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Autore: starliam    19/08/2006    6 recensioni
La guerra è finita, i feriti stanno guarendo e ci si prepara ai processi. Uno in particolare attira l''attenzione generale, e specialmente quella di Harry. Ma, ansioso di aiutare, forse il Ragazzo Sopravvissuto sta commettendo un altro errore. O forse, no. Scritta per il concorso "Piton e la giustizia" del Sotterraneo.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dondolio della barella incantata lo cullava dolcemente, e le voci intorno a lui si facevano sempre più ovattate, mentre scivolava lentamente nel sonno.

- No, no, no!

La voce irruppe nella sua testa come un tuono, facendolo sobbalzare.

- Quante volte ve l'ho detto?! Dovete tenerlo sveglio!

Dei passi si avvicinarono rapidi, e Piton lo prese bruscamente per le braccia, tirandolo su a sedere.
- Quale parte della frase "devi restare sveglio" non ti è chiara, Potter? Te lo ripeterò di nuovo: hai sbattuto violentemente la testa, dormire adesso sarebbe pericoloso. Ora, spero che tu abbia capito, perchè se non la smetti di addormentarti ogni 5 minuti ti sbatto giù da quella barella e ti costringo a camminare, non mi importa se sei ferito alla gamba!

E voi due - aggiunse, rivolgendosi a Ron e Hermione che gli camminavano accanto - volete starci più attenti? Ve l'ho detto e ridetto di non farlo addormentare, dannazione!
Harry si guardò intorno, mentre Piton si allontanava. La parole rabbiose del professore lo avevano svegliato del tutto, come una doccia fredda. Vide i suoi amici, dalle facce preoccupate. Poi si guardò la gamba. Già, la gamba. A dispetto delle minacce di Piton, non esisteva alcuna possibilità che potesse camminare in quelle condizioni. Anzi, vista la gravità della situazione, sarebbe stato fortunato se avesse potuto camminare di nuovo.
Sospirò, guardandosi intorno. Si sentiva ancora confuso; nelle ultime ore erano successe tante cose, molte delle quali inattese. Erano riusciti a sconfiggere Voldemort, tutti insieme. Come stabiliva la Profezia, era stato lui quello che aveva portato a compimento l'opera, ma non ce l'avrebbe mai fatta senza l'aiuto di tutti quanti. Non riusciva però a sentirsi felice e soddisfatto, non come aveva sempre pensato che si sarebbe sentito dopo aver liberato il mondo magico. Era ovviamente contento di sapere che il Male era stato sconfitto, che adesso tutti potevano vivere (più o meno) in pace, che non si rischiava la vita ogni giorno. Ma non era un sentimento intenso come si sarebbe aspettato. Anzi, si sentiva come svuotato. Probabilmente erano le emozioni che aveva vissuto tutte insieme per un lungo periodo, senza un attimo di respiro.
A giudicare dalle facce degli altri, doveva essere un sentimento comune. Sui volti di tutti era vividamente scolpita la tensione degli ultimi mesi. Come tutte le cose con le quali si è convissuto per tutta la vita, al momento in cui spariscono, in un modo o nell'altro, serve tempo per abituarsi alla trasformazione. Ci sarebbe ancora voluto un po' di tempo, per tutti, per realizzare quello che effettivamente era successo, per avvertire la gioia e il senso di liberazione, per avere voglia di festeggiare e ricominciare a vivere.

Adesso bisognava pensare ai feriti. Una volta guarite le ferite del corpo, forse sarebbero guarite anche le ferite dell'anima. L'alto numero di feriti più o meno gravi aveva sconsigliato la smaterializzazione o l'uso di passaporte. Per questo si era pensato di ricorrere alle barelle incantate per tornare a Hogwarts. Su una di esse vide Remus, a sedere, con il professor Piton, con la solita espressione scura, che gli medicava una ferita alla testa. Era troppo lontano per capire quello che Remus stava dicendo a Piton, ma riusciva a sentire di quando in quando le parole "scusa" e "mi dispiace".

