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Autore: Melchan    08/01/2012    5 recensioni
Merlin e Arthur hanno litigato. Di nuovo. Ma questa volta è un po' diverso dal solito.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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3.

 


“I was watching her the other night, when you spoke of your wedding. She looked like Juliet on awakening in the tomb.”

[Downton Abbey]






“Merlin, vuoi qualcosa? Non hai toccato niente…” Gwen gli si era avvinata, ciotola di patatine alla mano, e lui non se n’era nemmeno accorto. Doveva essere proprio fuso.

Fece segno di no con la testa e ringraziò. “Mi dispiace” aggiunse dopo un istante, piano per essere sicurissimo che sentisse solo lei. “Sto facendo il guastafeste. Sono uno straccio, ieri notte ho fatto anche le ore piccole col racconto.”

Stava diventando un maledetto bugiardo seriale, e tutto nell’arco di un giorno scarso. Non si sentiva proprio fiero di sé, ma pensò che una bugia bianca sulla coscienza era molto meglio che far soffrire Gwen ribadendo verità scomode.

Ovviamente fu inutile, perché altrettanto ovviamente Gwen non gli credette. Diede un buffetto alla sua spalla magrissima e tornò a sedersi tra Gwaine e Morgana, con Lancelot seduto ai suoi piedi sul bel tappeto rosso di casa Pendragon, e per Merlin fu totalmente ovvio che anche come bugiardo seriale faceva pena. Era davvero inutile.

 

 

“Chiederti di capire le regole è troppo, ma almeno TACI, Merlin, va bene?”

“Ho solo detto che quello coi capelli neri è veloce, non mi sembra che serva una laurea in Gioco del Calcio per capirlo.”

“Merlin, metà squadra ha i capelli così, se ci tieni a buttare in mostra la tua ignoranza almeno fallo bene!”

“Si dice mettere in mostra.”

“Sì sì, attaccati alle scemenze grammaticali per cambiare argomento, resti un ignorante lo stesso.”

“TU che parli d’ignoranza?”

 

Sentì tutta la pena per se stesso che aveva ricacciato indietro fino a quel momento, e la debolezza, schiacciarlo come una valanga di massi formato palazzo. Si trovava lì perché non era stato capace di fare la cosa giusta e perché Morgana, con tutto il bene che le voleva, quando si fissava con qualcosa sapeva essere un’egoista clamorosa. Era ovvio che sarebbe finita in modo imbarazzante e deprimente.

Si alzò, sollevato che lei fosse troppo presa dalla televisione per farci caso, e riportò la sedia apposto senza fare rumore e stando attento ad allinearla in perfetta simmetria con le altre.

Poi sfilò il cappotto dalla sedia, cercando di non farlo nemmeno frusciare, ma stavolta non gli andò bene. Morgana sentì il rumore della stoffa che sgusciava contro lo schienale di legno della sedia, e girò la testa talmente in fretta da fargli venire in mente l’Esorcista.

 

- Che stai facendo? - Riuscì a soffiare come un gatto e a farsi capire benissimo da tutti. Merlin era sicuro che non avrebbe mai smesso di mostrare inaspettati e prodigiosi talenti, mai.

- Niente. Sono stanco e voglio lavorare un po’ prima di dormire, quindi mi avvio. Ti telefono domani. - cominciò a mettersi il cappotto, per essere sicuro che Morgana non ordinasse a qualcuno di strapparglielo di dosso.

Okay, forse stava esagerando.

Decise che doveva sbrigarsi.

E poi fece il secondo grande errore della giornata: controllò Arthur.

 

Lo aveva fatto per due anni, non era facile smettere. Soprattutto quando non sapeva tra quanto si sarebbero rivisti.

Le volte che Arthur era andato via per più di un giorno di seguito, un mese a Cardiff da parenti materni la primavera scorsa, per esempio, Merlin aveva avuto una specie di brutta sensazione addosso per tutto il tempo. Non sapere che stesse facendo, se si fosse quasi ammazzato, rotto arti, se mangiasse almeno un piatto al giorno diverso da schifezze più o meno cancerogene lo rendeva incapace di occuparsi della sua, uhm, vita. Lo vedeva quasi tutte le sere con il videotelefono, certo, ma non era la stessa cosa. Sapere che non aveva le occhiaie non serviva a nulla se non riusciva a controllare che camminasse bene.

