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Autore: Medea00    05/01/2012    32 recensioni
"Headshot. Dritto in mezzo al petto. Un colpo di fulmine, a confronto, aveva l’intensità di una minuscola scossa elettrica."
Cheerio!Kurt/Nerd!Blaine. C'è bisogno di aggiungere altro?
Liberamente ispirata da un sacco di gifset che in questo periodo popolano Tumblr.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Una lezione spacca-cervella






Allo scoccare dell’ultima campanella Blaine aspettò il suo solito minuto accademico restando seduto al suo banco e finendo di trascrivere gli ultimi appunti di goniometria, il tempo di far sfollare tutta la mandria di ragazzi che sembravano scappare dall’aula come se non ci fosse un domani. Non sopportava la calca e poi non c’era alcuna fretta, anche se, in effetti, aveva una cosa da fare: Kurt Hummel gli aveva detto di aspettarlo fuori dalla palestra dopo la lezione, per poi iniziare finalmente le fatidiche “ripetizioni”.
All’inizio avesse pensato fosse uno scherzo; certo, aveva dato qualche lezione per farsi un modico gruzzoletto, ma restava comunque una cosa inaudita, insomma, lui stesso non ci avrebbe mai scommesso un soldo bucato: Blaine Anderson che dava ripetizioni di matematica al ragazzo più popolare della scuola. E per quanto sembrasse fuori dal mondo, da un lato, ebbene lo era ancora di più dall’altro, perché se lo dovette proprio chiedere: perché mai aveva accettato di aiutarlo? Quale strano moto convettivo del suo cervello lo aveva portato a dire “sì, ok, sicuro, ci vediamo dopo” con una tranquillità destabilizzante, come se avesse appena organizzato un incontro di Warhammer? (*) Come se non si fosse scavato un piede nella fossa da solo, pensò lui. No, proprio per niente. In pratica c’era già la bara pronta a prenderlo.
Cercò seriamente di dare risposta a quella che poteva sembrare una domanda retorica, e alla fine, dopo un breve momento di respiro e di riflessione personale, ottenne due ipotetiche risposte: la prima, quella più banale e, forse, più inutile, era che quel ragazzo gli aveva promesso dieci dollari a lezione e in quel modo sarebbe riuscito perfino a comprarsi Assassin’s Creed (*) senza dover ricorrere alla paga di compleanno; ma c’era un altro motivo? Blaine non sapeva dirlo, non allora. Era un motivo che non capiva nemmeno lui tanto bene, ma sapeva che era lì, nascosto, e che prima o poi sarebbe spuntato fuori.
Ordinò accuratamente gli appunti ricopiati, sistemò i libri di matematica nella tracolla, e poi lasciò finalmente l’aula, camminando a passi svelti, cercando di non incappare in nessun giocatore di football o hockey mentre raggiungeva la palestra; cosa che, doveva aspettarselo, fu praticamente impossibile: quel posto pullulava di gente. Ma, per fortuna, erano tutti troppo impegnati ad osservare i sederi delle cheerleader che in quel momento stavano finendo il loro ultimo numero, per badare a lui. Non gli andava di aspettare in piedi fuori dalla porta, così decise di entrare, sperando in cuor suo di non essere visto – era abbastanza bravo, nel diventare invisibile –, e si sedette in un angolino remoto della gradinata, attendendo con pazienza e lasciandosi cullare dal ritmo movimentato della musica che riecheggiava nell’aria.
