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Autore: Ithilwen     16/08/2006    4 recensioni
Traduzione dall'inglese di una fic ispirata al Silmarillion di J.R.R.Tolkien.
Un episodio significativo nell'infanzia del primogenito di Fëanor.
E' vietato inserire il doppio tag br nelle introduzioni,
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE:
Quello che state per leggere non è un lavoro mio. Io, che qui su EFP compaio sotto il nome di Milako, mi sono limitata a tradurre una fanfic di Ithilwen, un’autrice inglese molto dotata. Altri suoi lavori in lingua originale possono essere trovati nella sua pagina personale:
Ithilwen’s Silmarillion Fanfiction Page. L’autrice mi ha accordato il suo permesso per tradurre i suoi scritti.
Detto ciò vi lascio alla lettura, sperando di aver fatto un buon lavoro di traduzione. Per una migliore comprensione vi invito a leggere le note dell’autrice a fine pagina, anch’esse tradotte.

Edit: visti gli aggiornamenti al regolamento delle traduzioni, allego il messaggio con cui Ithilwen mi autorizza a tradurre i suoi scritti:

Hello, Milako

I am delighted you enjoyed my stories so much, and even more happy that you think they're worth translating. You have my permission to do so, so long as they are properly credited.

Ithilwen

*******

Questa storia è ambientata a Valinor, per cui ho scelto di usare i nomi Quenya dei personaggi, che sono i seguenti:
Nelyafinwë o Maitimo - Maedhros
Kanafinwë o Makalaurë - Maglor
Turkafinwë - Celegorm
Per i significati dei nomi, si vedala Nota dell’Autrice alla fine della storia.
Vorrei ringraziare Tyellas per avermi fornito impagabili informazioni riguardo al vetro soffiato, e alle varie cose che possono andare storte durante il processo.
Disclaimer: i personaggi e l’ambientazione sono presi in prestito con riconoscenza dalle opere di J.R.R.Tolkien (tranne Carmandil, che è una creazione di Finch). Non ho diritti su nessuno di loro.

Il Regalo

di Ithilwen

Tradotto da Milako

"E’ molto bello", disse Carmandil mentre esaminava la piccola scultura di vetro, un delicato uccellino intagliato nell’atto di spiccare il volo, scintillante alla luce riflessa di Telperion. "Un pezzo davvero notevole".

Certamente non è l’opera di un artigiano esperto, ma è più che accettabile per un apprendista, specialmente uno così giovane, si disse il mastro vetraio. Ma cos’altro ci si sarebbe potuti aspettare da lui? E’ probabile che suo padre abbia iniziato ad insegnargli il mestiere non appena ha imparato a camminare.

"Mi fa piacere che la pensi così, ho fatto del mio meglio. Ho impiegato settimane solo per disegnarlo" disse tranquillamente il giovane elfo. "La ringrazio per avermi lasciato lavorare qui. Non sarei mai riuscito a finirlo senza il suo aiuto; mio padre praticamente vive nella sua officina e sarebbe stato impossibile per me lavorare a casa in segreto. Volevo fargli una sopresa, pensa che gli piacerà?".

"Certo, Nelyafinwë". ripose Carmandil. "Un regalo riflette il cuore di chi lo dona; il tuo amore per tuo padre Fëanáro è evidente nella bellezza del regalo che hai creato per lui. Adesso torna a casa. Dopo che lo avrai fatto vedere a tuo padre, ti prego di porgergli i miei saluti", concluse riconsegnando la fragile scultura al suo creatore.

"Grazie davvero per il suo aiuto", disse di nuovo il primogenito di Fëanáro cominciando ad allontanarsi.
Chissà, forse un giorno potrebbe decidere di tornare qua come apprendista, quando avrà l’età giusta per cominciare a lavorare, suppose Carmandil guardando il grazioso giovane avviarsi a casa. Sempre che, ovviamente, suo padre glielo consenta. So che Fëanáro è abile con il vetro quasi quanto lo è con gemme e metalli; ma sarebbe meglio non imparare da un parente così stretto, quantomeno all’inizio. Mi dovrò ricordare di parlargli del futuro di suo figlio, un giorno o l’altro .