Sentiva anche la mancanza dei suoi amici, quando erano via, ma una vocina odiosa gli ripeteva sempre che loro sapevano badare a se stessi. Arthur, invece, lo sapeva fare solo in parte, e infinitamente meno di quanto credesse.

 

Adesso non aveva più alcuna scusa per preoccuparsi per lui, nemmeno quella di un amico protettivo e un po' ansiogeno.

Controllò lo stesso, e capì che nonostante tutto Arthur stava bene. Non si era nemmeno girato a guardarlo, al contrario di tutti gli altri presenti, e se da un lato il cervello di Merlin connetteva ancora quel che bastava a fargli capire che lo stava ignorando apposta, la restante massa informe che si sentiva nella scatola cranica disse “vedi, è sempre lo stesso. È arrabbiato e fa il ragazzino, ma non è distrutto. Ha tutti i pezzi al loro posto, e di sicuro non ha passato l’ultima nottata con la gastrite per colpa… dello stress.”

In fondo era quello che voleva Merlin, no? Niente tragedie.

 

“Non farla tanto lunga. Sto solo dicendo di smetterla di girarci intorno.”

“Ma di che stai parlando?”

"Sono sicuro che ne hai già un'idea."

 

Era abbastanza sicuro che Gwen stesse per piangere, così le sorrise, sperando di essere rassicurante. “Grazie per la serata.” 

A giudicare dalla sua faccia non funzionò.

Non sarebbe più uscito con loro in quel modo. Non se doveva essere così.

Aveva voluto provare, era stato cocciuto, ed ecco il risultato.

 

A dispetto di quel che aveva detto sui loro campi, Lancelot fu l’unico abbastanza testardo e abbastanza illuso da provare a richiamare l’attenzione del padrone di casa: “Arthur, senti…”

“Cosa?” lo seccò, sgarbato com’era stato poco prima con Morgana. “State perdendo gli ultimi minuti.”

“Merlin sta…”

“Lasciagli fare quel che vuole.”

 

L’ultima cosa la sentì mentre era già davanti alla porta.

Beh, gran bel finale.

 

Due anni di casini e l’ultima cosa che Arthur avrebbe detto al suo indirizzo sarebbe stata “Lasciagli fare quel che vuole.” Son soddisfazioni. Cercò di fare un risolino tra sé e sé, ma non gli riuscì bene.

Pregò Iddio che nessuno di quelli che aveva dietro lo avesse sentito (Gwen e chi altro gli si era trascinato dietro a distanza di sicurezza - non al punto di dover davvero dire qualcosa ma quel che bastava per osservare il dramma greco proprio fino all’ultimo). Avrebbero potuto scambiarlo per un singhiozzo o roba del genere. Per carità.

 

 

“Io so solo che devi essere sbronzo. Adesso muoviti, se non compriamo quell’accidenti d'affare Morgana…”

“Arthur, piantala, okay? Voglio fare un discorso serio per una volta nella vita, ti dispiace?”

“Lo farei se ci fosse qualcosa da discutere, Merlin. Ma c’è solo nella tua mente malata, quindi…”

“Falla finita. O preferisci aspettare la festa di fidanzamento? Non ti sto dicendo di fare niente, solo smettiamola con… con le cose superflue.”

“E quali sarebbero secondo te, le cose superflue?”

“Vuoi i dettagli?’”

 

Uscì, ignorando la folata di vento che cercò di richiudergli la porta sul muso, e si avviò per il giardino cercando di non congelare. Sperava che Morgana avesse l’animo di aprirgli il cancello elettrico, visto che l’aveva lasciato uscire, ma alla peggio si sarebbe arrampicato su una delle colonnine che lo cingevano e avrebbe lasciato al caso la possibilità di spezzarsi le ossa o prendere solo una brutta botta a tutto il corpo.

Non gli sembrava così importante nemmeno preoccuparsi di non fare l’imbecille.