Non gli erano mai dispiaciuti i Cheerios: erano bravi, ballavano bene, e più volte avevano eseguito coreografie sulle note di qualche canzone di Katy Perry – cosa che, in effetti, aveva fatto guadagnar loro miliardi di punti -; l’attività in sé era molto interessante, ma era il contesto che lo disturbava: ragazzine viziate che si credevano al centro del mondo e uomini in piena crisi ormonale che avrebbero venduto un braccio per passare una notte con loro. Il loro mondo sembrava essere tutto lì, tra una pillola e l’altra, fra un commento particolarmente cattivo su qualche loro compagna che osavano definire amica e qualche scenata isterica quando la diretta interessata lo veniva a sapere. Lo riteneva semplicemente scialbo, vuoto e noioso.
Si stava godendo lo spettacolo con poco interesse fino a quando i suoi occhi nocciola incrociarono sbadatamente la figura di Kurt. E solo allora si concesse di riflettere, di analizzare un po’ il ragazzo con cui avrebbe dovuto passare tutti i suoi pomeriggi da lì ad un mese.
Di lui sapeva poche cose, quelle note a tutti, ed alcune dicerie che si erano diffuse con il tempo, conseguenza inevitabile per chi avesse più di quattrocento amici su facebook: ovviamente, sapeva che era il capo-cheerleader, e sembrava che avesse sempre una risposta a tutto. Sapeva anche che era gay. E no, quel dettaglio non era assolutamente rilevante. Così come non lo era il fatto che lui stesso fosse gay.
Dicevano anche che fosse incredibilmente stronzo; eppure, guardandolo eseguire un movimento insieme a Mercedes, a Blaine sembrò tutt’altro: conosceva la ragazza solo di vista, ma era chiaro che quei due si volessero un bene dell’anima. E non appena si staccò da lei, notò che Kurt riassunse una sorta si sguardo imperscrutabile, come se il resto del mondo non contasse.
Era un atteggiamento sicuramente strano. Ma Blaine era troppo ingenuo per capire, e conosceva quel ragazzo ancora troppo poco. Si limitò ad osservarlo ballare, mentre la voce potente e calda di Mercedes animava l’atmosfera.
E, beh, Kurt non era proprio niente male.
No Blaine, evita di fare pensieri poco attinenti, si ammonì con una smorfia sul viso. Il fatto che fosse gay e che anche lui fosse gay e che insomma fossero tutti e due gay non implicava che-
Kurt aveva appena fatto un gesto secco ed eloquente col bacino, roteandolo appena, e facendo l’occhiolino alla sua amica con uno sguardo divertito ed ammiccante.
Ok, chi aveva acceso il riscaldamento in quella palestra? Si sentiva le guance andare letteralmente in fiamme.
E più andava avanti così, più Blaine diventava molto velocemente un fan di quelle divise. Perché, insomma, erano fatte bene. I fianchi di Kurt rotearono un’altra volta. Erano fatte proprio bene.
Ok, faceva davvero caldo.
Per fortuna, poco dopo, lo spettacolo finì, e Blaine ne fu incredibilmente felice, per amor della sua sanità fisiologica e mentale.
Non poteva fare quei pensieri: era un cheerleader, dopo tutto, ed era obiettivamente bello: avrà avuto una fila di spasimanti lunga chilometri e chilometri, tutti con il proprio numerino in mano per attendere il proprio turno.
E lui era soltanto l’ultimo della fila; l’ultimo e il più invisibile, sicuramente.
Dopo esseri ricomposto un minimo, aggiustando cravattino e occhiali da vista e scacciando imbarazzanti pensieri, scese velocemente le scale della gradinata, e si diresse con un sorriso incoraggiante verso Kurt. Anche se, in verità, voleva più incoraggiare se stesso.
