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Autore: FraRose    05/01/2012    2 recensioni
[Ambientato dopo Città di Cenere]
Volevo che Jace entrasse con la pioggia.
Saremmo stati al buio, dove anche il proibito era permesso. Perché nessuno ti vedeva.
Saremmo stati sotto la pioggia scrosciante, dove anche il più rubato dei baci era permesso. Perché nessuno lo sentiva. Solamente noi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Come In With The Rain

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Tutto era semplicemente sbagliato.
Per quanto volevo ignorare tutte queste inaspettate verità e chiuderle in un cassetto, non ero proprio in grado di farlo. Lo volevo davvero, ma non ne avevo la forza.

Lui era sempre nei miei pensieri. Ovunque io mi trovassi, lui c’era sempre. E non importava se la sua presenza fosse fisicamente tangibile o solamente una figura fluttuante creata dalla mia immaginazione. Jace c’era ed era abbastanza per rendere la mia vita ancora più complicata di quanto già non lo fosse.  
Una parte di me, Clary Fray, avrebbe voluto dimenticare quel volto dagli occhi straordinariamente dorati, quei capelli biondi e mossi che incorniciavano un viso pallido e dagli zigomi alti, quel corpo ricoperto da marchi e cicatrici, segni di numerose lotte, e quella voce così dannatamente affascinante, con quella perenne nota di sarcasmo irresistibile.
L’altra parte di me era perfettamente consapevole che dimenticare avrebbe significato soffrire, perché perdere il ricordo di Jace sarebbe equivalso ad un dolore fisico. La sua persona non era un tratto di matita che poteva essere cancellato con una gomma in qualsiasi momento: era indelebile, e nemmeno la pioggia che batteva ininterrottamente sulla strada fuori dall’Istituto avrebbe potuto eliminarlo.
Pioveva. A volte l’acqua scrosciante che picchiava sui tetti degli immensi grattacieli di New York era così insistente che provocava un rumore estremamente calmante, come in quel momento. Le gocce provenienti dal cielo erano la colonna sonora dei miei pensieri ingarbugliati. Tutto appariva come uno scarabocchio, una tela piena di righe dritte e curve dai mille colori, che si intersecavano tra loro senza un senso logico.
Pensare che al di là della sottile parete destra della mia stanza c’era quella di Jace… cosa stava facendo? Magari stava pensando a me! Nah! Jace aveva il mondo femminile ai suoi piedi, perché si sarebbe dovuto struggere per una nana lentigginosa dai capelli rossi che non poteva nemmeno avere?
No, Jace non stava di certo pensando a me.
Eppure ricordavo perfettamente quella notte del mio sedicesimo compleanno, nella serra di Hodge, dove lui mi aveva detto che ero bella. Bella. Nessuno mi aveva mai detto che ero bella, con l’ovvia eccezione di mia madre. Quale mamma non dice al proprio figlio che è stupendo?
Jace era sembrato incredibilmente sincero. Non sapevamo ancora di essere fratelli, quindi lo aveva detto perché lo pensava sul serio. Oppure non sapeva di cosa parlare e aveva buttato nella conversazione la prima cosa assurda che gli passava per la testa? Tuttavia, a pensarci bene, se fosse stata tutta una messinscena, perché dopo mi avrebbe baciata in quel modo? Era stato così dolce, intimo e voluto. Io lo desideravo e sembrava anche lui lo volesse. Per quanto quello fosse un atto proibito tra due fratelli, in quel momento che adesso sembrava così lontano non c’erano state regole a vincolarci. E ora che c’erano e dominavano la mia vita ventiquattro ore al giorno, non ero molto propensa a rispettarle.
Era passato relativamente così poco tempo, ma erano cambiate tante cose. Quella notte l’unica interruzione era stata Simon con i capelli arruffati e gli occhi stanchi; oggi era quella pesante consapevolezza che ogni sguardo che ci scambiavamo, ogni misera occhiata, ogni leggerissimo sfioramento era incredibilmente sbagliato. Gli altri lo avrebbero visto come un gesto innaturale, come se fossimo stati animali senza un’etica o una minima idea di cosa significasse amarsi tra consanguinei.
Sospirai disperata: un’adolescente normale non si sarebbe mai trovata in queste condizioni, a meno che non fosse stata figlia di una Cacciatrice che rinnegava la sua natura e di un Nephilim impazzito che voleva distruggere tutto il popolo degli Shadowhunters.
Perché io? Perché a me questa vita? L’unica cosa positiva di tutto questo era che potevo vedere il ragazzo più affascinante del mondo tutti i giorni. Le comuni mortali avevano un poster appeso in camera e attendevano inutilmente che quell’attore che amavano tanto un giorno avrebbe detto loro “ti amo”; io avevo Jace Wayland aperto ventiquattrore su ventiquattro ma non potevo permettermi di dirgli quello che sentivo, anche se sapevo che lui provava gli stessi sentimenti per me. Tutto questo era incredibilmente frustrante e inaccettabile.
Avevo una strana voglia di spalancare la finestra e sentire l’aria umida schiaffeggiarmi il viso, come punizione per aver pensato nuovamente a Jace in modi vietati, ossia pensarlo come qualsiasi cosa che non fosse un fratello. Quello che non riuscivo a togliermi dalla testa era che lui non poteva essere, per natura, qualcosa di diverso. Non ci si poteva sposare tra fratelli, punto e basta.
Avrei voluto dirgli quanto volevo stare con lui, ma non potevo.
Avrei voluto andare nella sua stanza, ma non potevo.
Avrei voluto solamente sfiorarlo, ma non potevo.

