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Autore: GianAuror     29/12/2011    10 recensioni
Ciao. Mi chiamo Petunia Evans e un tempo avevo una sorella.
Avevo ? Si avevo.
Era una di quelle sorelle che a casa ti facevano venire voglia di prenderle a schiaffi: lei era sempre la ragazza brava, carina, simpatica, spigliata, l'esempio da seguire. Io ero l'unica che la vedeva per quello che era: una spostata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans, Lily Luna Potter, Petunia Dursley, Vernon Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ciao, mi chiamo Petunia Evans e un tempo avevo una sorella...
 
Questa One-Shot la dedico ad Emanuela
nella speranza che torni a postare presto :)
Ciao. Mi chiamo Petunia Evans e un tempo avevo una sorella. 
Avevo ? Si avevo. 
Era una di quelle sorelle che a casa ti facevano venire voglia di prenderle a schiaffi: lei era sempre la ragazza brava, carina, simpatica, spigliata, l'esempio da seguire. Io ero l'unica che la vedeva per quello che era: una spostata. 
Quando è arrivata quella maledetta lettera, avevo sorriso compiaciuta! Finalmente tutte le mie teorie sulle sue stranezze avevano ricevuto una conferma. 
“Mamma!!” urlai nell'anticamera “E' arrivata questa!!” sventolai la lettera in aria in preda all'euforia “Vedi? Vogliono internare Lily! Avevo ragione allora...”
Mia mamma mi interruppe con un secco “Dammi qua.” e un'occhiata condiscendente. Arrossii e balbettai qualcosa di confuso poi, dignitosamente, mi ritirai in camera mia a scarabbocchiare qualche foglio di carta. 
Quando il mostro tornò a casa la mamma ci chiamò tutti in salotto e disse che aveva ricevuto una lettera che riguardava lei. Ora sarebbe arrivata la resa dei conti. Eppure mia madre non smetteva di sorridere... bah.
Cominciò a dire che esistono persone speciali e persone normali, che nella nostra famiglia di persone normali Dio ci aveva donato una persona speciale. Volevo vomitare. 
E quindi avevano ricevuto questa lettera da quella prestigiosa scuola di magia e stregoneria di Hogwarts dove si diceva che lei avrebbe avuto la possibilità di studiare per imparare a controllare i suoi poteri. 
A me, che ero la sorella che nelle retrovie faceva il suo dovere, niente. A me che dimoravo alla sua ombra, facendo il mio senza nessuno che mi dicesse brava, niente. Non uno sguardo dispiaciuto, un abbraccio consolatore, niente di niente. Mio padre e mia madre avevano gli occhi puntati su di lei, ebbri di gioia. 
Fu in quel momento che capii quanto la vita può essere ingiusta e quanto devi sempre imparare a cavartela da sola. Perchè la carinissima e dolcissima Lily mi aveva promesso che nessuno ci avrebbe mai separato e ora, eccola tutta euforica, pronta per andarsene via. 
 
Se dovessi mai riguardare i miei anni dell'adolescenza non so se riuscirei a dire con chiarezza come fossero. Anonimi. Forse questo è il termine esatto. 
Perchè mentre Lei tornava a casa con i successi scolastici, quelle dannatissime spille di perfetto o come diavolo si chiamano, l'elogio come migliore studentessa del manicomio, un'altra dannatissima spilla di Caposcuola, io ero lì in un angolo, senza nessuno che mi chiedesse come stavo. 
Durante l'anno aspettavamo che tornasse per Natale o Pasqua, e poi puntualmente lei decideva che la sua famiglia fosse troppo noiosa rispetto ai suoi amici squilibrati. E mamma e papà che non facevano altro che parlare di lei. Di quanto fosse dotata e speciale e di quanto le mancasse. 
“Guarda tesoro! Lily ci ha mandato questi dolci!” 
“Oh che carina, sa quanto ci piacciono i suoi biscotti di zucca!”
Fu in quel momento che arrivai a desiderare di non essere mai nata: se loro avessero avuto solo Lei, senza di me, sarebbero stati contenti ugualmente. Mentre io, che avevo davvero bisogno di qualcuno che mi ripetesse che si poteva essere speciali senza saper fare quattro abbracadabra, ero da sola e senza amici. 
Possibile che nessuno si accorgesse di quanto potevo starci male? Ero davvero così insignificantemente normale che non valeva nemmeno la pena di domandarmi come stavo ? 
E quando tornava a casa, quelle poche volte in cui i suoi amici andavano a fare trekking magico o chissà quali altre stramberie, era sempre triste e abbacchiata. Si, perchè per quanto provasse a fingere di essere una strega doc, non lo era fino in fondo e quindi ogni tanto doveva tornare a casa. Ben gli stava, almeno per una volta sarebbero stati a sentire me. 
Seh, magari. Era molto più importante ascoltarla mentre, da brava prima donna che era ormai diventata, parlava delle sue amiche Mary, Marlene, Alice, del professor Lumacorno che la elogiava e la voleva nella sua casa, degli impegni incessanti come caposcuola (“Ho la ronda serale, le riunioni mattutine, e devo anche studiare perchè ho i M.A.G.O, non so proprio come farò a sopravvivere), di come odiasse l'altro caposcuola James Potter, che insieme ai suoi tre amici le facevano quegli scherzi, di come Sev, il suo Sev, non le parlava più (e glissava sempre sulla motivazione). 
 
