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Autore: Chamberlains    05/01/2012    2 recensioni
Il nostro anonimo è un tipico universitario, sempre di corsa, sempre impegnatissimo e che non concede più nemmeno un attimo di tempo alla parte più interiore di se, quella che desidera essere felice. Poi incontra Ceska e tutto cambia, le dedica una lettera. Ceska è una ragazza pigra, svogliata e che odia lo sport, iscritta all'università solo per non ritrovarsi fuori dal mondo del lavoro in futuro. Basa la sua vita sui piccoli momenti di piacere che gli regalano i cioccolatini, i videogiochi e le schifezze da fastfood che si prepara da sola, non curandosi dei suoi chili di troppo. Un'inconcludente, diremmo noi. Ma chi infondo può davvero giudicare il suo modo di vivere? Chi è perfetto alzi la mano!
Questa One-Shot è solo il frutto di un'ispirazione di qualche giorno fa, se merita davvero, potrebbe diventare una storia.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Ceska.

D’altronde è così che ti fai chiamare, no? È così che ti sei sempre presentata, senza nessuna pretesa.
Eri solo una certa Ceska che avevo incontrato, amica di amici, niente di più, niente di meno.
Però devo ammettere che ti è bastato poco per farti conoscere per quello che sei davvero, una ragazza con le palle. [SCUSA L’ESPRESSIONE AMBIGUA]
Se fino a due secondi prima eri stata una mediocre, all’improvviso ti sei rivelata una bomba. Sei una bomba. Credo sia questo che mi stia spingendo a scrivere cose senza senso.
Tu mi hai sorpreso quella volta, Ceska, continui a farlo adesso e so che lo farai ancora.
Sei sempre stata qualcosa di alieno, un essere senza forma, né colore. C’è un videogioco dove ci sono creature simili? Comunque, sei stata qualcosa di sconosciuto, sin da subito.
Da quando ti ho visto la prima volta, i nostri incontri sono stati come le tessere del domino, uno dopo l’altro. Tutti per motivi stupidi, molto stupidi, che ci scordavamo quando ci eravamo salutati dopo tre ore di discussioni su altri argomenti. Diciamo che ci siamo conosciuti casualmente, ecco. In più perché non avevo una gran voglia di conoscerti, a dirla tutta.
Eppure ero sicuro che mi attraevi da matti. Anche se a me questa cosa non piaceva e inizialmente non l’ho ammesso neanche con me stesso.
Non ne vedevo il motivo, in tutta sincerità. Tu odi ogni tipo di sport, sia praticarlo che seguirlo, tranne la pallavolo, che non mi entusiasma per niente. Sei pigra ed hai un’intolleranza per ogni tipo di movimento, tranne camminare e ballare in discoteca, quello lo fai piuttosto bene, devo dire. Oltre a studiare, durante il giorno giochi alla Play Station, guardi la tv e mangi schifezze ipercaloriche, che però sono buonissime.
Quando mi vedi il tuo hobby preferito è sfottermi, mi sfotti per l’abbigliamento, per il mio modo di salutare, per il mio modo di camminare e per tutto ciò che esiste in me di sfottibile (tra parentesi, se non ci fosse niente da sfottere, tu te lo inventeresti).
Inoltre, non sei bellissima. Io ho sempre preferito le ragazze in forma e brune, tipico fascino mediterraneo.
Tirando le somme, non sei mai stata la ragazza tipo che speravo di incontrare.
Di solito quando vedi una che ti piace, oltre a pensare Che figa! Incominci anche con i film mentali. Immagini di spogliarla, di buttarla sul letto e… beh, lo sai.
Con te è stato tutto diverso. I film sono partiti molto dopo.
Quando dovevamo vederci per motivi che tu già sai, fino ad un secondo prima che suonassi il campanello di campanello di casa tua, che entrassi al bar o comunque, che il tuo viso mi si presentasse davanti, io non vedevo l’ora di concludere. Volevo farla finita con te. Però quando ci mettevamo a parlare, a scherzare, a combinare cazzate amavo essere lì, con te. Anche se sfottevi di brutto, anche se eri sempre un po’ insopportabile, io mi sentivo a mio agio. Che uomo autolesionista!
Tu riuscivi a rendere piacevole qualsiasi cosa con la tua schiettezza ironica, riuscivi a farmela pesare meno. A parlare mezz’ora con te, mi si apriva l’anima.
Io e te siamo il giorno e la notte, il bianco e il nero, siamo gli opposti. Tu sei determinata, sicura di te stessa e del tuo futuro. Io no.
Io sono un insicuro nato, non posso farci niente. Io sono insicuro su cosa spalmare sul pane la mattina: nutella o marmellata? Sono insicuro su cosa indossare: camicia bianca o polo nera? La mia vita è fatta di tanti piccoli dubbi come di tanti enormi dilemmi.
Il mio problema è che sono grande, Francesca (sì, ti chiamo con il tuo vero nome, che ti piaccia o no), siamo grandi. Dobbiamo prendere delle scelte. Delle fottute scelte su questa fottuta vita.
Tu sei brava in questo, sai sempre scegliere bene. Ogni evento ti scivola addosso, senza che diventi parte di te. Sei brava a scindere il giusto dallo sbagliato, a capire cosa è meglio per te. Ti lasci guidare dall’istinto e questo ti aiuta sempre, non ne sbaglia una. Tu non sbagli mai, o per lo meno sai rialzarti bene.
Io invece non lo sono affatto. Io rifletto, rifletto e rifletto. Rifletto troppo. Mi perdo in altre questioni, in me stesso. Non concludo niente e non so a chi chiedere consiglio.
Il punto è che da quando tu sei entrata nella mia vita, ho capito tante cose. Sei stata un’illuminazione.
Ho capito che sto correndo dietro a qualcosa che non conosco, quindi senza motivo. Sono i miei che mi tormentano, come tu hai cercato di farmi capire altre volte. Hanno ragione a stimolarmi è vero, ma io ho bisogno di calma per riuscire a capire chi sono veramente.
Ho capito quanto mi faccio influenzare da chi mi circonda e quanto conta l’apprezzamento da parte delle persone care per me. Ho sbagliato con te anche per via di questo, non è vero? Ho troppo ascoltato l’opinione comune. Mi faccio trascinare da ciò che mi circonda, anche quando in realtà non è quello che penso.
Tu mi hai fatto vedere oltre il precisino che sono, oltre l’uomo maturo che fingo di essere. Mi hai fatto capire che era solo una farsa, che in realtà sotto quella camicia c’è un bambino che ha ancora voglia di giocare, di essere lasciato in pace, almeno per un giorno.
 