Allora perché non vieni tu, Jace?
Tutti dicevano che parlare con il vento fosse la cosa più ridicola del mondo. Eppure lui si muoveva ondeggiando e emetteva sibili inquietanti. Così come il cielo: cambiava colore e le nuvole lo rendevano più cupo e tempestoso. La notte era una distesa di pittura nera, punteggiata da macchioline luminose. All’alba il sole illuminava il mondo e d’improvviso ci ritrovavamo avvolti da una calda ed immensa coperta azzurra. Forse anche lui aveva una vita, un’anima, un qualcosa che mi avrebbe potuto spiegare tutte le cose assurde che mi capitavano ogni giorno.
“Che devo fare?” pensai, aspettandomi seriamente una risposta. Mi sarebbe bastato un tuono, una saetta, una stella lampeggiante. Sarei stata in grado di interpretarla, a modo mio, anche grazie alla mia fantasia smisurata.
Il vento soffiava e la pioggia cominciò a scendere rovescia, bagnandomi ed entrando nella mia camera. Avrebbe potuto significare qualcosa? Torna dentro? Smettila di fare la scema? Non ne avevo la minima idea.
“Devo amare Jace?” chiesi sottovoce, fissando con finto interesse un punto indefinito del poggiolo. Realizzai che non sapevo proprio interpretare il linguaggio del cielo, sempre ammesso che ne avesse uno. La pioggia continuava a battere sulla mia testa e sentii i miei capelli appesantirsi, lisciandosi completamente e appiccandosi ai lati del mio viso. Probabilmente adesso sembravo un cagnolino bagnato conciato piuttosto male, che sarebbe stato meglio nessuno vedesse. Eppure in quel momento un solo desiderio mi tormentava: volevo che Jace uscisse su quel dannato poggiolo comunicante con il mio. Volevo che Jace entrasse con la pioggia. Ci avrebbe separati solamente qualche asse di metallo che sia io che lui saremmo stati in grado di scavalcare facilmente. A quel punto ci saremmo potuti vedere, abbracciare, toccare. Saremmo stati al buio, dove anche il proibito era permesso. Perché nessuno ti vedeva.
Saremmo stati sotto la pioggia scrosciante, dove anche il più rubato dei baci era permesso. Perché nessuno lo sentiva. Solamente noi.
Ma no. Non potevo farlo. Chiusi rapidamente la finestra e il ticchettio della pioggia ora era solamente un rumore di sottofondo smorzato. Saremmo stati soli, questo era vero, ma come potevo solamente pensare che poi gli altri non avrebbero visto quei frammenti di felicità che ero riuscita a provare nell’oscura notte silenziosa, mentre tutti dormivano tranquilli nei loro letti? Non si poteva nascondere ciò ti rendeva felice. Non si può nascondere l’amore.
I corridoi dell’Istituto erano anch’essi bui. Conoscevo a memoria la strada e il numero di passi che mi occorrevano per arrivare alla stanza di Jace. Bussare alla sua porta sarebbe stato semplice come bere un bicchier d’acqua, ma non avrebbe avuto alcuno scopo. Mi immaginavo già la scena: io, con i capelli scuriti dalla pioggia, che stavo impacciata di fronte al ragazzo più impeccabile della Terra. Io, senza avere la minima idea su cosa dire.
Tentavo in tutti i modi di convincermi che non volevo più andare da lui, che non lo volevo più vedere, che la sua presenza era sbagliata, che c’erano milioni di persone più simpatiche di lui, che il mio futuro non era con lui, che mi sarei rovinata la vita stando con lui. La verità, tuttavia, mi penzolava davanti e l’unica cosa che dovevo fare era afferrarla e ammetterla a me stessa: mi sarei rovinata la vita stando lontana da lui. La separazione ci avrebbe distrutti; d’altronde, i fratelli hanno bisogno di stare assieme e aiutarsi a vicenda, no?
Sbuffai disperata, rendendomi conto che il cielo non mi aveva aiuta quella notte. Avevo seriamente sperato che mi avrebbe mandato una risposta, oppure che avrebbe indotto Jace ad uscire dalla sua finestra e a venirmi incontro con la pioggia? Scossi la testa, pensando che l’amore riusciva a influenzare la tua mente che non potevi comprendere pienamente fino a quando non lo provavi davvero.
