Ogni anno scriveva una lettera con ciò che desiderava e la appendeva in bella vista sul frigo. Poi, la sera del 24 di Dicembre, prima di andare a dormire, lasciava sul tavolo dei biscotti al cioccolato e una tazza di latte come da tradizione.

La sera del 5 di Gennaio invece, come gli era sempre stato detto da piccolo, appendeva una calza vuota alla testiera del letto e andava a dormire presto. O almeno ci provava con tutto sè stesso.

Ci credeva, ci credeva sul serio. Ma se poteva permetterselo era grazie a lui, e a lui soltanto. A quel ragazzo che amava tanto.

Ogni anno leggeva dalla lettera ciò che l'altro desiderava. E non erano sempre cose semplici da trovare, anzi, proprio no. Altre volte invece gli andava decisamente liscia. Era capace solo di pensare a quanto felice sarebbe stato una volta scartato il regalo.
L'unica cosa è che con estrema amarezza doveva mangiare quegli odiosissimi biscotti per evitare di lasciare anche la più piccola traccia. Questo di sicuro era il sacrificio più grande. Si preparava psicologicamente addirittura mesi prima.

Invece, nei giorni prima del fantomatico arrivo della Befana, il ragazzo si vedeva costretto a comprare dei dolci stando molto attento a non farsi scoprire.
Uno dei problemi era che non li assaggiava, perciò si può dire che la scelta procedesse “un po' a caso” ma fortunatamente era sempre un buona scelta. Da mettere anche in conto che pagava profumatamente il commesso affinchè conservasse per lui la ciocciolata migliore.
L'altro problema era dove nasconderli fino alla sera del 5. Però da alcuni anni, il ragazzo aveva trovato il posto perfetto, una parte della casa dove era sicuro che il suo compagno non avrebbe mai cercato o anche solo aperto per sbaglio.
Quel posto era nel frigo. Eh già, più esattamente, nel piccolo scompartimento della verdura. Era più che sicuro che non avrebbe mai visto in quel cassetto.

Dopo aver riempito silenziosamente la calza ed essere tornato a letto, non si riaddormentava. Aspettava paziente il risveglio dell'altro per riuscire a cogliere la sua espressione una volta che si fosse alzato e avesse visto che anche quell'anno la Befana era passata. Nonostante avesse visto quell'espressione tante volte, non se ne stancava mai. Quegli occhi pieni di gioia, stupore, pura e innocente felicità che poi riusciva ad emanare per tutta la stanza, erano la ricompensa che gli donava senza neanche saperlo.

Ed eccolo che si svegliava, piano piano si scopriva e gattonando sulle coperte si dirigeva verso la calza.
«Chissà se ci sarà carbone quest'anno...» diceva tra sé e sé.

“Anche questa volta a lui niente... allora non era un errore, sa davvero che odia i dolci? Quella vecchia è un portento!” pensò, poi sorrise.

«Hey Teme! Sveglia! E' arrivata!» lo incitava dai piedi del letto.
«Uhm... davvero?» gli rispondeva, imitando la voce stanca di chi ha appena aperto gli occhi.