Il cheerio intanto si stava lasciando cullare per un momento dagli abbracci di Mercedes, mentre commentava con fare orgoglioso il numero della loro parte fatta insieme. Era stato proprio bravo quella volta, e pensò quasi di andarsi a comprare un bel caffè come premio, quando sentì alle sue spalle una voce inconfondibile chiamarlo con tono allegro e confidenziale.
“Hey, Kurt?”
Si voltò di scatto, assieme a metà palestra. Blaine era lì, con i suoi Persol ammaccati e il suo cravattino scintillante. Immaginò che fosse venuto per complimentarsi per la sua performance; beh, come biasimarlo? Alzò il mento un po’ all’insù, posando con eleganza le mani sui fianchi e attendendo quelle magiche parole: erano sempre piacevoli le lodi di un nuovo ammiratore.
“Allora! Pronto per un po’ di calcolo spacca-cervella?”
Silenzio.
No. Non poteva averlo detto sul serio.
Non di fronte a tutta quella gente. Non con quel sorriso a trentadue denti che sembrava volesse sconfiggere il cancro.
“Oh mio Dio! Hummel, da quando in qua prendi lezioni private da Anderson?” Ammiccò Santana Lopez con un ghigno che valeva più di mille parole; ma prima che qualcun altro si azzardasse a fiatare Kurt aveva già spinto Blaine fuori dalla palestra, rifugiandosi dentro allo stanzino dei bidelli e fulminando quel ragazzo come se volesse trafiggerlo.
Blaine, in risposta, continuava a non capire e quella vicinanza improvvisa con Kurt non aiutava per niente i suoi neuroni a connettere per bene.
“Regola numero uno – Soffiò il ragazzo, ad un centimetro dal suo viso – non parlarmi quando siamo in presenza delle altre Cheerio. Non parlarmi nemmeno a mensa, nei corridoi, o in qualsiasi altro posto in cui tu possa essere udito. In effetti, è meglio che non parli affatto.”
Deglutì vistosamente di fronte a quegli occhi così intensi, e fece per balbettare un timido “ok”, ma si fermò di scatto notando la sua reazione allarmata, limitandosi ad annuire.
“Bene. –Commentò Kurt- Regola numero due: ti prego, cerca di non essere così happy sha-la-la. Potrebbero perfino pensare che siamo amici.”
L’altro ragazzo stava quasi per scoppiare a ridere – perché, in effetti, quella situazione era un po’ ridicola – ma qualcosa nella sua occhiata gelida gli consigliò di non provarci nemmeno con il pensiero. Di nuovo, restò in balìa dell’indecisione e totalmente schiavo dello sguardo dell’altro; blu, i suoi occhi erano blu. No, azzurri. Forse verdi? Erano indescrivibili.
Ci fu qualche secondo di pausa, nei quali si fissarono reciprocamente, i loro respiri quasi sincronizzati, i loro busti a distanza di una spanna, e tutto ciò che riusciva a percepire Blaine era il calore del suo corpo attraverso quella splendida divisa. E solo quando vide il suo palese imbarazzo Kurt si rese conto di quanto fossero realmente vicini. E si stupì anche del fatto che non gli dava fastidio. Anzi, era come se quella loro vicinanza fosse…confortante.
“Regola numero tre?” Balbettò allora Blaine, cercando di prendere aria. Troppo calore. Troppa tensione. No, tutto quello non faceva bene alla salute.
“Nessuna regola numero tre.” Rispose allora Kurt indietreggiando da lui di un passo, sbirciando poi dal buco della serratura. Dopo aver controllato che il campo fosse libero, si trascinò via Blaine e si diresse il più in fretta possibile verso la macchina.