Mi distesi sul letto e mi tirai le coperte oltre il mento. Avrei voluto chiamare il nome di Jace, ma il calore e il rilassamento che il materasso e il piumone riuscivano a infondermi erano più forti di me. Presto venni assalita dal torpore e mi addormentai.
Quella notte feci un sogno strano. L’atteso segno celeste che tanto avevo atteso durante la sera era arrivato: un tuono potente che era rimbombato per tutta la città, che tuttavia non era riuscito a svegliarmi.
La finestra si spalancò all’improvviso e comparve Jace, in tutto il suo splendore. La camicia bianca era diventata trasparente per via dell’acqua, lasciando intravedere una serie di marchi e di rune che erano la storia di una vita passata a combattere. I suoi capelli biondi gli cadevano davanti agli occhi, grondando acqua e bagnando così il pavimento.
Era bello, più bello di qualsiasi altra cosa avessi mai visto. Sorrideva, e quella fila di denti perfetti splendeva illuminando la stanza buia meglio di una lampada.
La cosa che più mi colpì, però, era il suo sguardo intenso. Avrebbe potuto fissare qualsiasi cosa, eppure il suo sguardo era incollato a me. Non lo staccava e sembrava che non lo avrebbe fatto per nessuna cosa al mondo. Sapevo quello che provava; in qualche modo me lo aveva detto lui stesso. E quegli occhi così colmi d’amore erano solamente l’ennesima conferma. Sembrava pronto ad affrontare qualsiasi cosa per me. Sembrava così… innamorato.
E conoscevo abbastanza me stessa per dire che ricambiavo ogni suo sentimento. Di cosa avevo paura? Di quello che avrebbe pensato la gente? O meglio, di come l’avrebbe presa Jocelyn appena si sarebbe risvegliata, di come avrebbe reagito Luke e di come ne sarebbe rimasto ferito Simon? Oppure ero semplicemente spaventata da ciò che era proibito?
Una volta Jace aveva detto: “Possiamo tenerlo nascosto”. Come si fa a nascondere l’amore? È assurdo, semplicemente impossibile ed impensabile. Per questo forse ora ci trovavamo in questa situazione.
Jace era sempre là, in piedi davanti alla finestra, a fissare me. Chissà cosa stava pensando…
Il sogno terminò e mi svegliai bruscamente. Era mattina; il temporale era passato. Quelle scene così dolci che avevo sognato erano sembrate così vere… ma non potevano esserlo. Jace in camera mia era un pensiero talmente irrealizzabile che poteva essere solamente frutto della mia dannata fantasia.
Avevo voglia di esprimere i miei sentimenti disegnando qualcosa su una tela, ma non ne avevo una. Il massimo che l’istituto mi poteva fornire era qualche scudo e delle spade angeliche colorate. Avevo tanti dubbi e nessuna certezza.
Mi alzai e mi vestii lentamente. Mentre mi infilavo la maglia ed ero quasi pronta per uscire, il mio occhio cadde davanti alla finestra. Una pozza d’acqua. Non poteva essere vero, ma avrei potuto giurare che la sera prima non c’era. Ed ero altrettanto sicura di aver lasciato la finestra chiusa prima di andare a dormire.  
Sorrisi malinconica; ora avevo una certezza: Jace era entrato davvero con la pioggia.

 

 

Angolino della Fra

 

Ciao a tutte!
Questo è il mio esordio per la sezione Shadowhunters. Questa OS è un po’ particolare ed è ambientata dopo Città di Cenere. L’ho scritta qualche mese fa e ora l’ho solamente rivisitata e conclusa. Io amo la saga di Cassandra Clare: più di Twilight, questo è poco ma sicuro.
Voglio precisare alcune cose: l’immagine (sempre che riesca a caricarla) è la nuovissima copertina ufficiale di City of Lost Souls. I’m so excited! 

Questa strana OS (che tuttavia mi soddisfa) è ispirata a una canzone di Taylor Swift, “Come in with the rain”.
Spero che vi piaccia e che recensiate in tante. <3<3
Much Love
Fra

 

 

 

 

   
 
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