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Autore: 9Pepe4    07/01/2012    3 recensioni
[X-Men First Class]
Charles le si avvicinò e si arrampicò sul materasso, e quando il letto ondeggiò sotto il nuovo peso Raven trasalì, senza alzare la testa.
Cauto, il ragazzino allungò una mano e gliela poggiò sulla schiena, azzardando una carezza impacciata. «Era solo un incubo, Raven» provò a confortarla. «Va tutto bene, sei al sicuro».
Prendendolo alla sprovvista, lei si mosse di scatto: si girò verso di lui e lo abbracciò, nascondendo il viso contro il suo petto.
Charles si irrigidì per la sorpresa. Non era abituato a simili effusioni di affetto, e gli ci volle qualche istante prima di riuscire a rilassarsi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stammi vicino

«Avevi promesso di non leggermi mai nel pensiero».
«Ti ho promesso tante cose, purtroppo».
[Raven e Charles, X-Men First Class]

«La mia famiglia ha tentato di uccidermi, patetico ammasso di carne!»
[Raven, X-Men The Last Stand]


Charles Xavier venne svegliato da un terrore che non gli apparteneva.
Ancora un po’ intontito dal sonno, si liberò delle coperte calciandole via, e si rizzò a sedere con la testa che pulsava. Gli ci volle solo un istante per capire.
«Raven» sussurrò, improvvisamente lucido, balzando giù dal letto.
A piedi nudi, corse fuori dalla propria stanza. La piccola mutante dormiva proprio nella camera accanto; Charles entrò in tutta fretta, preoccupato che fosse accaduto qualcosa alla sua amica.
La luce era spenta, ma la luna fuori dalla finestra rischiarava il buio a sufficienza: il bambino vide subito Raven, accoccolata sul materasso e scossa da tremiti incontrollabili.
«Raven?» chiamò, sforzandosi di tener bassa la voce per non svegliare nessuno.
Le aveva promesso che non avrebbe mai letto i suoi pensieri, ma non gli serviva entrare nella testa della bimba per capire quanto era accaduto.
Lei non mosse, ma si strinse ancor più alle proprie gambe.
Charles le si avvicinò e si arrampicò sul materasso, e quando il letto ondeggiò sotto il nuovo peso Raven trasalì, senza alzare la testa.
Cauto, il ragazzino allungò una mano e gliela poggiò sulla schiena, azzardando una carezza impacciata. «Era solo un incubo, Raven» provò a confortarla. «Va tutto bene, sei al sicuro».
Prendendolo alla sprovvista, lei si mosse di scatto: si girò verso di lui e lo abbracciò, nascondendo il viso contro il suo petto.
Charles si irrigidì per la sorpresa. Non era abituato a simili effusioni di affetto, e gli ci volle qualche istante prima di riuscire a rilassarsi.
«Va tutto bene» ripeté, stringendo prudentemente le braccia attorno al corpicino tremante di Raven.
Lei gli si avvinghiò contro con forza ancora maggiore.
Charles si sentì nervoso e inquieto. Fu tentato di infrangere la propria promessa per poter capire che genere di sogno poteva averla spaventata tanto, ma alla fine si trattenne.
E fu la scelta giusta, poiché in quel momento Raven disse qualcosa, pianissimo.
«Cosa?» domandò Charles. Con tutta la delicatezza possibile, la fece scostare dal proprio petto, in modo da poterla guardare in faccia. «Cosa hai detto?» le chiese, seriamente, esaminando il suo viso con aria ansiosa.
Raven socchiuse gli occhi per un momento, smarrita. «I miei genitori» bisbigliò quindi, debolmente e con un brivido di paura.
Il ragazzino sussultò davanti ad una simile reazione. Sua madre era distante e gli dedicava sempre poco tempo, ma di sicuro non gli aveva mai fatto paura.
«Cos’è successo?» domandò, accarezzando i capelli rossicci della bambina.
Il mento di Raven prese a tremare.
Era difficile distinguere i suoi tratti, dato che la sua pelle blu si confondeva facilmente con il buio, così Charles si concentrò sui suoi occhi dorati.
Quelli riusciva a vederli meglio.
«Puoi dirmelo» la incoraggiò, «lo sai che puoi».
Raven era sconvolta, ma lo guardò negli occhi a propria volta e, dopo qualche istante, riuscì a calmarsi. Deglutì a vuoto, annuendo.
