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Autore: Danny Fan    21/08/2006    8 recensioni
Come una rosa tra le spine, così è la mia amica tra le fanciulle... Cantico dei Cantici Fiction scritta per il secondo contest di "More Important Thing".
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Disclamer: Questa Fan Fiction è completamente fuori dal mondo! XD Non ho mai scritto una cosa del genere, e non so nemmeno se l'avrei mai scritta non essendoci stata l'occasione di questo contest. Il fatto poi che l'ho finita in fretta e furia in un momento un po' difficile per me (brutta influenza e la scomparsa di mia nonna), l'ha resa ancora più balzana. Tanto per mettere le mani avanti dico che non è una delle migliori storie che io abbia mai scritto, e ho anche dubitato di finirla, ma amo partecipare ai contest anche se la storia non mi sembra il massimo, è comunque un modo per sperimentare. Alcune cose però erano simpatiche, quindi spero che vi piaccia lo stesso. ^_^

FLOWERS IN THORNS

Come una rosa tra le spine, così è la mia amica tra le fanciulle...

Cantico dei Cantici

1 - Seven o'clock a.m.: disaster!

- Potter, Potter! Ti prego, raccontaci di quella volta che hai ucciso un gatto chiudendolo in un cassetto per due settimane! - .

Il ragazzino del primo anno che aveva parlato e il suo amichetto fissarono speranzosi il loro prefetto del quinto anno, gli sguardi carichi di un luccichio perverso.

Harry James Potter non riuscì a impedirsi di provare un brivido d'orrore e di sgranare i suoi fulgidi occhi verde sedano dietro le lenti degli occhiali rotondi. Quello era il dodicesimo racconto terrificante che girava sul suo conto ad una sola settimana dall'inizio delle lezioni. Continuando a quella velocità, avrebbero battuto il record dell'anno precedente, quando le storie sulle atrocità da lui compiute o le voci sulla sua presunta abilità con gli incantesimi oscuri si erano moltiplicate fino ad arrivare all'orecchio del preside, Albus Silente, il quale lo aveva convocato nel suo ufficio e gli aveva chiesto spiegazioni con severità. Naturalmente aveva compreso che Harry non era veramente responsabile di nessuno di quegli atti abominevoli, lo dimostrava il fatto che lo avesse nominato prefetto di Serpeverde, e lo aveva pregato di riuscire a scoprire chi mettesse in giro quelle voci. Una missione assolutamente e innegabilmente impossibile, accidenti a lui! Era ovvio che non era una persona sola a spargere le dicerie, ma molte di più. Probabilmente avevano cominciato i suoi stessi compagni di casa, attribuendo a lui ogni più piccolo e infido prodotto delle loro menti notoriamente diaboliche, finchè anche gli studenti delle altre case avevano cominciato a crederci e a passarsi storielle di bocca in bocca. Si trovava un gufo morto stecchito per il freddo? Oh, era senz'altro stato Harry Potter, il Ragazzo Sopravvissuto per prendere, in un futuro non troppo lontano, il posto che fu di Lord Voldemort. Altrimenti perchè Voldemort aveva cercato di ucciderlo da bambino, se non per eliminare un pericoloso concorrente?

Era in quei momenti che Harry avrebbe voluto fare a pezzi il Cappello Parlante. Non era servito a nulla scongiurarlo, lo aveva piazzato in quel covo di disgraziati, in quel rifugio di miserabili, in quella tana dei serpenti, appunto! Serpeverde...

Beh, non sarebbe stato così terribile senza quelle dicerie, senza l'ammirazione maniacale degli studenti più piccoli, senza compagni di stanza vandali e idioti... Harry aveva rimpianto le speranze espresse assieme a Ron Weasley, il ragazzino dai capelli rossi, la prima volta che si erano trovati sull'espresso per Hogwarts. Ma ormai erano trascorsi cinque anni da quel primo settembre, e tanto valeva ballare, anche se eri stato buttato in pista senza volerlo. Era in Serpeverde? Si comportava da Serpeverde. Era quasi una ripicca.

C'erano anche lati positivi.

Uno almeno.

Le matricole lo servivano e riverivano, rendendogli la vita incredibilmente facile. Bastava schioccare le dita e ce n'erano cinque o sei pronti a portargli la cartella in classe, andare a prendergli un libro che aveva dimenticato in Sala Comune quando mancavano trenta secondi al suono della campanella cinque piani più sopra, e cose di quel tipo. Harry a volte ne approfittava, per non dire sempre; d'altro canto, non era stupido e non aveva voglia di apparire come il buon samaritano o l'umile viandante della situazione. Lavori per me? Bene! Molte grazie!

