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Autore: sushiprecotto_chan    05/01/2012    1 recensioni
[Naru/Sai] Quando Sai tornò a casa, si rese conto che si sentiva stranamente incompleto ed infreddolito. (...) Aveva sentito freddo, l’inverno successivo alla morte di Shin?
Scritta per Il Tempio di Sai. Il venticinque dicembre Sai è appena tornato da una missione, e riceve una visita inaspettata. Pensieri vari sul gelo, il calore, Shin e Naruto.
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Fieramente scritta per il forum Il Tempio di Sai e l'iniziativa della Root's Division "Il Natale e Sai!". La storia partecipa anche al OHPP col prompt "gelo".


Note: Esiste il riscaldamento, a Konoha? D: Probabilmente no, ma prendetela come una licenza poetica. ;D
Non riesco a lasciar stare il Fluff. Lui è sempre in agguato, e mi provoca. Così io è da anni che non riesco a scrivere qualcosa senza il Fluff. Che razza di prepotente.
Lo sapevate che in realtà il Natale altro non è che l’antica festa per il giorno del solstizio (21 dicembre)? Giusto per dire che nessuno s’inventa qualcosa, tutto in qualche modo è preso dalla tradizione antica.
Se conoscete quella meraviglia di film che è Irma la Dolce, allora forse sorriderete di più alla frase finale. (: La citazione all'inizio della storia ed il titolo della fiction sono prese da "Christmas Lights" dei Coldplay.
 
 




 

Still waiting for the snow to fall
It dpesn’t really feel like Christmas at all
 
Ooh Christmas Lights
Light up the streets

Light up the fireworks in me

May all your troubles soon be gone

Those Christmas Lights keep shining on

 
 

Chrismas Lights.
(Light up the fireworks in me.)

 


 
Quando Sai tornò a casa, si rese conto che si sentiva stranamente incompleto ed infreddolito.
Era appena tornato da una normale missione – alla quale però non aveva partecipato il resto del suo team –, aveva svolto il suo dovere in maniera impeccabile e nulla di particolarmente significativo era accaduto nella sua giornata – né di triste né di gioioso – se non che i suoi compagni gli avevano rivolto pacche sulla schiena e sguardi d’amicizia ancora un po’ di più degli altri giorni. Per via di queste dimostrazioni, Sai si sentiva sempre più parte del gruppo di ninja della foglia. Gli dava la speranza che un giorno sarebbe stato accettato completamente dagli amici di Sakura e Naruto, fatto per cui in quel momento l’ex membro della radice si sarebbe dovuto sentire più felice che incompleto e infreddolito.
L’ultima sensazione, almeno, Sai aveva motivo di avvertirla: fuori regnava il gelo, e aveva pure cominciato a piovere a dirotto. Sai si era bagnato completamente. Era dovuto restare coi vestiti bagnati e al freddo anche quando era entrato nell’ufficio dell’Hokage per fare rapporto, perché lì mancava il riscaldamento, e dall’Hokage c’era anche restato un bel po’. Si unisca questo al tempo passato al gelo nel tragitto per tornare a casa ed il gioco è fatto: il ninja rischiava di prendersi un coccolone.
Accese il riscaldamento del suo piccolo appartamento, provando a scacciare via quel gelo che sentiva nelle ossa. Era vero, era dicembre inoltrato e che la temperatura fosse bassa era qualcosa di comprensibile, ma, per quello che poteva ricordarsi, lui non si era mai sentito così. Aveva preso freddo sì e no sette volte da quando era piccolo e si era ammalato giusto due o tre. La Radice pretendeva rigore anche in quello.
Si ricordava gli inverni passati da ninja della Radice, anche se non aveva dato loro mai nessuna importanza, né al tempo né nel ricordarli. Persino quelli passati con suo fratello si perdevano tra il flusso delle memorie.
Aveva sentito freddo, l’inverno successivo alla morte di Shin? No, ne era sicuro. Il suo sguardo a quei tempi era inespressivo e deciso, e lui non aveva avvertito neppure la sensazione della neve sulla pelle, quando questa era caduta. I fiocchi non l’avevano commosso né avevano attratto la sua attenzione; non aveva sentito il gelo su e dentro di sé, le sue ossa non avevano patito l’umidità. Probabilmente aveva sentito più freddo in passato, soprattutto da più giovane, quando suo fratello era ancora con lui, vivo.


