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Autore: _ L i s a    06/01/2012    1 recensioni
Salve. Questa che stai per leggere è la mia prima storia. Sono ben accette le recensioni sia positive, sia le critiche. Buona lettura!
L'Olimpo significava immortalità e solo pochi avevano la possibiltà di viverci. Ma se qualcuno dei fortunati non volesse più rientrare in questa categoria? 
Anche una semplice scelta potrebbe portare alla rovina il paese più felice.

"I suoi occhi smeraldo erano più lucidi che mai, mi stava trasmettendo un messaggio mentale e le immagini erano davvero nitide. Vedevo me, ancora alle prime armi con gli impegni. Ero sola e triste, ma mi aiutò nell'inserirmi. Apparivano le nostre serate durante le feste casalinghe dei contadini, del mio orrore nell'essere spettatrice dei sacrifici e del suo aiuto nel superare il problema."
Storia in sospeso, cercherò di aggiornare il prima possibile. ^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Se non credi in te stesso, nessuno lo farà per te."
Eccoci al terzo capitolo di "Estia", la mia prima storia. In questi giorni sentivo il bisogno di continuare con altri capitoli, ma non sono riuscita ad avere ispirazioni decenti. Oggi, forse, ce l'ho fatta; o è così o è la febbre che mi sta dando le allucinazioni.
Prima di cominciare, vorrei ringraziare due mie carissime amiche che mi hanno incoraggiato a continuare e a non mollare. E anche merito loro se sono arrivata fino a questo capitolo. 
Potrei continuare parlando di me, della mia vita, di come è nata questa storia, ma ne verrebbe fuori una vera e propria prefazione;
"Sì, una gran cagata sarebbe stata alla fine." (Cit. Guglielmo Scilla).  Quindi vi lascio alla storia e, come sempre, se lasciate una recensione cambierete le sorti del mondo. No, non è vero, mi fate solo più felice. 

Passo e chiudo.
Lisa.