 

“Sì, mi piacerebbe. Soprattutto perché continuo a non capire che sarebbero le tue cose superflue.”

“Perché vuoi renderla più complicata di quello che è?!”

“Non mi stai rispondendo, te ne sei accorto? Comunque non importa, adesso…”

“Il sesso, va bene? IL SESSO! Sto solo dicendo di smetterla con quello.”

“Non mi risulta che sia mai stato un problema, per te.”

“Infatti, ma ho il sospetto che per la tua fidanzata lo sarebbe.”

“Ah, allora sono fidanzato davvero?”

“Sì idiota, hai presente?, bella ragazza, capelli rossi?”

“Se parli di Sophia, lei non c’entra niente.”

“Arthur, per favore. Vuoi davvero raccontare balle fino al giorno del tuo matrimonio?”

“MATRI- COSA?!”

“Sì, è quello che succede dopo i fidanzamenti.”

“Ma da dove ti esce questa storia?”

“Me l’ha detto lei.”

 

 

Non voleva pensare alla cena.

Cercò di concentrarsi su qualcos’altro. Il racconto, magari. Aveva pure fissato la consegna.

Gli venne in mente solo che Arthur aveva i capelli un po’ sporchi, prima.

 

                             

“Non sto dicendo che sono arrabbiato. Cioè, un po’ lo sono, perché avresti dovuto dirmelo prima di… prima. Ma non importa, non è quello il punto.”

“E quale sarebbe allora? Non so che ti ha raccontato Sophia, ma è solo una vecchia idea di mio padre e del suo. Non è nulla di importante.”

“Invece lo è, perché se non è lei sarà qualcun’altra.”

“Non mi ricordo di aver detto di volermi davvero fidanzare a momenti o roba del genere, ti è mai venuto in mente tra un delirio e l’altro?”

“Appunto Arthur, a momenti. Tu non sei nemmeno gay, se la facciamo finita e basta puoi anche ricominciare a fare le nottate con Gwaine, no?”

“Quindi fammi capire, anche se adesso non sto tradendo nessuno dovremmo smetterla di - di fare quello che ci pare perché io forse-un-giorno mi sposerò?”

“Smettila con un giorno forse, lo sai benissimo che accadrà. Sei l’erede di una compagnia gigantesca che va avanti a conduzione familiare e sei anche etero, giusto un po’… curioso. Succederà e basta, quindi finiamola con certe cose, chiuso il discorso.”

“Tutte queste seghe mentali te le saresti fatte perché Sophia ti ha raccontate stupide storie l’altra sera?”

 

Ritornava sempre lì. E pensare che era stata anche una bella cena. Si erano divertiti, Gwaine aveva anche tirato fuori un paio di canzoni che avevano fatto morire dal ridere tutti i suoi amici (Morgana e Gwen un po’ meno, ma poi la prima gli aveva messo una qualche schifezza nel bicchiere e vederlo sputare birra dal naso aveva risollevato davvero il morale di tutti). Insomma, un mezzo delirio.

Lui poi… niente, aveva solo chiacchierato e riso un sacco, ecco. Vicino ad Arthur. Nel senso che le loro sedie erano vicine. Un po’ troppo, in effetti, ma lui era mezzo ubriaco o forse un po’ di più, e quindi bo, non era colpa di nessuno se avevano finito per ridere come coglioni sbronzi sdraiati uno addosso all’altro. Okay, magari non proprio “uno addosso all’altro”, c’era più che altro Merlin steso addosso ad Arthur. Che poi lo aveva rigirato sdraiandolo sul legno scheggiato della panca del pub.

Merlin non ricordava moltissimo del momento, solo che era felice come un idiota e più Arthur gli rideva in bocca più anche a lui veniva da ridere e così via.

Un casino che da sobri non sarebbe mai successo. Davanti a tutti poi.

 

Tra tutti c’erano anche Sophia e un ragazzo di cui Merlin non ricordava il nome, ma che era sparito quasi subito. Erano figli di amici di Uther, e di conseguenza amici di Arthur.

Poco dopo Merlin aveva dovuto svuotare la vescica da tutto l’alcool ingurgitato, così si era avviato più o meno barcollante verso il gabinetto dei maschi. Finito lì aveva trovato Sophia a guardarsi le unghie di una mano appoggiata alla parete.