Già, esattamente quello che avrebbe dovuto dire anche lui a Piton. Quello che avrebbero dovuto dirgli tutti quanti, nessuno escluso.
Provò un forte sentimento di vergogna, ripensando a come tutti loro avevano trattato Piton - o meglio, il Professor Piton.

Aveva sempre pensato male di lui, fin dal primo anno. E invece, lo aveva sempre aiutato. Certo, era stato odioso con lui, spesso lo aveva trattato male senza motivo, ma doveva riconoscere di averlo giudicato fermandosi alla superficie, senza cercare di capire cosa c'era sotto. Aveva pensato che lo volesse uccidere addirittura al primo anno. Lo aveva accusato della morte di Sirius solamente per non sentire il proprio senso di colpa. Non aveva avuto alcuna difficoltà a crederlo un Mangiamorte, solo perchè lo detestava. E quella notte sulla Torre di Astronomia...
Non era riuscito a mettere insieme le cose. Le parole di Silente, l'ordine di portargli proprio Piton; e quelle parole "Severus, ti prego..."
Aveva capito tutta un'altra cosa. Di nuovo, si era fatto condizionare dai suoi sentimenti personali per il professore.
Ovviamente, le conclusioni alle quali era arrivato lui erano le stesse alle quali erano arrivati gli altri membri dell'Ordine. Avevano letteralmente dato la caccia a Severus Piton, mentre "qualcuno" faceva arrivare loro informazioni anonime sugli spostamenti dei Mangiamorte e sugli Horcrux. Si erano scervellati, tutti quanti, per capire chi diavolo fosse. La verità è che tutti avevano la risposta sulla punta della lingua, ma nessuno osava pronunciare quel nome. Dopo la morte di Silente, chi poteva credere che fosse proprio Piton, per quanto la cosa fosse logica? Era stata Hermione a capire tutto. La sua intelligentissima amica era riuscita a non farsi influenzare dal sentimento comune verso il professore e aveva rimesso insieme gli indizi con calma e pazienza. E alla fine, nessuno aveva più potuto opporsi, alla logica schiacciante di Hermione. Di nuovo, avevano cercato Piton per mettersi in contatto con lui, per dargli una possibilità di spiegarsi. E di nuovo, lui non si era fatto trovare.

Lo avevano rivisto oggi, durante la battaglia finale, che metteva fuorigioco tre Mangiamorte in un colpo solo e passava con rapidità sorprendente dietro le linee dell'ordine, trascinandosi dietro un Draco impaurito. E, ovviamente, lasciando Voldemort e i Mangiamorte sorpresi e sconvolti. Da allora, fra l'infuriare della battaglia e gli avvenimenti successivi, non c'era stato modo per nessuno di parlargli.

Girava fra i feriti distribuendo pozioni e unguenti, in attesa di arrivare al castello, senza dire una parola a nessuno, tranne quelle essenziali. e nessuno sembrava avere il coraggio di dire niente a lui.
Ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo, e un po' di calma, perchè gli equivoci venissero chiariti e le spiegazioni fornite.

Proprio in quel momento, Harry vide l'imponente Hogwarts che faceva capolino fra gli alberi. Casa, finalmente. La barella urtò contro un ramo e dette uno scossone. Harry sentì una fitta acutissima salirgli dalla gamba ferita, accompagnata da una forte nausea. L'ultima sensazione che provò prima di svenire nuovamente fu la vescica che si svuotava, e il liquido caldo che gli inzuppava le cosce. Poi, più nulla.


Dopo la battaglia finale, la scuola di Hogwarts era stata momentaneamente trasformata in quartier generale. I professori, gli studenti coinvolti nelle battaglie e alcuni Auror feriti meno gravemente erano stati portati lì, in modo da alleviare il carico di lavoro del San Mungo. L'anno scolastico sarebbe ricominciato dopo due mesi, quindi c'era tutto il tempo necessario ai feriti per guarire, e a tutti per ricominciare a vivere.