*******

Tornando a casa, Nelyafinwë continuava a non credere di aver creato una scultura tanto aggraziata - il cui nido improvvisato adesso era una scatola in cui lo aveva riposto al sicuro su un soffice strato di tessuto.
Certo, aveva aiutato molte volte suo padre in officina, e attraverso gli esempi pratici aveva appreso le tecniche basilari di forgiatura e d’intaglio del vetro e del metallo, ma questo era il primo oggetto che aveva creato tutto da solo.

Non era molto sicuro che sarebbe riuscito davvero a farlo, ma aveva insistito, ed adesso era lì fra le sue mani. E’ bello quasi come uno dei veri uccelli di Yavanna, pensò. Mio padre ha sempre detto che il nostro popolo è nato per creare bellezza; forse un giorno diventerò un vero vetraio e passerò la mia vita a dare forma a tante altre meraviglie!

Suo fratello Kanafinwë, ancora poco più di un bambino agli occhi del maggiore, aveva già cominciato a rispondere all’appellativo di Makalaurë, il nome datogli da sua madre; il suo talento musicale era stato palese fin dalla più tenera età e Nelyafinwë dovette ammettere che a volte ne era un po’ geloso.
Il nome che sua madre aveva dato a lui – Maitimo - si riferiva solo al suo aspetto, non a qualche sua particolare abilità: finora non aveva dimostrato di avere nessun talento speciale. Ma di certo c’era qualcosa in cui avrebbe eccelso! Gli era davvero piaciuto creare questo regalo; forse aveva finalmente trovato il suo talento.

Arrivato a casa, Nelyafinwë vide che Kanafinwë stava giocando nel cortile di fronte, dondolandosi da uno dei rami più bassi dell’albero preferito di sua madre; il ramo, coperto di fragranti boccioli rosa, dava segni di cedimento sotto il peso del fratello più piccolo.

"Kanafinwë, faresti meglio a scendere", lo richiamò Nelyafinwë, calmo. "Nostra madre si arrabbierà se rompi quel ramo, filit*! E a parte questo, rischi di farti male".

"La mamma non si arrabbia mai", replicò Kanafinwë lasciando il ramo e atterrando con grazia sui piedi. "E poi, quando mai mi sono fatto male? Perché mi devi sempre trattare come un bambino?"

"Perché ti voglio bene, stupido fratello, e si presume che io debba fare attenzione a te. E’ ciò che fanno i fratelli maggiori".

"Oh. E chi fa attenzione a te, allora?" chiese Kanafinwë raggiungendo suo fratello. "Tu non hai un fratello maggiore… Cosa c’è nella scatola, Maitimo?" esclamò all’improvviso quando si accorse del pacchetto nella mano di suo fratello.

"E’ un regalo per nostro padre; l’ho fatto io. Dopo te lo faccio vedere, prima che andiamo a dormire, ma mi devi primettere di mantenere il segreto", rispose Nelyafinwë.

"Prometto!" disse Kanafinwë. "Non lo dico a nessuno! Adesso andiamo a giocare?".

"Certo, fratellino. Fammi posare questa scatola in camera nostra; dopo andremo a giocare. Ti va di andare per i boschi? Potremmo arrampicarci sugli alberi per cercare nidi di uccelli e raccogliere qualche fiore per nostra madre. Forse vediamo anche qualche cerbiatto, se siamo proprio fortunati".

"D’accordo, Maitimo".

"Allora aspetta un attimo, torno subito".

Quando Nelyafinwë tornò in cortile - dopo aver accuratamente nascosto la scatola nella stanza che adesso divideva con il suo fratellino - vide che Kanafinwë stava di nuovo penzolando dal ramo di prima. Sospirò e scosse la testa rassegnato, quindi gridò: "Avanti, fratello! Andiamo in giro ad esplolare!".

Mentre i due si lasciavano il cortile alle spalle, Kanafinwë, mano nella mano con il fratello maggiore, cominciò a cantare una canzone sul mare.

*******

"Mamma, Maitimo ha fatto un regalo per papà!" annunciò puntalmente Kanafinwë il giorno dopo a colazione. "Me l’ha fatto vedere ieri – è stupendamente bellissimo!".