Si era appena cambiato quando, tutt’ad un tratto, sentì che qualcuno stava bussando alla porta.
“Saiii!” Stava per aprirla quando si fermò, stupito. Era la voce di Naruto.
“Sai, razza di bastardo, la vuoi aprire questa porta? Si muore di freddo qua fuori!”
Quando aprì la porta vide davanti a sé il suo amico che batteva i denti e si divincolava per lottare contro il gelo invernale. Aveva un’enorme sciarpa rossa, bianca, grigia e arancione intorno al collo, un cappello rosso in testa ed un maglione addosso, ma sembrava che tutto quello non gli bastasse per proteggersi dall'inverno. Quando Sai gli fece spazio per entrare, l’Uzumaki non fece complimenti.
“Brr! Kami, che freddo!”
“Naruto, che ci fai qui?”
Avendo recuperato un po’ di calore e di sicurezza, Naruto si tolse la sciarpa e lo guardò con curiosità, sgranando un po’ gli occhi.
“Ma come, è Natale, non avrai pensato che te l’avremo fatto passare da solo!”
“Avremo?”
L’espressione dell’Uzumaki si fece tra il dolorante e la spaventata. “Sakura mi ha praticamente minacciato per farmelo fare. Ma l’idea di fondo è stata comunque mia, lei mi ha aiutato solo ad organizzare alcune cose.”
Solo allora Sai si accorse che il suo amico teneva in mano un sacchetto piuttosto capiente.
Accorgendosi del suo sguardo, Naruto cominciò a svuotare il contenuto della sporta. Dentro c’erano delle candele rosse, del pane dolce, due ciotole di ramen precotto e tre confezioni di tofu.
“Queste le ho prese per te.” Fece Naruto, indicando il tofu. “Sono il tuo cibo preferito, giusto?”
Sai restò inebetito per ancora una manciata di secondi. “Sì.” Disse, infine. E si sedette a tavola con l’altro, analizzando la spesa che questo aveva deciso di fare.
Parlando ancora, si scoprì che Sakura avrebbe passato il venticinque con i suoi genitori, e che il ventisei ci sarebbe stata una grande festa di Natale, alla quale sarebbero andati tutti i loro compagni, amici e coetanei, con anche alcuni sensei come Kakashi, Iruka e Yamato. Sapendo che Sai sarebbe stato da solo a casa, a Natale, Sakura aveva voluto che Naruto passasse quella sera con lui, visto che entrambi avrebbero passato quel giorno in solitudine, essendo orfani, e soprattutto erano amici. “Ma l’idea di venire a casa tua il venticinque e farti una sorpresa è stata comunque mia”, aveva tenuto a precisare il futuro Hokage.
I due chiacchierarono per un po’, parlando di cose a caso e scherzando su argomenti da nulla, poi Sai saltò su dicendo “In realtà, mi ero completamente dimenticato che oggi fosse Natale.”
Naruto, che intanto stava già mangiando il suo ramen, si fermò con gli spaghetti in bocca e le bacchette a mezz’aria per strascicare un “Ehhs? Mha shul sherio?” e poi, da più calmo: “Shei throphpo nshnoncushante, Shai.”
A dire il vero, non so neanche cosa si fa di solito in queste occasioni… conosco solo le basi… Pensò quest’ultimo, un po’ preoccupato. E tali dubbi portarono i suoi pensieri ad un altro tempo, quando ancora era un bambino e passava i suoi inverni e quindi i suoi natali con Shin, alla Radice.
A suo fratello piaceva la neve, questo se lo ricordava. Gli piaceva l’inverno perché prima o poi arrivava la neve, e si lamentava spesso per il freddo, il ghiaccio o cose del genere. Quando poi gli andava un po’ di neve dentro ai vestiti era implacabile: cominciava a dimenarsi e a correre in tondo, per fare in modo che quella sostanza bagnata e gelida scendesse almeno un po’ giù per il suo corpo – il che era ancora peggio, ed a quel punto gli venivano dei gran lacrimoni ai lati degli occhi. Era piuttosto interessante osservare Shin durante l’inverno – specie nei suoi attacchi di freddo o nei suoi tentativi di liberarsi dalla neve o dall’acqua che puntualmente gli si andava a mettere tra i vestiti e la pelle. Era anche divertente, forse. Si ricordava che era più facile, sorridere, quando si osservava suo fratello nella stagione invernale.
“Uhm? Sai? Che c’è?” gli chiese Naruto, prima di succhiare altri spaghetti della sua cena.
“Niente. Mi fa piacere che tu sia qui, comunque; anche se non so cos’è che di solito si faccia a Natale…”
E Naruto, senza alcun preavviso, gli fece un gran sorrisone, di quelli che illuminano la stanza prepotentemente ogni volta che si presentano. “Davvero?” – e questo era rivolto al ‘mi fa piacere che tu sia qui’– “Che tipo strano, sei!” – con questo, invece, alludeva alla sua scarsa conoscenza della tradizione natalizia.


