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Autore: Akemi_Kaires    30/12/2011    5 recensioni
{Karen Centric; Accenni Masakudoshipping (Karen/Pino)}
Si sentiva protetta dall'abbraccio materno di quelle tenebre che da sempre l'avevano salvata dalle insidie di quel mondo ancora sconosciuto. Eppure, nonostante il lieve tepore e sentore di sicurezza che solo le ombre erano in grado di donarle, qualcosa scavava con rabbia nel suo cuore, costringendola a gemere di dolore.
Il senso di colpa non si era affatto attenuato col passare del tempo.
Giaceva ancora lì, intatto, al centro di quell'anima consumata e corrosa dal peso di una colpa che si portava appresso da una vita intera.

Seconda Classificata al contest "Scegli un Numero, ottieni un Brano!" indetto da Sweet96 su EFP
[Partecipa alla "Pokèmon Special Challange" indetta da nihil no kami su EFP]
Prompt: Rimpianto
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Manga
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The One Hundred Prompt Project



Remnants Of The Past

Remnants Of The Past

 

Gli spettri del passato non concedono tregua.

La loro venuta porta tormento, agonia e dolore.

Il panico che sussegue da essi, poi, è pressoché inevitabile.

Perché il destino che costruiamo nel corso della vita è la nostra stessa condanna, alla quale non possiamo sfuggire.

 

L’oscurità aveva preso possesso del Monte Argento, avvolgendo i dintorni tra buie e quiete spire portatrici di silenzio e apparente serenità. Ogni elemento della natura era scivolato progressivamente nel sonno, accolto tra le braccia paterne e rassicuranti del Dio Morfeo.

La tranquillità di quella notte era manifestazione e simbolo eloquente del tanto bramato e sospirato arrivo dell’effimera e sfuggente pace finalmente giunta nelle regioni grazie alle imprese dei giovani Dex Holders.

Se Johto sonnecchiava placida, senza alcun genere di timore incombente, era dovuto solamente alle loro gesta eroiche.

Col trascorrere progressivo dei giorni dall’ultima ed estenuante battaglia che aveva visto come teatro quelle terre antiche, le persone avevano avuto modo di scordare quanta miseria e malvagità si era imbattuta sui paesi corrompendo i cuori della gente con tristezza e astio.

I ricordi di quegli attimi di puro terrore apparivano sfumati nei ricordi di ogni abitante, quasi questi disgraziati eventi fossero accaduti centinaia di anni prima.

Eppure, qualcuno non aveva mai scordato quegli attimi di panico e dolore, quei momenti che avevano radicalmente sconvolto la sua esistenza. Neanche impiegando tutto lo sforzo possibile sarebbe mai stato in grado di cancellare quel passato ricolmo di agonia.

Il volto del male in persona era vivido nella sua mente, e non sarebbe mai stato in grado di dissipare tutto il tormento che quell’immagine si portava appresso.

 

Una figura misteriosa, slanciata e dai movimenti aggraziati, sfrecciava tra le fronde ad elevata velocità, evitando con eleganza e abilità tutti gli ostacoli che si presentavano sul suo cammino.

Le montagne, irrorate dalla luce tenue e pallida della luna, si presentarono dinnanzi ai suoi occhi argentei in tutta la loro imponenza, mostrandosi come portatrici di salvezza e uniche vie di fuga per scampare da ciò che inseguiva l’individuo da troppo tempo oramai.

Non appena fece il suo ingresso in una piccola radura circondata da alti e maestosi abeti, Karen inspirò profondamente, inebriandosi avidamente di quanta più aria pura poteva carpire in quel lungo istante. Trasse beneficio da quella boccata di ossigeno, quasi fosse sempre vissuta in uno stato di apnea prima di allora.

Ad attenderla, in quel luogo apparentemente mistico e magico, solo il silenzio e le tenebre.

