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Autore: Heresiae    15/08/2006    4 recensioni
[Star Trek Voyager] L'ammiraglio Janeway aveva disubbidito alla prima direttiva temporale tornando indietro nel tempo per cambiare il futuro. Lo aveva fatto per amore del suo equipaggio e dei suoi amici. Ma la prima direttiva temporale esiste per un motivo preciso: non si sa mai a cosa può portare lo stravolgere degli eventi. La Voyager è riuscita a tornare a casa in sette anni invece che ventitre, la missione dell'ammiraglio è riuscita. Ma forse non era ancora la sua ora.
A partire dall'ultimo episodio della serie, EndGame. Spoiler su tutta la serie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pilot



Erano già passato un anno da quando avevano lasciato la Terra. Per sempre.
Se lo ripeteva spesso, per ricordarselo, per non cadere preda di ricordi e stati semi allucinativi in cui si svegliava credendo di essere ancora nel quadrante Delta, in cerca della via di casa. Uno stato pericoloso dato che era in fuga da casa. Pericoloso soprattutto se qualcuno del resto dell’equipaggio lo avesse capito: aveva idea che né Sette di Nove né il Dottore avrebbero reagito bene a sapere quanto quella situazione la stava frastornando. Lo trovava buffo, essere riuscita ad adattarsi ad affrontare decenni di viaggio per tornare sulla Terra nel giro di pochi giorni e non essere riuscita ad adattarsi al fatto di essere in cerca di una nuova in un anno. L’anno lo compivano proprio quel giorno in effetti.
Quel pensiero la indusse definitivamente ad alzarsi dal letto. Nonostante mancassero ancora due ore al risveglio ufficiale dell’intera nave, Kathryn Janeway, capitano del vascello interstellare Voyager, era già in piedi. Ammirevole.
- Computer, luci e preparazione la doccia sonica. –
I bassi suoni di risposta precedettero l’effettuazione dei comandi. Si stirò tirando in alto le braccia e muovendo il collo.
Aveva passato una notte pessima, in preda a sogni vorticosi che le avevano lasciato una brutta sensazione in testa, come se l’avesse troppo leggera e il letto le era sembrato scomodissimo, anche se ci dormiva ormai da otto anni. Un paio di flash di alcuni suoi sogni la convinsero a provvedere prima alla colazione che dalla doccia.
Andò verso il replicatore nell’angolo della stanza, ignorando la vestaglia che indossava da quando erano stati costretti e diminuire l’energia al supporto vitale: tutti gli alloggi non avevano più di diciannove gradi quando gli occupanti erano all’interno e svegli, quindici quando si coricavano.
- Caffè, nero. -
Aveva suggerito a tutti di passare più tempo possibile negli spazi comuni, suggerimento pressoché inutile dato che tutti preferivano passare più tempo che potevano negli spazi comuni. Mentre sorseggiava il caffè sentendo la pelle rizzarsi per il freddo e combinarsi con la caffeina procurandole l’immediato risveglio, ripensò a come l’affiatamento a bordo della nave fosse improvvisamente aumentato già appena partiti. Perfino Tom e B’Elanna che avevano una figlia piccola, preferivano stare nell’alloggio il meno tempo possibile. Ripensandoci bene forse erano affetti dalla sua stessa patologia: avevano continuamente bisogno di ricordarsi che non erano più nel quadrante Delta dispersi e soli, ma in quello Alfa, soli e in fuga. La costante e la variabile. Un classico.
Vuotò la tazza e andò in bagno. Sette le aveva detto che entro quel pomeriggio sarebbero stati in vista di un pianeta abitato la cui attività principale era il commercio interplanetario. Se Tom e Harry avevano lavorato bene, forse sarebbero riusciti ad attraccare al porto sotto falso nome e fare scorta di deuterio e provviste, oltre che di un po’ di informazioni.