Un giorno non ce la feci davvero più e uscii di casa sbattendo la porta; era ora di togliere il disturbo da quella casa dove non mi volevano. Sembravo trasparente, tanto che avevo provato ad attirare l'attenzione su di me dando dei piccolissimi colpi di tosse, ma niente. Dovevo parlargli di una cosa importante, una volta tanto. 
“Petunia! Aspetta dove corri?” Era lei. Non mamma, né papà. Lei.
“Me ne vado, ne ho abbastanza di questo schifo.”
“Perchè te ne vai? Non vedo mamma e papà da un sacco di tempo... insomma è normale che io voglia raccontargli quello che mi succede. Come puoi essere così egoista?”
“Egoista io? Io sarei l'egoista?” sputai rabbiosa. Solo una volta ero esplosa in quel modo con lei e le avevo detto che era un mostro. E lo pensavo davvero. E non perchè avesse poteri magici o perchè fosse una strega provetta, niente affatto. Era un mostro perchè non capiva quanto mi faceva male essere insignificante e non considerata nella mia famiglia. “Io sono così egoista che ogni volta che racconti quel mucchio di idiozie e ci esponi i tuoi così grandi problemi, tali da perderci il sonno secondo te, me ne sto zitta e mi tengo i miei di problemi dentro di me. Prendere una O anziché una E dovrà essere un dramma rispetto alle notti insonni che passo a piangere perchè mamma e papà non fanno altro che pensare a te e a me, che ho bisogno di aiuto e sto affogando, non danno neanche una minima attenzione.” 
Presi fiato e proprio mentre stava per intervenire continuai. 
“Sta' zitta, e fammi finire per una volta. Oggi dovevo invitare il mio Vernon a casa per presentarglielo, dato che ci sposiamo tra poco. Ma naturalmente mamma e papà sono così assorbiti dai tuoi affascinanti racconti che non hanno tempo per me. Ma tanto ho ben capito che non c'è posto per me qua dentro.”
Adesso aveva assunto quel cipiglio severo che aveva di solito quando voleva battagliare sulle sue convinzioni. Figurarsi, era talmente piena di sé che anche in torto marcio si sentiva in dovere di rincarare la dose. 
“A me pare che tu sia soltanto gelosa...”
“E a me pare che tu invece sia soltanto un mostro squilibrato. E non so se voglio ancora avere a che fare con gente come te.” Soddisfatta della mia rispostaccia gelida le voltai le spalle e presi la bici. Sarei andata da Vernon, che tra poco sarebbe diventato mio marito. 
“Tra poco mi sposo. Non ti disturbare a venire, non c'è posto per i pazzi... Per fare le vostre scempiaggini innaturali avete quel mondo là dove le scope volano e le foto si muovono. Non c'è posto per te in questo mondo babbano. Non voglio più vederti.”
E cominciai a pedalare. Non sapevo che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta in cui l'avrei vista. 
 