Harry si trovava in infermeria. Erano riusciti a salvargli la gamba, ma la strada per la guarigione era ancora lunga. Subito dopo l'intervento aveva avuto un improvviso peggioramento, e per due lunghi giorni di febbre altissima il mondo magico era stato davvero vicino a perdere il suo salvatore. Adesso era fuori pericolo, ma era necessario una lunga convalescenza per ristabilirsi del tutto. Non che fosse un periodo di tutto riposo, comunque: il dolore era fortissimo, e riusciva a sopportarlo solo grazie alle pozioni analgesiche, che per fortuna non avevano effetti collaterali.
Non aveva più visto Piton. Sapeva che stava tutto il giorno nel sotterraneo a preparare le pozioni e gli unguenti necessari a curare i feriti, e quindi anche lui. Avrebbe voluto parlargli, ma non era ancora in grado di alzarsi o di camminare; e non gli sembrava il caso di disturbarlo mandandolo a chiamare, vista la mole di lavoro che aveva.
Aveva saputo una cosa: la data del processo a Piton. Già la cosa di per sè lo aveva sconvolto: come potevano pensare di mettere sotto processo chi aveva contribuito attivamente alla loro vittoria? Se ripensava a quello che aveva pensato di Piton fino a poco tempo fa, ora si stupiva di aver cambiato così radicalmente idea. Ma alla luce degli ultimi avvenimenti, sarebbe stato un ipocrita a non riconoscere che un grande merito per la sconfitta di Voldemort andava proprio a Piton e al suo lavoro di spia. Lo avevano rassicurato, dicendogli che non c'era nulla da temere, che tutti al Wizengamot avevano capito l'importante ruolo che aveva tenuto Piton nella guerra contro Voldemort, che non lo avrebbero condannato. Ormai tutti sapevano i giornali avevano già pubblicato ampi servizi, nelle strade non si faceva che parlare dell'eroismo del Ragazzo Sopravvissuto e del coraggio della spia che per anni era riuscito ad ingannare l'Oscuro Signore e i suoi Mangiamorte. Ma lui non si sentiva tranquillo. Non si fidava del Ministero. La sua testimonianza sarebbe stata importante per scagionare il Professore, se solo avesse potuto testimoniare...

- Ma no, tesoro, non ce n'è bisogno...

Molly Weasley non voleva sentire ragioni. E come lei tutti gli altri a cui si era rivolto. Era ancora troppo debole per sopportare una fatica simile, e sarebbe stato del tutto inutile: il processo a Severus Piton era solo una formalità, il suo esito era praticamente scontato.

- Sai, è già tutto organizzato. Testimonieranno quasi tutti i membri dell'ordine, e anche Draco. Povero ragazzo, ha rischiato davvero tanto anche lui...se non fosse stato per Severus...
Eh, già. Fra i tanti meriti Piton aveva anche questo. Era riuscito a impedire che Draco seguisse la strada dei suoi genitori. Aveva capito il suo turbamento e la sua angoscia, e gli aveva offerto il suo aiuto.

Adesso Draco era rimasto orfano del padre, e la madre era finita ad Azkaban. Buoni di cuore come erano, gli Weasley si erano offerti di prendere con loro Draco, almeno finchè sua madre non avesse ottenuto uno sconto di pena.

- Stà tranquillo, ragazzo mio: torneremo con il professore salvo e scagionato. Tu pensa a dormire e a rimetterti in forze, così potrai venire alla Tana a passare un po' di tempo con noi.Forse la signora Weasley aveva ragione. L'Ordine aveva già predisposto tutto. Doveva fidarsi e lasciar fare a loro. Lentamente, si lasciò scivolare nel sonno.