Nelyafinwë gemette; fortunatamente Fëanáro si era alzato prima del solito ed era già andato a lavorare in officina. "Kana, avevi promessi di non dirlo a nessuno, ricordi?"

"Oh… mi dispiace, Maitimo", rispose Kanafinwë. "Me ne ero dimenticato. Sei arrabbiato con me?".

"No, filit, non sono arrabbiato. Cerca solo di ricordarti di non dirlo a nessun altro, soprattutto a nostro padre!".

Nerdanel, che steva provando inutilmente a far mangiare Turkafinwë, l’ultimo nato, alzò lo sguardo sul suo primogenito. "E’ una cosa molto affettuosa da parte tua, Maitimo. Che regalo è?".

"E’ solo una piccola scultura di vetro, madre. Gliela darò dopo la fine delle festività. Nostro padre ha creato tante cose bellissime per tutti noi; pensavo che sarebbe stato carino da parte mia fare qualcosa di grazioso per lui, per ricambiare. Non è forse per questo che il nostro popolo è così famoso? Per la creazione di cose bellissime?".

"Questo è ciò per cui alcuni di noi sono conosciuti, Maitimo, e le loro capacità hanno reso i Noldor famosi. Ma non tutta la nostra gente è uguale. Solo perché tuo padre è - " ma in quel momento, Nerdanel fu bruscamente interrotta dal rumore di cocci infranti.
Nelyafinwë e Kanafinwë erano attenti ai discorsi della madre e Nerdanel si era concentrata un attimo sui suoi due figli maggiori; così Turkafinwë aveva deciso di approfittarsi di questa rara opportunità. Gli odiatissimi cereali - che sua madre stava cercando di fargli mangiare - ora erano tutti sparsi sulla sua faccia, sui suoi vestiti e fra i suoi capelli, e in qualche modo la piccola peste era anche riuscita a far cadere la ciotola sul pavimento, dove si era rotta in mille pezzi.
Accorgendosi di avere attirato di nuovo l’attenzione di sua madre, il più piccolo figlio di Fëanáro cominciò a gridare.

"Oh, piccolino", rise Nerdanel, "cosa devo fare con te? Sei due volte più pestifero dei tuo fratelli alla tua età! Beh, ora per prima cosa", continuò mentre sollevava il suo figlioletto tutto appiccicoso "direi che è ora del bagno. Maitimo, tu e Kanafinwë potete pulire il tavolo mentre lavo vostro fratello?".

"Certo, madre".

"E mi faresti un favore se tenessi un attimo d’occhio Kanafinwë, Maitimo".

Questa richiesta venne accolta da due lamentele simultanee – "Non sono un bambino, mamma!" da Kanafinwë e "Ma mio padre si aspetta che lo vada ad aiutare!" da Nelyafinwë.

"E allora perché non porti tuo fratello con te, Maitimo?" replicò Nerdanel mentre asciugava i cereali dalla faccia di Turkafinwë. "Ma fai attenzione, e bada che non si faccia male".

"La mamma ha detto che posso venire con te!" esclamò felice Kanafinwë. "Dai, Maitimo, andiamo! Voglio vedere nostro padre al lavoro! Fa… fa tanta paura?" chiese, con un’improvvisa nota di esitazione nella voce.

"No, fratello", rispose Nelyafinwë, rassegnato all’inevitabile. Come faccio ad aiutare mio padre, o ad imparare qualcosa, se devo controllare mio fratello minore? "No, non fa paura, davvero… c’è solo molto caldo. E non ti farò succedere niente di male. Su, avanti, puliamo il tavolo. Sono già in ritardo".

*******

"Sei in ritardo, figlio". La sagoma scura china davanti alla fornace ardente parlò senza alzare lo sguardo.

"Mi dispiace, padre, ma ho dovuto aiutare la madre a pulire. Turkafinwë è riuscito a fare una confusione terribile a colazione" rispose Nelyafinwë. Si accorse che il fratellino, aggrappato forte al suo fianco, tremava leggermente. "Va tutto bene, filit, c’è solo caldo per colpa della fornace. Ti ci abituerai. Padre, oggi Kanafinwë è venuto a guardare".

