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Autore: Helena Corvonero    31/12/2011    2 recensioni
Piccola one-shot, ambientata al terzo anno.
La vita di Hermione scorre normalmente, i tanti impegni si incastrano grazie alla straordiaria Giratempo che la McGranitt le ha affidato.
Ma la ragazza, confusa da i sentimenti che iniziano a venire a galla, usa l'oggetto magico per andare indietro nel tempo e osservare Ron, studiarlo.
Spero vi piaccia, mi sembrava giusto render noto anche l'inizio di questo grande amore!
*SESTA CLASSIFICATA AL CONTEST INDETTO DA TITTIGRANGER 'WHO IS HERMIONE JEAN GRANGER?'
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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SOGNO O SON DESTA?
 
 
Hermione Granger entrò tutta trafelata nella Sala Comune dei Grifondoro, tirò un sospiro di sollievo e si accasciò sulla poltrona più vicina.
Era una rara serata di autunno in cui le gocce di pioggia non scorrevano lungo le finestre di Hogwarts.
Nonostante il sole fosse stato splendente, durante la giornata, il freddo era terribile, e i camini erano già accesi.
Era infatti un bel fuoco scoppiettante che la ragazza stava guardando.
Chiuse gli occhi e prese un altro respiro poi si alzò e iniziò a togliersi i vari maglioni di lana che si era messa per proteggersi dal freddo prima di uscire.
Poteva sentire lontani i rintocchi provenienti dalla torre dell’Orologio: era davvero tardi.
Si ripropose di non fare mai più una cosa simile e di andare a letto molto prima. O, al massimo, stare alzata solo allo scopo di controllare i compiti per il giorno seguente.
Con una ruga di preoccupazione che le solcava la fronte si avviò verso il dormitorio, ma non aveva neanche fatto due scalini che si fermò e tornò indietro, alla poltrona.
Si sedette ancora e si prese la testa con le mani: non doveva farlo più.
Si portò una mano al petto, tastando sotto la maglia che il prezioso oggetto ci fosse ancora.
No, assolutamente, non avrebbe dovuto farlo più: se la McGranitt l’avesse saputo... non osava nemmeno pensarci!
Si era sempre riconosciuta come una ragazzina seria, diligente, studiosa e assolutamente restia a infrangere le regole. Beh, escludendo le avventure vissute con Harry e Ron negli anni precedenti: quelle non contavano. Erano state commesse solo per scopi giovanti all’intera scuola.
Anche gli insegnanti la dipingevano così, ed era proprio quello il motivo per cui, qualche settimana prima, la professoressa McGranitt le aveva affidato un oggetto prezioso, da trattare con i massimi riguardi e da tenere assolutamente segreto: il giratempo.
Come diceva la parola stessa, era un marchingegno che permetteva che chi la indossava andasse indietro nel tempo.
Le era stata affidata per permetterle di frequentare più lezioni possibile e lei…
Lei l’aveva usato per scopi personali!
 
Scosse la testa, rimproverandosi… Forse avrebbe dovuto andare a confessarsi alla McGranitt…
No, questo mai! E se avesse influito sulla sua media?
Non doveva farne assolutamente parola con nessuno.
E se l’avessero scoperto… beh, d’altronde lei l’aveva usato solo per… per… una conferma. Ecco.
 
Ma brava Hermione, ora menti anche a te stessa?’
La voce della sua coscienza la riprendeva severa: ‘Ammetti la verità. Su, ammettilo. Farai una figura migliore’.
Hermione era combattuta: dopotutto non aveva fatto nulla di male. In tre anni quella era la prima volta che sgarrava le regole. Beh, non proprio la prima, ma come già detto in precedenza, erano situazioni differenti.
Arrossiva solo a pensare alla motivazione che l’aveva spinta a tornare indietro nel tempo. Ed era quasi stata vista!
Respirò forte, e trattenne il fiato.
Ron.
Solo a pensare al nome del ragazzo le veniva da sorridere. Che cosa stupida, si era detta tante volte.
Eppure…
Era una situazione strana. Non era da lei.
Era da un po’ di tempo che rifletteva su ciò e l’unica conclusione che era riuscita a trovare era…
- No, no. Siamo solo amici. Niente altro- disse a bassa voce, come se pronunciare quelle parole le facesse diventare realtà.
E nuovamente, la voce della sua coscienza la rimbrottò: ‘Ma guarda che è normale. Hai tredici anni, lui anche, è ovvio che ti piaccia! Non c’è nulla di strano. Certo, se continui a evitarlo in questo modo, a riprenderlo ogni volta che parla non ti prenderà mai in considerazione. Penserà che sei una maniaca dello studio e lunatica. E per di più bugiarda. Che poi sono tutte cose vere…”
- Basta- sibilò la ragazza, e si alzò per andare a dormire; almeno nei sogni la fastidiosa voce della coscienza non l’avrebbe assillata, evidenziando i segreti che non ammetteva e gli errori che non si perdonava.
Cercò di esaminare brevemente la situazione, nel modo più oggettivo possibile: Ron le… piaceva. Ecco, ammetterlo era il primo passo. Non era l’amore della sua vita, ma le interessava. Era un affetto diverso da quello che provava per Harry. Le piaceva guardarlo durante le lezioni, ogni tanto, di nascosto: guardare le lentiggini che gli macchiavano il naso, come una spruzzata di cioccolato sulla schiuma del cappuccino; i capelli rossi, da manuale della famiglia Weasley; la bocca serrata, come ogni volta che ascoltava qualcosa che non capiva fino in fondo; gli occhi; la fronte corrucciata; la mascella…
E, ammise, quando lui si girava, captando con qualche sesto senso a lei ignoto uno sguardo fisso sulla sua bella faccia e la guardava, lei abbassava il capo velocemente, immobilizzandosi, cercando di reprimere quel sorriso che scattava spontaneo, come una molla, quando i loro sguardi si incontravano.
Era per quello che, quella sera, appena dopo cena, aveva usato il giratempo: quel pomeriggio, con la coda dell’occhio, le pareva di averlo visto intento a fissarla nello stesso modo il cui lei guardava lui, mentre facevano i compiti in Sala Comune durante un’ora buca.
Aveva sentito un bisogno impellente di verificarlo e aveva aspettato con ansia un momento di calma in cui nessuno notasse la sua assenza: il dopo-cena era perfetto.
E così si era rintanata in un corridoio deserto, aveva tirato fuori la preziosa collanina e aveva fatto girare la clessidra un paio di volte.
 