Muovendo qualche passo in avanti, osservò i dintorni con dovuto scrupolo, quasi fosse alla ricerca di un qualsiasi sgradito estraneo o intruso indesiderato. Anni di addestramento le avevano inculcato quel comportamento evasivo e diffidente assieme a quell’atteggiarsi furtivo simile a quello di un ladro. Nonostante tutto, quegli apprendimenti l’avevano aiutata e salvata non poche volte nel corso della sua vita, aggirando e superando le insidie tese dal mondo.

Non appena si capacitò di essere completamente sola, si abbandonò ad un sospiro di sollievo. Non avrebbe mai concesso a nessuno di spiare quei pochi attimi di pace e intimità che poteva permettersi raramente. Da quando era finalmente entrata a far parte dei Superquattro della Lega Pokèmon, poi, quelle occasioni venivano sempre meno frequentemente.

Reclinò il capo all’indietro, inebriando lo sguardo del magnifico cielo stellato che si stagliava sopra la sua testa. Si commosse quasi, di fronte alla vita di quella notturna magnificenza. Quello spettacolo aveva sempre avuto modo di smuovere qualcosa nel suo cuore, toccandola nel profondo e risvegliando sentimenti sopiti col tempo.

Sentiva sempre più la necessità di abbandonarsi a quella vista ammaliante, di immergersi in quell’armoniosa meraviglia formata da piccole e lucenti brillantezze del firmamento. Da mesi oramai era diventata quasi dipendente da quella quiete che solo la notte, col suo morbido e materno abbraccio, sapeva donarle.

Si adagiò sul manto erboso che ricopriva il terreno, lasciandosi cullare da quell’oscurità profumata di casa, mentre le piccole gocce di rugiada impregnavano leggermente le sue vesti e gli steli solleticavano la sua pelle diafana.

Solo in quegli attimi aveva modo di ritornare semplicemente se stessa, concedendosi di mostrare segretamente il suo vero essere al mondo intero.

Non era la prima volta che si scopriva a dirigersi meccanicamente, allo scoccare della mezzanotte, in quella piccola e perfetta piana circolare. Pareva quasi un rituale, un’abitudine, recarsi in quel luogo ricco di significato.

La fresca brezza sferzò dolcemente il suo viso, dipingendole sul volto un’espressione di sconforto.

Era ben conscia di quale era il reale motivo che la spingeva ad agire in quell’insolito modo.

Si portò una mano alla fronte, non stupendosi affatto di trovarla imperlata di un sottile velo di sudore nonostante il freddo pungente della notte. Si era quasi abituata a quella reazione provocata dal solo ricordo del volto malvagio e crudele di Mask of Ice, ancora vivo nella sua mente nonostante gli anni passati dalla sua scomparsa.

Nonostante ciò, l’opprimente sensazione di soffocamento che quell’immagine generava non si era affatto sopita o attenuata col tempo. Anzi, ogni notte la sua furia si faceva più insistente, comportando un tormento implacabile e insopportabile.

Vivi e nitidi erano ancora quegli attimi di terrore vissuti nella sua adolescenza, ove viveva rinchiusa in una casa buia e priva di luce, costretta ad indossare una maschera in modo tale da annullare il suo essere di fronte al potere del suo Maestro. Pungente e violento era il ricordo di quanto dolore aveva provato in quei momenti, quando versava silenziosamente e rabbiosamente lacrime di rimpianto per quella scellerata decisione presa anni prima.

Si ritrovava ogni notte lì, in mezzo a quella rigogliosa radura, con l’effimera speranza che, come da rituale, la notte fosse in grado di dissipare gli incubi che gravavano sulla sua anima aspettando il momento propizio per coglierla in fallo e attaccarla brutalmente.

Era diventata dipendente da quella protezione che le tenebre sapevano darle, e col tempo non riusciva a fare a meno di quell’isolamento che la preservava dalle ombre del passato.

Il buio era diventato una droga della quale non sarebbe mai riuscita a disintossicarsi; ne era consapevole, perché conscia del rimorso che non avrebbe mai accennato a scomparire dalla sua vita.