“Allora – fece Blaine, una volta usciti dal parcheggio del McKinley – raccontami qualcosa.”
Kurt lo guardò con la coda dell’occhio e sbottò: “E perché?”
“Beh, perché dovremmo passare un sacco di tempo insieme, tanto vale cominciare a conoscerci.”
“Devi solo darmi ripetizioni. Non credo che ci sia bisogno di tante chiacchiere.”
Beh, ok, quello era vero. Ma gli aveva fatto un po’ male sentirlo dire; perché, alla fine, aveva ricevuto l’ennesima conferma che a Kurt Hummel non importasse proprio niente di lui. O, forse, non gli importava del resto del mondo in generale. Ma com’era possibile? Kurt era davvero così superficiale, credeva così tanto nelle caste che erano state prefissate dalla società del liceo? Blaine non riusciva a crederci. Kurt era gay, doveva per forza saperne qualcosa sui pregiudizi, e non poteva di certo approvarli. E, d’altro canto, non riusciva nemmeno a credere che fosse per colpa sua.
“Sai, magari, parlando un po’, potremmo anche scoprire di starci simpatici a vicenda.”
Il cheerio esitò, e alla fine, dopo aver provato a dire qualcosa, non disse altro e afferrò con una certa pressione il cambio, cercando di concentrarsi solo ed unicamente sulla strada.
Quello era un altro comportamento strano, che Blaine non riuscì a definire. Era come se Kurt fosse incerto su qualcosa, come se fosse stato colpito dalle sue parole. E poi, era ritornato di nuovo freddo. Perchè, in qualche modo, intuiva dentro di sé che quell’atteggiamento non fosse spontaneo, ma non ribadì niente, perché restava comunque una cosa che non lo riguardava.