Era entrata con passo felpato in Sala Comune, appostandosi contro il muro.
Si era rivista mentre, con impegno, cercava le parole giuste con cui scrivere il tema per Erbologia, aveva visto Harry e Ron che cercavano di sbirciare la sua calligrafia fitta e confusa.
E, con un tuffo al cuore, aveva visto lo sguardo di Ron, imbambolato, che la guardava mentre scriveva rapida il suo compito.
Era restata incantata a guardarlo (a guardare lui che guardava lei- le sembrava una situazione fuori dal normale solo a dirlo!), tanto che solo per un pelo era riuscita a evitare lo sguardo indagatore di Harry, costantemente in allerta.
Era così felice che non si rese conto che per pochissimo non era stata scoperta: insomma, lui l’aveva guardata, non ci credeva!
‘Cavolo, wow, ti ha guardata! E’ sicuro che ti ama, se ti ha guardato! Nello stesso modo in cui ama la McGranitt, Harry, Silente, i muri di Hogwarts e ogni cosa su cui posa lo sguardo…Ti fissa per un paio di secondi e reagisci così? Chissà se mai ti bacerà, cosa farai!’
La voce dal timbro sarcastico riportò Hermione con i piedi per terra: effettivamente l’aveva solo guardata. Si stava comportando come un’oca.
Ma non poteva fare a meno di esserne entusiasta.
Era un sentimento nuovo, estraneo –troppo- con cui non sapeva come rapportarsi. E non aveva trovato libri che spiegassero quel calore che si propagava dagli occhi, alle mani, alle guance, ogni volta che si trovava con lui.
Sentiva il cuore scoppiare a ritmo di quella musica nuova che la faceva vibrare dalla punta dei capelli alle dita dei piedi. Batteva così forte che le perforava i timpani, così forte che temeva potesse sentirlo anche lui.
Era quello il motivo per cui, quando c’era Ron, faceva l’indifferente forzatamente, o parlava a voce alta e velocemente.
- Sono patetica- si disse, abbandonando la testa all’indietro, contro la poltrona.
Chiuse gli occhi.
 
E’ una giornata d’estate, il sole splende.
Sono davanti al Lago Nero, lei in maniche corte, i lunghi capelli cadono ordinatamente sulle spalle, anziché  essere raccolti nella solita coda.
Lui, come sempre, alto, bello, perfetto.

“Ti amo, lo sai?”
“Anch’io.”
Hermione arrossisce. Pensa ai tanti modi in cui si era sempre immaginata quel momento, e decide che la maniera in cui sta andando è decisamente la migliore.

Lui si avvicina e per un poco restano fermi, fronte contro fronte.
Poi lui si china, e lei freme dal desiderio di alzarsi sulle punte e di porre fine a quel momento di tensione, che pare infinito. Il ragazzo chiude gli occhi, seguendo l’esempio della ragazza che, immobile, trattiene il respiro.
Quando sente le labbra del ragazzo sulle sue li spalanca, incapace di resistere a tanta felicità.
Ma, diversamente da quanto si è sempre aspettata, il cuore non le scoppia, no: sembra piuttosto che si sia sciolto e la sua dolcezza vaghi nelle vene, propagandosi per tutto il corpo. Per entrambi i corpi.

Chissà quanto tempo passa, secondi, minuti, ore, e si accorge che sta sorridendo sulle sue labbra. Sorride anche lei, incapace di far qualsiasi movimento comandatole dalla mente.
Inizia a muoversi solo quando sente che tutto si sta ‘normalizzando’, per quanto la perfezione possa essere normale, allacciando le mani dietro il suo collo, accarezzandogli i rossi capelli che avrebbe sempre voluto toccare.
Lui risponde cingengole la vita con un braccio e sussurrando contro le sue labbra: - Hermione… Hermione….
 
-Hermione… Hermione…-
Il tono dolce era lo stesso, così come il timbro della voce, la ragazza interpellata aveva gli occhi chiusi, ma non sentiva nessun contatto contro le labbra. L’unica cosa che sentiva era il freddo. Spalancò gli occhi:
davanti a lei c’era il ragazzo che popolava i suoi sogni, che la scuoteva dolcemente, per farla svegliare.
Pensando a ciò che aveva appena sognato di fare con lo studente davanti a lei, arrossì.
Ron le sorrideva, ma lei era imbarazzata e delusa. E in ritardo.
Stava scappando in dormitorio a cambiarsi per poi scendere a fare colazione quando il rosso la bloccò, prendendola per un braccio, costringendola a voltarsi e a guardarsi in faccia. Si fermò, così come il suo cuore.
Ron le sorrise: - Hai fatto un bel sogno? Quando ti ho svegliato stavi sorridendo.-
Lei annuì e sorrise. Respirò forte, e decise di dire qualcosa che, si giurò, sarebbe diventata verità: – Diciamo che più che un sogno era una previsione del futuro.-
E scappò nella sua stanza.
 
 

  
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