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Non riuscivo a guardarlo, nonostante dovessi riconoscere che mi aveva salvata da una punizione assicurata. Mi fissava, sentivo il suo sguardo addosso, ma non volevo incrociare i suoi occhi e decisi che l'idea migliore era valutare le mie condizioni. Abbassai lo sguardo verso il vestito: mancava un pezzo nella gonna ed era tutto bagnato. Avevo perso entrambi i tacchi, il trucco marcava le lacrime che mi avevano rigato il viso, ma non era niente in confronto alla confusione che avevo nella mente.
Ricordavo tutto, ero cosciente delle mie azioni e questo aggravava la mia situazione. Partì un replay mentale, in cui cercavo qualcosa di sbagliato in quella serata immorale, ma non riuscivo a pentirmi di nulla.
"La porta sembrava aprirsi a rallentatore, ogni secondo faceva qualche millimetro in più. Non poteva essere possibile che l'emozione stava fermando il tempo. La porta traditrice, lentamente, scopriva un ragazzo, probabilmente il proprietario della villa di fronte a me. Mi guardava felice, in attesa di qualche mia azione, ma ero troppo perplessa per dire anche un' insignificante parola. Avevo notato che gli stessi occhi che mi avevano trasmesso una felicità improvvisa erano grigi, un grigio fantastico, paragonabile solo alle nuvole prive di pioggia. Così sembrava anche la sua aura: priva di problemi, di tensioni e non percepivo nessun tipo di fuoco interiore. Il corpo era poco muscoloso ed era alto poco più di me, quindi, data la mia statura, era piuttosto alto.
Avevo troppi dubbi.
"Zeus ha mandato un altro dio alla festa? No, non era possibile, avremmo attirato troppa attenzione.
"Può sempre essere un semidio non ancora scoperto dagli dei dell' Olimpo."
La mia convinzione cadde quando ripensai all'ultimo controllo che avevano fatto e non avevano trovato nessuna nuova "recluta". Non potevo essere attratta da un semplice umano, da uno qualsiasi. Ero la dea del fuoco, della purezza interiore, non potevo provare quelle emozioni. Il ragazzo si avvicinò e mi strinse la mano, con educazione esemplare.
"Salve, lei dovrebbe essere Victoria" valutò la mia espressione, poi concluse perplesso "Giusto?"
Victoria. Victoria.
Sì, Ermes aveva avuto una dicreta fantasia nel trovarmi un nome. Annuì sorridendo e il ragazzo, che ancora mi teneva stretta la mano con una delicatezza degna di nota, si presentò:
"E' un piacere fare la vostra conoscenza." e mi baciò con eleganza la mano che stringeva. "Il mio nome è Bryan." . Dal suo accento si capiva che aveva origini inglesi, le stesse che aveva Allie. Proseguì a parlare, nonostante le mie occhiate adoranti che non riuscivo a trattenere: "Entra pure, questa è la villa che ho ereditato dai miei nonni... " mi trascinò dentro la casa senza lasciare la mia mano, non che la cosa mi dispiacesse in qualche modo "loro si recavano qui solo in villeggiatura. La loro vera casa era molto più grande ed era in Inghilterra." continuò. 
Bryan aveva preso già confidenza, non che non l'apprezzassi: amavo la sua voce, così melodiosa, ma avevo paura che scoprisse la mia vera natura. Mi mostrò tutta la casa: era grandissima, ma non mi sarei persa, ero abituata a girare nell'Olimpo, che era molto più spazioso e aveva molti più corridoi. Dalla porta principale si accedeva a uno ampio salotto, arredato con poltrone in pelle e vetrine contenenti trofei di tutti gli sport conosciuti. Poi infiniti sopramobili e oggetti totalmente inutili. Così come il salotto, tutte le stanze erano arredate fino all'eccesso, senza contare che la pulizia era impeccabile: le piastrelle nelle stanze principali e il parquet nelle camere erano talmente lucidi che ci si poteva anche specchiare. Naturalmente, non ce ne era bisogno, visto i bagni erano arredati anche essi fino all'eccesso, con tanto di specchi che ricoprivano un'intera parete.   
Ogni stanza aveva una sua storia, un suo evento, un qualcosa di importante da raccontare e che naturalmente non mi intressava. Lo avrei fatto smettere volentieri, ma ero troppo affascinata da quell'umano così misterioso. Tutto di lui mi attraeva ed era come se non potessi rifiutarmi a quello che mi provocava.
"Bene, Victoria, ti ho mostrato la casa. Divertiti e spero di rivederti presto" Concluse, svegliandomi dai miei pensieri.
Stavo per ringraziarlo della compagnia, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa se ne era già andato. Mi assalì una tristezza infinita.
"Estia, ma che ti succede? Tu non dovresti avere nessun sentimento. Sono le regole!"
"Non mi interessa delle regole e lo sai benissimo."
"Ne riparleremo quando ti sarà vietato di uscire dalla tua stanza per cento anni."
Feci una smorfia. I miei due caratteri stavano litigando, di nuovo. Mi resi conto che questa volta si erano impossessati della mia bocca, attirando l'attenzione dei ragazzi presenti. 
Mi guardai intorno. Non mi ero resa conto di essere già in giardino e che fosse già tarda sera. Sfoderai uno dei miei sorrisi migliori e coloro che mi stavano fissando, pensando che ero una malata mentale, cambiarono idea, entrando in confusione. 
Una delle cose positive di essere una dea: avere un sorriso ammaliatore.
Cominciò la festa e alcuni ragazzi presero della legna da ardere. Dopo aver formato una grossa montagna, uno di loro accese il fuoco provocando una grossa fiamma. 
