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Autore: Izumi V    02/01/2012    15 recensioni
Ancora non capiva come aveva potuto farsi convincere ad accompagnarla a fare shopping. Non lo aveva mai fatto quando era ancora Shinichi, figurati nei panni di un bambino di sette anni.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni tanto vado a rileggere i primi volumi, con i casi che mi erano piaciuti di più. Ogni tanto, per vostra sfortuna XD, mi vengono in mente strane idee…e scrivo!
Quindi sorbitevi ‘sta roba con tanto ammmore della sottoscritta ^^
Ah, per la cronaca, i casi passati di cui si parla sono tratti dal volume 8, tranne ovviamente gli eventi di Londra che sono dei mitici-superfantastici-bellissimi 71 e 72 <3
 
 
 
 


Ancora non capiva come aveva potuto farsi convincere ad accompagnarla a fare shopping. Non lo aveva mai fatto quando era ancora Shinichi, figurati nei panni di un bambino di sette anni.
Ma a quanto pareva, Ran adorava fare compere con lui. Soprattutto, dopo gli aventi di Londra, la moretta appariva particolarmente serena.
Così, sotto minaccia di morte, aveva dovuto acconsentire alla sua “tenera” richiesta per quel pomeriggio.
Ma dopo tre ore ininterrotte di caccia al saldo, anche la sua infinita pazienza stava per esaurirsi. Tentava di ricordare se Holmes si fosse mai trovato in una simile situazione, ma scavare nei cassetti della memoria non gli fu per niente utile: nessun caso che parlasse di shopping, a quanto riusciva a ricordare.
-E se prendessimo un thè al bar?- Gli chiese finalmente Ran, con le mani piene di sacchetti e pacchettini. Tutti regali di Natale per le amiche, più o meno.
-Certo!- Esclamò Conan, sorridendole entusiasta, per aggiungere poi sottovoce: -Era ora!-
Così finirono ad uno dei tavolini che davano direttamente sulla via. Osservavano divertiti la gente che sfilava davanti ai loro occhi, immaginando cosa avrebbe potuto comprare ognuno di loro.
Ma Conan sembrava particolarmente distratto…pensieroso.
Cosa che ovviamente Ran non mancò di notare.
-Conan…devi dirmi qualcosa?- Gli domandò dolcemente, per paura di risultare invadente.
-Uhm? No! No, davvero!- Si affrettò a rispondere il bimbo, soffermandosi a lungo sul suo thé. Thè caldo al limone.
Questo particolare lo rimandò con la memoria ad un caso passato, molto lontano.
Era ancora agli albori della sua vita da finto marmocchio, ma lo ricordava chiaramente.
Il matrimonio della loro insegnante di musica delle medie, la figlia dell’allora questore Matsumoto. Il fidanzato l’aveva avvelenata, senza sapere che la donna stessa era a conoscenza del suo piano, per farla pagare al padre.
Dopo tre anni si erano comunque sposati.
Dopo tre lunghi anni.
-Ti manca tanto Shinichi?-
A Ran per poco non andò il thé di traverso. Lo guardò un attimo con aria perplessa, e poi i suoi occhi si fecero tristi. Era vero che, tornata da Londra, Ran era finalmente sicura dei sentimenti dell’amico, ma era pur vero che lui non era tornato.
Conan si sentiva morire dentro tutte le volte che coglieva quell’espressione. Le parole gli erano uscite quasi senza volerlo. Non era proprio riuscito a trattenerle.
La paura che lei decidesse di dimenticarlo e rifarsi una vita senza di lui era una cosa che lo terrorizzava. E sebbene non ne parlasse a nessuno e facesse sempre lo spavaldo, sì, temeva di perderla ogni singolo secondo.
Non avrebbe potuto essere sempre al suo fianco per allontanare tutti i suoi ammiratori. In verità, non era nemmeno giusto.
Tutta quella situazione era una punizione abbastanza pesante per la sua curiosità passata.
Ran sembrava aver riacquisito l’uso della parola. Conan non seppe interpretare il tono della sua riposta, era confuso tra la dolcezza nel crederla l’infantile domanda di un bambino e l’amarezza dei suoi sentimenti. Che caos, il cuore di una donna.
-Ma che domande mi fai…certo che mi manca. Mi manca sempre- Mormorò lei, abbassando lo sguardo sulla sua tazza, con un accenno di lacrima sugli occhi. Se l’asciugò con un gesto deciso della mano, tirò un sospiro e poi continuò, più decisa, destando lo stupore nel finto bambino davanti a lei.
-Eppure,- disse –lo sento sempre vicino…quando sono in crisi, mi basta pensare cosa farebbe lui, e tutto diventa più chiaro- Sorrise, di un magnifico e sincero sorriso.
