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Autore: Crystal Fenix    06/01/2012    2 recensioni
Seicento. Moon, giovane ragazza di un piccolo villaggio, viene condannata al rogo con l'accusa di essere una strega. Nonostante si sia proclamata innocente moltissime volte, alla fine accetta il suo destino e, come ultimo desiderio, chiede di poter ammirare il tramonto ancora una volta.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salivo faticosamente, aggrappandomi ai rami degli arbusti, che si protendevano davanti a me. Il sentiero, ripido e sterrato, serpeggiava inquieto lungo il bordo della montagna. E sul suo percorso, io.
«Non posso mollare ora... Non posso...» ansimai stremata afferrando un ciuffo d’erba.
Nessuno batteva quella stradina da tempo. Ed era per quello che l’avevo scelta. Volevo sentirmi isolata, perché dopo le ultime esperienze che avevo avuto con le altre persone, avevo deciso che quella degli uomini era una specie odiosa e crudele. Mi sarebbe piaciuto anche andarci sola, ma quegli infami avevano paura che potessi scappare.
Come se non avessi ancora accettato il destino che mi attendeva. L’unica cosa positiva era che lui si fosse offerto per accompagnarmi. O meglio, per tenermi d’occhio.
Era buio. La cima della montagna nascondeva il sole. Per questo volevo raggiungere la cima a tutti i costi. E non mi sarei fermata. Anche se non mangiavo da tre giorni. Anche se le mie gambe erano distrutte. Anche se il mio cuore mi implorava di lasciar perdere.
I miei occhi vedevano unicamente un piccolo bagliore, davanti a me. Non saprò mai se era frutto della mia immaginazione o meno. Ma la cosa di cui sarò sempre certa, è il fatto che fosse la mia speranza. Era lei che mi trascinava avanti.
Dietro di me, invece, potevo udire i suoi passi decisi. Avevo il suo sguardo addosso.
Una fila di fiaccole luminose, appese agli alberi, mi mostrava il cammino, quanto bastava per non inciampare o cadere.
«Mancano pochi metri…» ad ogni mia parola, lo sentivo sospirare, come se anche lui stesse soffrendo con me. Mi sarei girata e lo avrei preso a pugni, e sarei stata in grado di metterlo fuori combattimento. Ma mi morsi le labbra, pensando che era stato lui, prima di incominciare la scalata, a togliermi la corda dai polsi. Si fidava di me.
Finalmente incominciai a vedere i raggi caldi del sole tra i rami degli alberi. Un lume di gioia si accese nei miei occhi, e aumentai la velocità dei miei passi. Ce l’avevo fatta.
Ero in cima. Un sorriso si disegnò sul mio volto stanco, e lentamente mi appoggiai una mano sul cuore. Tramonto. L’enorme palla infuocata si allargava nel cielo, fra le nuvole, e la sua luce era più potente che mai. Guardavo l’orizzonte, conscia però di avere alla mia destra un precipizio, e alla mia sinistra la foresta. Mi appoggiai alla staccionata.
«Il mio ultimo tramonto…» sospirai.
«Senti io…».
Non fece in tempo a finire, che io mi girai verso di lui, arrabbiata, e lo attaccai.
«Tu non provi proprio niente! ».
«Moon, ti prego ascolta…».
«Io non ascolto un bel niente! Ho già sentito abbastanza! Da te e dai tuoi amici! ».
«Non sono miei amici».
Lo guardai stupefatta.
«Ah si? Allora perché sei d’accordo con quello che dicono? » gli gridai contro furiosa.
«Io non sono d’accordo con loro! Odio le loro idee! Odio loro! » il tono della sua voce iniziava ad imporsi sul mio, ma anche da arrabbiato, non avevo paura di lui.
«Si, ma non hai detto niente, non sei intervenuto! Hai lasciato che…» dai miei occhi iniziarono a scendere lacrime. Non sapevo se fosse per rabbia, per tristezza, per dolore. Ma piangevo.
Mi avvicinai a lui, decisa, e iniziai a picchiare pugni sul suo petto. Sentivo dentro di me forza, come il sole che stava tramontando oltre il monte, un'ultima esplosione di energia, prima di andarmene. Il fuoco dentro di me ardeva vivo e potente. Avrei voluto fargli male, avrei voluto che provasse quello che provavo io in quel momento, ma sentivo che le mie mani serrate cadevano con colpi leggeri sul suo torace muscoloso.
