Anime & Manga > Shugo Chara!
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Autore: _Pikadis_    04/01/2012    4 recensioni
Attenzione! Questa storia è sospesa.
I tuoi genitori non ti considerano?
I tuoi compagni di classe ti evitano?
La tua unica amica sta per partire?
Non sarebbe bello poter scappare da tutto questo e andare in un'altro posto, chessò, l'universo di Shugo Chara?
Sarebbe bello, vero? Si,ma...se succedesse sul serio?
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiin Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin

Con un sforzo sovraumano spense il cellulare che aveva sul comodino."Maledette le sveglie e quel deficiente che le ha inventate"sussurò in modo agressivo rivolta al piumone. Quella mattina non voleva cominciare in modo giusto, ma nemmeno sbagliato, semplicemente come da routine. Scese dal letto con la velocità di un bradipo sveglio e si trascinò verso la porta. Quando ci arrivò bisbigliò mentalmente qualcosa contro gli inventori delle porte e spinse la maniglia.

Impiegò meno di quindci minuti per fare colazione e risalire su, senza incontrare anima viva. Non le piaceva stare con la famiglia di mattina, ma nemmeno di pomeriggio o di sera, semplicemente non voleva compagnia in casa. Non era asociale, solo che sua madre era una stacanovista, come d'altronde suo padre, che interpretava la parte dell'amorevole madre (e padre)anche se con scarsi risultati, e sua sorella era un esempio di futura gioventù bruciata, anche se pure lei interpretava un ruolo, per attirare un pò d'attenzione. Si sentiva come l'unica normale della famiglia, anche se non lo era affatto. Aveva un leggero complesso di inferiorità, che cercava di nascondere trasformandolo in una falsa superbia e poi aveva l'abitudine di usare parole difficili solo per farsi notare, tradotto, era la classica saputella. Abbandonò i suoi pensieri autodepressivi mattutini e iniziò a prepararsi.

Dieci minuti ed era pronta, si guardò allo specchio della sua camera e si ravvivò i capelli ricci, tenuti leggermente a bada da una cenerentola, e si guardò la divisa, quella stramaledetta divisa che era costretta a portare. L'avevano adottata l'anno prima che che lei entrasse alle medie, ed era da tre anni che sopportava quell'orrendo maglione nero e quella ridicola gonna a pieghe che accentuavano l'aria da saputella, che veniva completata ancor di più dalle calze biance e dalle scarpe "modello suora". Sospirò scoraggiata, prese la cartella appesa dietro la porta, ed aprì. Sentì un rumore di vetro rotto. Si precipitò giù dalle scale e corse verso la cucina. Si ritrovò davanti sua madre in vestaglia con i pantaloni del tallieur che spuntavano da sotto l'orlo di raso, inginocchiata davanti ad un cumolo di vetro, che in origine era una tazza, con in mano un manico che fissava con l'aria di una bambina che sta per piangere. Sospirò ancora più scoraggiata di prima e si avvicinò a sua madre, gli si inginocchio di fronte, guardò il vetro e poi lei.

-Ti sei fatta male?

-Io...la tazza...per far presto...lavoro...-biascicò sua madre. Si sembrava prprio una bimba.

-Cerca di non farti male mantre pulisci-disse mentre si alzava-io vado a scuola dovrei tornare verso,uhm...vediamo...le due meno un quarto le due. Ciao.- aveva messo un piede fuori dalla porta quando la voce di sua madre la raggiunse dalla cucina:

-Sicura che non vuoi che ti accompagni? Sono appena le sette e venti, e oggi al lavoro devo entrare più tardi, anche se io avevo chiesto il turno più lungo, però quella stup...

-Non ti preoccupare, incontro un'amica per strada.

Sbattè la porta con tutta la forza possibile. Se non l'avesse interrotta sua madre avrebbe cominciato a parlare del suo lavoro, e avrebbe finito col far esplodere tutta la sua rabbia. Non riusciva a sopportarla quando faceva cosi. Per colpa di quella cosa che lei chiamava lavoro, lei e suo padre si erano persi ogni singolo momento della vita sua e di sua sorella, perchè, appunto, dovevano lavorare...

"Calmati, calmati, calmati."scacciò mentalmente quei pensieri dalla sua testa. Non voleva farsi prendere un esaurimento per quelli. Sospirò ancora.

Stava camminando da qualche minuto, quando si bloccò, fece qualche passo indietro ed entrò in un negozio, una fumetteria. Non era una grande appasionata di manga, anime e compagnia bella(in realtà lo era ma non voleva ametterlo),ma si era fissata con un anime in particolare, che aveva visto di sfuggita in televisione, che poi aveva scoperto essere anche un manga, e,visto che sulla strada di casa c'era una fumetteria, ne aveva approfittato.