Inerme e immobile, osservò la luna alta in cielo, mentre gocce salate prendevano a sgorgare a fiotti dai suoi occhi indaco. Se i suoi genitori l’avessero notata in quello stato, avrebbero sicuramente riso di lei.

Ripensandoci meglio, nessuno sarebbe stato in grado di comprendere il suo dolore, né avrebbe proteso la sua mano per aiutarla ad uscire dal baratro della disperazione. L’avrebbero lasciata marcire nei sensi di colpa, come giusta punizione riguardo a ciò che aveva osato compiere anni prima.

Si sentiva vittima e carceriere della sua stessa vita.

Tutto questo accadeva solo a causa di una stupida ed egoistica decisione presa in modo sconsiderato e scellerato quando ancora non era consapevole della gravità della situazione di essa.

 

La bramosia di potere, l’invidia che nutrivano nei confronti altrui, li aveva accecati a tal punto da smarrirli in quel tumulto di astio misto a sete di vendetta.

Spinti e trascinati da quel loro capriccio di divenire forti e invincibili, Karen e Pino si trovavano sul ciglio di quella porta che segnava il confine tra una rosea vita e l’inferno ardente.

Erano ben consci di quanto fosse inimmaginabile e immenso il rischio verso il quale andavano incontro, oppure erano troppo incoscienti da poter comprendere quanto fosse grande il prezzo che stavano per pagare riguardo alla loro scelta.

Sarebbero davvero stati in grado di vendere la loro anima e rinunciare alla loro vita per ottenere fama e potere? Sarebbero stati abbastanza coraggiosi da portare a termine quella loro personale e privata missione?

Il ragazzo afferrò tra le dita il pomello che li divideva da colui che ritenevano una divinità dannata, oramai pronto a infrangere il muro che li ostacolava dal loro futuro. Era sempre stato piuttosto timido e schivo, da bambino, eppure in quel momento, agli occhi argentei della compagna, appariva determinato come mai lo era stato.

Con un gesto inaspettato, però, fu proprio quest’ultima a posare la propria mano su quella del giovane, interrompendo improvvisamente l’apertura della porta. Trattenendo il respiro, abbassò lo sguardo, colta in fallo dall’esitazione.

In un ultimo attimo di lucidità, si chiese se davvero fosse quella la scelta giusta da fare. Scendere a compromessi col demonio era davvero l’unica soluzione idonea per fermare la loro agonia attuale? Erano davvero pronti a rinunciare a soli undici anni alla loro vita e a tutte le opportunità che questa poteva portarsi appresso?

Era una domanda alla quale, per la prima volta nel corso della sua breve esistenza, non sapeva darsi alcuna risposta.

Scostò il palmo dell’amico da quella maniglia, mentre questi la fissava con sdegno e stupore.

«Cosa diavolo stai facendo, Karen?!» sibilò infatti, incredulo e apparentemente offeso, mentre accusava la giovane con lo sguardo.

«È davvero la nostra unica possibilità?» domandò ella in risposta, con voce flebile, mentre si rigirava una ciocca di capelli cenerei tra le dita. Prima di allora, mai si era sentita così vulnerabile e debole. Solitamente, era lei il membro forte di quel duo e trovò sgradevole quel ribaltamento di ruoli.

Non appena tornò ad inebriare la vista col volto perfetto del ragazzo, un brivido gelido percorse la sua schiena. Non aveva mai avuto modo di vederlo così furente prima di allora.

«Non ci sono alternative» le rispose semplicemente, con tono freddo. La sua decisione pareva quasi irremovibile: nulla poteva dissuaderlo.

«E se poi ce ne pentissimo?» chiese lei, riflettendo su quella possibile conseguenza. Una volta battuta quella strada, non sarebbero più potuti tornare sui loro precedenti passi. Quella scelta avrebbe dato una svolta radicale alla loro vita, generando un ricordo incancellabile e indimenticabile. «Forse dovremmo ripensarci».