 

“Non è molto pulito, qui. Sta’ attenta alle malattie.”

Gli era davvero uscita una cosa simile? Era felice di non ricordarselo bene.

Ma ricordava benissimo quello che lei aveva detto dopo.

“Mi hanno detto che sei una specie di ragazzo di Arthur. Non so quanto ti convenga però, sai?” lo aveva guardato come se fosse l’essere più ripugnante che avesse mai visto. Merlin non sapeva nemmeno che si potesse essere guardati in un modo così umiliante “Chiaramente non mi piace vedere il mio fidanzato idiota farsi circuire da brutti ragazzini. Scommetto che non piacerebbe nemmeno a Uther.” Gli aveva sputato addosso quel veloce rigurgito di rabbia gelosa ed era tornata indietro, senza aspettare che lui rispondesse una qualsiasi cosa. 

 

Così Merlin, con il senso del tragico amplificato dall'alcool, era rientrato in bagno e aveva avuto qualche momento di brutta reazione.

Mentre smoccicava là dentro in modo patetico, passandosi l'acqua gelata del rubinetto calcaroso sulla faccia, aveva pensato non per la prima volta (ma di sicuro per la più intensa) che sarebbe stato molto meglio essere più stupido, per non riuscire a capire quando una cattiveria aveva un fondo di verità, e ancora più debole all’alcool, per riuscire a non ragionare quando ne beveva. O almeno a non farlo fino alla soglia di casa.

Quando era tornato al loro tavolo aveva trovato Arthur a guardare con aria imbambolata e un po' persa Sophia, che gli parlava seduta al suo posto; se n’era andato senza dire nulla a nessuno, nemmeno a Gwen. Aveva preso l'autobus e poi la metropolitana, ubriaco, fuori di sé e con la vaga e nebbiosa idea che forse, se avesse avuto un'incredibile fortuna, avrebbe trovato un lampione magico e benevolo che lo avrebbe portato in un luogo molto lotano, a un miliardo e mezzo di universi di distanza dallo stomaco ritorto che gli sciaguattava nelle viscere stile zattera in una bufera (lo chiamava stomaco perché così era più facile). Non ricordava il momento in cui era entrato in casa.

 

Come avesse fatto a tornare a casa integro in quelle condizioni era rimasto un mistero.

Gli piaceva pensare che ci avesse messo mano suo nonno Gaius dall’Aldilà, anche se sapeva che era da ingenuotti.

Si ripeté che non importava niente. In quel momento faticava a trovare qualcosa di cui gli importasse, in effetti, e pensò che non andava affatto bene: capita a tutti di ritrovarsi con qualche pezzo rotto, lui che voleva fare lo scrittore avrebbe dovuto saperlo meglio di tanta altra gente, no?

Non riuscì a farsene fregare qualcosa nemmeno di questo.

 

“Seriamente Merlin, la cena? Erano tutti ubriachi, Gwaine se la stava per fare addosso e tu vai a credere a qualcosa tirato fuori in un momento simile? Non ci credo, non puoi davvero essere più stupido di quanto pensavo.”

“Sophia era sobria, e me l’ha detto.”

“Senti, lei…”

“Lei ha detto la verità. E non capisco perché devi essere così drammatico: era solo un passatempo, no, perché t’impunti così? Non è come se… come se tu mi amassi o roba simile! Non è niente.”

Arthur l’aveva guardato e basta. Merlin quegli occhi lì, però, non ricordava di averglieli mai visti in faccia prima.

 

 

Mentre ciondolava verso casa – sì, il portone dopotutto era aperto - pensò che avrebbe davvero voluto che suo nonno fosse ancora vivo. Non gli avrebbe raccontato tutto, ma lui avrebbe capito lo stesso e Merlin sarebbe stato meglio. Okay, meglio magari no, ma… sarebbe stato diverso.

Dio, che pena.