-Vale, è uscito l'ultimo volume di Shugo Chara?

-Si Zita,te lo metto da parte, come al solito?

-Grazie Vale, ci vediamo dopo!

Uscì dalla fumetteria e ricominciò a camminare. Zita. Zita. Ma che razza di nome era? Cioè, esistevano una varietà pressochè infinita di nomi sulla faccia di questa terra, e, proprio tra tutti, sua madre aveva scelto quello. "Perchè, perchè?" si domandava. Ma si era arresa da tempo a questo fatto, in fondo le suonava abbastanza bene, ed era meglio di Genoveffa o altro. Guardò l'orologio. Le 7:30 in punto. Doveva sbrigarsi.

Arrivò di fronte alla casa alle 7:37 spaccate. Suonò al citofono, e rispose la solita voce metallica:

-Chi è?

"Chi cavolo può essere alle sette di mattina?" pensò con un sorriso-Sono Zita.

-Scendo subito...vuoi salire?

-Non ti preoccupare e sbrigati!

-Ok...

Aspettò appoggiata alla colonnina che stava di fianco al cancello e quando senti lo sacatto della serratura si staccò subitò e si girò felice verso la sua amica

-Reiko!!!- l'urletto che le era uscito di bocca era alquanto fastidioso, ma non poteva fare a meno di essere felice. Reiko era una delle sue migliori amiche, e non solo: era giapponese, cioè, giapponese!!! Uno dei suoi sogni era quello di andare in Giappone, ed avere per amica una vera giapponese, bè...era il massimo! E poi era davvero simpatica: aveva sempre la battuta pronta, amava leggere di tutto (come anche Zita d'altronde), e anche lei era un'appasiona ta di manga e anime, ovviamente. Solo che Reiko sarebbe dovuta partire per il giappone tra qualche ora e avrebbe potuto rivedere quel nero caschetto e quella figura slanciata solo tra un anno, perciò nascose il suo improvviso dispiacere con un'allegria leggermente esagerata:

-Zita cerca di non soffocarmi, vorrei arrivare ancora viva a scuola!

Lasciò andare Reiko.

-Allora, dimmi ieri ci sei riuscita?- la faccia di Zita virò dall'allegria (che ora era diventata schizzofrenia) al cupo in frazioni di secondi-Zita...non dirmi che nemmeno oggi mi porti buone notizie!!!

-Mi dispiace Reiko- disse parlando con la strada- nemmeno oggi te ne porto. Che ci posso fare, ogni volta che cerco di aprire il discorso con mia madre...mi blocco.

-Però me lo avevi promesso! Hai detto testuali parole: "Te lo prometto Reiko, prima che tu parta per il Giappone riuscirò a far pace con la mia famiglia!" e ti ricordo che domani io parto e tornerò tra un anno!

-Però non è giusto! Mi abbandoni al mio destino e te ne vai a divertirti in Giappone!

-Guarda che io non ci torno da cinque o sei anni. Dovrò rivedere i miei parenti ogni tanto, no?

-Ma dove andrai a stare? In albergo?

-No:starò dai miei zii, te l'ho detto mille volte...approposito, sai che una dei loro figli è una idol famosa?

-Sul serio? Dai, portami con te!!! Ti prego!!!- Zita fece una faccia da cane bastonato ed entrambe scoppiarono a ridere. Di solito lei non si comportava cosi. Aveva, in apparenza, un caratere asociale e scostante, che di solito cercava di mantenere, ma che abbandonava del tutto quando era con delle amiche.

-Parlando di viaggi, indovina dove andrò a fine inverno?

-Vediamo un pò...mi verrai a trovare a Tokio?

-Magari, ma no, andrò con la scuola di danza a fare una rassegna a Milano!

- Sono felice per te, forse cosi riuscirai ad entrare alla Scala...

-Magari, ma è un sogno abbastanza improbabile.

-Cioè un'utopia.

-Esatto.

-Secondo me non dovresti considerarlo tale, i sogni sono tutti realizzabili, basta crederci, giusto?

Reiko le rivolse un sorriso, che Zita ricambiò. Sapeva tirare su di morale chiunque, ma quelle parole erano rivolte a lei in particolare, e non era una novità che Reiko la tirasse fuori dalla sua costante depressione: sembrava che sapesse leggere dentro di lei.A volte pensava che fosse una maga, e non si sbagliava poi di molto.

Piccolo spazio autrice:

Vi presento la mia prima fan fiction(anche se apparentemente non ha niente a che vedere con Shugo Chara, ma non preoccupatevi, molto presto succederà qualcosa!)Se avrete il buon cuore di recensire, vi prego di darmi qualche dritta riguardo il mio stile! Grazie in anticipo!

  
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