«Ti stai arrendendo?» la interruppe in malo modo, ponendo quel quesito senza alcuna pietà. «Proprio tu, che hai pensato per prima questa soluzione, hai davvero il coraggio di tirarti indietro ora?».

Non seppe cosa rispondergli. Lanciò un’occhiata fugace a quella dannata porta, domandandosi se effettivamente colui che cercavano si trovava dietro di essa.

Forse, in quel preciso istante, stava ascoltando attentamente ogni loro discorso, da bravo spettatore indiretto. Magari rideva anche dei suoi indugi, schedandola immediatamente come una ragazza debole e senza spina dorsale.

A quel solo pensiero, sentì la rabbia cieca ribollirle in corpo. Se era giunta fino a Mogania, non era certamente per rivivere la stessa sofferenza dalla quale stava disperatamente fuggendo.

Fu proprio lei, infine, a posare nuovamente la mano sul pomello, pronta a far scattare la serratura e a muovere il primo passo nell’inferno.

Pino, alquanto stupito da tale repentino cambiamento, osservò la determinazione dell’amica con le sue iridi purpuree, abbozzando un sorriso. L’altra lo ricambiò, annuendo con convinzione, prima di spalancare la porta.

Lo guardò in viso un’altra volta, senza rendersi conto che sarebbe stata l’ultima in cui avrebbe potuto assaporare il volto del migliore amico senza che un’oscura mascherina potesse coprirlo in ricordo della loro decisione.

 

La Superquattro sospirò, indignata, al ricordo di tanta incoscienza da parte sua. Se solo avesse dato retta alla voce della ragione, invece che al suo dannato orgoglio, forse non avrebbe mai provato un dolore così immane in quel momento.

Chiuse gli occhi, lasciandosi abbracciare nuovamente dalle tenebre, mentre nella sua mente riaffiorava il ricordo dello sciocco motivo per il quale avevano stipulato un patto col demonio.

Sorrise sarcasticamente, ripensando a quanto esso fosse stato sciocco e altamente superficiale.

Erano fuggiti dalle loro famiglie senza neppure lasciare un messaggio di addio solamente per scampare e trovare rimedio a quel complesso di inferiorità del quale erano rimasti vittime. Il loro ego aveva predominato sulla ragione, spingendoli a trarre una conclusione piuttosto affrettata.

Quanto erano stati brucianti quei momenti dove entrambi venivano considerati esseri inferiori, privi di forza e inutili, date le loro umili origini? Quante volte avevano versato lacrime, di fronte a tutte le occasioni in cui la gente li evitava volutamente e ignorava le loro suppliche di pietà? Per quante molteplici volte avevano assistito impotenti alle umiliazioni dei loro parenti da parte delle supremazie del loro paese?

Karen assunse un’espressione di profondo dispiacere, di fronte alla sua stessa intolleranza a quegli affronti. Erano stati vittime di bullismo, scherni e insulti, ignorati dalla gente alla quale chiedevano aiuto per la loro propensione alla passione di forze dell’occulto e oscure.

Eppure, invece di combattere le ingiustizie con sapienza e astuzia, avevano ceduto alla malizia e all’inganno della beltà della rivincita.

Pensavano di poter diventare forti, grazie all’intervento di Mask of Ice, e che finalmente avrebbero riscattato l’onore delle loro famiglie. Tutti avrebbero portato loro dovuto rispetto.

Doveva essere quella la loro vendetta personale.

A suo tempo, l’idea di donare una degna vita ricolma di gioia ai suoi cari era una prospettiva allettante. Il sapore della vittoria era dolce e appagante, in grado di ripagare tutte le fatiche impiegate per ottenerla.

Pensava che un’azione del genere nei confronti della loro gente e di se stessa sarebbe stata nobile e giusta, quasi lecita. Dopotutto, stabilire un patto con il demonio incarnato era un prezzo idoneo per poter godere dell’agognata e bramata pace tanto sospirata.