Si spogliò velocemente nella fredda penombra del bagno e rimase a fissare il proprio riflesso rabbrividendo impercettibilmente. Nonostante lo stress e i trentacinque passati da un pezzo, riusciva ancora a tenersi in piedi abbastanza da ritrovarsi Q in camera da letto a sorpresa. Probabilmente era merito anche del fatto che era stato vietato a tutti spuntini fuori pasto, tranne le evidenti eccezioni per i bambini e le donne in allattamento. O forse gli allenamenti che Tuvok aveva imposto a tutte le squadre addette alla sorveglianza le avevano trasmesso i loro effetti benefici per osmosi.
O forse era il mal d’amore che non passava.
L’ultimo pensiero le si ripercuoté nella testa con la voce della nonna. Sospirò ed entrò nella doccia.
- Non questa volta nonna. –
Si sfregò le braccia e rabbrividì violentemente.
- Computer, attivare doccia sonica. –
Mark era lì ad attenderla quando era sbarcata sulla dalla sua nave dopo quei sette e lunghi anni. Avevano sorvolato tutta San Francisco sopra una folla di persone esultanti e in mezzo a fuochi artificiali colorati. Erano atterrati allo spazio porto della federazione accolti da tutto il Consiglio al completo, compreso il Presidente.
Era stata la prima a sbarcare, seguita da Chakotay che sorrideva e camminava come se non stesse tornando da una missione di sette anni, ma da un giretto a bordo del Flyer. La guardava divertito, come se si aspettasse di vederla crollare da un momento all’altro dall’emozione e la sfidasse a non farlo. Ovviamente non lo fece.
Dietro di lei scesero tutti gli ufficiali addetti alla plancia, compresi Tom e Harry. Tuvok seguiva con tutti i membri della squadra tattica, poi il dottore, e B’Elanna con tutto il reparto della sala macchine e via andare, dagli ingegneri ai semplici marinai, scesero tutti trepidanti e visibilmente commossi. Solo dopo Chakotay le fece notare che Sette era scesa per ultima, quasi di nascosto per non farsi notare, esibendo la fredda aria da drone borg come ultimo paravento all’umanità dilagante che si era ormai impossessata di lei. Due giorni non sono di certo sufficienti a padroneggiare una quantità tale di emozioni.
Il teletrasporto li aveva trasferiti a pochi metri dalla guardia d’onore che li attendeva sull’attenti formando un ampio corridoio che li avrebbe portati davanti al Presidente della Federazione. Lo avevano percorso impettiti e felici, osservando tutti quegli ufficiali in alta uniforme che sorridevano commossi quanto loro mentre facevano il saluto militare. Ecco, il corridoio lo ricordava bene, bene quanto quel capitano a metà percorso con due gradi storti e il colletto mal abbottonato.
Quello che era successo dopo si sfocava e diventava confuso e sospeso a partire da quando aveva intercettato lo sguardo del Presidente. Non era affatto come se l’era immaginato. Era piccolo, sorridente e con folti capelli grigi che sparavano in tutte le direzioni. E parlava veloce, accidenti se parlava veloce. Le era sembrato che fossero passati solo dieci secondi da quando lo aveva visto a quando si era trovato le mani strette nelle sue e le parlava di… qualcosa che doveva essere il loro ben tornato, ma se l’era dimenticato. Chakotay invece lo ricordava bene di sicuro, forse il rapporto con Sette gli aveva reso i nervi saldi quanto quelli di un borg.
Aveva stretto le mani a tutti e così anche tutti i consiglieri, poi erano stati fatti entrare in una vasta sala dove li aspettavano i loro parenti. Ricordava che c’erano delle battute che la facevano ridere, ma non era sicura, la voce la riconduceva a Tuvok. Poi lo vide.
Dopo che si era resa conto di quanto tempo effettivo di avrebbe messo a tornare a casa, Kathryn aveva messo da parte i rosei sogni di amore eterno e si era preparata, pragmaticamente, al peggio. Se l’era immaginato al braccio di una moglie, bellissima e sorridente, addirittura con figli e il resto del parentado al seguito. Si era anche immaginata sua madre che, con voce bassa, le diceva che lui non era venuto o che era morto. Il fatto che in quei mesi di contatto con la terra tramite il Midas non era riuscita a trovarlo, perché disperso perennemente in missioni ai confini della Federazione, le aveva rafforzato quelle aspettative.