Ok. Ok, ok. Doveva ammetterlo, queste circostanze generavano altri venti lati negativi, tra cui: l'essere additato come un mago oscuro e visto con diffidenza dagli insegnanti, l'essere accusato di far vincere la squadra di quidditch esercitando magia oscura sul boccino per farlo arrivare dritto nella sua mano ogni volta, l'essere evitato dai compagni delle altre case, che per lo più erano spaventati da lui per via delle leggende metropolitane. Ma il peggio era l'antipatia che gli altri studenti avevano nei suoi confronti, almeno quelli che non avevano mai scambiato con lui una parola. Ed erano la maggior parte. Il fatto che si facesse servire dai più piccoli non era un atteggiamento tanto ben visto... Forse credevano che lui li costringesse con delle minacce. E spesso in pubblico usava un tono di comando o rideva degli scherzi malvagi dei compagni di casa. Era qualcosa che aveva imparato a fare nel tempo, reprimere il suo senso di giustizia e mantenersi freddo davanti ai maltrattamenti verso i più deboli. Era quello che aveva voluto quel maledetto cappello, che lui diventasse un freddo, determinato allievo del male.

Ma cosa importava, poi? Non erano suoi amici quelli là fuori, non gli serviva salvare le apparenze. La sua reputazione era andata a farsi benedire da secoli, sostituita da quella di perfido sostenitore delle cause Serpeverde.

Harry acutizzò lo sguardo. Forse troppo, vide i due ragazzini trasalire e tremare, quasi stesse per rinchiudere loro in un cassetto per due settimane.

- Chi vi ha detto questa cosa alle... - , guardò il suo orologio da polso, - ...sette e tre minuti del mattino? - , chiese, indagatore.

- Malfoy. Dice che lui c'era - , rispose quello più coraggioso, mentre l'altro lo fissava, gli occhi grandi come piattini da caffè, mentre si alzava dalla comoda ma fredda poltrona verde della sala comune. Trovava buffo ma allo stesso tempo fastidioso avvertire i loro sguardi che studiavano i suoi movimenti.

Sorrise, - Oh, lui c'era... Certo - , bofonchiò, voltandosi per prendere la tracolla dalla poltrona.

- Lascia stare, Potter, posso portartela io in Sala Grande. Tu vai pure a far colazione - , continuò il ragazzino, le mani protese verso la sua borsa e gli occhi neri scintillanti di speranza e ammirazione.

- Ehm... Ok - , acconsentì Harry, con un'alzata di spalle. In quel momento aveva molta fretta di fare due chiacchiere con Draco Malfoy e quella sua linguaccia biforcuta!

***

Eccolo, lì.

La sua testa biondo platino era visibile a mille miglia di distanza, sempre circondata dal suo piccolo clan, che al contrario della maggior parte dei Serpeverde, non era poi così servizievole con Harry, considerandolo alla loro stregue, e cioè un suddito di Malfoy.

Draco stava mangiando una fetta di pane tostato con la marmellata d'arancia, e rideva allegramente di qualcosa. Harry immaginava eccome di cosa si trattasse.

Il suo sguardo gli fece i raggi X per qualche istante, come se stesse pensando da che parte fosse più vulnerabile se gli fosse piombato addosso, quindi prese a camminare molto speditamente verso la tavolata di Serpeverde, sperando di attirare la sua attenzione e di intimorirlo prima di costringerlo a seguirlo fuori per potergli urlare contro cosa pensava di lui per l'ennesima volta.

Era in dirittura d'arrivo quando il suo piede incespicò nella tracolla di una borsa che pendeva dalla panca della tavolata di Corvonero e tirò giù tutto quanto. Harry saltellò in modo ridicolo per qualche istante, nel fracasso, la caviglia annodata nella tracolla. Molti libri e quaderni erano volati a terra, un calamaio di infranse sul pavimento.

- Oh, no! - , esclamò una voce, disperata.

Harry riuscì a riprendere l'equilibrio, ringraziando di non essere franato coi denti sulla panca, ma sentendo gli occhi della sala fissi su di lui. Specie quelli di Malfoy, ai quali si aggiunse la sua risata che ben presto si contagiò a tutti i presenti, o quasi.

L'unica che non rideva era la sfortunata studentessa alla quale aveva distrutto il corredo scolastico.

- Oh, no! - , ripetè, in tono molto più drammatico, quando vide il casino nel suo complesso. Ed era un gran bel casino, si disse Harry.