Mai avrebbe potuto immaginare cosa quel gesto avrebbe generato, a discapito delle loro prospettive per il futuro…

 

La commozione l’assalì, non appena mosse il primo passo nel suo paese natale. Avanzò attraverso quella piccola cittadina profumata di casa, trattenendosi dallo scoppiare a piangere dinnanzi a tutte quelle persone che avevano coronato la sua oramai lontana e irraggiungibile infanzia.

Affiancata fedelmente da Pino, Karen si guardò attentamente attorno, alla ricerca delle figure anziane dei suoi genitori. Era a dir poco eccitata dalla sola idea di poterli rincontrare e riabbracciare dopo così tanti anni di assenza e mancanza.

«Secondo te, saranno in grado di capirmi? Mi crederanno, poi?» domandò incerta e impaurita al suo compagno, scrutando il suo volto coperto da una sottile maschera nera che incorniciava i suoi occhi.

L’altro sorrise in modo piuttosto rassicurante, posandole una mano sulla spalla nuda. «La comprensione genera perdono».

Col trascorrere progressivo e inarrestabile del tempo, entrambi erano cambiati radicalmente. La Superquattro poteva riscontrare e verificare la sua teoria nel suo migliore amico, divenuto forte ed enigmatico come ma lo era stato.

E lei, invece, cos’era diventata? Per un breve istante, pregò che i suoi parenti rivedessero in lei la bambina che avevano amato in passato.

Guidata dai suoi stessi ricordi, si destreggiò al meglio tra le piccole vie della cittadina, alla ricerca della sua vecchia abitazione. Non appena la scorse da lontano, essenziale e semplice come la ricordava, il suo cuore cessò di battere improvvisamente.

Esitò, riflettendo su quale fosse la cosa giusta da fare: rinunciare e risparmiare la sua famiglia dalla maledizione che si portava appresso, o poter irrorare di gioia le loro giornate con la sua sola presenza?

Pur di preservarli dall’aura maligna che aveva impressa nell’anima, avrebbe preferito scivolare nuovamente nell’ombra dell’anonimato e restare un ricordo sfuggente e lontano. Anche a costo di pentirsene e soffrire, si sarebbe fatta da parte con garbo.

Fu Pino, con un’occhiata immensamente dolce e incoraggiante, a spronarla ad avanzare.

Non appena si trovò sulla soglia, bussò timidamente alla porta, in attesa di una risposta. Le persiane giacevano chiuse, impedendo a sguardi indiscreti di spiare l’interno della residenza. Inoltre, stranamente, non si udiva alcun suono provenire dalla casa.

La villetta non era chiusa a chiave, perciò i due ragazzi potettero entrare senza alcun problema. Ciò che si presentò dinnanzi agli occhi indaco della giovane, però, era qualcosa di alquanto inaspettato e mai voluto.

Ogni cosa giaceva abbandonata, velata da uno spesso strato di polvere. Ciò che era più raccapricciante, però, era come il tempo pareva essersi brutalmente fermato all’interno di quella stanza.

La tavola era ancora imbandita, in attesa che qualcuno arrivasse per consumare il pasto, e sulla poltrona vi erano la pipa del padre con un vecchio e ingiallito giornale aperto sulle cronache della giornata.

Nessuno si era curato di mettere in ordine quel posto disabitato.

Karen spalancò istintivamente la bocca, senza trovare le parole per esprimere il tumulto di emozioni che avevano assalito e massacrato il suo essere. Percepì le lacrime sgorgare a fiotti, scivolando lungo le guance.

Le mancava il fiato, ed un magone allo stomaco le provocò un dolore immane e insopportabile.

«Che cosa ci fate qui?» li sorprese improvvisamente una voce alle loro spalle, facendoli sobbalzare appena.

