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Autore: _CodA_    05/01/2012    6 recensioni
Brittany e Santana sono state insieme per circa 15 anni, ma qualcosa sconvolgerà le loro vite...
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ok, lo so che è follia intraprendere due long contemporaneamente... soprattutto con la confusione mentale che mi ritrovo, il perenne "blocco dello scrittore" e le millemila cose che ho da fare... ma ho abbozzato questa cosa e volevo avere il parere di qualcuno. Poi magari non la continuerò mai, ma intanto avremo perso un pò di tempo insieme u_u
E poi che devo farci?! So perfettamente che devo studiare e concentrarmi sulla letteratura italiana, ma britt e san non mi lasciano in pace! Attendo tanti commenti e consigli, sususu! :)
_CodA_




 
“Credi che così possa bastare?”
“Ancora un altro po’…”
Io annuì aumentando la lunghezza del filo che avevo tra le mani.
Percependo la sua faccia amareggiata e preoccupata, che teneva d’occhio la mia concentrata sul filo, non esitai ad alzare gli occhi verso di lei e a lasciarla parlare.
“Britt.. non credi che sia il caso di chiamarla?! Non puoi andare avanti così!”
Tirai un sospiro fatto di fatica e frustrazione. Davvero non potevo, non potevo chiamare Santana come se niente fosse e scaricare sulle sue spalle il dolore, l’angoscia, la rabbia e l’amarezza che stavo provando io adesso.
“Quinn, non è così facile…”
“Ma perché no?! Non riesco a credere, siete state insieme da… nemmeno me lo ricordo da quando state insieme!”
Sorrisi alla sua inevitabile tenerezza.
Feci un nodo all’estremità del filo e lo lasciai andare, avendo aggiustato anche quel dannatissimo costume.
“Insomma è dal liceo che siete divenute praticamente inseparabili! Siete cresciute insieme, siete fatte l’una per l’altra e tu cosa fai? Scappi via?!”
Nel momento stesso in cui parlava, la sua incredulità aumentava. E a dire il vero anche la mia. Messa così, era semplice trovare una soluzione, ma Quinn dimenticava una parte importante di questo puzzle.
“Io..”
“mamma, mi sono fatta la bua!”
Una dolce bambina dai capelli biondi mi interruppe mentre si avvicinò correndo verso di noi.
Istantaneamente ci voltammo verso di lei.
“Vieni piccola, cos’è successo?” le chiesi premurosamente, facendola sedere sulle mie gambe.
“Jake mi ha spinto a terra... e mi sono graffiata” completò mostrando il dito con una puntina di sangue.
“Oh…” mi finsi impressionata.
“JAKE, CON TE FACCIAMO I CONTI DOPO!” sentì urlare Quinn che si sporgeva oltre la mia figura per dare più carica alla sua minaccia con lo sguardo di una mamma incavolata e delusa.
“Ma io sono sicura che Jake non l’ha fatto apposta e che la ferita guarirà in meno di un secondo..”
“E come fai a saperlo?” chiedeva incantata la bimba con i suoi occhioni blu.
“Perché…” iniziai calandomi verso la mia borsa per estrarne un fazzoletto. “…io ho il fazzoletto del folletto!”
La biondina più piccola rise mostrando a tutti i presenti un paio di denti mancanti.
Le portai il fazzoletto al dito e il sangue, fermatosi da tempo, sparì.
“Wow! Avevi ragione! E’ proprio magico!”
“Che ti avevo detto?” chiesi retoricamente, andando fiera del mio trucco.
“Grazie mamma, ora torno a giocare!” esclamò di nuovo pronta per un’estenuante avventura.
“Ah.. non dimentichi qualcosa?” chiesi porgendo la guancia.
Si avvicinò sorridente e mi baciò. Poi scappò via.
Ancora sorridevo per quel gesto che oramai era come un patto tra noi due, un modo per comunicare, capire, intuire.
Quinn intanto silenziosamente mi fissava e sorrideva anche lei, piacevolmente impressionata.
“E’ incredibile quanto abbiate legato in così poco tempo!”
“E’ mia figlia dopo tutto” e con questo calò un velo di tristezza tra i miei pensieri e anche i suoi, che aveva intuito il mio combattuto stato d’animo.
“Santana ha il diritto di sapere”
Mi voltai bruscamente verso di lei.