Lanciando un'occhiata folgorante a Malfoy, riuscì a frenare il suo desiderio di inchinarsi e aiutare la ragazza a sistemare tutto. L'aveva riconosciuta appena in tempo: Hermione Granger, Prefetto di Corvonero e vittima preferita delle angherie dei suoi compagni. Il pretesto di tanto accanimento? Granger era sola, senza amici, ed era un'inguaribile secchiona con la mania molto comune e molto umana di impietosirsi per le matricole prese di mira dai dispettosi. Prendeva le loro difese ogni qual volta si trovava nei paraggi e, per quanto aveva avuto modo di appurare Harry, non se la cavava male nè con le parole nè con la bacchetta. Peccato che il numero degli avversari la sopraffacesse sempre, rendendola mira di fatture poco gentili. Nessun amico correva mai a difenderla, i suoi compagni di casa le stavano abbastanza alla larga per paura di ritorsioni, e sebbene Harry la ricordasse bene come la bambina saputella del treno, e ammirasse il suo coraggio nel reagire alle provocazioni, era costretto sempre a fingere di divertirsi quando lei si beccava orribili bolle sulla faccia o le sue orecchie crescevano come quelle dell'elefantino volante dei cartoni animati. Molte volte aveva provato l'istinto di uscire dal gruppo e schierarsi con lei, ma sarebbe stato un suicidio nel vero senso della parola. Non aveva mai partecipato attivamente al gioco preferito dei serpeverde di tormentarla, ma era come se l'avesse fatto, perchè non era mai intervenuto in suo favore.

La guardò dall'alto, cercando di assumere un'espressione sprezzante, conscio di subire un attento esame dal suo tavolo. Liberò la propria caviglia dalla tracolla e gliela lanciò, senza impedirsi di abbassare lo sguardo con disgusto per quel gesto maleducato.

"Colpa del cappello", pensò ardentemente, "Fagli vedere cosa ti ha fatto diventare!". Preso da una rabbia dolorosa per quel pensiero, diede un calcetto al libro più vicino, imbevuto di inchiostro pervinca, e calpestò una piuma, spezzandola.

Hermione, inginocchiata sul pavimento, sollevò la testa verso di lui.

Non c'era traccia di paura nei suoi occhi marroni, nessuna supplica. Solo una immensa, schiacciante fierezza che colpì fortemente Harry.

Nel frattempo un coro di incoraggiamento si era alzato dalla tavola di Serpeverde.

- Credi di farmi paura spezzando le mie piume? - , disse Hermione, sopra il frastuono.

Harry distolse lo sguardo, stringendo i pugni e provando a rimanere freddo, lottando contro quelle scuse pronte ad uscire dalle sue labbra sottili... - Che... Che razza di colore è questo, Granger? - , la derise, invece.

Hermione continuò a raccogliere i libri irreparabilmente danneggiati, inzuppandosi le mani di azzurrino.

- Ti diverti tanto, vero? - , gli rispose, - Credevo che almeno tu fossi in grado di crescere, ma vedo che sei rimasto un bambino stupido peggio dei tuoi amici - .

Questo era il punto in cui di solito partivano gli incantesimi. A certe provocazioni ogni buon serpeverde rispondeva con l'unico modo che sapeva contrapporre ad un'ottima risposta, cioè con la forza. Fortunatamente Harry trovò un'ottima scusa per non tirare fuori la sua bacchetta; i professori stavano entrando in Sala Grande. Il coro dei Serpeverde tacque all'istante, e tutti cercarono di far passare inosservato l'accaduto, per non rischiare punti.

Hermione sorrideva, - Ti perderai il divertimento a quanto sembra - .

Harry diede un calcio più forte ad un calamaio, che si rovesciò sulla gonna della ragazza, - Dicono che tu sia intelligente, ma non capisci proprio nulla, specialmente di me - , le diede le spalle e tornò velocemente al tavolo. Scostò di malo modo un compagno e si sedette vicino a Malfoy, acchiappando subito il cucchiaio del porridge e versandosi rumorosamente la colazione nel piatto.

Draco ghignò, - Ottimo inizio di giornata, Potter. Non è da tutti i Serpeverde distruggere il materiale scolastico delle sporche mezzosangue con così tanta nonchalance. Sono tentato dal farti i complimenti, se non fosse che... - .

- Se non fosse che sei troppo dispiaciuto per lei, immagino! - , soffiò Harry, simile ad un serpente a cui si cerca di togliere il veleno.

Draco rise, - Perchè, tu lo sei? - , lo prese in giro, - Oh, Potteruccio è dispiaciuto, povero piccolo Potty, non avrebbe voluto rovinare il trimestre a quella schifosissima Granger... - .

Sul momento Harry non riflettè sulle conseguenze. Prese il cucchiaio pieno di porridge e fece leva, facendo schizzare il contenuto dritto dentro l'occhio sinistro di Malfoy.

Calò un silenzio teso.

Draco si era alzato di riflesso, rendendosi più visibile, la faccia inzaccherata.

- Oh, scusa Draco... - , disse Harry, in tono sarcastico, - Volevo imboccarti ma ho sbagliato mira... - .