Lo Psiche si voltò verso la figura misteriosa, inchinandosi davanti ad essa con garbo. La giovane, invece, rimase inerme al centro della stanza, con lo sguardo vuoto fisso in un punto inesistente. Era immobilizzata dall’immenso tormento provato.

«Mi scusi, signora, cerchiamo la famiglia che abitava qui» disse il giovane con gentilezza, avvicinandosi all’anziana che giaceva sulla soglia della porta. «La mia amica desidera parlare con loro».

«Hanno lasciato questo posto molti anni fa» rispose con scetticismo lei, inarcando un sopracciglio, studiando i due intrusi con attenzione e dubbio. «Hanno lasciato la casa non appena sono stati avvertiti della morte della loro figlia».

Il cuore della ragazza parve incrinarsi, per poi sbriciolarsi in una miriade di minuscoli e inafferrabili frammenti.

Sbigottita, prese a respirare ad intervalli sempre più ridotti, mentre un enorme rimorso pareva dilaniarla dall’interno e roderle le viscere.

«Qualcosa non va?» domandò la donna, visibilmente preoccupata per il pallore improvviso della sconosciuta.

A quel quesito, Karen scivolò con le ginocchia a terra, coprendo il volto tra le mani, colta da un senso di colpevolezza che le impediva perfino di piangere ed esprimere la sua rabbia.

Alla fine erano rimasti solo lei, il senso di colpa e la maledizione che si portava sempre appresso come un’ombra.

 

La giovane trovò quasi drammaticamente ironica la sua situazione.

Aveva stipulato un patto col diavolo per portare nuovamente onore e gioia alla sua famiglia, e invece aveva recato ulteriore tristezza nei cuori dei suoi cari. Aveva, inoltre, indetto un processo di eterno e mortale dolore nelle anime dei suoi genitori, costringendoli ad un’immane e sempiterna sofferenza.

Il suo stesso piano le si era ritorto contro, strappandole di mano ciò che aveva di più caro, le sue convinzioni, l’amore nei confronti di chi le voleva bene e la sua stessa identità.

Ai raggi tenui della luna, lei non era nessuno. Possedeva un nome senza alcun significato, ricordi senza vita, corpo senz’anima. Era morta lo stesso giorno in cui la sua famiglia era scomparsa.

Aveva miseramente fallito nell’unica missione in cui credeva ciecamente, lasciandosi raggirare da un demonio che l’aveva corrotta senza alcuna pietà, e non vi era alcun modo per porre rimedio ai suoi innumerevoli errori. Ciò che le restava da fare era scontare la pena che vedeva solamente agonia duratura e incessante.

Si mise a sedere, mentre il suono dolce delle fronde agitate dal vento l’aiutava pian piano a svuotare la mente dai rimorsi e dai sensi di colpa. I “Se” e i “Ma” non fanno la storia. Lei non possedeva la capacità di riscrivere il suo passato col solo rimpiangere le sue azioni.

Se non le era concesso di poter nuovamente aiutare in modo diretto coloro che l’avevano amata, allora si sarebbe costretta ad agire nell’anonimato. Questa volta avrebbe sfruttato a pieno l’ultima possibilità che la vita le concedeva, usufruendo al meglio del suo nuovo titolo di Superquattro.

Non aveva alcun diritto di interferire con la vita dei suoi genitori, non dopo l’atto atroce che aveva compiuto nei loro confronti. Avrebbe potuto riscattarsi difendendo e preservando la pace che aleggiava nella regione ove abitavano, proteggendoli e osservandoli da lontano come spettatore indiretto.

Era questo il giusto prezzo da pagare per gli errori compiuti, e non vi si poteva opporre.

Si ridestò, lanciando un’ultima e fugace occhiata al firmamento lucente, pronta a fare ritorno alla sua nuova vita e ultima vitale impresa.

Questa era la sua ultima possibilità e non si sarebbe concessa di gettarla al vento.

 

 

 

Note Finali:

Remnants Of The Past. Tracce del Passato.

