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Autore: Simona_Lupin    29/12/2011    11 recensioni
Tre momenti in cui Sirius Black si è sentito prigioniero.
Tre momenti in cui i suoi pensieri sono corsi alla sua unica salvezza: James.
Dalla fanfiction:
« E' tutta colpa mia, James.
Non mi libererò mai da questo peso.
Se tu te ne sei andato, è solo colpa mia.
E devo pagare per il male che ho fatto al mondo, sottraendogli te, per il dolore che ho provocato a tuo figlio, portandogli via i suoi genitori, per la tristezza che a causa mia si avverte anche in cielo, perché lassù hanno perso una stella.
Devo rimanere qui, semplicemente perché tu eri la luce, Ramoso. E io non ho fatto altro che spegnerla, uccidendo anche me ».
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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When smiling becomes a mistake.
 



#You're not my son.
 
 
 
Queste prime settimane d'estate sono state stranamente grigie e fredde.
Un vento insolito viene a bussare ogni giorno alle finestre di casa mia, fischiando in una maniera orribilmente fastidiosa, senza neanche permettermi di riposare. Di notte mi raggomitolo tra le lenzuola con gli occhi fissi sul soffitto scuro e malconcio che mi sovrasta, di quel colore informe che dipinge ogni elemento di questa mia prigione, rendendola ancora meno simile a una casa di quanto già non sia. I miei unici sorrisi nascono quando vedo arrivare uno dei gufi dei miei amici e leggo le stupidaggini che mi scrivono per tenermi su di morale, raramente inframmezzate da qualche parola di conforto che noi non siamo soliti pronunciare, forse perché basta questo pensiero costante che dimostrano sempre verso di me, e io verso di loro.
Per il resto, le mie giornate sono piatte e sempre uguali. Mia madre mi grida contro per ogni singola cosa, e io indosso la mia solita maschera, facendo finta che non m'importi delle sue parole, provocandola ancora con qualche ghigno e ridendo dei terribili insegnamenti che continua a volermi inculcare.
Eppure, ogni volta che torno a chiudermi in camera mia con la testa appoggiata al vetro gelido della finestra, a guardare le nubi che attraversano il cielo plumbeo, mi sento perso e svuotato, e gli insulti di quella donna, gli sguardi severi di mio padre, occupano ogni angolo della mia testa.
Queste quattro pareti diventano una gabbia indistruttibile, una punizione eterna da cui non riesco a venir fuori senza qualche ferita. Perché malgrado sia convinto di essere nel giusto, di essere l'unico a posto in questa famiglia del tutto folle, sentirmi urlare contro che sono solo una delusione, che ogni cosa che faccio è solo uno sbaglio e un dolore per gli altri...diventa ogni giorno più difficile. Sono riusciti a farmi credere che non ho un cuore, che non sono quasi capace di provare dei sentimenti... Ed è solo per colpa loro se continuo a far del male. E' solo a causa di queste dannate parole se non riesco a voler bene a una persona senza ferirla in qualche modo.
Sono prigioniero di queste mura spoglie, incapace di volgere il pensiero a un qualcosa di bello, non quando attorno a me l'unica cosa capace di riscaldarmi il cuore è qualche fotografia di momenti felici che non riesco neanche a ricordare.
« Sirius! »
La voce di mia madre, autorevole e scocciata, mi arriva come un tuono e mi fa sussultare.
« Che cosa vuoi? » urlo di rimando, senza neanche scomodarmi dal letto.
« Ti pare il modo di rispondere questo? Scendi subito giù! »
Sbuffo così forte che qualche ciuffo di capelli scuri si solleva per poi ricadermi nuovamente sugli occhi, poi decido di alzarmi e scendo pesantemente le scale.
« Che cosa vuoi? » ripeto, fronteggiando mia madre con aria irritata.
« Non avere questo atteggiamento » sibila inviperita. « Kreacher mi ha appena detto che lo hai di nuovo insultato e minacciato. Ma cosa devo fare io con te? Cosa posso fare per farti capire quanto vale il sangue che scorre in quelle tue vene indegne, razza di piccolo ingrato! »
Di nuovo. Tutto sta diventando insopportabile.