La tavolata e qualche Corvonero scoppiò a ridere istericamente, incuriosendo anche i Tassorosso e i Grifondoro, che si sporsero per vedere cosa fosse successo.

Con l'occhio libero Malfoy riuscì a vedere il sopracciglio levato di Harry e il suo ghigno vendicativo.

- Questa me la paghi Potter... Giuro che... - .

Harry gli passò una salvietta, - Dico sul serio. Ho sbagliato mira. Tieni, asciugati e siediti, devo parlarti - , lo costrinse giù schiacciandolo per la spalla. Draco fremeva di rabbia e vergogna. Se Harry non avesse avuto modo di conoscerlo bene, giurò che stesse per mettersi a piangere. Ma stando seduto avrebbe attirato meno l'attenzione e avrebbe potuto far passare tutto come uno scherzo o un malinteso.

- Hai detto a due del primo anno che ho messo un gatto vivo dentro un cassetto per due settimane per farlo morire soffocato... - , disse Harry, indignato.

- Me l'hanno riferito, Potter. Cosa ne posso sapere se è vero o no? - , rise.

Harry avrebbe voluto denunciare Malfoy al preside, a volte. Ma sapeva che era inutile. Malfoy avrebbe fatto la stessa obiezione che stava facendo ora davanti a lui.

- Tieni per te queste idiozie, va bene? - , gli intimò.

- Fanno bene alla nostra reputazione! E poi non prendo ordini da te! - , scattò Malfoy.

Harry sospirò d'ira, poi si rivolse di nuovo a Draco, - Malfoy... - , la sua voce aveva una sfumatura dolcemente gelida quanto finta, - Hai mai pensato che possa mai farti davvero del male? Che io sia davvero un mago oscuro? - .

Draco sogghignò, - Tu, Potter?! Andiamo, mia madre è più pericolosa! Ne sono assolutamente sicuro, adesso sei in pensiero per quella mezzosangue. Mi fa schifo la tua mielosa compassione! - .

Harry tornò a voltarsi verso la Granger. Tentava di ripulirsi le mani a suon di incantesimi e salviette. La borsa era stata aggiustata, ma si era macchiata d'inchiostro, molti libri erano rovinati, così come alcuni quaderni. Harry non ci stava già più pensando, troppo occupato nel sistemare Malfoy e le dicerie sul proprio conto, ma quando tornò a riflettere su quel dannato incidente e sul proprio comportamento si sentì davvero in colpa, come suo solito. Avrebbe dovuto fare qualcosa per rimediare, in modo molto discreto?

- Stai zitto - , disse a Draco, fingendo indifferenza, - Non mi importa proprio nulla di quella lì, nemmeno fosse chissà chi - .

- Ma come, lei è Hermione Jane Granger, la regina delle schifosissime mezzosangue che credono di sapere tutto! La paladina dei bambinetti del primo anno! - , storse il naso Malfoy, disgustato, - Se solo mi si fosse impigliato il piede nella sua borsa mi farei subito pulire i mocassini da un elfo domestico! - .

Harry, infastidito fino all'eccesso per quei discorsi indegni, cercò tuttavia di mantenere la freddezza e fare memoria. Gli capitava sempre di cercare di pensare ad altro o tornare indietro nel tempo quando fingeva di essere diverso da ciò che era. Hermione... L'aveva vista sul treno il primo settembre di quell'anno, ma per poco, visto che lui si sentiva a disagio a stare nella carrozza dei prefetti ed era andato subito a fare la ronda. Si sentiva più un fomentatore che un moderatore di disastri, a dire il vero. E questo indipendentemente dalla casa di appartenenza. Alcune volte avevano fatto lezione assieme. Ricordava anche molto bene il loro primo incontro, sempre sull'Hogwarts Express. Era cresciuta, ma gli ricordava ancora molto quella bambina che gli aveva aggiustato gli occhiali per dimostrare quanto fosse brava. La sua sfacciataggine l'aveva colpito abbastanza quella volta. Sembrava non aver mai perso quello spirito, comunque. Dopo lo smistamento, in ogni caso, sia con lei che con Ron, ragazzino col quale aveva fatto amicizia sul treno molto più che con lei, aveva perso i contatti. Lui e Ron di Grifondoro si limitavano ad un "ciao, come va?" nel corridoio o ad un "buona fortuna" prima del quidditch.

Hermione però aveva fatto qualcosa per lui tanto tempo prima, aggiustandogli gli occhiali... Perciò matematicamente era in debito con lei.

Sarebbe riuscito in qualche modo a riparare al danno di quella mattina, possibilmente senza farsi scoprire da Malfoy o dagli altri? Bene, poteva essere facile. Sapeva la casa, sapeva il nome... Doveva solo spedire una lettera al Ghirigoro e ordinare i libri che si erano rovinati. L'avrebbe fatto subito.

  
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