Il soffio freddo sulla nuca lo fece raggelare. Dissennatori. Non li vedeva ma poteva avvertirne chiaramente la presenza. Intorno a sè, mura scure e sporche, piene di muffa e trasudanti umidità. Ovunque, un buio opprimente e angosciante, attraverso il quale si potevano a stento scorgere le sbarre scure delle celle. Azkaban. Non c'era verso di sbagliarsi; la sola atmosfera gli faceva venire voglia di urlare. Ma qualcosa lo spingeva verso un angolo buio, qualcosa che lo attirava come una calamita. Si mosse con cautela nell'ambiente malsano, con un disgusto sempre crescente. Una parte del suo cervello gli gridava di correre via da lì, il più presto possibile. Ma l'altra parte, quella prevalente, lo costringeva ad avanzare. Facendo attenzione, un passo dopo l'altro...e si trovò davanti a una scena scioccante. Un uomo (o quello che una volta era stato un uomo) stava gettato a terra, in un angolo di una cella sporca e puzzolente. Era avvolto in una coperta grigia, circondato da ogni sorta di sudiciume. Harry trattenne a stento un conato di vomito. L'uomo si mosse, forse aveva avvertito la sua presenza. Harry potè vederne il colorito giallastro, i capelli grigi e spenti.
Poi, come al rallentatore, l'uomo si voltò verso di lui, e gli piantò in faccia due accesissimi occhi neri. A Harry sfuggì un grido. Conosceva fin troppo bene quegli occhi, che tante volte avevano incontrato i suoi durante le lezioni negli anni di Hogwarts. Occhi che adesso lo guardavano con una durissima espressione di accusa. Gli occhi di Severus Piton.


Harry si svegliò sobbalzando, in un bagno di sudore. Gli fu necessario qualche secondo, per riprendere il controllo e rendersi conto di dove si trovava. Poi, scattò a sedere. Il processo. Si chiese che ore fossero, notando contemporaneamente che il sole nel cielo era ben alto.
Prese gli occhiali e il suo orologio da polso appoggiati sul comodino. Le 11:23. Era tardissimo, il processo sicuramente era alle battute finali. Non c'era tempo da perdere. Non pensò neanche per un attimo di non andare: non avrebbe lasciato che questo sogno di avverasse. Le rassicurazioni della sera prima non avevano più senso ormai. Aveva sulla coscienza abbastanza vite distrutte a causa sua: i suoi genitori, Cedric, Sirius. Non avrebbe permesso che questo accadesse anche con Piton. Non era certo la persona più simpatica del mondo, e lo aveva detestato per sei lunghi anni; ma dopo tutto quello che aveva fatto per lui, salvandogli la vita più volte e aiutandolo a vincere la guerra, se c'era anche solo una piccola possibilità di salvarlo doveva tentare.
Sapeva cosa fare. Sarebbe andato al tribunale e avrebbe dato la sua versione dei fatti, difendendo il professore di pozioni.
Con un po' di fortuna, nessuno si sarebbe opposto al Ragazzo Sopravvissuto, l'idolo del mondo magico. La sua parola sarebbe bastata.
Aveva sempre odiato trovarsi al centro dell'attenzione, ma stavolta era per una buona causa. L'unico problema era come arrivare al Ministero. Con la scopa, da escludere. Ci avrebbe impiegato troppo tempo, e non sarebbe stato molto veloce con la gamba dolorante. Stesso discorso per i Thestral, non sarebbe neanche riuscito a trascinarsi fino alla Foresta per cercarli. Smaterializzarsi? No, era troppo debole. Non gli sarebbe stato possibile.
L'unica possibilità era...Harry deglutì. aveva imparato a incantare le passaporte nei mesi in cui era impegnato a cercare gli horcrux, ma non ne aveva più usato una dalla notte in cui era morto Sirius. E la volta precedente era stata quella della morte di Cedric. Si era sempre rifiutato di farlo, si sentiva male solo al pensiero. Ma in altre situazioni aveva potuto usare altri metodi, ora soluzioni alternative non ce n'erano. Doveva incantare e usare una passaporta che lo portasse davanti al Ministero. Ci voleva un oggetto, uno qualunque. Il suo sguardo cadde sul bicchiere colmo d'acqua sul suo comodino; Madama Chips lo aveva lasciato lì nel caso che di notte gli fosse venuta sete.

