, ecco cosa sembro.” Pensò, maledicendo il fratello in tutte le lingue da lui conosciute. Di certo starsene lì davanti al cancello senza fare nulla non lo aiutava a sentirsi meno stupido, per cui prese un respiro profondo e aprì il cancello.

La porta era aperta, ma non ci fece caso. Succedeva spesso infatti, che lo spagnolo la lasciasse accostata mentre era nel campo a raccogliere i suoi adorati pomodori. Appena entrato, notò i vestiti a terra. Alcuni erano quelli di Antonio, ma gli altri? Un brivido attraversò la schiena di Romano. Non pensare male, si disse. Probabilmente erano sempre suoi, lo spagnolo era parecchio disordinato.

-Spain?- Lo chiamò, a bassa voce. C'era silenzio, troppo silenzio. Era innaturale, di solito quando andava a trovarlo una miriade di suoni lo accoglievano, come la musica spagnola, il rumore della televisione accesa, e la potente risata dell'uomo. Ma nessuna delle tre cose era presente in quel momento.

“Forse sta dormendo.” Pensò, avviandosi verso la stanza di Antonio. Non fece nemmeno in tempo ad appoggiare la mano sulla maniglia, che sentì il rumore della doccia. Fece dietro front e si mise davanti alla porta del bagno, in attesa. Il rumore dell'acqua lo tranquillizzava, il silenzio non gli era mai piaciuto. Sospirò lievemente, tamburellando il piede in attesa. Era parecchio impaziente.

Quando finalmente sentì l'acqua chiudersi e vide la porta spalancarsi, proruppe in un “Era ora, bastardo!”, ma le parole gli morirono in gola.

Quello che aveva davanti non era Spagna, bensì un ragazzo alto poco più di lui, dagli occhi azzurri e capelli neri come il carbone. Aveva lineamenti delicati, quasi femminili. Romano aggrottò le sopracciglia, confuso, ma non fece in tempo a parlare che sentì la porta della camera di Spagna aprirsi. -Ah, hai finito mi àngel?-

Ed ecco Antonio, in tutto il suo splendore, con addosso solo i pantaloni del pigiama. Se non fosse stato per la situazione, l'italiano si sarebbe beato di quella visione, ma al momento aveva altro a cui pensare. Non era un ragazzo stupido, e chiunque al suo posto avrebbe capito. Si irrigidì all'istante, passando lo sguardo dal ragazzo allo spagnolo per qualche istante. Il primo era semplicemente sorpreso, il secondo..atterrito. Spaventato.

-Oh. Mi spiace, avrei dovuto avvisare.- Sibilò Roma, stringendo convulsamente il mazzo di rose tra le mani. Che diavolo gli era venuto in mente? Perché non se n'era rimasto a casa, invece che andarlo a trovare? Come prima si era trovato a benedirlo, ora maledì il malore improvviso di Belgio. Se fosse andato con lei non avrebbe dovuto assistere a quella scena, e non avrebbe sentito il cuore spezzarsi in due.

-Roma..-

-Roma un cazzo.- Ringhiò in tutta risposta. -Me ne vado.- Uscì in fretta da quella casa, che un tempo gli aveva donato splendidi ricordi e tanta felicità. E ora? Ora era solo un luogo pieno di rabbia e dolore..

-Aspetta, Romano!- Era ormai già fuori dall'enorme villa, e si stava dirigendo velocemente verso la propria automobile, quando lo sentì gridare di nuovo.. L'italiano arrestò il passo, voltandosi di scatto verso di lui. -Cosa, eh? Cosa dovrei aspettare, sentiamo.- Sibilò con voce fredda, incolore.

Lo spagnolo lo raggiunse, pallido come un lenzuolo. Aveva paura adesso, glielo si leggeva in faccia. Romano non poté che trovare più che giusta quell'espressione, se lo meritava.

-Non è come sembra.-

-Ah no?- Il più piccolo scoppiò in una risata nervosa, di scherno. -Quindi tu non sei andato a letto con quello, vero?-

Silenzio. Spagna guardava a terra, senza avere nulla da dire, Romano tremava dall'ira. Chiuse gli occhi e represse a stento l'istinto di saltargli alla gola, e di ucciderlo con le sue stesse mani. -Sei un emerito coglione, Spagna. Lasciatelo dire.- Riprese a parlare, con tono distaccato. Di solito, quando era in preda alla rabbia, gridava, strepitava. Ma quella non era rabbia, non solo almeno. Era un misto di ira e di delusione. E c'era anche un pizzico di sofferenza, e tanto, tanto dolore.

