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Autore: Sciapy    30/06/2003    7 recensioni
Per me, "casa" è il luogo dove ho lasciato i miei sogni. Impigliati tra i rami di un albero, custoditi nei vecchi mattoni o incapsulati nei sassi, sono ancora lì ad attendere…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL CANTO DEI SOGNI
di Sciapy

Cemento estraneo sotto i miei piedi. Puoi percorrere una strada migliaia di volte e continuare a considerarla una sconosciuta, semplicemente perché non ti parla. Perché non ti appartiene e tu non appartieni a lei. Perché lei è fredda e tu brami calore.
Ma se la realtà si può ridurre solo ad una miriade di particelle luminose che colpiscono i nostri occhi, allora non dovrei stupirmi se il gelo di questo asfalto inesplorato mi atrofizza le retine.
Si dice che "casa" è quel posto dove, quando torni, sai che verrai accolto a braccia aperte. Se nessun marito, moglie, figlio o genitore ti riceve amorevolmente, allora non puoi usare quel termine dolce-amaro, abusato, ignorato.
Ma per me, "casa" è il luogo dove ho lasciato i miei sogni. Impigliati tra i rami di un albero, custoditi nei vecchi mattoni o incapsulati nei sassi, sono ancora lì ad attendere…
E io andrò a riprendermeli.

***


Cammino sotto un cielo di plastica turchina e ad ogni passo la strada bisbiglia.
Voci confuse al principio, si affollano nella testa danzando danze sconnesse e disordinate con i miei pensieri. Si schiariscono, poi, ed ecco: finalmente pensieri e ricordi volteggiano armoniosamente in me. Ridono. Io rido con loro.
E i bisbigli acquistano significato, le lallazioni mutano in parole, le parole in frasi, fino a trasmettermi immagini vivide e accecanti, ma non dolorose.
L'aria è rosea di un tenero rosa. Le foglie cantano canzoni comprensibili solo al mio udito. Le case sorridono pigre in un sole di un freddo inverno. L'erba spacca l'asfalto mormorando "casa". E il cemento conosciuto mi avvolge in un rassicurante abbraccio materno.
Il passato mi appartiene come melodiosa musica. Questi luoghi, amati di un amore che si riserva ad appassionato amante, odiati come inflessibili nemici, sono le cetre di note che sfiorano l'animo e accendono i sensi.
Ricordi…
Veloci saette attraversano la mente. La luce che mi nasce dentro si riflette nei miei occhi. Io brillo, ho il fuoco nelle mie mani. Io sono viva, io ho vissuto in questi luoghi. Atomi e molecole fanno l'amore.
Ricordi…
Una bambina e sua madre che raccolgono more dagli arbusti, improbabili baccanti con corone di foglie aride e ramate. Sorrido per la soavità trasmessami dalla scena idilliaca. Sorrido gustando nella memoria i dolci frutti.
Sorrido al pensiero che quella bambina sono io. Sorrido e fisso i cespugli ora amputati da mani esperte.
Un muso vivace spunta dai rami stanchi. E rivedo la gioia incarnata in un elegante felino grigio, che attende la giovane compagna di giochi, con occhi di giada grandi e curiosi. La ragazzina verserà lacrime calde e reali in un pomeriggio irreale e gelido. Il felino non potrà più accoglierla su quella strada.
Strada che percorsa milioni di volte non perde le immagini di cui è pregna.
I dipinti non affievoliscono nel cuore.
Una ragazza in motorino con un uomo. Finge di essere donna, premendo i seni sulla schiena ampia di colui che non la desidera e conducendo mani erranti in zone inesplorate. Il suo nome si sporca gradatamente: sarà "la puttana". Non se ne cura, fuori. Soffre, dentro.
Ma imparerà a vivere categorizzata in parole secche, fragili, mutevoli come quei rami da cui pendevano gustosi frutti. Parole che mai coglieranno ciò che il suo animo vorrebbe esprimere all'esterno. Parole vuote e sfibrate come la sua vita, ora.
Il cielo corre sopra di me. Io corro sotto di lui, spinta dalla smania di trovare i miei sogni perduti. So che mi attendono, nascosti come fanciulli paurosi, nell'inconscio desiderio di essere rivelati.
Le case sfumate custodiscono ulteriori memorie.
Scorgo mura pastello e ripenso ad una bambina scura e ai suoi occhi d'ebano, capaci di ferire, annientare e commuovere. Lei, che inconsciamente ha marchiato una vita, per venire inghiottita dal tempo, sopita nel cuore, ma non dimenticata. Ma ricordi di pomeriggi oziosi o ludici lambiscono le ferite e chetano le grida di dolore.
Vicino a quelle mura un albero mi sorride. Il desiderio infantile di dondolarmi ancora sulle sue braccia mi coglie improvviso.
E finalmente lo vedo. Si erge diroccato e saggio, vegliardo con lunga barba bianca. Mi guarda e mi parla e la sua voce sovrasta le altre. Voce calma e rivelatrice. Ecco, i sogni cominciano a farsi nitidi e le voci si placano, per dare spazio alla mia.
La commozione del silenzio intenso è prodigiosa.

***


Siedo sotto un cielo di metallo fuso, mentre le stelle rischiarano luoghi onirici.
I grilli friniscono e le rane gracidano dando vita ad un concerto in mio nome.
Pensieri…
Ricordi…
Sogni…
E ora so che anche se dolorosi, fastidiosi, vergognosi, fanno tutti parte di uno schema globale, sono tutti incastonati in un mosaico.
Soli non hanno significato.
Insieme danno vita ad arabeschi infiniti.
Chiudo gli occhi e ascolto.
Non ho più paura di ciò che sono stata.
Non ho più paura di me stessa.

***



Nota: dunque, so che come racconto può sembrare un po' strano... e in effetti "racconto" non è! E' solo un'accozzaglia di pensieri di una persona che torna nei luoghi della sua infanzia...
Per lo stile, mi sono ispirata a Dino Campana ed è per questo che ci sono frasi che apparentemente non hanno significato. Ma in realtà, ogni frase ha un senso per me. Non ho buttato parole a caso al puro scopo di creare frasi enigmatiche! ^^" Ha tutto un significato.
La frase "La commozione del silenzio intenso è prodigiosa" è del suddetto Campana. Non potevo fare a meno di riportarla, è portentosa! *_*
  
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