Il resto del viaggio lo passarono in silenzio, Kurt intenzionato a non mollare gli occhi dalla strada, e Blaine che aveva preso ad osservare il paesaggio da oltre il finestrino; non c’era nemmeno una vera tensione, avevano chiarito il loro rapporto e nessuno dei due aveva voglia di parlare. Avrebbero fatto quella lezione, con tutta la professionalità possibile, e si sarebbero salutati senza poche cerimonie. Questo era quanto.

E mentre uno parcheggiava l’auto, aiutato dall’altro che era sceso per aiutarlo nella manovra, con i loro pensieri arrivarono simultaneamente alla stessa, pacifica, conclusione: erano e sarebbero stati soltanto dei conoscenti. Per tutta la durata del mese e, forse, per sempre.




Kurt girò velocemente le chiavi della toppa e con fierezza constatò la perfetta riuscita del suo piano; aveva calcolato tutto quanto: Burt era al lavoro e così Carole, che sarebbe ritornata la sera tardi. Finn era disperso chissà dove e lui non doveva spiegare a niente e a nessuno la presenza di Blaine in casa sua. Così aveva evitato situazioni imbarazzanti per entrambi.
Fece gli onori di casa mostrandogli le cose essenziali - sala, cucina, bagno e camera sua, da lontano e con la porta chiusa a chiave -, dopodiché preparò un succo di arancia mentre il moro si sistemava sul tavolo della cucina ed estraeva dalla borsa le sue cose.
“Grazie per l’invito.” Disse, con un sorriso caldo e gentile, e guardandosi un’altra volta intorno asserì: “questa casa è bellissima.”
“Sì, beh, non è niente di ché, ma si sopravvive.”
“Sicuro che non disturbo? Vuoi che andiamo in biblioteca?”
Il tono con cui lo aveva detto – dolce, sinceramente preoccupato – fece vacillare per un attimo Kurt, che si voltò verso di lui incrociando i suoi occhi chiari; quel ragazzo aveva un’innata capacità di essere adorabile. Dopo aver sviato velocemente lo sguardo posò sul tavolo due bicchieri riempiti di succo appena spremuto.
“Blaine, credo sia un po’ tardi per cambiare idea, non pensi anche tu? E poi, mio padre e Carole sono al lavoro, e di Finn chi se ne importa.”
Il ragazzo, un po’ rinfrancato, inarcò leggermente un sopracciglio e si incuriosì: “Finn è tuo fratello?”
Quando Kurt rivelò che fosse il quaterback della squadra di football non riuscì ad evitare un sorriso piuttosto amaro: un quaterback e un capo-cheerleader. Una famiglia di anonimi, insomma.
“E’ il mio fratellastro, in verità.” Si corresse nel frattempo Kurt, con tono vago, e dando ulteriori spiegazioni perché tanto sapeva già che sarebbero state necessarie: “Carole non è mia madre. Mia madre è morta quando avevo otto anni e sì, ti dispiace e non lo sapevi, lo so. Cambiamo argomento, ti va?”
Odiava affrontare quel tipo di conversazione; ma aveva imparato col tempo che fosse meglio dirla all’inizio, e di non sembrare particolarmente dispiaciuto. A giudicare dall’espressione di Blaine, doveva lavorare ancora un po’ nella sua recitazione; oppure, forse, quel ragazzo aveva una sensibilità al di sopra del normale. Perché Blaine era rimasto letteralmente paralizzato dallo stupore. Balbettò qualcosa, un “mi dispiace” –lo ripeté lo stesso, anche se Kurt roteò gli occhi e mormorò “te l’avevo detto io”- e un “non volevo essere ficcanaso”, e alla fine sviò lo sguardo sulla tavola sentendosi profondamente in colpa.
Non pensava che la prendesse così male.
“Hey, Blaine, non ti preoccupare. Sono abituato a parlare di mia madre, non sai quante volte ho spiegato la situazione a gente che mi scambiava per lei. E’ tutto a posto, sul serio.”
Si sentì un po’ strano a consolare lui, invece di essere consolato. Insomma, possibile che con quel ragazzo le cose non andassero mai nel verso giusto?
Ma, per fortuna, dopo qualche secondo sembrò sorridere, e riprendere il suo solito buon umore.
“Va bene, dedichiamoci alla matematica.”
Kurt si sentì immediatamente stanco e spossato. L’idea lo allettava così poco che preferiva quasi parlare di sua madre, piuttosto che affrontare quel triste destino. Ma sapeva bene che, qualunque cosa fosse, andava fatta.
“Rapido ed indolore.” Mormorò, sedendosi accanto a Blaine.
“Rapido ed indolore –scherzò Blaine, ridacchiando- non farà male, vedrai.”
Certo, come no. Assomigliava molto alla frase che gli diceva il medico quando doveva immettergli un ago in vena per qualche terribile vaccino. E non era mai stata confortante.
“Senti –esordì Blaine, leggermente impacciato- non so bene quale metodo utilizzare, quindi che ne dici di provare a fare qualche esercizio da solo e, se non ti riesce, di chiederlo a me? Così vedi quanto hai realmente da studiare. Beh, a meno che tu non debba proprio ricominciare da zero.”
Oh, cos’era quella vena di sarcasmo nella sua voce? Lo stava provocando? Lo credeva così incapace? Ma dai, non era messo così male! Certo, non faceva uno studio di funzione da anni, ma quanto poteva essere difficile? Insomma, se ce la faceva lui, con i suoi riccioli che sembravano una spugna colpita da una scarica elettrica, poteva farlo benissimo anche da solo!
“Vedrai! - Dichiarò, afferrando la penna con un entusiasmo che non credeva di avere. – Sarà passata questa ora e mezza senza che io ti chieda nessunissima cosa!”
Blaine si limitò a sorridere e gli rivolse un sorriso sghembo: “lo spero, sai, per te.”
Ok, era ufficiale, lo stava ufficialmente provocando. E quella era diventata una vera questione di principio.