« Se solo potessi togliermi ogni singola goccia del sangue dei Black, giuro, madre, lo farei » ribatto, la voce che trema di rabbia. « Se potessi togliermi questo maledetto nome, sarei la persona più felice del mondo »
Lei è così indignata che pare emanare odio e disprezzo da ogni poro. La vedo avvicinarsi, il viso piatto e duro come una statua un po' rovinata dal tempo ma che conserva integri i suoi antichi tratti. E uno schiaffo mi colpisce in pieno viso, inaspettato e rude.
« Tu non sei più un Black » sussurra irata. « Tu non sei più mio figlio »
« Non osare toccarmi mai più. Quello che dici non mi interessa, ormai »
Le volto le spalle, correndo in camera mia e raccogliendo in fretta tutta la mia roba per ammucchiarla nel mio baule di scuola, senza pensare, ma guidato da un odio e da una rabbia che non avevo mai sentito prima. Senza guardarmi intorno riscendo giù, sorridendo all'espressione ferita di mia madre.
« Risolto il più grande errore della tua vita! » annuncio, allargando le braccia. « Il tuo infinito dispiacere e disonore se ne va, finalmente. Siete liberi »
E detto questo, corro verso la porta, senza ascoltare nemmeno una delle tante cose che mi urla contro. Sento una lacrima sfuggirmi dagli occhi, forse la prima che abbia mai solcato la mia guancia, l'unica che sia riuscita a varcare la barriera che ho costruito. Ma sono libero.
Quando esco, sbattendomi la porta alle spalle, respiro l'aria pulita che mi circonda e per un attimo mi sento confuso. Il viso di James, però, si focalizza subito nella mia mente, facendomi sorridere di puro sollievo.
Mi smaterializzo sul portico di casa sua, e suono il campanello. Non riesco a capire come mi sento mentre aspetto che apra la porta.
Appare di fronte ai miei occhi, i capelli più arruffati che mai, gli occhi nocciola curiosi e subito lucidi per la sorpresa, esattamente come ricordo di averlo lasciato parecchi giorni fa.
« Brutto cane rognoso, che diavolo ci fai qui? Ti mancava il tuo grandioso amico James, non è vero? » esclama, stringendomi in un abbraccio caloroso.
« Abbassa la cresta, Ramoso » rispondo io, senza smettere di sorridere. « Sono venuto solo per i pancakes di quell'angelo di donna di tua madre, che Dio la benedica » 
Lui si finge offeso, come fa sempre. « Devo di nuovo ricordarti che è ancora sposata con mio padre? » Ride, ma subito cambia espressione. « Che ti è successo? Entra, fuori si gela »
Mi passa un braccio attorno alle spalle e mi accompagna in salotto.
« Allora? »
« Beh... » comicio io. « Diciamo pure che sono evaso »
James inizialmente non capisce, ma vedo che il suo viso si illumina pian piano, finché non si batte un pugno sul palmo della mano.
« HA! » urla, piombandomi addosso e stendendomi sul divano con tutto il suo notevole peso. « Sei scappato, amico? Seidavvero scappato di casa? » strilla entusiasta.
« Mi...stai...uccidendo, JAMES! » balbetto io agonizzante, cercando di scrollarmelo di dosso.
Lui alla fine si alza con nonchalance, rivolgendomi un gran sorriso ed esortandomi a parlare.
« Mi hai frantumato la cassa toracica, razza di cervide pazzotico... Comunque sì, sono scappato » dico infine. « E...mi chiedevo se...insomma... »
Ma lui mi spiazza, anticipandomi ingenuamente, senza sapere che sto per chiedergli ospitalità, ma offrendomela senza neanche rifletterci su.
« Perché non resti qui, Felpato? » mormora infatti, con uno di quei suoi sorrisi genuini. « Resta qui. Questa è casa tua. Ti andrebbe? »
Io lo osservo a lungo, riconoscendo nella luce dei suoi occhi la mia vera famiglia.
Ed è così che realizzo di essere salvo, guardandoli. All'improvviso, tutto mi sembra più facile di quanto non sia mai stato. Avrò James ogni giorno al mio fianco, ci sarà lui ogni mattina, durante la colazione, lui, con quel suo viso gioioso, lui, il fratello con cui potrò scambiare sguardi d'intesa, lui, in ogni momento, pronto ad accogliermi. Sono fuggito da quell'odiosa realtà, e non ritornerò mai più. E ad un tratto mi sento pronto ad affrontare il resto. Il resto del mio percorso, il resto del mondo... Il resto di me, quello che non conosco ancora.
« Grazie, James » borbotto, impacciato. « Grazie davvero »
 
 

 
#It's just my fault.
 