Innanzitutto devo ringraziare sentitamente tutti coloro che hanno avuto modo di leggere questa One Shot, vivendo le stesse esperienze di Karen, quarta Superquattro di tipo Buio di Johto.

Devo fare un grande abbraccio anche a Sweet96 per lo splendido contest che ha indetto: “Scegli un Numero, ottieni un Brano!”.

Se non fosse stato per lei, e per la traccia numero 23 “Tsutawaranai Kimochi” (e ringrazio iTunes per il titolo), questa piccola storia non sarebbe mai nata. L’idea in realtà la covavo da tempo, eppure non avevo mai trovato il trampolino per tramutarla in realtà.

Sinceramente, quando mi ero iscritta al Contest, avevo pensato di scrivere qualcosa sulla Dragon/Blackthornshipping (Lance/Sandra), eppure non appena ho ascoltato la traccia ricevuta una lampadina mi si era accesa nella testolina. Perché non fare qualcosa per Karen, la ragazza sulla quale nessuno scrive?

Ammetto sinceramente una cosa: non rientrava nei miei piani inserire qualcosa del contesto del manga. Però tutto si è poi concatenato perfettamente con la traccia, col testo e con il prompt “Rimpianto” della Challenge dei 100.

Queste note stanno diventando più lunghe del testo, ma poco mi importa. Sono troppo soddisfatta di me stessa per non esprimere la mia felicità.

Non appena avevo ascoltato Tsutawaranai Kimochi per la prima volta, mi sono venute in mente un mucchio di cose… piuttosto tristi, questo sì, ma legate tutte a ciò che di sbagliato avevo compiuto in passato. Ammetto che non è stato un toccasana per il mio fragile e precario equilibrio psicologico, però è stato illuminante. L’unico personaggio Pokèmon che corrispondeva a tutto questo era Karen. Forse potrebbe anche corrispondere a Pino, però non mi ispirava così tanto.

La Superquattro non è una pupa senza cervello, questo me lo sono sempre detto. Ha un carattere forte, sì, ma anche molto riflessivo. Mi sono immaginata un suo momento di debolezza, seguito da un riscatto piuttosto amaro, ma pur sempre in suo stile.

Se non si è capito, sono stranamente (miracolo) soddisfatta di questa Shot. Magari trovo la sorpresina Kinder che mi dice “E’ TUTTO SBAGLIATO!”. Oddio.

Devo ringraziare ancora Cheche, che a sua insaputa mi ha fornito informazioni indispensabili per questa shot, e tutto il Life Space blog che mi supporta e sopporta in ogni momento delle mie giornate.

E grazie ancora a Sweet96, che mi ha donato una grande opportunità.

Akemi_Kaires

 

PS: Le informazioni riguardo la decisione di Karen di arruolarsi di sua volontà (assieme a Pino) nella setta di Mask of Ice non sono state inventate, a differenza della giustificazione a tale azione. Ho tratto spunto, infatti, dall’affermazione fatta da Pino nella seconda pagina (http://www.otakuworks.com/view/76042/pokemon-adventures/vol-14-chp-167-179/read/71). Grazie di cuore a Cheche, che indirettamente e senza volere, mi ha dato una mano enorme!



Note di fine Contest:
Dio, ancora fatico a credere a questo risultato. Il secondo posto! Ancora mi tremano le mani al solo pensiero. Ho incorniciato i risultati (che posterò qua sotto), ed ora sto ammirando il mio primo trofeo.
Per essere il mio primo contest, non è andato affatto male. Immaginavo molto peggio, poiché avevo già visto alcuni concorrenti e non ritenevo impossibile sbaragliarli.
Adesso non voglio dormire sugli allori. Ne ho altri quattro da consegnare! Qualcuno mi fermiiii!!!
Devo ringraziare ancora una volta la grandissima Sweet96, perché mi ha dato davvero una grandissima opportunità.
Un bacio a tutti!!!

