Titolo: E I Volti Sembrano Teschi di Cera
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo
Genere: Slice of
Life, Angst, Introspettivo.
Capitoli:
3
Avvertimenti: Shonen-Ai, Missing
Moment
Personaggi: Ivan Braginski/Russia, Alfred F. Jones/America,
Pairing: RusAme
Trama: -E se-
ricominciò l’americano, puntando i piedi –Piagnucola-
socchiuse gli occhi, aspettando volutamente almeno due minuti per continuare -Il tarlo filisteo- sbuffò e si sistemò
gli occhiali sul naso -“Non fatevi
sedurre dalla Russia, ragazzi esaltati”..Io non mi sono mai fatto sedurre
da te, Nasone! It’s disgusting!-
Fu a quel
punto che Ivan decise di alzare finalmente la testa verso Alfred; se lo fece
perché colpito dalle sue parole o perché stanco di sentire il suo Majakovskij
violentato dal biascichio americano, a questi non interessava poi molto.
Diciamo pure che non gliene importava affatto.
Musica:
Inverno
– Fabrizio de Andrè.
Dedica: a Silentsky e a Rota.
Note: Prima Fan Fiction
dell’Anno! E come recensora, sto facendo le ragnatele! Ho due esami in arrivo,
perdonatemi D:
Dunque! Che dire? RusAme, 3 Capitoli,
ispirata da De Andrè. La parte centrale che sembra quasi poesia (Ma non lo è,
non sono in grado di scriverne) è ambientata nell’ultimo capitolo. Il primo e
il secondo sono delle sorta di Flashback. Questo intorno agli anni ’20, visto
che Alfred sta leggendo una poesia di Majakovskij (Fatti Sconcertanti) datata 1919. Il fatto che Russia gli dica di
far sentire le pause è perché si tratta comunque di una poesia “futurista” con
una diversa organizzazione del verso. Andate a leggerla per intero e non solo
questi due versi che ho citato, ve la consiglio!
Beh, che altro? Ah, sì. Non fatevi
ingannare da questo primo capitolo. Sono malefica, lo so.
Sia il titolo che i versi a fine
capitolo sono tratti dalla canzone “Inverno” di De Andrè. Ascoltatela, perché è
pura meraviglia e poesia.
E I Volti Sembrano
Teschi di Cera
Nevica. Fa un freddo cane.
America guarda, fissa, osserva
Un fiocco, un altro ed un altro ancora
nell’infinito turbinio
di un inverno grigio di cenere,
rosso di fuoco.
-Ma il venerdì mattina divampò
l’America- girò pagina, camminando alle spalle di Ivan, chino
a fare chissà cosa sul terreno molliccio della steppa –Terra sembrava, e si rivelò polvere da sparo- arricciò le labbra,
spiando il lavoro dell’altro da sopra la spalla –E se- continuò con cadenza lamentosa, come a pungolare verbalmente
quel Nasone che non gli stava dando la minima soddisfazione e/o attenzione –Piagnucola il tarlo filisteo-
-Fai sentire le
pause, Amerika- lo richiamò Russia.
-E se- ricominciò l’americano, puntando i
piedi –Piagnucola- socchiuse gli
occhi, aspettando volutamente almeno due minuti per continuare -Il tarlo filisteo- sbuffò e si sistemò
gli occhiali sul naso -“Non fatevi
sedurre dalla Russia, ragazzi esaltati”..Io non mi sono mai fatto sedurre
da te, Nasone! It’s disgusting!-
Fu a quel
punto che Ivan decise di alzare finalmente la testa verso Alfred; se lo fece
perché colpito dalle sue parole o perché stanco di sentire il suo Majakovskij
violentato dal biascichio americano, a questi non interessava poi molto.
Diciamo pure che non gliene importava affatto.
America
chiuse il libro con uno schiocco, inginocchiandosi tutto soddisfatto accanto al
russo.
-What
are you doing, Big nose?-
L’altro non
rispose, ma appallottolò un po’ di terra brinata fra i guanti e la ammonticchiò
davanti a sé; guardò soddisfatto il suo lavoro e alzò gli occhi sul paesaggio
intorno a loro. Il tutto senza dire una sola parola.
Infastidito
da quel silenzio, Alfred cominciò ad osservare il paesaggio, chiedendosi
cosa ci trovasse Ivan di così interessante: c’era della nebbia lanuginosa
all’orizzonte, e il profilo nero e sgrossato di un campanile che tagliava il
cielo a metà. Niente di più. Piuttosto desolato e desolante come posto.
-So?- chiese, pizzicandogli la guancia
–Che fai?- gli pigiò un dito contro il naso –Che c’è là sotto?- lo tirò per la
sciarpa.
-Semyan- rispose Ivan sorridendo –Un
seme- e strappò la sciarpa dalle mani dell’americano, sempre mantenendo la sua
espressione bonacciona.
-Quello che
ti ho regalato io?- si esaltò subito America, stringendo il libro al petto.
-Da- annuì il russo -Quello di girasole-
-Ahaha!-
Alfred gettò indietro la testa, ridendo –Lo sapevo! Ma..- corrugò la fronte
–Non ti sembra che faccia ancora un po’ freddo per seminare qualcosa?- e indicò
con un ampio gesto del braccio i prati ancora bianchi, tempestati di brina
argentea.
-Crescerà-
confermò Russia, rialzandosi in piedi e porgendogli la mano per aiutarlo a fare
lo stesso –L’estate è in arrivo-
-Sarà..-
l’americano fissò scettico le dita che l’altro gli offriva -Sono un eroe, io. Non ho bisogno del tuo aiuto per
alzarmi! Più che altro, servirò io a te come
contrappeso per non cadere!-
Prese la
mano di Ivan e si issò, incespicando con la sua grazia tipica e cadendo
rovinosamente contro il petto dell’altro; questi ridacchiò, facendo tremolare
la sciarpa bianca e lo tenne per le spalle. Senza scostarlo.
-Ti sei
stancato di leggere, Amerika?-
-A..assolutamente
no!- esclamò lui, abbozzando un misero tentativo di allontanarsi –Ma quel
Majakovskij scrive delle idiozie troppo grandi per i miei gusti!-
-Tipo?- e ad
Alfred non sfuggì il tono appena appena
minaccioso di Russia.
-La storia che
mi faccio sedurre da te!- puntualizzò,
per non ritrovarsi con un rubinetto dritto nell’esofago.
Ivan inarcò
un sopracciglio, sorridendo. America deglutì. Lo conosceva quel sorriso.
Serrò le
palpebre e mostrò i denti, pronto a mordere qualsiasi essere di lingua cosacca avesse cercato di
confutare la sua precedente teoria, in favore delle assurde stramberie di quel
poeta da strapazzo.
Non vide
Russia avvicinarsi, ma sentì il suo respiro sulle labbra. Oh. Lo conosceva quel
respiro.
Lo conosceva fin troppo bene.
{ Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un'altra estate.}