Si sa, i principi sono soltanto teorie un po’ vaghe, parole gettate al vento. Niente di ufficiale. Insomma, non c’era nessun detto che dicesse “un uomo non può mai rimangiarsi il principio dato”. Perché esattamente un minuto e mezzo dopo aver trascritto con una bella ed elegante calligrafia il testo, i dati, e ciò che richiedeva la tesi, Kurt entrò nel panico e cominciò a tenersi il volto fra le mani.
Oddio, non sapeva nemmeno da dove cominciare. Non aveva capito nemmeno quello che dovesse fare. Gli sembrava tutto così assurdo, con quei coseni, e quelle radici, e quei numeri seguiti da quell’assurdo punto esclamativo! Insomma, che diavolo erano, dei numeri esclamativi?! Kurt si immaginò che il libro prendesse vita, e ci fossero quelle cifre che uscivano dalle pagine fiondandosi verso di lui, e che si auto-esclamavano “cinque!”, “otto!”, tutte ridenti e saltellanti mentre facevano il girotondo.
Oh, non era mica male come idea. Forse era davvero quello lo scopo di quel simbolo; forse, era una sottospecie di messaggio subliminale per infondere allegria nello studente!
O forse stava cominciando ad impazzire.
Sbuffando per la centesima volta si passò una mano trai capelli, tamburellando leggermente con le dita, mordicchiando nervosamente il tappo della penna multicolore. Certo che la matematica era davvero stancante. E chissà da quanto tempo stava fissando quel foglio a quadretti: magari, se era passata una buona mezz’oretta, poteva concedersi di fare una piccola pausa. Sì dai, ci voleva proprio una pausa; in fondo, pensò, mentre con un piccolo sorriso si accingeva a leggere l’ora sul display del cellulare, non poteva mica fare tutto in un giorno!
Ma poi sbiancò.
Erano passati solamente cinque minuti.
C’era un errore. Il suo cellulare doveva essere rotto. Non era possibile, a lui era sembrata un’eternità.
“Tutto bene?”
Blaine lo stava osservando a metà tra il divertito e il preoccupato, incerto se sbirciare il suo foglio oppure no. Kurt lo anticipò strappandolo via e sfoggiando un’espressione volutamente calma e serena.
“Benissimo. Nessun problema.”
“Oh – commentò, inarcando appena un sopracciglio e sforzandosi di restare serio – ti riescono gli esercizi?”
“Certo. A meraviglia.”
“Sul serio?”
“Sì. Non ci credi?”
Lo fissò per un altro secondo. Kurt era così cocciuto, da risultare perfino adorabile. E poi, con l’innocenza di un bambino, gli indicò un foglio con su scritto un esercizio, e glielo chiese.
Beh, giusto, era lì per quello, considerò Kurt.
Impugnò per bene la penna e cominciò ad osservarlo con aria pensierosa, mormorando qualcosa di tanto in tanto, e cercando per lo meno di far finta di sapere cosa diavolo fosse quella specie di S epilettica ed incastrata tra due righe.
“E’ un arcocoseno – Rispose meccanicamente Blaine – potrebbe chiederti la derivata dell’inversa del coseno, e quindi ti conviene usare gli assi cartesiani. Lo puoi dedurre tutto graficamente, facendo uso delle regole di derivazione algebrica, altrimenti se ti è più facile fai l’analisi di due coordinate variabili ed indipendenti e ottieni il risultato.”
Silenzio.
Prima il videogiochese, e ora la lingua dei Maya.
No, era troppo.
“Ma perché non ti capisco mai quando parli?!”
L’altro scoppiò a ridere incitato dal fatto che il suo tono di voce fosse stato veramente disperato.
La mascella di Kurt scese di due piani, con le sue orecchie che diventavano sempre più viola. Ok, sì, poteva anche ridere un po’ della sua finta sfacciataggine, glielo consentiva.
“Va bene – fece lui, alzando una mano in segno di resa e facendogli cenno con l’altra di continuare – mi arrendo, non mi riesce niente. Denunciami per questo? Non è una novità.”
Disse quelle cose, e con un fare stizzito, perché si aspettava che Blaine lo canzonasse, e lo prendesse in giro all’infinito su quanto fosse stupido. Ma poi successe una cosa che lo lasciò, paradossalmente, ancora più di stucco.
Con sua grande sorpresa vide il ragazzo spostarsi un po’ più accanto, sorridere, e rivolgergli il suo foglio indicandogli con il retro della penna tutti i procedimenti passo per passo.
“Questo è un arcocoseno. Ha dominio tra -1 e 1. E’ l’inversa del coseno, che ha questo grafico qui, e quindi tutti i valori sono invertiti. Devi soltanto sostituire questi valori sostituendo la derivata allo schema. Vedi? In questo modo.”
Oh.
Quella S un po’ epilettica adesso acquistava un po’ più di senso.
“Sei molto bravo.”
Non si era nemmeno accorto di aver detto quelle parole fino a quando non vide le guance di Blaine tingersi di un tenue rosa.
“Me la cavo, non sono poi questo granché. Ai tuoi occhi sembrerebbe bravo chiunque.”
“Hey, potrei anche offendermi, sai?” Mormorò scettico, ridendo sommessamente subito dopo assieme all’altro.
Forse, non sarebbe stato così male.
E Kurt, forse, senza nemmeno volerlo, si stava lasciando andare un po’.
Ma ecco che poi il cellulare sul tavolo cominciò a vibrare freneticamente, notificando un nuovo messaggio.
Uscita con le ragazze per il centro commerciale? Se arrivi tardi ti nascondo la sciarpa che hai lasciato nel mio armadietto! – ‘Cedes
A Blaine non servì leggere quel messaggio per capire immediatamente le sue intenzioni.
“Blaine, mi dispiace, ma per oggi dobbiamo finire prima.”
Voleva fargli notare che, in effetti, avevano appena iniziato, e che lui aveva davvero rischiato una crisi di panico per colpa di un semplice arcocoseno. Ma un’altra parte di sé, quella un po’ più dispiaciuta, quella un po’ più ferita dall’atteggiamento freddo e lascivo di Kurt, dichiarò che non fossero affari suoi, e che se quel ragazzo volesse bocciare in matematica poteva benissimo farlo.
“Come vuoi tu.” Disse allora, afferrando i libri e tracolla. Guardando per l’ultima volta il suo sorriso entusiasta, però, non riuscì a trattenersi dal chiedere: “Ci vediamo anche domani?”
“Mhm, sì, certo.” Annuì lui senza poca convinzione, e con dei semplici “ciao” e “alla prossima” i due si salutarono.