“Sapere cosa? Che mentre eravamo insieme chissà come sono rimasta incinta? Ha davvero bisogno di sapere che l’ho tradita e non ne ho nemmeno un vago ricordo? E che per questi ultimi quattro anni mia figlia ha vissuto senza madre, senza che io lo sapessi? Credi che debba saperlo?”
“Si” rispose secca, lasciandosi poco impressionare dai miei attacchi di panico.
“No, no!” scuotevo il capo risoluta. “Non voglio che pensi male di me, che mi ricordi come una stronza che l’ha tradita, che ha abbandonato una figlia, che… non voglio che mi ricordi così! Non potrei sopportarlo! Non voglio che mi odi..”
“E invece preferisci che sia lei ad odiare se stessa?! Ma non capisci cosa stai facendo? Lei è convinta di aver fatto qualcosa di male, di sbagliato, unica sua conclusione per averti fatto fuggire così di punto in bianco! Si crogiola nei suoi tormenti, nella disperazione, con il pensiero fisso di tornare ad averti! Puoi essere così crudele?!”
“Non pensavo stesse così male..” ammisi, falsamente.
“Ah davvero? Perché tu come staresti se l’amore della tua vita, con la quale convivi da anni, ti lasciasse all’improvviso senza alcuna spiegazione? Brittany, ti prego… non prendiamoci in giro. Santana è distrutta. E non voglio mentirti, penso che potrebbe fare del male a se stessa se non le concedi come minimo una spiegazione. Anche qualcosa di inventato ma che le impedisca di auto affliggersi dolore. Non lo merita. Ti ha trattato come una principessa, come il tesoro più prezioso, per questi ultimi… 15 anni!!! Sei stata l’unica a far sbocciare il lato tenero di Santana Lopez e ora non puoi, se hai un briciolo di cuore, abbandonarla così.”
Avevo iniziato a piangere da parecchio, abbandonando la stupida costruzione di un costume da albero. Mi tenevo la testa tra le mani disperata implorando una soluzione, una macchina del tempo, qualcosa che riuscisse a fermare questo dolore.
“Non si merita questo.” Continuò Quinn. “E lo sai, la conosci meglio di me. Se le dicessi di avere una figlia, di essere da sola a crescerla, sapendo le difficoltà che incontreresti, sapendoti sola e vulnerabile, non esiterebbe un solo istante ad accoglierti nuovamente in casa, nella vostra casa. Si prenderebbe cura di te, di Kathrine, anche di un gatto se ne aveste uno! Vi tratterebbe come regine, come pietre rare. Sareste le sue due ragazze. Vi amerebbe come non ha mai amato nessuno.. e questo tu lo sai…”
Asciugandomi le lacrime tentai di parlare tra i singhiozzi.
“Stavolta non credo sarà così facile, è almeno un mese che non ho sue notizie. Non mi sono fatta sentire, non ho risposto alle sue chiamate. E da almeno una settimana ha smesso persino di provarci…” ammisi tristemente, adesso quasi arrabbiata ingiustamente con lei per aver perso le speranze, per non averci creduto abbastanza.
“Puoi biasimarla?”
Scossi il capo e tornai a piangere.
Quinn però frenò le mie mani nelle sue e cercò i miei occhi.
“Britt… Britt, guardami! So che adesso ti sembra tutto difficile ed impossibile, ma.. io sono qui. E potrai stare qui quanto vorrai! Ma devi ricordare che tu appartieni a Santana e lei appartiene a te. Non c’è storia. Devi solo trovare il modo di spiegare e farti perdonare.”
Annuì e strinsi ancora un po’ le sue mani, sorridendole riconoscente.
“D-domani… domani le andrò a parlare..”
“No, non domani! Oggi! Stasera stessa!”
Sgranai gli occhi allarmata.
“Quinn, non credo di essere pronta per..”
“No, devi starmi a sentire! Tu adesso ti vesti, ti dai una rinfrescata e vai da lei, non importa se non sei pronta! Devi fermare questo delirio!”
“Sta davvero così male?!”
“Tre volte l’ho trovata ubriaca fradicia e non ti dico le condizioni in cui aveva lasciato l’appartamento. E’ distrutta, Britt! Non può vivere così..”
Abbassai il capo colpevole, colpevole di tutto il dolore e i danni che avevo provocato.
“D’accordo. Stasera stessa”