Quello che non aveva mai concesso alla sua mente di immaginare era invece quello che vedeva. Lui. Lui accanto a sua madre e a sua sorella che l’aspettava e che apriva le braccia mentre le andava incontro. Le si era precipitata letteralmente contro. In quel momento, mentre sentiva le sue braccia avvolgerla in un abbraccio che tanto le era mancato in quegli anni, aveva pensato che la felicità doveva essere proprio così. Solo emozioni e basta.
La doccia sonica finì il suo ciclo e si disattivò. Kathryn uscì velocemente e andò in camera cercando dei vestiti comodi e caldi sperando di averne ancora di puliti. Aveva ceduto il suo turno di bucato a B’Elanna, la bambina si stava dimostrando più difficile del previsto all’addomesticamento nutrizionale. Trovò una dolcevita nera pesante e un paio di pantaloni in lana grigia. Si infilò un paio di calzettoni pesanti, una giacca scura e corta simile a un soprabito e le scarpe. Prima di uscire si raccolse i capelli in una coda.
- Computer, spegni luci. –
Il suo riflesso apparve sul vetro che mostrava il vasto spazio del quadrante Alfa intorno a loro.
Avrebbe dovuto aspettarselo che tutta quella felicità improvvisa avrebbe richiesto il suo scotto prima o poi.
Uscì velocemente dal suo alloggio e si diresse in plancia. Non c’era ancora nessuno in giro per i corridoi. Chiamò il turbo ascensore e diede la destinazione.
Quando entrò in plancia trovò un rilassato Harry Kim che leggeva un libro dalla poltrona di comando mentre il pilota notturno, Tessa Style, lavorava al suo DiPad. L’ufficiale addetto alla sorveglianza notturna si mise subito sull’attenti attirando l’attenzione degli altri due.
- Capitano in plancia. –
Kathryn si fermò sulla porta mentre Harry e Tessa si voltavano di colpo.
- Riposo Elkt. –
Sorrise al ragazzo. Era ancora restio ad abbandonare il comportamento militare e lei non aveva intenzione di forzarlo. In fondo non c’era niente di male se continuava a indossare la divisa durante i turni e a fare i saluti sugli attenti, anche perché non era il solo. Prima o poi avrebbe smesso. Si appoggiò alla sbarra divisoria e guardò giù.
- Buongiorno Harry. –
- Capitano. –
Le sorrise beffardo rispondendo alla sua smorfia finta corrucciata. Ormai quell’appellativo era solo un modo per scherzare e allentare la tensione, anche se a qualcuno scappava ancora fuori, soprattutto quando al plancia era al completo. Erano ancora poche le persone a bordo della Voyager che non le davano del tu.
- Com’è andata la nottata? – fece un cenno di saluto a Tessa, che sorrise dal suo pannello, prima di appoggiarsi più comodamente alla sbarra.
- Tranquilla e la tua? –
Harry manteneva un tono cordiale e tranquillo, ma dal sorrisetto che ancora non aveva abbandonato il suo volto si capiva benissimo che sapeva molto bene il motivo per cui era arrivata con due ore in anticipo, e sapeva anche cosa aveva pensato appena entrata.
Si alzò e andò a sedersi al posto di Chakotay senza troppa fretta.
- Come tutte le altre. –
- E come va il collo? –
Forse era un parente alla lontana di un ocampa. O forse doveva smetterla di vedere Harry come il ragazzino appena uscito dall’accademia e considerarlo per quello che era: un giovane uomo molto perspicace e intuitivo. Che in quel momento si stava divertendo a prenderla in giro.
Fece un grugnito di protesta e si affossò meglio nella poltrona di Chakotay. Era comoda. Più del suo letto visto che rischiava di assopirsi.