Dopo il matrimonio con Vernon scomparii. Mi trasferii nel Surrey troncando di netto i rapporti con mia madre, mio padre e con lei. 
Da allora impiegai qualsiasi momento disponibile nella mia giornata per diventare la persona più normale che esista. In casa mia non esisteva la magia, non esistevano le scope volanti, i gufi e tutta quella robaccia. In casa mia c'eravamo io e Vernon. E presto avremmo avuto un bambino. Uno soltanto. Così che avremmo potuto dedicarci corpo e anima a lui e sarebbe stato per sempre il nostro unico pensiero. 
Gli avrei dato tutto ciò che i miei non avevano mai dato a me.
Quando nacque ero la donna più contenta del mondo: avevo tutto quello che si poteva desiderare. Una vita normale e tranquilla, un marito che amavo e che ricambiava e il mio piccolo Dudley Vernon Dursley. Finalmente avevo trovato il mio posto nel mondo e il mio passato triste era solo un vecchio ricordo lontano. Mi venivano quasi le lacrime agli occhi quando ero in casa: non mi ero mai sentita così amata in tutta la mia vita, e cominciai ad amare mio marito e mio figlio come nessuna donna aveva mai amato nessuno. 
 
Quel giorno però mi ricordo ancora quando Vernon era tornato a casa tutto trafelato chiedendomi come si chiamasse il figlio di mia sorella. 
Ehm, Petunia, mia cara... non è che per caso hai sentito tua sorella ultimamente?” 
Dopo tutto quello che avevo fatto per dimenticarla, ora anche lui iniziava a mettercisi per farla rientrare a forza in una vita che era solo mia?!
No” risposi secca. “perchè?”
Mah, non so... al telegiornale hanno detto cose strane” lo disse bofonchiando e balbettando, come se stessi cercando di controllare quell'orribile presentimento che stava iniziando a farsi strada dentro di me. “Gufi... stelle cadenti... e oggi, in città, un sacco di gente strampalata...”
Puah. E mi aveva fatto prendere un colpo per questa stronzata? “E allora?” Sbottai. Lo vidi farsi indietro. 
Niente, pensavo soltanto... forse... qualcosa che avesse a che fare con... hai capito no?... con lei e i suoi” 
Sorseggiai il tè a labbra strette mentre mi compiacevo: Vernon non avrebbe mai pronunciato la parola mago sotto il mio tetto o ne avrebbe pagato le conseguenze.
Il figlio... dovrebbe avere la stessa età di Dudley, non è vero?”
Suppongo di si” 
Eh com'è che si chiama? Howard no?
Harry!” Sbottai. “Che poi è davvero un nome volgare, se proprio lo vuoi sapere
E quella sera imparai bene a mie spese chi fosse Harry Potter. 
Albus Silente, l'uomo che mi aveva negato la possibilità di studiare dove studiava mia sorella perchè non avevo abbastanza poteri magici, davanti alla mia porta mi porgeva un bambino infagottato.
“Ebbene? Mia sorella non è abbastanza magica per occuparsi di suo figlio? Bimbi e grulli, chi li ha fatti li trastulli...” stavo snocciolando una serie di frasi a effetto per rimarcare l'incapacità di una con così tanti poteri magici come lei per occuparsi di suo figlio quando lo sguardo gelido di quell'uomo mi interruppe. 
“Sua sorella è morta.”
Crack. Quattro parole. Quattro parole che cancellano l'intera storia della tua vita. Perchè, e odio ammetterlo tutt'ora, la mia vita ruotava intorno a Lei. Lei che era la più brava, lei che era l'oggetto della mia invidia, il pensiero di lei che mi spingeva a essere sempre più normale, poof. Tutto svanito e in fumo. 
Vedi ? I tuoi poteri magici non ti hanno impedito di saltare in aria come un petardo!
Eppure non c'era neanche un filo di gioia o soddisfazione nei miei pensieri: potevo odiarla al limite dell'immaginabile, ma l'ombra della sua presenza era sempre con me. 
“Lord Voldemort li ha trovati, lei e James, e li ha uccisi. Tuttavia, il sacrificio di Lily ha consentito a Harry di salvarsi e lo ha sconfitto. Voi siete gli unici parenti rimasti in vita che ha. Accettando di proteggerlo attiverete il mio incantesimo che protegge Harry da qualsiasi attacco finchè è sotto il vostro tetto.”
“Abbiamo già un figlio.” esordì Vernon. “Non vedo perchè dovremmo occuparci anche di lui, che oltretutto sarà anormale proprio come tutti voi.” 
“Gliel'avevo detto Albus” la donna vestita di verde accanto a quello strambo individuo aveva parlato. “Sono dei babbani della peggior specie. Andiamo, sa benissimo che Frank e Alice potrebbero occuparsene*. Chiunque nel nostro mondo se ne occuperebbe più che volentieri. Il ragazzo non è in pericolo.”
“Minerva, Lord Voldemort tornerà e Harry sarà in grave pericolo...” 
“Basta” irruppi. Volevo tornare a dormire. “D'accordo. Ma non voglio più interferenze nella mia vita. Ne ho abbastanza di tutto questo. Mi è già costato una sorella che odiavo, non voglio che mi costi anche la mia famiglia che amo.” 
E con questo mi sporsi per prendere in mano quel fagottino. Dormiva beatamente e una cicatrice a forma di saetta gli marcava la fronte. Sarebbe stato difficile nasconderla, e i vicini avrebbero fatto domande. 
Lo squadrai: di mia sorella non aveva proprio nulla. I ciuffi di capelli che aveva erano corvini e già arruffati, la linea delle sopracciglia era Potter doc, per non parlare della curva delle labbra o della forma delle orecchie. Bah. 
D'un tratto, non appena il piccolo avvertì il cambio di braccia che lo sostenevano, spalancò gli occhi e mi fissò per un buon istante prima di aprirsi in un sorriso con quei piccoli e pochi denti da latte che aveva. 
Boccheggiai. I suoi occhi erano verdi e grandi, sorprendentemente vivaci per un bambino della sua età. Magnetici. 
E in quel piccolo Potter, ammisi a malapena, i suoi occhi, gli occhi di mia sorella ci stavano dannatamente bene. 
E il sorriso... quello era il suo sorriso e la sua eredità Evans che avrebbe portato sempre con se. 
“Noi dobbiamo andare... Spero che lo cresciate come fosse vostro e che gli doniate l'amore che i suoi genitori non hanno potuto dargli.”
 