5 settimane prima


“Santanaaaa!!!” urlai ridendo, mentre correvo e le sue braccia scure e forti mi afferravano per la vita e mi trascinavano verso di sé, contro di sé, in un abbraccio.
Il suo naso si intrufolò tra i miei capelli biondi, sul mio collo, finché le nostre guance non si sfiorarono, mentre la mia risata si calmava e lasciava posto ad un più tranquillo sorriso, ad occhi socchiusi e labbra provocanti.
Posai le mie mani sulle sue, sul mio ventre, mentre mi lasciavo cingere da dietro, mentre il suo respiro si faceva più lento e più sensuale sulla mia pelle.
Le nostre dita si accarezzarono a vicenda, la punta del suo naso accarezzava il mio viso e io stavo a guardare.
“Dove pensavi di scappare?”
Mi chiese con quella voce da gatta, roca e profonda, ammaliante, mentre graffiava leggermente il dorso della mia mano, per farmi rabbrividire ma soprattutto definire il suo potere su di me.
Io deglutì: la osservavo sott’occhio respirare sul mio collo, incollare il suo corpo al mio.
“Io voglio solo giocare con te…” concluse.
La sua mano destra iniziò a vagare sulle mie forme, contornandole, scendendo in fretta sulle mie gambe e lì sostare…
Fremente, mi voltai leggermente cercando i suoi occhi scuri, le sue labbra invitanti.
Il suo sguardo dritto nel mio, senza paura ma solo pieno di amore e passione, mi fece quasi sussultare.
Quello sguardo, quella bocca, riuscivano a trasformare ogni giorno, anche una semplice domenica mattina come quella, in un evento, una piccola avventura, che difficilmente si sarebbe potuta dimenticare.
Giorni come piccole perle, sempre insieme, instancabilmente unite, e innamorate.
“Mi vuoi?”
La mia domanda improvvisa la sorprese, intuì il cambiamento nelle mie intenzioni dal mio tono di voce più serio, dal mio volto in attesa, ma non esitò a rispondere.
Strinse la sua mano destra sulla mia coscia, l’altra mano strinse la mia, i nostri sguardi non si lasciarono.
“Ti voglio”
“Mi ami?”
Santana, più sicura ora, sorrise. “Sempre.”
Schiusi le labbra e invitai le sue che mi baciarono con passione, con delicata passione.
Con Santana è sempre come il primo giorno.
“Con te è sempre come il primo giorno” le confessai, orgogliosa del nostro rapporto, di lei, del nostro reciproco amore.
“No, è decisamente sempre meglio!” mi rispose con enfasi, prima di sollevare le mie gambe per aria, generando un mio urlo spaventato ma allo stesso modo divertito.
“E il meglio deve ancora venire..” concluse ammiccando portandomi in braccio verso la nostra camera da letto.



Qualche ora dopo, tra le coperte sfatte del nostro letto, avvertì dal mio sogno un lontano rumore insistente, un trillo, e quando aprì gli occhi realizzai.
Mi tirai stancamente su, cercando di non svegliare Santana che riposava accanto a me a pancia in giù.
Non poté che strapparmi un tenero sorriso quella figura nuda che poco prima mi aveva fatta sua con determinazione e adesso giaceva inerme tra le lenzuola bianche e fresche, come una bambina troppo stanca anche per respirare.
Incurante della mia nudità mi diressi in salotto e alzai la cornetta tranquilla.
“Pronto?”
“Brittany Pierce?!”
“Pierce-Lopez, se non le dispiace!” trillai con orgoglio, anche se non era ancora ufficiale.
“Già…” sentì quella voce, in un semplice monosillabo, incupirsi. Dopo una brevissima pausa, proseguì.
“Io e lei dobbiamo parlare. Ci vediamo domattina, al bar sulla terza strada.”
“Ma.. scusi.. lei chi è?” chiesi preoccupata.
“Si presenti domani e avrà tutte le risposte necessarie. Non dica niente a nessuno. Arrivederci. ...”


 
  
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