-Roma..-

-Non chiamarmi Roma.- Lo interruppe, serio. -Anzi, non chiamarmi affatto. Non cercarmi, cambierò numero di telefono e prova a farti vedere a casa mia e giuro che sei un uomo morto.-

Il più grande scosse la testa, prendendolo per un braccio. -Ti prego, non fare asì.-

-Ah no? E come dovrei fare?- Replicò, scostandosi. -Sono venuto qui perché volevo vederti, ti ho portato un fottutissimo mazzo di rose e tu mi ripaghi con questo?!- Strillò, scoppiando in lacrime. Non era affatto da lui, ma lo shock era troppo grande per poter trattenersi. -Vaffanculo! Io ti amo, stupido! Ti amo da quando ero un marmocchio, ma tu non te ne sei mai reso conto, da quanto sei idiota! Torna da quello, scopatelo quante volte ti pare, ma non puoi costringermi a rimanere a guardare!- Gli buttò addosso le rose, senza nemmeno guardarlo in faccia. Salì in macchina prima che potesse dire qualsiasi cosa, mise in moto e se ne andò, con i singhiozzi che ancora lo scuotevano da capo a piedi.

 

***

Era passata una settimana da quando aveva chiaramente detto a Spagna di non cercarlo. Una settimana infernale, fatta di continui squilli del telefono, di visite a tutte le ore e di regali infiniti. Fortuna che c'era Feliciano, si occupava lui di tenerlo buono. Romano se ne stava chiuso in camera sua, e il fratello rispondeva al telefono, alle visite..faceva tutto lui.

A volte sentiva quello che si dicevano. Antonio sembrava sconvolto, ma era solo un bravo attore, ecco cosa. Lo faceva apposta, per farlo sentire ancora peggio di quanto non lo fosse già.

-Dì a Roma che lo amo. Ti prego Feli, diglielo.-

Certo, lo ama! Ah, bella battuta! Sentirglielo dire era come una stilettata al cuore. Era troppo da sopportare. Avrebbe tanto voluto che stesse dicendo la verità, ma era impossibile. Se davvero lo amava, perché era andato a letto con un altro, eh?

Dopo qualche tempo, Feliciano non sopportò più la sua chiusura al mondo. Lo aveva scrollato per le spalle e gli aveva detto di uscire, che non poteva starsene rintanato in casa per colpa di Spagna!

-Stasera il fratellone Francia da una festa. Vieni con me e Germania, va bene?-

Non sapeva nemmeno perché aveva acconsentito. Non solo sarebbe stato nel territorio del pervertito francese, ma avrebbe passato la serata con il mangiapatate!

Ed eccolo lì, con indosso quello stupido smoking, appoggiato al muro della grande sala, cercando di rendersi il più invisibile possibile. Non aveva voglia di parlare con nessuno, e fortunatamente suo fratello e il crucco si erano allontanati per parlare con Austria.

Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi per qualche istante. Cosa cambiava, tra l'essere lì o in camera sua? La solitudine era la stessa. Per quante persone ci fossero lì dentro, nessuna gli era davvero vicina.

Sentiva quei due idioti di Francia e Prussia sghignazzare da una parte, e al pensiero che di solito Spagna era con loro quasi si sentì male. Com'era possibile che lui non fosse venuto? Non perdeva mai l'occasione di dire qualche stupidaggine con i suoi amici.

Sentì una mano sfiorargli la spalla, e si voltò. Feliciano gli sorrideva dolcemente, indicandogli il balcone. -Vai a prendere una boccata d'aria.-

Sì, gli sembrava un'ottima idea. Allontanarsi un po' da tutto quel trambusto e poter godere un po' del silenzio, senza vedere quei due e pensare a tutte le volte che li aveva visti con Antonio. Uscito al chiaro di luna, si appoggiò alla ringhiera, alzando il viso per guardare la luna. Era davvero un periodo orrendo della sua vita. Non aveva mai creduto nel 'cuore spezzato', fino ad allora. Ma quell'orribile giorno aveva sentito un 'crack', quando aveva capito tutto. Era il proprio cuore, ne era certo. Completamente in frantumi, a causa di quell'idiota che si ostinava ad amare ancora adesso.

Si faceva rabbia da solo. Dopo tutto quello che aveva combinato, continuava a provare gli stessi sentimenti di prima. E glieli aveva pure urlati in faccia! Che stupido che era stato. Avrebbe dovuto stare zitto e andarsene, senza urlargli 'ti amo'; quell'idiota si sarà fatto qualche risata alle sue spalle.

Un leggero fruscio alle sue spalle lo fece voltare e, diavolo, non lo avesse mai fatto!

Spagna stava lì, davanti a lui, nel suo splendido smoking blu notte. Un mazzo di rose -le stesse rose rosse che lui gli aveva portato quel maledetto giorno- in mano, e un lieve sorriso accennato sul viso. Era splendido. Anche dopo che lo aveva distrutto lo considerava come prima. Non un mostro senza cuore, ma il solito Antonio, l'idiota di cui era innamorato perso.

-Hola.- Sussurrò, facendo un passo verso di lui.

