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Autore: Ranessa    20/08/2006    3 recensioni
Alastor si osserva le mani silenzioso per qualche istante prima di cominciare a parlare, quasi cercasse una risposta tra le cicatrici chiare della sua pelle.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Kingsley Shacklebolt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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[ Solo per loro ]


«Qual è la domanda, Kingsley?»
Non credevo che se ne sarebbe accorto così presto. Pensavo che, nonostante sia l'arguto e intuitivo Malocchio Moody, mi avrebbe concesso un po' più di tempo per raccogliere meglio le idee.
Lo fisso stupito, forse addirittura leggermente sgomento, e mi accorgo che deve aver letto tutto nei miei occhi dal modo in cui le cicatrici si distendono sul suo volto, ridisegnandolo e ammorbidendolo nella parodia di un sorriso.

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Il baccano, gli odori, il calore afoso che ci investono al nostro ingresso non sono invitanti, ma ormai familiari.
Prendiamo posto al primo tavolo libero che troviamo senza curarci degli altri avventori. La clientela della Testa di Porco ha sempre avuto questo delizioso tacito accordo: nessuno si interessa mai di chi altri frequenti il locale. L'anonimato, qui in uno dei luoghi più malfamati dell'intera Gran Bretagna magica, è garantito.
«Cosa prendi, giovanotto?» domanda Alastor nel suo consueto tono burbero, mentre tenta di far scivolare la gamba di legno sotto al tavolo.
«Un whisky incendiario».
«Aberforth!» grida sovrastando il caos che regna nell'ambiente ristretto e polveroso. «Un incendiario doppio e un solito!»
Quando il barista canuto indirizza verso di noi le nostre ordinazioni con una sottilissima bacchetta stretta nella mano sinistra, Moody fissa a lungo l'occhio magico sul suo bicchiere; pare sondarlo con tutte le energie che ha in corpo. Con movimenti lenti e studiati estrae una piccola boccetta dalla tasca interna del suo cappotto consunto. Una spirale di fumo leggermente solforoso si solleva in aria quando la stappa e ne versa il contenuto nel boccale. Il liquore cambia colore più volte producendo bolle e piccoli sbuffi prima di tornare all'originale tonalità ambrata.
«Ora si può bere» sogghigna soddisfatto.
«Pensavi che avrei tentato di avvelenarti, brutto bifolco?» tuona Aberforth Silente dal bancone.
«Tu pensavi di aver qualche possibilità di riuscita, vecchio pazzo?» replica Malocchio, attingendo a quello che deve ormai essere un copione collaudato.
«Ma certo che no: nessuno riuscirebbe mai ad imbrogliare il grande Alastor Moody» commenta l'altro passandosi rapidamente la lingua sulle labbra e scoppiando poi in una grassa risata.
L'occhio magico impazzisce nell'orbita malata per poi incrociare casualmente il mio sguardo e ricordare così al suo proprietario, d'improvviso, il perchè di quest'incontro.
«Allora, giovanotto».
Porto il whisky, per volontà del mio ospite doppio, a bagnarmi le labbra.
«Questi turni ci stanno massacrando, vero?»
«Sono necessari».
«Il vecchio Albus non avrebbe certo voluto che ci impigrissimo» conferma lui gettando un'occhiata distratta al barista, intento a bere di nascosto un sorso di Guinness da una pinta che serve poi ad un ignaro cliente.
Questi fugaci riferimenti a Silente sono andati moltiplicandosi con il passare delle settimane, quasi che i membri dell'Ordine non possano proseguire senza di essi.
«Allora» ripete. «Qual è la domanda?»

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«Credi che ci sia un modo per capire quando sarebbe meglio... lasciare il nostro lavoro
Non riesco ad impedirmi di stringere a pugno la mano sinistra. Affondo le unghie nella carne per sentire il dolore ed essere sicuro che sia ancora tutto al suo posto. Che le mie dita siano ancora lì.
Che il palmo sia ancora sensibile.
Piccola esitazione finale a parte, l'ho chiesto tutto d'un fiato, come se questo potesse aiutarmi a sentirmi meno vigliacco. A sperare che d'ora in poi Moody non mi giudichi solamente sulla base di questa sciocca domanda.
Anche Alastor si osserva le mani silenzioso per qualche istante prima di cominciare a parlare, quasi cercasse una risposta tra le cicatrici chiare della sua pelle.
Il suo occhio chiaro non pare indignato dal mio quesito, ma, noto con disappunto, nemmeno sorpreso.
«I primi tempi da novellino, quando camminavo per la città o mi sedevo in un locale un po' più decente di questa bettola, osservavo la gente» percorre con i polpastrelli il bordo lucido del bicchiere, seguendo con lo sguardo i movimenti delle persone che ci circondano. «Vedevo gente felice allora: bambini che giocavano per la strada, coppie mano nella mano» sbuffa, una breve risata di scherno suppongo, come se neanche lui possa credere di star proprio parlando di innamorati e bambini. «E pensavo che avevo deciso di sacrificare ogni giorno della mia vita per loro, solo per loro» accarezza dolcemente la superficie squadrata del bicchiere prima di portarlo alle labbra e prendere un ampio sorso del suo drink scuro.
«Oggi invece mi guardo intorno e vedo assassini» continua con un tono divenuto improvvisamente duro, glaciale. «Ricchi figli di puttana che in qualche modo sono sempre riusciti a farla franca, persone accecate dalla brama di potere e sporchi traditori» non posso non cogliere il poco velato riferimento a Severus Piton...
Un lieve senso di malessere mi prende alla bocca dello stomaco quando comincio lentamente a comprendere dove voglia andare a parare con questo discorso.
Mi impongo di continuare a guardarlo fisso negli occhi, la mano ancora stretta a pugno.
«Dopo tutti questi anni osservo loro e penso che, in tutti questi anni, ho sacrificato ogni giorno della mia vita per loro».
Finisce il liquore in un sol sorso e ne ordina un altro con un secco cenno del capo.
«Solo per loro» ripeto con un filo di voce.
Malocchio annuisce.
«Solo per loro. Capisci cosa intendo, ragazzo?»
Riapro la mano e distendo le dita.
Solo per loro.

   
 
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