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Autore: AngelOfSnow    02/01/2012    2 recensioni
"Cosa?!"
Si riscosse dal proprio stato di trance maledicendo la propria stupidità: si era persa in un labirinto di rose. Persa nel vero senso della parola perché, oramai, non riusciva più a scorgere nessuna luce provenire dalle torce presenti precedentemente sul sentiero verso la Magione. Fu assalita da un gelido terrore quando un gufo, annunciò la propria presenza per due volte di fila. Svoltò due volte a sinistra, percorse un corridoio e svoltò a destra ma si dovette fermare: un muro verde le impedì di continuare.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?
Trapassare le siepi era fuori discussione: avrebbe rovinato il vestito. Gridare non le avrebbe giovato se non ad ammalarsi velocemente. Si sarebbe data manforte ricorrendo a tutta la propria freddezza d’animo e non avrebbe deluso la madre; a qualsiasi costo. Almeno, non quella sera.

Spero che la mia storia sia di vostro gusto e non esitate a dirmi una vostra qualunque impressione: mi aiuteranno a crescere. Ne sono convinta. Saluti vivissimi.
Mary!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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La maschera Veneziana.


Ascoltava, assorta nei propri pensieri, il suono degli zoccoli che arrivava ovattato al proprio udito causandole un moto di stizza interiore e vergogna, sentimento, che avrebbe trovato punto di sfogo all’interno della piccola carrozza bianca, in stile Vittoriano, con interni rivestiti di comodo ed elegante velluto di una tonalità appena più scura del colore esterno dell’abitacolo.
<< Mamma...>>
La voce della giovane ragazza risuonava con una nota di panico e soffocamento all’interno, tanto, da far ridere la madre in modo pacato e benevolo.
<< Dimmi tesoro...>>
Il padre, un uomo dall’aria seria, a primo impatto chiusa, poggio delicatamente una mano su quella guantata della figlioletta comprendendola appieno: non sarebbe voluto essere lì nemmeno lui ma, per amore della propria consorte, avrebbe fatto l’impossibile pur di vederla sorridere di cuore.
<< Ricordami perché sto facendo questo. >>
Invece, non si sarebbe potuto dire altrettanto della loro figlioletta che, di femminile e nobile, nulla aveva se non l’aspetto.
<< Perché mia sorella è nobile e, siccome ha modi alquanto...bizzarri? >>
Chiese aiuto al marito con gli occhi che accennò un piccolo sorriso in soccorso della donna. Che non avrebbe messo dito in questa divenne palese nelle menti delle due donne.
<< Che ha modi bizzarri di organizzare feste...>>
Continuò osservando l’espressione della figlia divenire iraconda in pochi secondi.
<< Mamma...>>
Lo disse con un tono che annunciava la logica che sempre aveva contraddistinto la ventenne in tutta la propria vita.
<< Non ti avrei mai vietato di partecipare al ballo ma non credi che una carrozza nelle strade trafficate di Londra, nel Ventunesimo secolo sia anormale? Posso anche passare oltre sullo stile Vittoriano degli abiti, posso passare oltre sulle ridicole maschere Veneziane che siamo costretti ad indossare fino la mezzanotte...ma la carrozza! >>
Il padre scoccò un’occhiata eloquente alla figlia in segno di accordo: adorava la logica perversa e maschile che assumeva la figlia quando era altamente intrattabile, il motivo non l’aveva mai capito, o forse si, ma non ci badava più di tanto: la guardava gesticolare sicura delle proprie idee e convinzioni mentre chi ascoltava, non poteva fare altro che rimanere succube di quelle normali labbra, tinte di un rosa pallido, e dalla logica assai affaristica che sapevano esprimere facendo desistere le tue idee a discapito delle proprie.