Non poteva rimanere. Non voleva cadere di nuovo nella sua trappola, fatta di parole dolci e carezze sul capo. Se fosse successo di nuovo sarebbe stato perduto. Lanciò un'occhiata alla porta finestra, ma quella era chiusa. Dall'altra parte, Feliciano gli rivolgeva un sorriso di scuse, prima di chiudere la tenda. Stupido ragazzo! Lo aveva fatto apposta!

-Cosa vuoi, pezzente?- Ringhiò in risposta, sulla difensiva. Da una parte voleva solo abbracciarlo e sentirne il calore, dall'altra desiderava ardentemente tirargli un pugno ben piantato in viso.

Lo spagnolo gli porse i fiori, i movimenti cauti e calcolati. Sembrava quasi non volesse spaventarlo. -Voglio scusarmi, cosa che mi hai impedito fino ad oggi.-

Romano sorrise mesto. -Scusarti? Questa è bella. Vattene, non rovinarmi la serata, non voglio parlarti.- Tornò a voltarsi verso la luna, impedendosi di guardarlo di nuovo, anche se era estremamente difficile ignorare la sua presenza.

Altri passi, il rumore di qualcosa che cade a terra, e poi le braccia di Spagna intorno a lui. Lo avvolgevano completamente, e riusciva a sentirne il calore nonostante la stoffa. -Ti prego, piccolo.-

Sussurrò l'uomo dolcemente, stringendolo a sé. Con poche mosse era riuscito a catturare completamente l'attenzione del più piccolo. Se già era difficile ignorarlo quando erano nella stessa stanza, la situazione peggiorava se lo aveva appiccicato.

-Lasciami.- Mormorò poco convinto, senza muoversi. Gli arti non rispondevano, era immobile.

-No, non ti lascerò mai.- Rispose l'altro, sorridendo. Lo aveva capito, aveva capito che per Romano era impossibile allontanarsi. Stupido spagnolo!

-Non rendere tutto più difficile di quanto già non sia!- Replicò l'italiano, con un sospiro sofferente. Perché si ostinava a volergli fare del male?

-Ma, chico, perché dovrei rendere le cose più difficili? Sei tu che lo stai facendo, decidendo di non fidarti di me. Io ti amo, Roma. E sono stato uno stupido quel giorno, lo so. Ma ti prego, ti prego perdonami. Quando ho scoperto che anche tu mi ami, mi hai reso la persone più felice di tutto il mondo. Lascia che sia il tuo cuore a decidere. Cosa vuole, lui?-

Rimasero qualche istante in silenzio. Cosa voleva? Non era difficile da capire. Voleva lasciarsi andare, non pensare più a quell'orrenda giornata, abbracciarlo, lasciarsi stringere..

-Non posso.- Rispose a malincuore, prendendo coraggio e scostandosi un po'.

Antonio sbuffò seccato. -Sì che puoi!-

-No bastardo, non posso!-

-E' colpa dell'orgoglio, vero?-

-Cosa c'entra adesso?-

-Se non fosse per orgoglio ti lasceresti andare!-

-Che stronzate sono queste?!-

La pazienza di Spagna era decisamente finita. Lo afferrò per le spalle e lo costrinse a voltarsi, per poi posare le labbra sulle sue. Solo un bacio a stampo. Nient'altro.

Eppure era fin troppo, per Romano. Sentiva che lo spagnolo cercava di trasmettergli tutto l'amore che provava per lui tramite quel gesto, ed era talmente tanto che quasi gli scoppiava il cuore. Non poté e non volle allontanarlo. Assaporò le labbra di Antonio per quello che a lui parve un'infinità di tempo, ma che furono probabilmente pochi secondi. Alla fine era talmente pieno dei suoi sentimenti da sentirsi quasi brillo.

-Allora, chico?- Sussurrò poi l'uomo, stringendolo tra le braccia. -Hai qualcosa da dirmi?-

Romano rimase immobile, godendosi quello splendido calore che proveniva da Spagna, dal bastardo che amava. -Sì. Vaffanculo.-

Spagna ridacchiò. -Altro?-

L'italiano roteò lo sguardo con fare scocciato. -E va bene. Ti amo.- Lo sussurrò a bassa voce, come per non farsi sentire.

Antonio scoppiò in una risata ilare, stringendolo forte. -Ti amo anche io, piccolo.-

L'angolo delle meraviglie di Niniel.
Mi è piaciuto scrivere questa Spamano, e penso che mi sia venuta anche piuttosto bene. Non ho mai scritto su di loro, ma mi è riuscito abbastanza bene (Forse perché mi ritrovo molto in Romano.) 
Come ho già detto nella descrizione, questa One-shot è un regalo per la mia adorata Haru-chan, a cui auguro un buonissimo compleanno.
Ti amo, tesoro mio. <3


 

   
 
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