Sentendolo, Fëanáro si voltò e raggiunse i due figli. "Ah, allora sei pronto per iniziare il tuo apprendistato, eh?" disse affabilmente al suo figlio più piccolo. Si abbassò e lo prese in braccio, sollevandolo, e rise forte. "Presto forgerai l’oro, Makalaurë!" scompigliò i capelli del figlioletto, prendendolo in giro. "Ma per ora credo che ti limiterai a guardare. Oggi facciamo le collane per il Re Olwë e sia moglie; potrai vedere come si applicano i colori".

Portò Kanafinwë vicino ad un tavolo da lavoro e lo fece sedere su uno sgabello. "Adesso papà vuole che tu stia qua seduto e gli prometta di non muoverti, va bene? Io e tuo fratello dovremo lavorare vicino al fuoco per un po’, ma torneremo fra poco e tu ci potrai vedere dipingere i colori sui gioielli".

"Non mi muovo, promesso" rispose Kanafinwë.

"Bravo". Quindi Fëanáro si voltò verso il suo figlio maggiore. "Nelyafinwë, vai alla fornace. Voglio che tu guardi come forgio questo pendaglio. Dopo inizieremo il secondo livello di smaltatura sulle figure che abbiamo fatto ieri. Ricorda: il risultato finale dev’essere uniforme. Non sei ancora capace di applicare i pigmenti in modo abbastanza piano".

"Sì, padre. Mi impegnerò di più".

"Sarà meglio".

*******

"Maitimo, perché oggi papà se l’è presa così tanto con te?" chiese Kanafinwë quella sera, dopo che erano andati tutti e due a letto. La casa era confortevole ma piccola; i due fratelli avevano cominciato a dividere la stessa stanza poco dopo la nascita di Turkafinwë - Nerdanel aveva deciso che la camera di Kanafinwë serviva all’ultimo nato.

All’inizio Nelyafinwë si era lamentato, ma poi con sua sorpresa si era accorto che la compagnia del fratellino era piacevole, per lo meno la maggior parte delle volte. Ma certe volte, proprio…

"Non se l’è presa con me, Kana. Stava solo cercando di insegnarmi a lavorare bene", rispose Nelyafinwë. "Forgiare i gioielli è difficile e io ho molto da imparare. Non sono molto bravo in queste cose, me la cavo meglio con il vetro".

"Ma con me non l’è presa quando ho dipinto il mio uccellino", ripose Kanafinwë, stringendo il piccolo ciondolo che Fëanáro gli aveva fatto, "e io ho cominciato solo oggi".

"E’ perchè ancora non si aspetta molto da te, stupido fratello, e perché quell’uccellino tu lo porti solo in giro per casa. I gioelli a cui nostro padre stava lavorando oggi sono per il Re Olwë, il signore del popolo dei Teleri. Glieli consegnerà durante una grande festa la settimana prossima; dovranno essere perfetti o la repurazione di nostro padre ne risentirà. E’ diverso quando crei qualcosa che sarà in bella vista di tutti: deve per forza essere perfetto. Capirai quando sarai più grande e nostro padre comincerà ad insegnarti il lavoro".

"Dovrò fare questo lavoro? A me piace di più scrivere canzoni" rispose Kanafinwë. "La fornace mi fa paura, Maitimo! E’ troppo calda!".

"E’ solo perché sei ancora piccolo, fratellino, non ti farà paura quando sarai più grande. E, sì, nostro padre vorrà che tu lavori con lui, almeno per un po’, ma se non ti piacerà probabilmente ti lascerà andare via e scrivere le tue canzoni, se è quello che vuoi fare davvero".

"Ma tu non vuoi fare nient’altro, Maitimo?"

"Ma perché devi essere così pestifero proprio ora, eh, fratellino? No, non voglio fare nient’altro. Voglio diventare un buon artigiano come nostro padre. Sono il suo erede, dopotutto, il maggiore dei suoi figli. E’ ovvio che seguirò la sua strada. Devo solo fare altra pratica, e impegnarmi di più, ecco tutto. E ora dormi".