L’altro giorno diluviava, sentivo l’acqua che picchiava in modo abbastanza violento sul tetto, i tuoni in lontananza. Mi scocciavo troppo ad uscire di casa, bagnarmi ed arrivare all’università inzuppato dell’acqua delle piogge. E poi era così bello stare sotto le coperte, al calduccio…
Basta, le tentazioni erano troppo forti. Mi sono dato malato con i miei e ho chiuso gli occhi, per riconquistare la permanenza nel mondo dei sogni. Mi sono risvegliato qualche ora dopo, verso le dodici.
Ho fatto una cosa strana, a quel punto. Mi sono spogliato e sono rimasto sotto le coperte, solo con le mutande. Non c’era freddo, la temperatura era perfetta, il contatto lenzuola-pelle era veramente wow.
Sono stato un po’ di tempo a guardare il soffitto, sai quando ti ritrovi a non pensare a niente e allora pensi che non stai pensando? Ecco, ho fatto questo giochetto per un po’, pensando a quello che pensavo.
Dopo aver finito di prendermi per il culo da solo, sono stato pervaso a una voglia di compagnia. Ma non una compagnia qualunque, volevo qualcuno di veramente intimo, lì con me. Volevo qualcuno che mi abbracciasse e che anch’io potessi abbracciare, che mi sfiorasse con la punta delle dita dietro la schiena, che mi baciasse sul collo, qualcuno con cui attorcigliare le gambe con le mie ed accorgermi che le sue erano lisce,proprio come tutta la sua pelle, liscia e profumata.
Quando ho preso atto del fatto che ero solo, in camera mia, ho preso il telecomando dal comodino, tirando fuori solo la mano perché sentivo troppo freddo per fare uscire un’altra parte del mio corpo.
Ho acceso la tv e ho fatto zapping per circa dieci minuti, finchè non ne ho trovato uno che trasmetteva uno di quei telefilm idioti che guardi tu. Sì, quello con i nerd fuori di testa.
Mentre le immagini scorrevano a vuoto sullo schermo, io pensavo a te. Ho cominciato ad immaginarti lì, con me, sotto le lenzuola, con gli occhi semichiusi. La tua testa cadeva sulla mia spalla e io avevo il braccio dietro la tua testa, probabilmente addormentato. Guardavamo il telefilm e nel frattempo lo commentavamo, ma in quella situazione aveva un ruolo secondario, almeno per me, tu ti fingevi troppo interessata alla tv per darmi ascolto. Comunque a un certo punto io ti sono saltato addosso e da lì la tv per noi poteva anche non esistere. Ti accarezzavo, ti stringevo, ti baciavo e mi sembravi anche più bella del solito. I tuoi occhioni azzurri brillavano, mi sorridevi, mi fissavi. Facevamo l’amore lì, in camera mia, senza preoccuparci che la donna delle pulizie sarebbe benissimo potuta sbucare all’improvviso dalla porta. Sembravamo troppo presi da noi stessi per occuparci degli altri.
Era tutto perfetto, proprio come io avrei voluto, come ho sempre sognato.
Francesca, stavamo da Dio. Da Dio.
Ma tu non c’eri e non ci sei neanche adesso. Più tardi ha chiamato Ste, ha un po’ rotto con la storia del pc, visto che devo riportarglielo da tre settimane. Di malavoglia mi sono alzato, sono corso tremando dal freddo fino alla doccia, mi sono lavato, vestito e sono andato da lui.
Quando sono tornato a casa, era già l’una e sapevo che, poiché era martedì, i miei non sarebbero ritornati a casa prima della cena, ergo mi toccava sfamarmi da solo. So di essere uno chef professionista (viva la modestia), però giusto quel giorno mi si gonfiavano le palle a cucinare. Quindi ho pescato un po’ di roba dal frigo e ho fatto una schifezza. Saresti stata fiera di me. Mia madre invece mi avrebbe ripudiato come figlio.
Ho fatto un sandwich a sei strati: salsa rosa, insalata, prosciutto crudo, prosciutto cotto, uovo sodo e di nuovo salsa rosa. Era buono, anche se la tua salsa rosa è molto più buona, a me mancava la vodka.
Mi sentivo un po’ come macchiato di crimine, anche se la mia pietanza aveva un aspetto così invitante, mmh…
Adesso leggi bene, perché penso che stenterai a credere ciò che ti sto per dire.
Me lo sono trascinato fino al divano di pelle, quello del soggiorno, ho acceso la Play Station e ci ho giocato per tutta la giornata. Quasi avevo gli occhi rossi.
Quel giorno non ho studiato, non ho corso di continuo, mi sono rilassato, per la prima volta dopo tanto tempo. La prima volta dopo che abbiamo smesso di vederci.
 