Senza perdere tempo, rovesciò l'acqua nel vaso da notte. Asciugò rapidamente il bicchiere col lenzuolo, lo appoggiò sul letto e si dispose ad incantarlo. Stava già per allungare la mano verso la passaporta improvvisata, quando si rese conto di essere in piagiama e a piedi nudi. Non aveva tempo di vestirsi, così infilò gli stivaletti neri che erano accanto a letto direttamente sotto i pantaloni del pigiama.
Sforzandosi di ricacciare indietro le immagini della morte di Cedric e Sirius, allungò la mano verso il bicchiere e lo toccò.

Si rialzò a fatica, stordito e con la voglia di vomitare. Alcuni passanti a qualche metro di distanza lo guardavano stupiti. Si guardò intorno, e vide di essere poco distante dalla cabina telefonica rossa.
Doveva sbrigarsi, aveva perso molto tempo. Trascinando la gamba ferita, raggiunse la cabina e ci si chiuse dentro. Per un lunghissimo attimo di panico, ebbe paura di essersi scordato il numero d'accesso. Ma le sue dita tremanti composero automaticamente la sequenza 62442. Impossibile scordarlo.

L'agghiacciante voce metallica gli chiese chi era e il motivo della visita.
- Sono Harry Potter, e sono qui per testimoniare al processo di Severus Piton.

Immediatamente, gli cadde davanti una spilletta. Harry se la mise senza neanche leggerla, poi, cercando di scacciare dalla mente la voglia di tornare indietro al più presto, si lasciò risucchiare sotto terra dall’ascensore interno alla cabina.

Si trovò a percorrere i corridoi rabbrividendo. Tutto là dentro, gli ricordava momenti spiacevoli. Il fatto che tutto fosse deserto non faceva che aumentare la sua angoscia. Pur essendo pieno giorno, non c'era nessuno in giro, neanche la guardia all'ingresso. Evidentemente erano tutti al processo.
Zoppicando, si diresse verso l'aula dei processi. Ricordava fin troppo bene la strada. Cercò di non soffermarsi sulle altre porte che conducevano ad altre porte ancora, che conducevano a...

Scosse la testa, e continuò per la sua strada. Eccola, l’ampia porta dell’aula dei processi. Vi posò sopra le mani, le spesse porte non permettevano di sentire cosa succedeva all’interno. Trattenendo il respiro, si fece coraggio e le spalancò. La luce improvvisa gli ferì gli occhi, vide l’aula piena zeppa, e decine di volti che si giravano a guardarlo.


- Fermi tutti! Ho anch'io qualcosa da dire.
La voce era risuonata forte e risoluta. Compiaciuto, notò che tutti lo guardavano con espressione sorpresa.