 
E adesso che sono sola spesso mi ritrovo a pensare a quanto lontani mi sembrano quei giorni e a quanto in realtà il mio cuore si sia avvizzito. Dove mi ha portato il mio odio ? Ho rovinato l'infanzia a un ragazzino che aveva la sola colpa di esser nato nella famiglia sbagliata. L'ho accettato e l'ho cresciuto, l'ho protetto e l'ho perdonato dopo tutte le sue varie stranezze, questo è vero, ma non ho fatto mai nulla per alleggerirgli il compito. 
Lui che ha salvato Didino, che ogni tanto ancora lo incontra con sua moglie e i suoi figli, Robert e Sarah, i miei piccoli nipotini. 
Buffa l'ironia della sorte: i due gemellini sono due maghi e tra poco frequenteranno il manicomio che già una volta mi aveva portato via chi amavo. 
“Strano mamma vero?” mi disse mio figlio quando lo scoprì “Io non so fare neanche un trucchetto con le carte e loro già sfrecciano su quelle scope giocattolo che gli ha regalato Harry.”
Harry, che ci ha fatto proteggere e ha salvato tutti noi.
La realtà è che avrei sempre voluto sentirmi magica per qualche cosa e quando i miei due angeli mi abbracciano e mi dicono che ai fornelli io sono veramente magica, molto più della loro zia rossa, mi si apre il cuore. 
Eppure c'è un ultimo viaggio che devo fare. L'ultimo mio lungo viaggio.
 
 
Busso alla porta di legno massiccio, dopo aver suonato due o tre volte il campanello.
La porta si apre ed ecco mio nipote, Harry Potter, che mi apre con in braccio una bambina dai capelli rossi. 
“Zia Petunia?” balbetta scettico. 
“No, zia Marge” rispondo sarcasmo. “Posso entrare?” 
E' in difficoltà, ma d'altronde chi non lo sarebbe?
“Certo, vieni pure.”
La casa è ordinata, per quanto lo possa essere con tre uragani in casa. Qua e la ci sono due o tre giocattoli sparsi, delle costruzioni nell'incavo tra i due divani con un libro illustrato aperto su una pagina che raffigura una ragazza che scende le scale, perdendosi una scarpetta. 
“Leggi a tua figlia fiabe babbane?” inarco un sopracciglio mentre lui si apre in quel suo sorriso Evans. 
“Be', a Lily non piacciono le fiabe magiche, vero tesoro di papà?”
Rimango presa in contropiede. “Come hai detto che si chiama?”
“Lily.” 
Spalanco gli occhi e a malapena mi apro anche io in un sorriso. “Porto il nome di mia nonna!” dice mentre si batte un pollice sul petto, evidentemente contenta dell'eredità che porta. Spero proprio che non sarai mai troppo come lei piccola Lily, altrimenti poveri i tuoi due fratelli. 
“La conoscevo bene io.”
“Davvero?” mi dice mentre si sporge verso di me. 
“Si, sai che io avevo una sorella che si chiamava Lily Evans?” 
Stupita la bambina si sporge verso di me e io allargo le braccia. Harry è stupito, ma non posso certo biasimarlo. La vecchia Petunia non avrebbe mai preso in mano la figlia del nipote che odiava. 
 