<< Melody, lo stage come procede? >>
Lo chiese di getto senza pensare ai fiumi di parole che stavano sommergendo l’abitacolo, spezzando l’aria magica che si era creata all’inizio. La diretta interessata si portò un ciuffo cioccolato di capelli dietro l’orecchio imprecando mentalmente per l’assurda acconciatura che la madre le aveva fatto fare dalla parrucchiera che su chiamata si premurava ad andare nelle abitazioni, per altro, amica d’infanzia della madre.
<< Papà, procede alla perfezione... sono riuscita a far firmare dei contratti a cui molti non avevano trovato soluzione e ... >>
Parlarono a lungo dei continui progressi che la figlia, neo-imprenditrice, stava compiendo da non accorgersi delle occhiate di amorevole della donna al loro fianco. Amava il marito più di ogni altra cosa ma amava la figlia in ugual modo e si sentiva in colpa, tremendamente in colpa, conoscendo i caratteri dei propri cari così vivaci e solari ma sorrise loro quando cominciarono a stuzzicarsi. Rise di gusto vedendoli allegri.
<< Papà, leva quel salsicciotto che ti ritrovi al posto dell’indice dalla mia faccia! >>
L’uomo dalle fattezze tipicamente siciliane, teneva il dito incriminato sulla guancia della figlia facendogli compiere un azione rotatoria su se stesso flettendo il proprio polso a destra e sinistra per nascondere il proprio fastidio quando la figlia parlò del ragazzo con cui era costretta a lavorare in coppia che, all’ avviso della ragazza, sarebbe presto tornato a casa: l’ultima volta aveva sottratto egli due contratti di massima urgenza riuscendo a farli firmare in sole 6 ore di contrattazione, lasciandogli solo un pugno di mosche.
<< Non mi piace. Punto. Non è proprio il mio tipo...quindi leva sto salsicciotto...>>
<< Bambina mia sicuramente non è il tuo tipo: nessuno può arrivare a te... >>

In sincrono, madre e figlia, buttarono gli occhi al tettuccio dell’abitacolo sospirando e ignorando bellamente le lodi che il padre cantava dietro le “gesta” di Melody compiendo ampissimi movimenti che avrebbero, da un momento all’altro, potuto rovinare lo smoking nero che indossava. Cadde il silenzio che fu prontamente rotto dall’audacia della giovane.
<< Mamma, sai benissimo che non sopporto la presenza di zia Alyssa...>>
Una donna particolarmente infantile e perfida, alle volte. Melody preda da un raptus si ricordò la quantità spropositata di invitati all’evento, pregando in qualche miracolo divino che ricordasse male.
<< Mamma...scusami se ti disturbo ancora...>>
Alla voce tremante entrambi si girarono verso lei confusi. Non capivano cosa la turbasse adesso. Mandò giù un quantitativo indefinibile di saliva prima di riaprire bocca.
<< Saranno davvero più di trecento invitati? >>
Gli occhi della madre si illuminarono poco in memoria dei tempi in cui partecipava attivamente a quelle attività prima di lasciare la casata. Sospirò.
<< Alyssa pensa in grande...>>
Sempre, avrebbe voluto aggiungere.
Melody mise la mano guantata vicino le labbra mormorando tutto il proprio disappunto con parole come “perché a me”, “volevo starmene a casa”, “quell’oca”facendo incupire appena gli occhi verdi.
<< Alice...>>
<< Lo so. Ma non potevo rifiutare l’invito di mia sorella...>>
Melody a quell’affermazione avrebbe voluto aprire la portiera, rivestita in pelle marrone, per buttarsi fuori da quell’incubo fatto di sfarzoso divertimento e coppe di Champagne ripiene, ma soprattutt,o avrebbe voluto cercare un modo per scusarsi con la madre del proprio caratteraccio senza dover toccare il proprio l’orgoglio.
Senza aggiungere altro, poggiò il capo contro il freddo vetro pregando sempre per quel miracolo evitando commenti poco rispettosi nei confronti della madre. In cuor suo sapeva che non sarebbe arrivato per una futile occasione come quella e poi, ehi, aveva una maschera.. fino la mezzanotte.
<< Oh, guarda tesoro, siamo quasi arrivati! >>