- So che per motivi di salute non sono stato invitato a testimoniare a questo processo, e so che nessuno di voi si aspettava di vedermi qui oggi. Tutti voi, sapete benissimo quanto siano stati pessimi i rapporti fra me e Piton - il Professor Piton. Sapete bene quanto l'abbia detestato e l'abbia accusato delle cose peggiori. Quindi forse vi stupirete nel sapere che oggi sono venuto qui a difenderlo. Io stesso sono rimasto sorpreso nel trovare i miei sentimenti per lui radicalmente cambiati. Fino a non molto tempo fa avrei gioito per la sua condanna. E forse anche molti di voi. Ma adesso le cose sono cambiate. In realtà sono sempre state così, ma io non ero stato capace di vederle al modo giusto. Adesso però ho capito. Ho capito che tutti noi, insieme, siamo stati in grado di sconfiggere Voldemort. Al Professor Piton, però, è toccata la parte più difficile. Tutti ci siamo impegnati al massimo delle nostre capacità, ma lui è stato capace di andare oltre. Per anni ha fatto la spia, rischiando la vita tutti i giorni. Ha indossato una maschera perfettamente modellata senza mai un cenno di cedimento; tanto che tutti noi abbiamo dubitato di lui, più volte. L'unica persona che non lo ha mai fatto...è morta. E' morta per mano di quest'uomo che adesso è sotto processo, non vi sto raccontando niente di nuovo. Il fatto è che sono venuto qui a difenderlo. Sapete meglio di me che con quel gesto ci ha salvati tutti. Diversamente, il morto sarebbe stato proprio Piton, e nessuno avrebbe potuto portarci tutte quelle informazioni sulle attività di Voldemort e dei suoi seguaci, sugli Horcrux, e sui punti deboli dell'organizzazione dei Mangiamorte. In altre parole, senza di lui non saremmo mai stati in grado di vincere, per quanto ci potessimo impegnare. Tutti gli sforzi che abbiamo fatto sarebbero stati vani.

E non direi niente di tutto ciò se pensassi di star facendo un torto a quella grande persona che è stata Albus Silente. Lui è stato l'unico a capire la vera persona che si nascondeva dietro la maschera di Severus Piton. E' stato l'unico a dargli fiducia. E adesso...non posso fare a meno di sentirmi in colpa per aver dubitato di lui quando mi diceva che Piton era degno di quella fiducia. Dubitando di Piton, ho dubitato di Silente stesso. E questo non potrò mai perdonarmelo.
Tutto questo era solo per dirvi che condannando Piton fareste solo un torto alla memoria di Silente. Sono certo che i rispettabili signori della giuria non vogliono questo. E quindi...quindi...


Le parole gli morirono in gola. Per la prima volta da quando era entrato nella sala si guardò veramente intorno. E quello che vide lo stupì non poco. Tutti i presenti sembravano essersi bloccati nell'istante stesso del suo ingresso. Ma c'era qualcosa che non tornava: i giudici stavano scendendo dal banco della giuria, i testimoni e il pubblico raccoglievano le loro cose, i giornalisti preparavano le macchine fotografiche. Infine, Piton: non legato alla sedia, non con le mani incatenate pronto per essere gettato ai dissennatori. Era in piedi, slegato e come pronto ad andarsene. No, c'era decisamente qualcosa di strano. Poi Piton si schiarì rumorosamente la gola per ottenere la sua attenzione e parlò con un sorrisetto ironico.

- Bene, Potter, un tempismo perfetto, direi.
Harry si sentì lo stomaco sprofondare. Era arrivato troppo tardi.

- L'hanno già condannata?!

- No, mi hanno già assolto. Ce ne stavamo proprio andando, quando sei arrivato tu a deliziarci con la tua...esibizione. Alcuni giornalisti risero. Altri iniziarono a scattare foto. Harry si guardò: doveva essere davvero ridicolo, con il pigiama bianco e gli stivaletti neri. E così, aveva sbagliato tutto di nuovo. Non si era mai sentito più stupido. Chiuse gli occhi: si sentiva la testa scoppiare, la gamba gli faceva male da morire, e avrebbe tanto desiderato sprofondare nel pavimento.
- Ah, bhè, grazie tante. Pensavo di essere utile, di certo non l'ho fatto per divertimento personale.

- Non c'è bisogno di agitarsi così, Potter. Sicuramente, nessuno può negare che tu sia stato molto coraggioso a venire qui in queste condizioni.

Piton pronunciò queste ultime parole rivolto ai giornalisti, che continuavano a sghignazzare. Vedendo la sua espressione minacciosa, si zittirono all'istante.
Questo però non bastò a far sentire meglio Harry. Tutto quello che voleva fare era andarsene al più presto, prendere qualcosa per calmare il dolore e rimettersi a dormire. Dubitava fortemente che avrebbe trovato di nuovo il coraggio di alzarsi dal letto.
Poi fu il giudice a parlare, rendendosi amico Harry in eterno:
- Molto bene, credo che con questo possiamo considerare la seduta conclusa. Avviatevi cortesemente all'uscita, grazie.