A fine giornata ti ho pensata tanto, perché sapevo che era quello che tu avresti voluto, era quello il ragazzo che ti piaceva, quella parte di me. Perché io sono sicuro di piacerti, o perlomeno di esserti piaciuto.
Dopo quel giorno ho pensato realmente a ciò che voglio essere, alla vita che voglio avere e credo di essermene fatto un’idea, nonostante io sia un tipo difficile quando si tratta di scelte. Io voglio continuare gli studi, voglio andare all’università e poi trovarmi un lavoro, però voglio stare bene con i miei amici, con i miei cari e voglio uscire il venerdì e il sabato sera, voglio stare con qualcuno seriamente.
Non voglio essere come Alberto e la Canu (a proposito, alla fine l’ha lasciata, sotto il mio consiglio), due persone sconosciute che però stanno insieme, io voglio poter vivere dei momenti felici con una persona, voglio sostegno nelle situazioni più difficili.
Ho capito di non aver bisogno di una Megan Fox o di una Scarlett Johansson (non le cito a caso, sono state fra le mie fantasie erotiche per un paio d’anni) per poter essere felice. Non ho bisogno di una come la Canu che vuole essere accompagnata ogni lunedì dal parrucchiere (ciao ciao paghetta!), io ho bisogno di una ragazza che accetti le mie debolezze, che possa condividerle con me.
Io non sono perfetto, pertanto non posso pretendere che lo siano gli altri. Sono un ragazzo qualunque, con i miei pregi e i miei difetti, la mia banale routine e i miei momenti no. Scusa se è poco.
Non voglio niente di pazzesco, io voglio te.
Tu non sei una principessa, né una bomba sexy del cinema, né una modella, sei Francesca e questo mi basta. Tu mi piaci perché non sei perfetta, ma sei perfetta per me.
Non mi importa se non eri la persona che sognavo, che ho sempre aspettato, l’importante è che adesso tu sia qui, con me e che io abbia avuto la fortuna di incontrarti.
So che questa lettera è troppo lunga e probabilmente ti annoierai pure a leggerla, però se sei arrivata a questo punto significa che ti interessa ciò che ho scritto.
Il punto, Francesca, è che tu mi hai dato tanto, mi hai fatto capire tante cose e io adesso voglio dare qualcosa a te, voglio farmi perdonare. Voglio donarti quel sentimento di cui tutti conosciamo l’esistenza e ci permettiamo di parlarne, parlarne e ancora parlarne, ma solo pochi riescono a raggiungerlo, quello vero e duraturo. Io lo provo? Non lo so, vorrei scoprirlo insieme a te.
 
Ti penso.
 

Non c’è manco bisogno che ti scriva il nome.

  
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