Conan spalancò la bocca senza accorgersene, arrossendo vistosamente.
Ran lo fissò divertita.
-Forse non dovrei parlarne così con te, che sei solo un bambino. Ma a volte non mi trattengo proprio! Ti ricordi quella volta che abbiamo soggiornato in un hotel di lusso, perché papà aveva partecipato alla sfida sul virus del computer? Quando abbiamo creduto che l’assassino fosse Satoru Maeda, il campione di karate?-
-Certo che ricordo!- Affermò semplicemente lui. Come avrebbe potuto dimenticare? Quel caso era venuto subito prima del matrimonio della loro insegnante.
-Sai…all’inizio ero disperata. Non volevo credere che fosse davvero lui. Allora ho pensato a Shinichi, a cosa avrebbe fatto al mio posto. Beh, ti ricordi? Ho trovato le prove che lo scagionavano!- Concluse, con gli occhi illuminati per l’emozione.
Conan le sorrise con dolcezza, adorava il suo carattere determinato.
Ma un’altra domanda impelleva nel suo cuore.
-Per quanto riuscirai ad aspettarlo?- Non aveva certo bisogno di specificare di chi stesse parlando.
Ma a questa domanda Ran perse sicurezza, e reagì in un modo inaspettato.
-Adesso smettila, Conan. Non sono cose che ti interessano- Finirono il thé in silenzio e poi tornarono a casa. Fecero finta di nulla per il resto della giornata.
Eppure, Ran continuò a sentire il peso di quella riposta non data. Come Shinichi scoprì il suo cuore gonfio di dolore e preoccupazione.
Non poté fare a meno di rifletterci fino all’ora di cena. Forse Ran aveva detto più di quanto non volesse. Forse era davvero intenzionata a dimenticarlo.
E lui cosa avrebbe fatto? Tornare adulto non gli pareva più così importante, se non c’era più lei ad attenderlo.
Ma come dirle tutto ciò… la disfatta dell’Organizzazione diventava ogni giorno più simile ad un sogno irrealizzabile. La scoperta dell’antidoto definitivo, un’utopia.
Poteva sempre raggiungere i suoi genitori in America.
Cercare lui stesso di dimenticarla.
Avevano finito di cenare, Kogoro era stravaccato sul divano in salotto con una birra in mano, Ran lavava i piatti canticchiando e Conan…andò in terrazzo a pensare un altro po’. Come se non l’avesse già fatto abbastanza per quel giorno.
Ad un tratto, sentì la porta aprirsi alle sue spalle.
Un secondo dopo, Ran era di fianco a lui. Appoggiata alla ringhiera, con il viso verso la luna. Il vento le scompigliava con leggerezza i lunghi capelli.
Com’era bella.
E lui doveva arrendersi all’idea che non l’avrebbe mai avuta? Si voltò per rientrare, anche solo la sua presenza lo faceva star male.
-Dove credi di scappare?- Sussurrò divertita la ragazza, girandosi.
Conan, da bravo bambino ubbidiente, tornò indietro.
-Ti ricordi anche cos’ha detto Satoru, quando la sua fidanzata è stata arrestata?-
Ripresero quella conversazione come se fosse stata interrotta pochi secondi prima.
Il bambino annuì. –Ha  detto che l’avrebbe aspettata-
Poi, come in un flash, Conan ripensò nuovamente alla loro insegnante.
Lei e Toshihiko, dopo tre anni…
-E della mia professoressa delle medie, la signorina Matsumoto…ti ricordi pure lei?-
Conan annuì di nuovo.
Avevano pensato entrambi alla stessa cosa, a quel dolce lieto fine ormai lontano nel tempo.
Il loro legame era più saldo di quello che credeva.
-Lei ha atteso tre anni…- Disse Ran, tornando a guardare la luna.
Una lacrima scese sulla sua guancia.
Quello che Shinichi temeva era che lei avesse ammesso con se stessa che tre anni erano troppi.
Perché tre anni sono tanti, per chiunque.
Magari tra tre anni sarà morto, ucciso da Gin.
-Se lei ha atteso tre anni, io posso aspettare anche tutta la vita!-Dicendo questo, Ran scoppiò a piangere, sedendosi sulle mattonelle fredde del terrazzo.
Conan la guardava sconvolto, incapace di fare qualunque cosa.
-Oh, Conan, non ti preoccupare. Queste sono lacrime di gioia! Io lo amo, capisci? E ora so che anche lui mi ama. Non c’è gioia più grande di questa!-
Lo abbracciò con forza, stringendolo tra le sue braccia.
Conan le accarezzò i capelli, sorridendo.
Aveva fatto bene ad andare a Londra, a farsi scoprire da Ran, a utilizzare il secondo antidoto che Ai gli aveva ordinato di non toccare, a dichiararsi sotto al Big Ben…
Sì, aveva fatto proprio bene.





 
  
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