Harry rimase immobile, mentre Lupin, Ron e Hermione gli si avvicinavano e lo aiutavano a sostenersi. In breve, fu sommerso di domande. Qualcuno, forse Hermione, gli chiese come avesse fatto ad arrivare fin lì.
- Ho incantato una passaporta.

- Harry, ma tu odi le passaporte!

- Sì, ma non avevo altro modo per venire, ti pare?

- Harry! Tesoro mio, ti avevo detto ieri sera di stare a letto! Che bisogno c'era di fare tutto questo? Perchè hai deciso di venire fin qui?

- Ho…ho fatto un sogno, signora Weasley.

Questa frase sembrò catturare l'attenzione di Piton, che si voltò a guardarlo.

- Un sogno, Potter? Avrei dovuto immaginarlo. A pensarci prima, ti avrei dato la pozione Sonno Senza Sogni.
Harry trattenne un sospiro. Finalmente si trovarono all'aria aperta, fra poco sarebbe stato di nuovo sotto le coperte.
Vide Piton che si rivolgeva di nuovo ai giornalisti, tutti in attesa di qualche sua dichiarazione.

- Molto bene, signori. Visto che siete così ansiosi di pormi qualche domanda (e non mi stupisco, dal momento che si tratta del vostro lavoro), mi attarderò per accontentarvi. Gli altri si smaterializzeranno. Se vorrete intervistare anche Potter, dovrete aspettare che si sia rimesso in forze. Mi spiace per voi, ma temo che per oggi dovrete accontentarvi di me.
Harry non sentì altro. Remus lo aveva preso saldamente per un braccio e si era smaterializzato con lui.


- Ti fa male se tocco qui?
- No...
- Bene, molto bene.

Piton sembrava soddisfatto: sulla gamba di Harry non vi era traccia di infezione, e sembrava che lo sforzo a cui il ragazzo l'aveva sottoposta il giorno precedente non ne avesse pregiudicato la guarigione.
Finita la visita, Piton applicò l’unguento curativo, la bendò, aiutò Harry a rimettersi i pantaloni del pigiama e andò a lavarsi le mani al piccolo lavabo, il tutto senza una parola. Harry rimase in silenzio. Era ancora imbarazzato per l'accaduto del giorno prima. Sperò che il professore se ne andasse senza dire nulla, ma la sua preghiera non venne esaudita: Piton si voltò a fissarlo, con il suo ben conosciuto sorrisetto sarcastico.
- I miei complimenti per l'abilità oratoria, Potter. Mi sarebbe piaciuto che l'avessi mostrata anche durante le interrogazioni in classe; invece di fare spesso scena muta.
Harry rimase in silenzio, ma si sentì arrossire. Piton lo guardò per un attimo con un sopracciglio sollevato, poi tornò a sedersi accanto al suo letto.

- Comunque non scherzavo, quando ho detto dell'abilità oratoria. Hai mai pensato di intraprendere la carriera di avvocato?

- Avvocato? Oh no, non mi ci vedo proprio! Passare il mio tempo nelle buie aule dei tribunali e al Ministero...no, non fa proprio per me.
- Giusto...quindi sei ancora deciso a diventare Auror?

Harry guardò in faccia il suo professore. Aveva lo stesso sguardo inquisitorio di chi aspetta la risposta giusta durante un'interrogazione.
- No...credo proprio di no. L'idea della carriera da Auror era affascinante fino a qualche tempo fa. Ma dopo tutto quello che ho visto e vissuto negli ultimi mesi...ne ho abbastanza. Non c'è più niente di affascinante. Ho fatto quello che ci si aspettava da me, quello che dovevo fare. Non ho voglia di passare tutta la vita a sentirmi...come mi sento ora.