2° classificata
Remnants Of The Past di ~Kaires_Adanhedy~


Lessico e grammatica: 9/10
Stile: 9.5/10
Originalità: 9/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Utilizzo del brano: 5/5
Parere personale: 2.5/3
Totale: 45/48


Non c’è che dire, una shot davvero bella e ben fatta. Come avrai notato dal punteggio, le imperfezioni sono poche e non troppo influenti. Ma andiamo con ordine. Riguardo alla grammatica, ho riscontrato poche cose, te le segno tutte proprio perché sono poche: nella frase Non era la prima volta che si scopriva dirigersi meccanicamente tra “scopriva” e “dirigersi” manca una preposizione “a”. Una persona si scopre a fare qualcosa, non si scopre fare qualcosa, al massimo facendo qualcosa. Un errore ricorrente, beh, in realtà l’ho trovato solo due volte, è l’assenza della preposizione articolata dopo la parola “riguardo”: tu mi hai scritto “riguardo la loro scelta”, ma, anche se c’è chi dice così, in realtà serve “a/al/alla/alle/ai/agli”. Poi, in una frase hai usato un verbo alla terza persona singolare (L’avrebbe lasciata marcire), ma il soggetto della proposizione precedente era “nessuno”, perciò io avrei usato la terza plurale, a mio parere sarebbe stato meglio. Un altro errore l’ho trovato a non avrebbero più potuto tornare, dove invece andava usato l’ausiliare essere, come necessita il verbo “tornare”, e andava di conseguenza coniugato il participio.
Comunque complimenti, perché in tutta la shot ho trovato un solo errore di battitura (“ma” al posto di “mai”), e non è certo una cosa comune.
Il lessico è ben curato e di grande impatto, aiuta chi legge a immaginare la scena. Mentre leggevo, riuscivo a disegnare nella mia mente tutti i dettagli e i paesaggi, e questo è merito del lessico che hai utilizzato. Brava!
Anche lo stile è sublime! Ti è stato tolto mezzo punto perché in alcune occasioni io avrei levato qualche virgola e in un periodo parecchio lungo ce ne avrei messa una. Le frasi erano lunghe ma ben strutturate; mi è capitato a volte di leggere storie con periodi lunghi ma che non si riuscivano a seguire, perché si perdeva il filo a metà, ma non è stato il tuo caso, per questo qui i complimenti sono doppiamente meritati.
La storia è molto originale, e su questo non si può discutere. Il fatto che tu abbia scelto di analizzare Karen, che, come tu stessa hai detto, nessuno utilizza come personaggio protagonista, oltre ad averti alzato il punteggio in originalità, ti ha reso molto speciale ai miei occhi! Preparati ad essere bombardata di messaggi e roba varia!
Tornando al contest, passiamo alla caratterizzazione: hai avuto un punteggio pieno meritatissimo. Non solo l’introspezione è curata ottimamente, rispecchia anche perfettamente i canon. Mi hai mostrato quel lato di Karen nascosto, quello che non fa vedere praticamente a nessuno, descritto alla perfezione! Se potessi, ti metterei undici, davvero!
Il brano si adatta meravigliosamente, l’ho ascoltato – più volte, perché la sua durata non basta per leggere la storia e comprenderla a fondo – mentre leggevo, ed era davvero magnifico. Hai colto l’essenza della traccia e hai creato una storia che la rispecchia perfettamente. A mio parere, provoca una serie di emozioni indescrivibili, e crea un’atmosfera perfetta per la storia. Sono riuscita a finire di leggere la storia proprio mentre il brano terminava e ti assicuro che è qualcosa di bellissimo. Per cui, punteggio pieno anche qui. Davvero brava!
Insomma, ho davvero apprezzato questa shot, perfetta sotto alcuni punti di vista, quasi sotto altri. Correggendo quei pochissimi, per una storia di questa lunghezza, errori che ho trovato, diventerà un capolavoro. In conclusione, la trovo una storia decisamente degna da leggere, i miei complimenti.



  
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