Il prato era ancora verde nonostante il cielo vomitasse riflessi scarlatti. Mi persi nello smeraldo dei miei pensieri e solo allora mi accorsi della pioggia. - Come sempre, come sempre. Disse lui senza guardarmi. La rabbia fumosa di chi conosce il futuro faceva fremere le sue orecchie, l’ansia appesa alla sua nuca piccola mi ferì profondamente. - Non sono tornata per restare. Dissi col mio tono migliore, scadendo poi nel cinismo alla frase seguente. - Sei tu, con quel tuo fare da gatto, a volermi qui. Scrollò la testa e la pioggia volò via dai suoi peli in un bagliore accecante. Le lacrime mi si conficcarono in gola e rimasero lì, pesanti come un colpo di tosse; non avevo altro che sonno.
- La felicità non basta ad essere felici. – annunciai tetra – Potresti averla e non possederla affatto. Lui non mi rispose ed io attesi. Sembrarono anni. [...] - Perché non sai fermarti? – mugugnò piangendo forte. Le parole gli rimanevano aggrappate sui baffi – Perché questa continua distruzione? Non lo capisci? Non capisci che piove? Spezzata continuai nella mia attesa, cercando nell’ansia una sigaretta che non trovai. Calciai l’erba e spuntò la terra umida a sporcarmi le scarpe. Urlai per il fastidio e per il dolore. Feci per andarmene e non mi trovai più i piedi. - Tu non sei fatta per vivere. Lui si voltò solo allora, il suo naso mi riempì di nostalgia. Cercai di ritrovarmi prima di rispondere, ma fu facile precedermi; ciò che cercavo era solo un riflesso condizionato che mi ero imposta tanti anni prima e che, da qualche tempo, stava svanendo con scoppiettii improvvisi da fuoco morente. - L’inchiostro ti ha succhiato via l’anima. - Ma sono viva. Lo dissi con calma, osservando il cielo perso tra il rosso più cupo e le nuvole fumose. - Per anni ho creduto che bastasse altro, ma non basta affatto. - Senza sei nulla. - Eppure.
- Comunque. Ricominciò con i suoi modi, quelli antichi, sottili. - L’hai appena fatto. Sorrisi senza gioia, ma il cielo si schiarì di colpo. Le nuvole scure ci rovinarono addosso e svanirono nelle nostre mani. Le ossa cervicali mi si impigliarono al cervello, sussurrandogli di adagiarsi, di nuovo. - Basta questo? - Non basta nulla. - Basterà mai? - A te? – chiese lui divertito – Oh, no. A te mai. Rise di gusto ed io mi accoccolai al suo fianco, sporcandomi le gambe nude. - Ritrovarti è un piacere – sussurrai quindi carezzandolo – che mi uccide lievemente.
[...] Guardammo in giù dopo tanto tempo. Il precipizio era intatto e meraviglioso. - Cadere non è toccare terra. - È staccarsene.