Con grande sorpresa di Harry, Piton sembrò sollevato.
- Non nascondo che mi fa piacere sentirtelo dire, Potter. Senza offesa, ma non mi sei mai sembrato adatto a fare l'Auror. Sei troppo buono, e diventando Auror sciuperesti tutta la tua innocenza.

Harry sgranò gli occhi. Piton gli aveva appena fatto un complimento? Sempre che per Piton fosse un complimento, dare a qualcuno del "troppo buono".

- Allora, hai qualche altra idea sul lavoro che ti piacerebbe fare?
- Sì... - il ragazzo sembrò esitare - Penso che sarebbe bello fare il giocatore professionista di Quidditch. E' la cosa che mi piace di più in assoluto, e devo riconoscere che sono bravo, quindi penso di riuscire a trovare qualche squadra disposta a prendermi.

- Qualche squadra?! Potter, tu sei uno dei migliori cercatori che si siano mai visti! Le più grandi squadre del mondo faranno a gara per metterti sotto contratto! Mi raccomando, scegli bene: quella che paga di più. E se riesci a farmi avere dei biglietti gratis, qualche volta posso anche venire a vederti.
- Pensavo non le interessasse il Quidditch...
- Oh, infatti non mi interessa al punto da spenderci i soldi del biglietto.
- E' solo che...non so. A me piacerebbe, ma tutte le volte che ho provato a dirlo a qualcuno mi sono sentito rispondere che un talento magico come il mio sarebbe sprecato.
- Fare quello che ci piace non ci rende sprecati, Potter. Ci rende felici. Molto meglio un giocatore di Quidditch soddisfatto che un Auror scontento.
Potter, ascoltami. So perfettamente che ti sembrerà strano che sia proprio io a dirti queste cose. Le cose fra noi sono sempre andate come tu sai. Alcune cose di te non mi sono mai piaciute. La sventatezza, l'abilità a cacciarti sempre nei pasticci, il disprezzo delle regole.
Ma so che non hai mai fatto niente con l'intenzione di fare del male. Tutte le decisioni e le scelte che hai preso, anche quelle che si sono rivelate sbagliate, le hai seguite perchè volevi fare del bene. In questo non hai niente da rimproverarti. Io ti ho sempre osservato da vicino, Harry Potter. Ho visto la tua grande bontà d'animo, e il tuo elevato senso di lealtà e giustizia, lo stesso che ti ha portato a rischiare una gamba per venire al Ministero a salvarmi. Sono qualità da ammirare, e devi andarne fiero: sono poche le persone che le posseggono. Ma questo lo imparerai più in là, forse anche a tue spese. Tutto questo per dirti, che non devi prestare attenzione alla spazzatura che scrivono i giornali, o a come la gente può giudicarti. Probabilmente sono invidiosi. Perchè scommetto che nessuno fra quei giornalisti, o fra tutte le persone che ridono di te, sarebbe stato capace di fare ciò che hai fatto tu in questi anni, o anche solo quello che hai fatto ieri per me.
Harry sollevò leggermente lo sguardo, sorridendo tristemente.
- Io volevo solo fare la cosa giusta.
- Ed è proprio questo il punto, Harry: tu hai fatto la cosa giusta.
- Signore...anche lei ha fatto la cosa giusta. Voglio dire, che quello che ho detto ieri in Tribunale, lo penso davvero. Lei ci ha salvati tutti, facendo quello che ha fatto.

Piton rimase in silenzio. Stava ancora cercando di accettare gli avvenimenti di quella notte, e sentirne parlare da Harry riapriva una ferita mai chiusa. Senza dire un'altra parola, si alzò e si diresse verso la porta.
- Signore?
- Sì, Harry?

Severus si voltò lentamente, per incontrare gli occhi verdi del ragazzo aperti in un sorriso.

- Tutti i biglietti gratis che vuole, signore.
  
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