Una via alberata faceva da tappeto ad un palazzo enorme su una collina fuori da Londra. L’avrebbero notata tutti da quel luogo a causa delle illuminazioni che facevano in modo di far risplendere di luce quasi propria, la facciata principale. Rimase incantata, Melody, dalle composizioni floreali composte esclusivamente da rose a cui nemmeno lei sapeva dare nome, facendole sgranare gli occhi verdi con riflessi marroni su quello scenario.
Alice e Gregory si fecero prendere dal romanticismo del luogo e del contesto baciandosi in modo casto e dolce speranzosi che la loro figlioletta non li vedesse, cosa impossibile, perché pur essendo girata, il loro riflesso si era visto sul vetro.
Evitò comunque di commentare lasciando loro cinque secondi di intimità prima di entrare nel loro, almeno quello del padre e della giovane, inferno privato, fatto di pettegolezzi, finti sorrisi amichevoli e amici a convenienza.
Girò il busto con un sorriso dolce sulle labbra verso la madre che, con timore di un’occhiataccia per il luogo, aveva leggermente voltato il viso al finestrino.
Sorrise per farsi perdonare il casino di prima.
<< Grazie mamma. Sembra un luogo uscito dalle favole...cerchiamo di divertirci, ok? >>
Sorrise prendendo la mano della donna tra le sue: sarebbe andata per vedere il suo volto, fine e delicato, sorridere di pura gioia abbandonandosi ai ricordi dell’età della propria giovinezza.
<< Ma certo mia cara...ricorda: non solo l’abito deve essere Vittoriano ma la postura e il linguaggio. Sicuramente anche i maggiordomi avranno abiti neri con code di rondine, guanti bianchi e maschera. Mi raccomando. >>

Melody, mise subito in atto uno degli insegnamenti impartitogli precedentemente dalla madre: inchinò leggermente il capo in segno di rispetto e parlò.
<< Come desiderate madre. >>
Rialzò il capo e vide una lacrima di pura gioia rischiare di rigare il viso della madre.
<< Madre, non piangete o rischierete di far colare il trucco...>>
Vide Gregory soffocare una risata, Melody, e, con innaturale calma, si rivolse proprio a lui con le vene della fronte in tensione ma con un sorriso inquietante in volto.
<< Padre, cerchi di divertirsi e di non ubriacarsi. >>
L’uomo alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere con le donne più importanti della propria vita giusto in tempo, perché con uno strattone poco accentuato, la carrozza comunicò loro che erano arrivati.
<< Bene...>>
Mormorò la madre che indossando la maschera veneziana grigia con rifiniture argentate e delle piume bianche, molto lunghe, in grado di risaltarle gli occhi e gli zigomi alti, fu pronta per scendere con grande determinazione che contagiò i presenti.
Un uomo aprì la portiera invitandola a scendere e lei, prendendo gentilmente la mano guantata di un bianco splendente, scese elegante dando il via a quella che, adesso, si sarebbe rivelata una serata molto speciale: almeno per la dolce quanto combattiva Melody.
<< My lady...>>
Mormorò l’uomo invitando anche la ragazza al proprio aiuto. Finì di indossare la maschera dorata con rifiniture di quello stesso colore, solo poco più scuro, con altrettante piume quanto quelle della madre di un dorato quasi brillante e prese la mano. Stranamente ne sentì il calore attraverso le stoffe, e si lasciò guidare stando ben attenta a non cadere sui tre gradini. Quando toccò il suolo il fiato le si mozzò in gola: era bellissimo!
<< La ringrazio. >>
Si inchinò alzando con entrambe le mani due lembi opposti del vestito e chinando poco il capo verso l’uomo che le sorrise gentilmente.
<< Si diverta my lady...>>

Si trovò ridicola, dannatamente ridicola ma, con uno sguardo fiero, affiancò i genitori prima di essere attratta da un piccolo bagliore.
<< Madre, padre...>>
Odiò il modo con cui si stava rivolgendo ai propri genitori. Continuò dopo un respiro profondo.
<< Andate avanti: io rimarrò qui a contemplare per alcuni minuti le rose di questo giardino...vogliate andare avanti ve ne prego.>>
Il padre soffocò una risata alquanto divertita con un gomitata della moglie che sorrise fiera della buna volontà della propria figlia.
<< Oh...c’è ancora della strada da fare a piedi...sicura? >>
Fece notare Gregory che teneva con fierezza assoluta il braccio intrecciato della moglie al proprio.
Melody osservò la stradina e annuì sicura. Non sarebbe stato certo un sentiero a metterla in ginocchio e nemmeno i tacchi che indossava particolarmente fastidiosi l’avrebbero fatta desistere.
<< Ok, allora mia cara ci vediamo in sala. Mi raccomando sta attenta a non perderti...>>
Raccomandò Gregory ma oramai le orecchie non lo stavano ascoltando più prese ad udire il canto dei grilli guardando ed annusando ogni tipo di fiore che le capitasse sotto tiro rapita letteralmente dal paesaggio in cui si ritrovava. Il Big Ben si vedeva in tutta la propria bellezza e maestosità anche se le alte siepi le coprivano a tratti la visuale...