 
 
Le pareti sono gelide in questa prigione. 
Dopo tutti gli anni trascorsi qui, conosco ogni dettaglio di queste mura, ogni centimetro di questo piccolo mondo solo mio che vorrei distruggere con le mie mani, se solo ne avessi la forza. Esisto solo io qui. Questo minuscolo angolo del pianeta mi appartiene completamente e non conosco nient'altro al di fuori di questo, non esiste niente dietro queste maledette sbarre. O forse sono io che non esisto più e il mondo è andato avanti senza di me, lasciandomi solo a marcire in questa sfera di dolore che mi uccide pian piano, senza pietà. 
Ho ormai smesso di avere paura. Non ricordo più nemmeno cosa mi spaventasse prima. La morte? Come l'accoglierei volentieri ora...
Ho smesso di provare sentimenti. Eppure ricordo che vivevo di questi, un tempo...
Ho smesso anche di provare rabbia, forse. Rabbia per quel traditore che ha ucciso la mia unica salvezza e mi ha fatto sbattere qui dentro.
E ogni volta che mi sento spento e vuoto come adesso, senza un pensiero che sia uno, senza un'idea o un emozione, ma a malapena consapevole che sto ancora vivendo, comincio a pensare a come sarebbe bello se un giorno mi addormentassi con le spalle poggiate a questo muro di pietra fredda e mi risvegliassi accanto a te, amico. 
Se solo potessi tornare da te, se solo tu potessi raggiungermi, James, credimi, sarei così forte da poter abbattere questa parete.
E se perseguiti così la mia mente, se riesci a tenermi in vita con il tuo ricordo, perché non hai il potere di venire a prendermi? 
Sarei salvo con te, Ramoso. Sarei salvo di nuovo.
Tu mi hai sempre reso libero, fratello, anche solo con un sorriso. Perché io sono sempre stato prigioniero, chiuso dentro me stesso, chiuso in un sistema che non riuscivo a contrastare senza di te. E invece tu riuscivi a farmi evadere da quell'universo immobile e crudele, portandomi nel tuo, quello fatto di semplici risate che riempivano l'aria e i cuori, quello in cui i tuoi sguardi intrecciati ai miei erano la guida per ogni strada.
Ma anche se ti aspetto da anni con la speranza che la tua mano torni a stringersi attorno alla mia spalla come prima, ho capito che posso solo aspettare. 
Aspettare di venire portato da te, perché solo allora sarò di nuovo libero. Perché se anche riuscissi a guardare il cielo, se anche potessi fuggire per sempre da questa prigione e correre di nuovo, non lo sarei comunque. Il pensiero di essere stato la causa della tua fine mi fa impazzire, spesso mi fa pensare che sia giusto essere qui rinchiuso a morire lentamente, perché anche se non sono stato io il traditore, anche se mi ritengo innocente, non posso non riflettere su quello che sarebbe successo se non avessi avuto quella stupida idea, se tutto fosse rimasto come stabilito.
E' tutta colpa mia, James. 
Non mi libererò mai da questo peso.
Se tu te ne sei andato, è solo colpa mia.
E devo pagare per il male che ho fatto al mondo, sottraendogli te, per il dolore che ho provocato a tuo figlio, portandogli via i suoi genitori, per la tristezza che a causa mia si avverte anche in cielo, perché lassù hanno perso una stella.
Devo rimanere qui, semplicemente perché tu eri la luce, Ramoso. E io non ho fatto altro che spegnerla, uccidendo anche me.
 
 


#Prisoner of myself.
 