Harry la guardò sempre sorridendo, ma senza beffa stavolta. Si arrese.
- Non ho fatto cinque minuti di sonno decente in tutta la notte. –
- Vedo. Dovresti andare da Doc, non ti fa bene lo sai. –
Fece un gesto con la mano come minimizzare. Estremamente apprensiva per quanto riguardava il suo equipaggio, riusciva ad essere terribilmente superficiale su quel che affliggeva lei. E comunque non era in punto di morte, una leggera insonnia non valeva una analisi di Doc e non l’entusiasmava sapere che l’avrebbe avuto appresso nei due mesi successivi a ripeterle cose che sapeva perfettamente da sola: doveva lavorare di meno, delegare di più, rilassarsi di più, muoversi di più. L’ultimo punto in particolare la infastidiva.
Sbadigliò sonoramente mentre Harry tornava al suo libro. Lo guardò, era un grosso e spesso tomo ingiallito. Non glie l’aveva mai visto in mano.
- Che stai leggendo? –
Lui sollevò la copertina senza smettere di leggere.
- Il signore degli anelli… Ma non è un po’ vecchio? –
Harry sorrise.
- Si, ma leggere di territori sconfinati e vergini, duelli con spade e maghi aiuta ad evadere un po’ di più dei libri di questo secolo. –
- Ragionamento impeccabile. –
- Da vero vulcaniano. –
Lasciò Harry al suo libro e si mise a fissare lo schermo. Le stelle le venivano incontro a velocità moderata. Anche la velocità ridotta era stata scelta per risparmiare e per non destare sospetti. Il mascheramento che avevano comprato il mese scorso non era molto affidabile non funzionava sulle alte velocità: più lenti andavano meno ne lasciavano dietro di se.
Un segnale acustico riportò l’attenzione di Tessa sulla sua consolle, ma fu Elkt a dire di che si trattava.
- Capitano, un vascello federale dieci milioni di chilometri da qui. –
Kathryn di alzò in piedi di scatto, improvvisamente sveglia del tutto.
- Ci hanno rilevato? –
Elkt digitò un paio di tasti prima di rispondere.
- No. Viaggiano a massima curvatura. Ci hanno già superato. –
Si risedette, sentendo ancora nelle orecchie il rimbombo del suo cuore spaventato e il sangue che girava velocemente.
- Kathryn. –
Si voltò verso Harry.
- Tutto bene? -
Lei sospirò.
- Come ogni volta che scampiamo a un contatto Harry. Come ogni volta. –
Harry tornò a guardare il suo libro, ma senza leggerlo.
- È passato un anno. –
Lo disse a voce così bassa che lei dubitò di averlo sentito, ma da come la stava guardando in quel momento capì che non se l’era sognato.
- E ne passeranno altri. –
Aveva gli occhi lucidi e i lineamenti fermi.
- Prima o poi smetteranno di cercarci. E comunque, siamo ancora la nave meglio attrezzata del quadrante. –
Sorrise. Il sorriso di Harry era contagioso e trasmetteva armonia.
- Si, hai ragione. –
Tornò a fissare il suo libro ma si distrasse quasi subito.
- Credo che Doc voglia fare una festa oggi, al ponte olografico. Sono due settimane che ci lavora. –
- Andrà bene qualsiasi cosa, purché non sia una delle sue interminabili esposizioni. –
Risero lievemente e per poco.
Pochi minuti dopo il silenzio era di nuovo sceso in plancia. Harry e Tessa erano di nuovo ai loro interessi mentre Elkt controllava i diversi pannelli delle postazioni rimaste vuote.
Lo spazio continuava ad essere pieno di stelle in movimento e vuoto.
Era in fuga, su una nave rubata a corto di viveri, con tutta la federazione alle calcagna. E il volto deluso e offeso di Mark l’aveva tormentata tutta la notte.
Non poté fare a meno di chiedersi se era davvero per quello che l’ammiraglio Janeway aveva sacrificato la sua vita.
  
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