Ero totalmente travolta da quel calore, era come un qualcosa che mi creava dipendenza. Chiusi gli occhi per godermelo: sentivo che entrava nella mia pelle bianca e sprizzavo gioia da tutti i pori. Riaprì gli occhi e mi sedetti in una panchina. Scelsi la più vicina al falò cercando di evitare l'entusiasmo degli altri; un entusiamo superficiale, legato solo all'azione di appiccare un fuoco. Il mio entusiasmo era molto più profondo, un entusiasmo che nessun umano avrebbe potuto comprendere.
Due ragazzi si sedettero nella mia stessa panchina. Erano un'esplosione di passione. Si guardavano con occhi adoranti, come se per loro quello fosse stato l'ultimo giorno della loro limitata vita. 
Il ragazzo sfiorò la guancia della ragazza che automaticamente diventò rossa. Li guardai con la coda dell'occhio per ricordarmi come erano fatti; li avrei rivisti, fra qualche anno, felicemente sposati, con qualche bambino. E per ogni grande evento avrebbero sacrificato un animale ringraziandomi per la fortuna che avevano avuto. 
Io dovevo ringraziarli, perchè ogni volta che si amavano, mi regalavano una passione interiore. 
Una volta che il falò si spense, i presenti cominciarono a bere e, chi più, chi meno, avevano raggiunto il limite. A me l'alcool non faceva molto effetto, non ero parente del dio Bacco, ma in quel momento avrei voluto esserlo. Avrei voluto rivedere ancora una volta gli occhi grigi che mi facevano sentire felice. 
Cominciai a cercarlo, istintivamente. Dovevo vederlo. Volevo vederlo.
Seguii tutti che si stavano dirigendo verso la piscina all'esterno. Ormai erano pochi i coscienti rimasti fuori, capendo quanto fosse stupido buttarsi dentro una piscina in pieno inverno e di notte.
I miei occhi continuavano a cercare. Non c'era. Non lo vedevo. Mi avvicinai al bordo della piscina, ma non riuscivo ad individuarlo nemmeno lì. 
Sentì qualcuno spingermi dentro la piscina e gridai mentre cadevo, ormai impotente, dentro l'acqua. Appena riemersi cominciai a gridare: "Come ti permetti di spingere . . ."
"Scusa, ma non ho resistito." Il ragazzo di fronte a me stava ridendo. 
"Bene, un altro sobrio." dissi ironicamente.
Sorrise della mia battuta, poi si asciugò gli occhi con le dita. Grigio. Bryan. 
"Bryan?" dissi stupita, alzando la voce. Nessuno mi avrebbe considerata, erano tutti occupati a farsi scherzi dentro l'acqua.
"Sì, tu chi sei?" chiese sistemandosi i capelli nero corvino.
"Sono Victoria. Ci siamo presentati... ehm... qualche ora fa." 
"Oh, non ricordo." e cominciò a ridere come se avessi detto qualche barzelletta divertente " però sei molto carina." Mi strinse a sè. 
"Grazie, però adesso saresti così gentile da lasciarmi?" chiesi dimenandomi dalla sua presa. 
"No. Non lascio scappare ragazze così carine."  
Lo avrei tranquillamente schiaffeggiato, ma non era in sè e sarebbe stato inutile. Continuai a dimenarmi, anche se in realtà stare tra le sue braccia non mi infastidiva affatto. Erano calde a confronto con l'acqua gelida intorno a noi.
Quando allentò leggermente la presa cercai di scappare, ma mi bloccò completamente, tenendomi fermo anche il viso. Cosa voleva da me? Farmi venire un attacco isterico. Tanto non sarei morta.
Si avvicinò e appoggiò le sue labbra sulle mie. Dovevo liberarmi, altrimenti sarei finita nei guai, ma non riuscivo nè fisicamente a muovermi, nè psicologicamente. Stupida attrazione per ciò che amana calore.
Assaporai quel momento così sbagliato, le sue labbra sapevano di alcool. I suoi occhi mi trasmettevano tranquillità. Tutto di lui era perfetto, ogni singolo centimetro del suo corpo. 
"Estia, devi andartene! Sei nei guai!" La mia mente continuava a ripetermi queste parole. 
Come se lo avessi detto ad alta voce, Bryan mi lasciò. Aprii gli occhi: qualcuno lo aveva afferrato da dietro e gli teneva le spalle ferme.
"Bryan, io ti affido un'amica e tu me la riduci in questo stato?"
"Scusa, Tom. Sono fuori di me." detto questo Bryan uscì dalla piscina e scappò dentro la casa.
Tom si avvicinò a me e un raggio di luna lo illuminò: occhi smeraldo, collo perfetto, muscolatura perfetta.
"Ermes che ci fai qui?!" sussurrai.
"Ti vengo a salvare. Altri due minuti e Zeus si accorgeva di tutto." disse con tono soddisfatto. Non volevo approfondire la cosa.
"Portami a casa. Sono stufa di questa vita." dissi mentre ripensavo a quello che avevo fatto. Avevo baciato un umano. Sbagliatissimo. Avevo attirato l'attenzione. Sbagliato. Avevo fatto intervenire un altro dio. Sbagliato. 
Ermes mi prese in braccio, tornò nella sua forma da dio e cominciò a volare, mentre io pregavo che Zeus non avesse scoperto niente. E cominciai a piangere.
"Estia, sei ne guai, lo sai vero?"
"Sì, lo so." 
Non disse altro, tranne baciarmi la spalla scoperta. Era il mio migliore amico e capiva quando non doveva parlare. 

Arrivati all' Olimpo cercò di attraversare le stanze meno affollate, per non attirare l'attenzione su di me. Arrivò dentro la mia stanza, mi appoggiò delicatamente sul letto e si mise su una poltrona vicina, addormentandosi lì. 
Fu allora che mi venne la presentazione giusta che dovevo fare a Bryan: 


"Sono Estia, la dea del fuoco, della purezza interiore
e sono innamorata di un umano.
Adesso sono nei guai,
ma rifarei tutto quello che ho fatto."



  
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