Blaine continuava a ripetersi che non gli importava assolutamente niente.
Ma anche nella sua mente quelle parole suonavano molto false.





***
Angolo di Fra:


(*) Ok, non sapete quanto mi gasi l’idea di farlo, ma mi sento in dovere di spiegarvi che questi sono tutti giochi più o meno famosi e tipici nel mondo dei nerd. Assassin’s Creed poi lo amo. Warhammer è basato su dei modellini che compri e dipingi per fare le guerre con altri. Non ci posso credere che vi sto introducendo un po’ di mondo dei nerd!!! XD

Allora…sono le quattro di notte quindi eviterei tanti commenti. Dico solo un paio di cose:
a) Questo cap è venuto esageratamente lungo e che spero dal più profondo del cuore che vi piaccia. Blaine ho voluto farlo così, perchè mi sembrava la versione più IC possibile (sì, nella mia testa quell'uomo si innamorerà sempre e solo di Kurt anche se non vuole) e Kurt...beh, per lui ci sarà una spiegazione adeguata. A tempo debito. Dico solo che non amo l'OOC gratuito e quindi darò un senso anche al suo carattere. Ho messo degli indizi qua e là, spero che si capiscano.
Onestamente, il numero di recensioni, seguiti e preferite mi ha spaventata perché mi fa vedere quante persone ci tengono a questa storia, e quanto io ci tenga a non deluderle. Quindi, spero di non avervi delusa. I primi capitoli sono sempre i più tragici, per quanto mi riguarda.
b) E vabè…58 seguite. 21 recensioni. Cioè, ma grazie. LET ME LOVE YOU. Siete stati voi a convincermi di continuare, sappiatelo. Spero che vi sia piaciuto tanto quanto il primo capitolo.
c) Ok, devo dirlo. Il fatto che nessuno abbia capito una mazza della frase di Blaine mi ha fatta morire. Mi sento così splendidamente Nerd incompresa XD Vi prometto che metterò un traduttore, per le prossime volte. Ma è troppo bello che vi faccia lezioni di nerdaggine, tra giochi e linguaggio! Ahahahahah!

Vabè, ho un po’ sonno, quindi vi saluto. Anzi, vi saluto alla nerd:

Vado AFK. BB. GL HF.

Bacioni!!
Fra

PS _
Traduzione:
Vado away-from-keyboard. Bye bye. Good luck (and) Have Fun.

Sì, mi diverto da morire.
   
 
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