 
“Sei sicura Zia Petunia?”
“Sono più che certa. Portamici.” 
La neve scricchiola sotto i miei piedi mentre, affiancata da mio nipote, vado verso il cimitero di Godric's Hollow. 
“Il cimitero è la. Ti aspetto fuori...” 
Annuisco.
 
E infine eccoci qua Lily. Quanto tempo è passato prima che io avessi il coraggio di guardare definitivamente in faccia la realtà. Sei morta. E guardando questa maledetta tomba sento un peso calare su di me perchè stavolta mi accorgo che sei andata via per sempre. 
Ti ho cancellato dalla mia vita, senza pietà. Mi sono allontanata e non ho più voluto sentir parlare di te. Infondo tu eri nel tuo mondo di strampalati e io ero nella mia perfetta e normale vita suburbana nel Surrey. 
Sento le lacrime che mi pizzicano gli occhi ma stavolta non voglio trattenerle, perchè se anche potessi provare anche solo un quinto del male che ti ho fatto, se servisse a riportarti indietro, lo farei. 
Dovevamo rimanere sempre assieme vero? Unite io e te, e invece ci siamo separate per colpa mia. E un po' anche per colpa tua, ma non sono qua per recriminarti nulla, ne tantomeno per darti addosso. 
Sono qua perchè è giusto che per una volta pianga sulla tua tomba e provi il rimorso per tutto il male che ho fatto a te e a tuo figlio.
Hai visto? E' vivo e, piuttosto arrogantemente, un po' di merito ce l'ho anche io. Perchè non lo ammetterò mai davanti a lui né tantomeno davanti a Vernon, ma gli voglio bene. 
 
Ti sembra giusto? Ti sembra giusto che sia io a parlare di te a tua nipote Lily?. Ma dovevi proprio farti uccidere? Insomma lo sapevano tutti che Minus era un'idiota senza cervello, lo dicevi anche tu. 
Ha i tuoi occhi. Harry ha i tuoi stessi occhi. E quando l'ho visto la prima volta ho capito che non eri scomparsa per sempre. Vivi in lui Lily, e lui ti somiglia sempre di più.
 
Alla fine Silente aveva sempre avuto ragione. Scoppio di amore, per te, per Harry, per Vernon, per mio figlio e per tutti i miei nipoti, e credo di non essermi mai sentita tanto magica in tutta la mia vita

*Frank e Alice Paciock sono stati torturati da Bellatrix Lestrange e i suoi degni compari dopo la caduta di Voldemort, quindi si stanno godendo ancora quel poco tempo che gli rimane. 


Spazio Autore:

Ho sempre sostenuto che Petunia sia un personaggio complesso nella trama. Nell'ultimo libro sembra voler dire a Harry qualcosa e la Rowling ha dichiarato che voleva esprimere i suoi sentimenti. In tutte le James/Lily che si rispettano si dipinge Petunia come la sorella stronza di turno. Nessuno che mai abbia pensato a cosa si dovesse provare a vivere alle spalle di Lily che portava a casa tutti i suoi successi, eclissando la povera Petunia che invece si trovava al margine nella sua vita familiare. Credo che si sia comportata con Harry così solo perchè in realtà gli ricordasse molto più Lily di quanto lei stessa pensasse e soprattutto perchè il ricordo di sua sorella era ancora forte e nonostante tutto, credo che le volesse ancora molto bene. Spero di aver reso bene il personaggio e che vi piaccia :D 

 
  
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