<< Cosa?! >>
Si riscosse dal proprio stato di trance maledicendo la propria stupidità: si era persa in un labirinto di rose. Persa nel vero senso della parola, perché oramai non riusciva più a scorgere nessuna luce provenire dalle torce presenti precedentemente sul sentiero verso la Magione. Fu assalita da un gelido terrore quando un gufo annunciò la propria presenza per due volte di fila. Svoltò due volte a sinistra, percorse un corridoio e svoltò a destra ma si dovette fermare: un muro verde le impedì di continuare.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?
Trapassare le siepi era fuori discussione: avrebbe rovinato il vestito. Gridare non sarebbe servito a nulla se non ad ammalarsi velocemente. Si sarebbe data manforte ricorrendo a tutta la propria freddezza d’animo e non avrebbe deluso la propria madre; a qualsiasi costo. Almeno non quella sera.
<< Ok...calma: cosa avresti fatto se avresti dovuto trovare un compromesso in grado di farti appropriare del 70% delle azioni? >>
Con una rigida camminata si impose di continuare a camminare, si impose di non lasciarsi sopraffare dal panico, si impose di rimanere lucida e impose con fatica al proprio cuore di tornare regolare con ampi respiri. Chiuse gli occhi per ricordare la strada che aveva intrapreso per ritrovarsi lì, ma l’unica strada che avesse in mente era quella che aveva appena compiuto: due a sinistra, corridoio e una a destra. Fece per mettersi una mano in tasca per prendere il telefono si ricordò che non fosse in jeans o in taulier e si ricordò anche dell’assenza del proprio cellulare e del cerca persone.
<< Dannazione...>>
Riaprì gli occhi in seguito ad un rumore estraneo al volere della natura per ritrovarsi quasi afferrata da un ragazzo all’altezza della spalla. Urlò di spavento facendo un passo avventato che stava facendole perdere l’equilibro e cadere all’indietro.
Chiuse gli occhi aspettandosi l’impatto del proprio fondoschiena con il suolo cosa che, miracolosamente, non avvenne.
<< State bene my lady? >>
Aprì gli occhi ritrovando il viso del proprio salvatore/inseguitore così vicino da arrossire appena e si rese conto lentamente, molto lentamente, che un braccio stava circondando il proprio bacino mentre l’altro aveva circondando le esili spalle. Arrossì a tal punto da far preoccupare il giovane che, smaliziato continuò a stringerla e a controllare eventuali danni.
<< State bene? >>
Pronunciò infine lasciandola andare a allontanandosi appena per osservarla meglio.
<< S-si...grazie. >>
<< Mi spiace, non volevo che si spaventasse, ma appena l’ho vista entrare nel labirinto di rose mi sono preoccupato e l’ho seguita...>>
Strabuzzo gli occhi, Melody, in preda a qualche gelida consapevolezza: l’aveva seguita per...?
Non sapeva rispondersi ma finse indifferenza.
<< No, si figuri, sono stata io troppo avventata nel non accorgermi in cosa stavo per entrare...bene dov’è l’uscita? >>