Mi prese e mi strinse forte a sé.
«Randy… mi spiace…» mormorai tra un singhiozzo e l’altro.
«... mi spiace tanto… tu sei l’unico che mi ha sempre aiutata in qualche modo…».
«Shh… tranquilla…» mi zittì dolcemente con la sua voce calma.
«Dispiace tanto anche a me…» sussurrò scostandomi e appoggiando le mani sulle mie spalle.
«Tu non immagini quanto io sia stato male, dopo l’annuncio di quello che ti sarebbe toccato, dopo tutti gli insulti, la crudeltà e l’odio che tutta Hale ha avuto nei tuoi confronti. Ogni tua ferita è anche mia…».
«Randy…» lo interruppi con voce fievole «…io non sono una strega… te lo giuro».
«Lo so… tu non sei una strega… sei un angelo…» disse nuovamente.
Mi allontanai per qualche secondo da lui. Potevo sentire lo scorrere del fiume sotto la montagna. L’atmosfera ispirava tranquillità. La lenta discesa del sole… il bianco della neve addormentata sui monti lontani… le nuvole leggere che si libravano nel cielo… la brezza della sera… il profumo di aria aperta. Chiusi gli occhi.
No. Non poteva essere l’ultima volta che provavo queste emozioni. Le mie mani si serrarono nuovamente in due pugni.
«Con che accuse mi hanno condannata? » chiesi senza scompormi minimamente.
«Parlavano del fatto che la sera giri per i boschi, o ti fermi a fissare la luna… hanno perquisito la tua casa, e sostengono che nei tuoi libri siano nascoste formule segrete… e poi questo» si avvicinò, mi guardò e fece un cenno.
La sentenza era già stata emanata: secondo gli abitanti del paesino di Hale, io ero una strega. E perché? Perché amavo passeggiare la notte, guardare la luna, leggere normalissimi libri. E infine per il colore dei miei occhi. Uno verde e l’altro azzurro. Li avevo così dalla nascita, eppure nessuno aveva mai detto niente.
La verità era che non avevano la minima idea di quello che facevano, ma che avevano bisogno di qualcuno da incolpare per le recenti vittime della peste nera. Per questo avevano cercato qualcuno con abitudini “diverse”. E quel qualcuno ero io.
Ogni volta che ci pensavo, il mio cuore si fermava. Ecco dove arrivava la crudeltà degli uomini. Fino a condannare una ragazza di sedici anni al rogo.
Improvvisamente però mi voltai. Randy giocherellava con un piccolo mazzo di chiavi.
«Avvicinati» mi disse sorridendo.
«Tu… no, non puoi farlo! Uccideranno anche te! » esclamai decisa.
«Non mi faranno niente, credimi. Ora lascia che ti levi la catena che hai alla vita…» ribadì infilando una chiave nella serratura del lucchetto. In meno di un secondo mi sentì sollevata dal peso che avevo dovuto portarmi appresso per quattro giorni.
«Ora va» bisbigliò dandomi una spintarella in avanti.
«No, Randy, no» stavo ricominciando a piangere.
«Facciamo un patto» mi interruppe «Tu ora scappi, corri senza fermarti fino al mulino in fondo alla valle, io non torno in paese, ma vado da mia sorella a prendere provviste e armi, e poi ti raggiungo» le sue parole erano sincere.
«Io…» non ero molto convinta, ma ci ripensai guardando nei suoi occhi.
«…promesso? ».
«Promesso».
Lo abbracciai un ultima volta, poi scomparii veloce fra gli arbusti della foresta. Mi voltai solo un secondo… e mi bastò per vedere una guardia. Era appena arrivata. Stava urlando a Randy.
Poi… il mio cuore si fermò. L’uomo estrasse uno spada, e la scagliò contro di lui. Mi immobilizzai all’istante. Dal mio volto iniziarono a scendere lacrime. Mi abbandonai, e caddi per terra, nello stesso momento in cui cadde lui.
Continuavo a piangere, in silenzio. Passò un tempo indeterminabile prima che mi rialzassi e continuassi a correre. Mi ricorderò per sempre quel tramonto. Un’immagine impressa nella mia mente come una fotografia. L’unica persona che a cui avessi voluto veramente bene si era spenta con il sole di quel giorno. Per salvare me.
Il mio ultimo tramonto... da viva.
  
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