 
 
« Sirius... Stanno per andare »
Questa voce mi fa sussultare. Mi volto: è Molly.
« Sì, Molly... Arrivo » mormoro distrattamente, mentre la vedo chiudersi la porta alle spalle.
Sono chiuso da tempo nella vecchia camera da letto di mia madre, con Fierobecco, che è stato il mio unico compagno per dei lunghi e difficili mesi. Harry sta per partire di nuovo, ed io non ho il coraggio di affrontare la gioia che aleggia di sotto, di sorridere ancora come se il suo ritorno ad Hogwarts rendesse felice anche me.
Sono un dannato egoista, ne sono consapevole.
Hogwarts è la casa di Harry, l'unico posto in cui può essere felice...o almeno provare ad esserlo. 
La sua casa non è questa. La sua casa non sono io. E lui deve andare via.
Eppure, non posso fare a meno di stare chiuso qui, lontano da tutti, con la tristezza che si fa largo dentro di me, senza che io possa frenarla o far finta di ignorarla.
Sarò di nuovo solo, in questa casa piena di orribili ricordi, vivendo ore così interminabili che non confrontarmi con i miei pensieri sarà impossibile. Dovrò ripensare a tutto quanto, inevitabilmente... A quei giorni di prigionia che sembravano destinati a non avere fine, a quei tempi in cui anche sorridere diventava un errore.
Ed è qui che mi ritrovo a chiedermi se riuscirò mai a vivere, a ridere come una volta, a non guardarmi più indietro.
Impossibile.
Solo quando sarò di nuovo con te, James, riuscirò a splendere di nuovo.
Ma adesso devo convivere con questo odioso me stesso, così diverso dal Sirius di una volta... Devo convivere con questo dolore, senza l'immenso sollievo che Harry riesce a darmi quando ne ho bisogno, che mi fa sentire come se ci fossi di nuovo tu al mio fianco.
E' così simile a te, fratello.
Harry è per me la cosa più importante al mondo. Forse non è granché... Io non ho nulla, in fondo.
Ma in lui rivedo quella salvezza che mi si allargava in petto ogni volta che vedevo te.
Appoggio la testa al muro, pregando il mio corpo di alzarsi, ma senza riuscirci. Piegando le gambe verso il petto sento qualcosa muoversi nella tasca dei pantaloni. Qualcosa scivola sul pavimento e guardandolo, capisco al volo cos'è.
Il nostro specchio.
Ma certo. Ce l'ho sempre avuto con me, anche, e forse soprattutto dopo la tua morte, Ramoso. E' come un pezzo di te, qualcosa del mio migliore amico che posso ancora guardare. Un pezzo di noi, quello che rimane oltre ai ricordi.
Lo darò a lui. Lo lascerò ad Harry, certo, come se il ciclo in qualche modo continuasse. Sorrisi e addii, famiglie perse e ritrovate, sempre così.
Ci guardo dentro e respiro a fondo.
« James » sussurro piano.
Ma nel vetro vi è l'immagine della stoffa scura della mia giacca, e quasi vorrei lanciarlo lontano, vederlo rompersi in mille pezzi.
Dio, James... Non desidero altro che essere con te, ora.










Note della Malandrinautrice: Salve a tutti, prodi lettori! :D Eccomi qui con la mia quinta storia!
Una raccolta di tre momenti in cui Sirius Black si è sentito prigioniero: Grimmauld Place, Azkaban...e infine di quello che ormai non è più lui.
Beh, non è un granché, ma volevo pubblicarla dopo che mi è venuta all'improvviso l'idea.
Spero ci sia qualcosa di positivo qui dentro, e che mi facciate sapere che ne pensate, anche se fossero recensioni piene zeppe di critiche! Io sono qui apposta. ;)
Beh... Aspetto speranzosa un vostro commento.
Oh, una cosa. L'immagine iniziale l'ho fatta io grazie a uno sfondo di una magnifica pagina facebook di grafica: 
http://www.facebook.com/MonyGraphic . Il ragazzo a sinistra è Ben Barnes, che per me è il perfetto Sirius.
Con questo è tutto. Un bacio a tutti e grazie se avete anche solo dato un'occhiata!



Simona_Lupin 


   
 
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