Disse quella frase con tanta naturalezza da dimenticarsi il “comportamento” che avrebbe dovuto mantenere, infatti, il giovane,Anthony, sorrise portandosi la mano senza guanti alle labbra deciso a divertirsi amichevolmente.
<< My lady, che modi borghesi per esprimersi...>>
<< Per favore, non ti ci mettere pure tu adesso con questa stronzata...>>
Il ragazzo parve disorientarsi alla scioltezza di linguaggio che stava utilizzando, ma avendo inquadrato la ragazza, prese la palla in balzo per smettere di parlare come un damerino bello e fatto.
<< Vedo che nemmeno a te piace. >>
Gli occhi della ragazza si ridussero a due fessure.
<< No, odio dovermi esprimere in quel modo...comunque: sai la strada per tornare indietro? >>
Gli occhi azzurri di lui intercettarono il profondo timore di rimanere in quel labirinto, magari anche la propria presenza la intimoriva e per questa ragione, nascondendosi meglio dietro la propria maschera, cominciò far da guida ad una dolcissima, quanto buffa ragazza con cui cominciò a parlare sempre rivolto di spalle e quasi due passi sempre più avanti: non voleva turbarla.
<< Guarda che bello! >>
Si sentì afferrare per la giacca e strattonare appena tanto che fu costretto a contemplare un ragno dal corpo nero e peloso da cui spuntavano otto zampe, enorme, posto sul palmo della ragazza che lo puntava vicino al volto del biondo.
<< Emh... >>
Senza parole osservò come con delicatezza lo posasse su una ragnatela, forse la stessa in cui l’aveva preso, e rivolgersi a lui con entusiasmo.
<< Hai visto? Era enorme e bellissimo! >>
Si perse un attimo quando il volto della ragazza si allargò in un sorriso così gioioso da farla sembrare indifesa. Annuì con pacatezza e porse lei il proprio braccio per continuare il cammino, che non venne rifiutato.
<< Quindi ti piacciono le rose e i ragni...>>
Annuì senza timore complice il fatto che non conoscesse la propria identità, Melody, scoprì inoltre molte cose sul ragazzo a cui stava tenendo il braccio: 23 anni, aveva studiato pianoforte laureandosi a 19 anni e, adesso, stava al terzo anno di università di giurisprudenza e che per non gravare completamente sul bilancio economico familiare facesse un lavoro part-time. Ovviamente il ragazzo aveva omesso quale lavoro facesse facendola incuriosire.
Dal canto suo, Anthony scoprì che lei avesse 20 anni, fosse una stagista ad uno degli stage che lui conosceva soltanto perché, chi vi ci andava, o aveva doti innate o studiava così tanto da divenire un mago degli affari facendosi conoscere in tutto il mondo.
La cosa che entrambi notarono senza doverci pensare molto, era la fermezza con cui l’uno non voleva dire all’altra e viceversa la propria identità.
Quando arrivarono davanti alla grande scalinata della Magione, Melody abbandonò il braccio del ragazzo, timorosa che il padre la vedesse con uno sconosciuto. Non per lei, più che altro per lo "sconosciuto".
<< Bene Messere...>>
Si inchinò elegantemente chiudendo appena gli occhi e quando li riaprì il ragazzo prese la mano guantata tra la propria mano per farle un impeccabile bacia mano fulminandola, o così credeva Melody, con quei pezzi di cielo estivo che si ritrovava il giovane al posto degli occhi.
<< My lady, spero che mi concederete un ballo prima della mezzanotte. >>
Avrebbe voluto rispondere a quella frase per le rime tipo “non farti il galletto” oppure “montato” ma l’unica cosa che riuscì a fare fu uno sguardo stupido, e una vocina stridula; sexy e accattivante pensò invece il giovane.
<< Ma certo...se riuscirà a trovarmi Messere... >>
Sorrisero ben nascosti dalle loro maschere e si separarono lei, trovò quasi subito i suoi cari che l’aspettavano in compagnia di...
<< Zia Alyssa! Zio Shawn! Che gioia rivedervi...>>
Non mentì del tutto quando li salutò perché grazie a loro e a quella pacchiana quanto sfarzosa festa si sarebbe anche potuta divertire.
<< Ciao cugina...da quanto tempo...>>
Due occhiali dalla fine montatura spuntarono dalla propria spalla facendola sobbalzare poco. Con un delicato bacio sulla guancia baciò anche lo spocchioso che ancora, dopo 20 anni, riusciva a chiamare in ogni modo tranne che cugino.
<< William ... >>
<< Pronta per le mie torture? >>
Un peso di 1 tonnellata sembrò gravare improvvisamente sulle spalle della ragazza ricordando tutte le cattiverie che era in grado di farle lo spocchioso con la puzza sotto il naso.
<< William sempre così scherzoso...>>
Sorrise poco convinta allo sguardo truce con cui veniva osservata, incurante di due occhi sempre puntati sopra di lei dal più buio degli angoli della sala.

   
 
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