Impiegò comunque qualche istante, prima di riuscire ad articolare la frase che le si agitava dentro.
«Volevano uccidermi» gemette infine.
Charles si sentì mozzare il fiato. «Era… l’incubo?» domandò, in un sussurro, poiché una parte di lui conosceva già la risposta.
Raven scosse la testa, piano. «No» mormorò, e sembrava davvero prossima alle lacrime. «Non era un incubo… È… successo davvero».
Le sue mani, piccole, si serrarono sul tessuto del pigiama di Charles.
«Sono un mostro?» piagnucolò, irrequieta.
Lui scosse la testa, in fretta. «No, certo che no» le assicurò. «I mostri sono loro» aggiunse, e anche se non li conosceva provò una fitta di odio nei loro confronti.
Raven era così piccola e indifesa, così innocente… Il pensiero che qualcuno avesse cercato di farle del male gli era intollerabile.
«M-ma… ma se la mia famiglia mi odiava…» farfugliò la bambina.
«Allora non era degna di essere la tua famiglia» dichiarò Charles, fermamente. Tacque per un momento, poi azzardò, esitante: «È… per questo, che sei scappata?»
Raven scoppiò a piangere. «S-sì» balbettò, scossa da singhiozzi che si fecero sempre più violenti.
Charles la strinse forte, con urgenza, ansioso di quietare quel terrore. Raven tornò a premere la faccia contro il suo petto, e il ragazzino continuò ad abbracciarla, desideroso di comunicarle un po’ di calore.
Poco alla volta, il respiro brusco e spezzato di Raven iniziò a regolarizzarsi, via a via che lei ascoltava il cuore di Charles battere a pochi centimetri dal suo orecchio. Era un suono piacevole, che la rassicurò.
Quando la bambina sollevò il viso dalla camicia, Charles le passò una mano sulle guance bagnate, per asciugargliele.
«Hai il pigiama bagnato» commentò Raven, in uno strano bisbiglio. Sembrava quasi spaventata; forse si sentiva in colpa.
Il ragazzino abbassò gli occhi sulla chiazza umida che aveva sulla maglia, lì dove l’amica aveva premuto il viso.
«Già» concordò, senza sapere bene cosa dire. «Chissà perché».
Dalla gola di Raven uscì una specie di risolino strozzato.
«Non… non ti dispiace, vero?» domandò, con un filo di voce.
Charles scosse la testa. «Certo che no» la rassicurò. «Va meglio, adesso?» aggiunse, assottigliando lo sguardo.
La bambina respirò profondamente. Lo guardò negli occhi. «Sì» rispose, sinceramente.
A quel monosillabo, Charles si aprì in un sorriso. «Ne sono felice» affermò, e Raven gli strinse la mano, in silenzio.
«Va tutto bene» le garantì Charles, con decisione. «Io non permetterò a nessuno di farti del male. Io ti proteggerò, sempre».
La bambina lo guardò. La luna illuminava le sue guance in modo strano. «Me lo prometti?» domandò, flebilmente.
Charles non ebbe nemmeno bisogno di pensarci. «Certo» rispose, «te lo prometto».
Raven, allora, lo abbracciò di nuovo, appoggiandogli la testa su una spalla. Il ragazzino udiva il suo respiro contro il proprio orecchio, e sentiva che adesso era tranquillo e regolare.
«Io ti vorrò sempre bene, Raven. Tu sarai sempre la mia sorellina, non mi importa cosa accadrà».
Sentire la bambina stretta a lui era piacevole. Quell’abbraccio era piacevole, così tanto che Charles non lasciò andare Raven nemmeno quando lei si fu riaddormentata.
Un pensiero lo colpì: ma allora… Allora era così che ci si sentiva, ad avere una famiglia.








Note (varie ed eventuali):
Sì, mi rendo conto che non è niente di speciale.
Ma dopo aver visto X-Men First Class (e aver sentito la mia adorazione per Erik crescere di istante in istante), non sono riuscita a trattenermi dallo scrivere qualcosa su Charles e Raven da bambini.
Avrei voluto soffermarmi di più sulla faccenda dei genitori di Raven, ma alla fine ho preferito mantenere la one-shot su un tono più leggero. In un altro testo, magari, chissà… Per ora mi frulla in testa l’idea di scrivere (sempre su Charles e Raven) una raccolta di drabble, ma non è detto che questa non possa diventare una raccolta di one-shot.
Mah, si vedrà!
Vi ringrazio per essere arrivati sin qui.
  
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