Sai rimase immobile per un attimo, colpito da quello che aveva appena visto.
Forse era per questo che non aveva più sentito freddo, in inverno, dalla morte di Shin. Non c’era più suo fratello. Gli erano mancati per anni i suoi sorrisi, le sue espressioni, la sua umanità. Non aveva più sentito calore perché Shin era stato il suo calore. E senza calore ciò che già era gelo diventa assoluta presenza del gelo, e l’animo di chi vive in questo gelo non solo per i pochi mesi d’inverno ma anche ogni giorno, per via di Danzou e la Radice, diventa un guscio vuoto.
Conoscendo Naruto, Sakura, Kakashi-senpai, Yamato-senpai e gli altri, invece, Sai aveva sentito ancora una volta il freddo, e cosa significava avere freddo.
I sorrisi di Naruto erano il suo fuoco, il suo calore, così come lo erano stati quelli di suo fratello. Senza avvertiva il vero gelo. Un gelo fisico, strettamente legato a quello mentale. Sai desiderava di più, la luce, il caldo, il calore del fuoco e il tepore di una persona. Aveva saputo di desiderarne avvertendone la mancanza.
Naruto era la sua luce? Pensava di sì, perché sentiva che dentro di sé, a risposta di questa luce, tante piccole luci si ricreavano dentro di sé, una dopo l’altra, come se lui non fosse altro che un ammasso di tanti piccoli specchi che non facevano altro che riflettere la luce altrui. E poi queste luci si facevano più reali, più intense, e Sai sentiva di averle proprio, dentro di sé, mentre fluttuavano, si muovevano, creavano esplosioni, fuochi d’artificio dentro di lui.
Era una sensazione intensa, strana. Il concetto era simile a quello che sentiva quand’era con suo fratello.
…Eppure, era anche tutto diverso. Perché Sai non considerava Naruto suo fratello, giusto? E “migliore amico” semplicemente non calzava pienamente nell’idea che aveva di lui…
“Bene, ora ti spiego: il Natale nasce dalla tradizione cristiana… per celebrare la nascita del figlio di Dio. Quindi spesso è un giorno che si trascorre in famiglia. Poi, per chi non è cristiano, a Konoha viene preso anche come una giornata da passare con la persona che ti piace. Per fare coppietta, ecco. Si mangiano leccornie di ogni genere, e…”
“Quindi tu sei venuto a casa mia, oggi, per fare coppietta?”
“N-N-No, no, no, no, no! M-Ma cosa vai a pensare!!!” Vedere Naruto paonazzo fu più divertente di quanto s’immaginava.
Ci volle un po’ per placare Naruto e farlo tornare al suo colore naturale – per imbarazzo o più probabilmente perché gli era andato di traverso un grosso pezzo di cibo, sembrava che il suo viso avesse deciso di assumere un’allegra tinta bordeaux –, e dopo che lo fece, Sai colse l’occasione per ringraziarlo d’aver preso il tofu. Fu quasi una sorpresa quando si ritrovò addosso lo stesso sorriso caldo che aveva visto prima nell’espressione dell’amico, e quando anche Naruto gli sorrise si rese conto, con stupore, che l’Uzumaki questa volta non aveva fatto altro che rispondere al suo, di sorriso.


Quella sera parlarono molto, si divertirono e fecero anche un po’ di casino – beh, soprattutto Naruto, che si ubriacò –, ma quei ragionamenti a cui era arrivato Sai girarono nella sua testa per tempo e tempo, finché non riuscì a risolverli ed andare ancora oltre. Fino al giorno in cui riuscì a recuperare appieno o quasi i suoi sentimenti, o si sentì libero e pronto ad averne, fece un ritratto a Shin, Naruto, Sakura, Kakashi e Yamato insieme e provò a baciare Naruto – questo con risultati disastrosi. Ma questa è un’altra storia.
   
 
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