Kanafinwë sbadigliò. "Sono contento di non essere io il maggiore… a me piace cantare! Sogni d’oro, Maitimo". Si mise il pollice in bocca e si girò dalla sua parte, e i suoi si offuscarono mentre il piccolo elfo cominciava a sognare.

Nelyafinwë osservò il fratellino finchè non si fu addormentato. "Anch’io sono contento che tu non sia il maggiore, Makalaurë", sussurrò, "per il tuo bene. Ti auguro di cantare le tue canzoni, un giorno". Quindi si distese e lasciò che la sua mente vagasse tranquilla fra sogni sereni.

*******

"Padre, ho un regalo per te. Spero che ti piaccia".
Nelyafinwë interrompeva raramente suo padre mentre Fëanáro era nel suo studio, ma si stava facendo tardi e quella era la prima possibilità che aveva avuto di dargli il suo regalo.
La festività di Alqualondë finalmente era finita; Olwë e sua moglie erano rimasti deliziati dai gioielli, tutti si erano goduti i balli e i canti (specialmente Kanafinwë, che si era esaltato così tanto durante la musica che si era quasi sgolato nel cantare!), e il banchetto era stato ottimo, tanto che gli ospiti se ne erano andati piacevolmente pieni.

Mio padre è stato molto sotto pressione la settimana scorsa; voleva essere certo di finire i gioielli in tempo, pensò Nelyafinwë porgendo a suo padre la scatola incartata con tanta cura, si merita qualcosa di speciale per sé.
"L’ho fatto io", disse orgoglioso mentre guardava suo padre scartare la confezione. "Carmandil mi ha fatto lavorare nel suo negozio, così ho potuto farti una sorpresa. Ti porge i suoi saluti".

"E' stato davvero genereroso da parte sua", disse Fëanáro una volta aperta la scatola, cominciando a rimuovere la stoffa con attenzione. "Ma non avresti dovuto insistere, Nelyafinwë. Avresti potuto lavorare altrettanto facilmente nella nostra officina".

"Però così non avrei potuto farti la sorpresa. Un regalo è più bello quando è inaspettato" rispose Nelyafinwë.
Rimase in silezio mentre Fëanáro usciva con delicatezza il fragile uccello di vetro dalla scatola, tenendolo fra le dita per esaminarlo più da vicino, osservando come catturasse e rifrangesse la luce; quando suo padre glielo porse nuovamente.
"Ti… ti piace?" chiese alla fine in un sussurro.

"Beh… sì, niente male" Fëanáro si fermò un attimo, riflettendo, poi continuò. "Ma è un po’ graffiato, non ti pare? E, qui, sull’ala sinistra – guarda, il piumaggio non è proprio perfetto. Devi impegnarti di più nella colorazione a latticino, Nelyafinwë. In effetti, con tutta la pratica che hai fatto, mi sarei aspettato di meglio. Ecco", e rimise la scultura in mano a suo figlio, "puoi sempre tenerlo e studiarci sopra. Se domani lo porti in officina ti aiuterò a forgiarne un altro in modo corretto. Ora dovresti andare a letto, è tardi e domani sarà una giornata faticosa. Dormi bene Nelyafinwë".
Si chinò e diede un leggero bacio sulla fronte di suo figlio, quindi lasciò la stanza.

Nelyafinwë rimase lì, girandosi l’oggetto in mano. Prima non se ne era accorto, ma suo padre aveva ragione; c’era un leggero graffio – non molto grande, ma visibile se guardato più da vicino. E le piume sull’ala sinistra non erano state disegnate a dovere, a differenza dell’ala destra.

Ho fatto del mio meglio, si disse trisemente, non posso fare niente di meglio di questo – e non è ancora abbastanza. E’ difettoso. E’… è brutto.

Si ricordò di ciò che Carmandil gli aveva detto, l’ultimo giorno nel suo negozio, quando aveva tirato fuori dal fuoco ardente la scultura ora fredda: "Un regalo riflette il cuore di chi lo dona; il tuo amore per tuo padre Fëanáro è evidente nella bellezza del regalo che hai creato per lui".
Sentì a malapena le sue dita che si aprivano, e guardò quasi con indifferenza l’elegante scultura di cristallo che cadeva a terra e si frantumava in mille pezzi.