Senza un filo preciso a tenergli insieme la testa, si rese conto che il giorno dopo avrebbe almeno dovuto mettersi a scrivere. Poteva anche dormire fino alle due del pomeriggio, non sapeva nemmeno che ore fossero e non aveva voglia di controllare, quindi chissà, ma nel pomeriggio avrebbe scritto e basta. Sperava che Gwen non lo stressasse, e che il suo umore migliorasse abbastanza da impedirgli di pensare cattiverie come Gwen stressa.

 

Dopo averlo guardato in quel modo, Arthur aveva perso ogni straccio di combattività.

“Già Merlin, questo mi sembra chiaro. È ovvio che fosse solo un passatempo.”

“Appunto. Quindi direi che si può considerare il caso chiuso.”

“Fai come ti pare. Visto che ci sono prendo la roba che avevo lasciato qui.”

“Sì.”

“In fin dei conti era una cosa da fare comunque. È una specie di miracolo, ma in effetti stavolta hai ragione. Il regalo lo faccio comprare a Gwen, stasera voglio uscire.”

“Mi sembra una buona idea.”

“Lo è, infatti. È un po’ che non faccio del sesso normale. Non so nemmeno perché, in effetti.”

“Mh-mh.”

“Ce l’hai una scatola?”

“No, ma ho un sacchetto grande. Aspetta, lo vado a prendere.”

“…”

“…”

“Sei impazzito?!”

“No Merlin, penso che lo sia tu.” Gli aveva risposto con un tono così calmo che a Merlin era venuto un brivido. Arthur era molto cose, ma non calmo: non capiva bene chi (cosa) avesse davanti. “Ti stai comportando da isterico senza uno straccio di motivo.”

Lui lo chiamava uno straccio di motivo.

Merlin lo chiamava “limitare i danni”. Ma questo non glielo aveva detto.

 

“IO sarei isterico?! Hai appena rotto una tazza!”

A Merlin piaceva quella tazza. Che peraltro era sua, non di certi somari infami.

Arthur non avrebbe dovuto romperla, non apposta.

A qualcosa però era servito: non era sicuro di come andasse presa l’improvvisa schizofrenia di Arthur, ma vederlo arrabbiarsi per qualcosa di diverso dal loro ultimo argomento di conversazione forse lo avrebbe risvegliato. Un po’, quel che bastava a Merlin per convincersi che non avrebbe provato quel tipo di brivido mai, mai più.

 

La sfuriata per la tazza in effetti distolse Arthur dal suo inquietante momento zen. Adesso era di nuovo incazzato nero, che bello.

“Sì, perché sono sicuro che la tua testa invece non si romperebbe nemmeno se la sbattessi sul pavimento! Cosa vuoi, Merlin?! Non pensavo che a due amici che scopano servisse l’anello di fidanzamento!”

“Infatti non ho mai detto nulla del genere! Ma questa cosa non serve a niente e… e poi… e poi non è nemmeno come se io ti amassi, Arthur. Quindi piantiamola di fare casini e…”

“Lascia perdere, sono stufo di queste cazzate. È chiaro che non ci stai più con la testa, quindi non mi servi a niente. Non me ne faccio nulla di un tizio così inutile.”

“Come vuoi. Adesso va’ via, però.”

 

Arthur se n’era andato con le sue carabattole sotto mano, e davanti alla porta chiusa Merlin aveva usato tutta la forza che aveva nel suo corpo inutile per non reagire come aveva fatto nel bagno dell’Albion.

C'era riuscito, ma per qualche strano motivo questo non l'aveva aiutato a sentirsi meglio.

 

 

 

 

 

 

Se lui mi amasse anche solo un po'

potrei morire felice.

 [Sekai-Ichi Hatsukoi, 1° OAV]

 

 

 

 

Note di Melchan:

 

Ed eccoci al penultimo capitolo \O/

Adesso manca solo l'ultimo, che in effetti come preannunciato è anche l'unico che non avevo e non ho ancora scritto 8D Non posso promettere una data precisa :\ ma a chi fosse interessanto prometto di non far aspettare eoni <3

Then, grazie! a tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite >w< (ci sono persino dei preferiti °.° Sono felice che vi piaccia ragazzi, davvero :3).

All'ultimo, e grazie in anticipo anche a chi eventualmente vorrà essere gentile abbastanza da lasciare un parere <3

  
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