"Hai rotto il tuo uccellino!" Nelyafinwë, sorpreso, alzò lo sguardo per vedere suo fratello Kanafinwë che stava accanto alla porta e lo fissava.

"Io… mi è scivolato di mano", rispose il fratello. "Cosa stai facendo qui, Kana? Non entrare", lo avvertì appena vide che il fratellino, a piedi scalzi, stava per attraversare la porta, "ti potresti tagliare se passi sul vetro. Vado a prendere una scopa".
Attraversò con attenzione la distesa di schegge fino ad arrivare alla porta dove suo fratello era in piedi.

"No, l’hai fatto cadere tu, ti ho visto. Perché l’hai buttato, Maitimo? Era carino!".

No, non lo era, fratellino, niente affatto, pensò Nelyafinwë prendendo la mano del fratello, ma mi fa piacere che tu pensi.
"Non mi hai detto cosa ci fai qui, filit. Non dovresti essere a letto in questo momento?".

"Ti stavo cercando. La mamma mi ha messo a letto, ma non riesco a dormire. Non voglio stare in camera da solo; ho fatto un brutto sogno. Posso dormire con te, Maitimo?" pigolò Kanafinwë in tono lamentoso.

"Certo, fratellino: ora andiamo a dormire assieme nel mio letto. Adesso torna di sopra, io salgo appena finisco di togliere questi vetri". Ma Kanafinwë si rifiutò di muoversi da lì finchè Nelyafinwë non ebbe finito di raccogliere e gettare via gli ultimi tristi resti della sua scultura; dopodichè i due fratelli salirono in camera assieme.

Dopo che furono saliti tutti e due sul letto di Nelyafinwë, Kanafinwë si raggomitolò prontamente fra le braccia di suo fratello più grande. "Niente più brutti sogni ora, va bene?" disse dolcemente Nelyafinwë, accarezzando i setosi capelli neri del fratellino. "Pensa alle stupende canzoni che i Teleri hanno cantato oggi… quant’erano belle le loro voci…". Continuò a parlare di musica fino a che fu sicuro che suo fratello si fosse addormentato. Ma quando Nelyafinwë si concesse, finalmente, il permesso di dormire, non era di musica che sognava.

Sognava di uccelli, di ali, e di libertà.

Note dell’Autrice:

*filit: un termine Quenya per dire "uccellino"; un soprannome affettuoso con cui Maedhros chiama suo fratello Maglor.

Quanti anni hanno Maedhros, Maglor e Celegorm in questo racconto? Dal momento che gli Elfi non raggiungono la maturità fisica prima dell’età di 50 anni, ma mentalmente maturano prima degli esseri umani, e visto che a quei tempi non c’erano il sole e la luna per misurare il tempo (ci si basava solo sugli Alberi), è piuttosto difficile fornire un’età esatta a ciascuno di essi. Diciamo che Maedhros dovrebbe avere più o meno l’equivalente di 11 anni umani, e Maglor circa 6 o 7. Celegorm ha più o meno 10 mesi di vita umana. Per quanto riguarda gli altri 4 figli, a questo punto della storia sono poco meno di un bagliore negli occhi di Fëanor (e quando arriveranno, allora sì che la famiglia avrà bisogno di una casa più grande!).

I vari nomi dei figli di Fëanor possono essere trovati in "The Shibboleth of Fëanor"", The Peoples of Middle Earth (History of Middle Earth, vol. 12), pp. 352-3.
I significati dei nomi sono i seguenti:
Nelyafinwë – "Terzo Finwë (in successione)"; il nome paterno di Maedhros, datogli dal momento che è il primo nipote di Finwë.
Maitimo – "Ben Formato"; il nome materno di Maedhros, datogli perchè "il suo corpo aveva una bellissima forma".
Kanafinwë – "Voce possente di Finwë"; il nome parterno di Maglor.
Makalaurë – "Creatore d’Oro" (riferito alla luce o al colore, non al metallo); il nome materno di Maglor. Il nome è profetico, riferito alla sua abilità come cantore.
Turkafinwë – "Possanza di Finwë"; il nome paterno di Celegorm.

Anche se si tratta di un mero lavoro di traduzione, le recensioni sono bene accette! :)

  
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