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Autore: Seline    09/01/2012    2 recensioni
Questa storia è un po' diversa dalle solite di Twilight...Niente vampiri, solo umani, Bella non è mai arrivata a Forks e Alice non sta con Jasper. C'è una new entry: Vanessa. Una ragazza dolcissima, che ha vissuto una vita complicata e si è trasferita dalla madre a Forks, lasciando il padre a Londra. È una ragazza che ha sofferto molto e da questa sofferenza sono scaturiti altri problemi. Ma forse qualcuno le sarà accanto e non sarà più sola.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Briciole:capitolo1

Ecco qui un’altra storia XD Volevo dirvi che l’idea è tutta merito di VanyHaleCullen, io sono stata solo la mano U.U Per gli appassionati delle coppie Bella/Edward e Alice/Jasper, be’, diciamo che la storia non è proprio per voi, dato che Bella non compare proprio, poiché non è mai arrivata a Forks, ed Alice sta con Edward. Eh, già, Jasper è solo, poverino! Ç_Ç E’ una storia diversa dal solito, non perché i Cullen sono umani, ma perché tratta di tematiche che possono colpire molti giovani, ve ne accorgerete. Insomma, leggete, commentate e fateci sapere cosa ne pensate! ^_^ Buona lettura!

 

CAPITOLO 1

 

Non ne potevo più di tutti questi viaggi, mi sentivo sballottolata da una parte all’altra. Anche se vivevo bene con mio padre forse, trasferirmi qui in America da mia madre, era stata la decisione migliore per tutti. Mi sono trasferita qui a luglio, ormai sono passati due mesi, ma ancora non ho conosciuto nessuno, visto che mia madre mi ha trascinata in giro quasi tutta l’estate per aiutarla nel suo lavoro. Ormai è arrivato settembre e quelle poche giornate di sole che c’erano nei mesi precedenti, stanno scomparendo. Eh, già, qui a Forks, nello stato di Washington, l’inverno è quasi perenne, anche il periodo estivo non sembra tale, dato che i brutto tempo è la caratteristica di questo luogo. Tra pochi giorni mi toccherà ricominciare a studiare ma, soprattutto, dovrò ripartire da zero; affronterò l’ultimo anno di liceo in una nuova scuola, con gente che non ho mai visto prima, dove le amicizie sono già formate. Forse questa è la cosa che mi manca di più di casa mia, ho lasciato tutte le mie amiche e il mio passato a Londra, per non parlare di mio padre, era spesso fuori per lavoro, ma è stata dura comunque andare via. Come se qui non fossi rimasta sola poi: una volta iniziata la scuola avrei visto mia madre solo a cena, sempre se fossi stata fortunata. E ora eccomi qui, sul letto della mia stanza con il portatile tra le gambe: una diciottenne in un nuovo mondo del tutto sconosciuto.

“VANESSA!”- sento mia madre urlare dal piano di sotto. Mi alzo sbuffando ed apro la porta, affacciandomi sulle scale.

“Che c’è, mamma?”

“Dai, scendi, è pronta la cena.”- sbuffo un’altra volta, non ho proprio voglia di mangiare.

Scendo controvoglia le scale e mi trascino in cucina. Mia madre ha sempre avuto buongusto in fatto di arredamento, la cucina è di un rosso molto tenue e il mobilio è in legno, anche se la cucina è moderna, la cosa che amo di più è l’isola al centro della stanza. Mi siedo sullo sgabello e fisso il piatto: una fetta di carne e dell’insalata. Proprio non mi va, scanso il piatto con la mano.

“Non ho fame, mamma.”- dico guardando il tavolo.

“Vanessa! Ma non hai mangiato niente in questi giorni! Mangia almeno un po’, tesoro.”

“Non mi va, ho lo stomaco chiuso…sarà per l’ansia…domani è il primo giorno di scuola…”

“Ti capisco, anche io ero come te alla tua età, l’ansia mi chiudeva lo stomaco, ma stasera mangerai.”- dice severa, riavvicinandomi il piatto.

Prendo forchetta e coltello e taglio un pezzettino di carne, lo porto alle labbra e mi si contorce lo stomaco, a forza inizio a masticarlo e a mandarlo giù. Faccio lo stesso con altri due pezzetti e poi mangio un po’ di insalata. Sto scoppiando, non ce la faccio più.

“Mamma, davvero, sono piena, non ce la faccio a finire.”

“Va bene, almeno hai mangiato.”- sembra volermi dire dell’altro, ma il suo cellulare inizia a squillare; risponde e inizia ad urlare girovagando per casa.

Mi alzo, butto nell’immondizia il resto della mia cena e torno in camera mia. Accendo la tv, inserisco un dvd e mi infilo sotto le coperte, anche se non sono nemmeno le dieci. Poco dopo, inizio a non sentirmi bene;: ho la nausea. Mi fiondo in bagno, giusto in tempo per vomitare, tampono il sudore con un asciugamano, lavo i denti, per togliere il sapore acido che ho in bocca, sciacquo la faccia e poi, pallida come un lenzuolo, torno in camera mia, dove crollo esausta.

 

Sento un bip continuo entrarmi nel cervello. Socchiudo gli occhi e mi accorgo che è la sveglia, allungo il braccio e la faccio tacere. Dalle tende filtrano dei raggi di sole, che compaiono e scompaiono dietro le nuvole,  la mia stanza si illumina di un verde acceso e dopo pochi secondi si tramuta in una stanza cupa. Mi alzo, poco convinta di lasciare il tepore del letto e indecisa sull’andare a scuola o meno; ma penso a mia madre, non mi avrebbe mai permesso di saltare il primo giorno di scuola senza motivo, quindi controvoglia apro l’armadio e tiro fuori un paio di jeans e una t-shirt, entro in bagno e mi preparo. Sono in anticipo, ma decido di uscire prima pensando a quanti moduli devo consegnare e all’orario che devo ritirare in segreteria. Infilo una felpa larga, prendo lo zaino e scendo di sotto, andando in cucina; mia madre è già lì con una tazza di caffè in mano, sta preparando dei pancakes.

“’Giorno, Vanessa.”- dice dandomi un bacio.

“Buongiorno mamma.”- le sorrido, poi afferro una tazza e verso del caffè che bevo rapidamente.

“Io scappo mamma, prendo la macchina, ci vediamo stasera!”- dico dirigendomi alla porta.

“Vanessa, ma la colazione?”- dice affacciandosi dalla cucina.

“Non ti preoccupare, mangerò qualcosa a scuola, ciao!”

Esco fuori, la temperatura si è notevolmente abbassata rispetto ai giorni precedenti e la prima cosa che faccio è accendere il riscaldamento della macchina. Poi, finalmente, mi dirigo a scuola, la mia nuova scuola. Nel parcheggio non c’è ancora nessuno, solo poche macchine, probabilmente quelle dei professori. L’edificio, però, devo ammetterlo, è davvero bello: è circondato dal verde ed è molto ampio, almeno visto da fuori, ed è fatto interamente di mattoni, sembra quasi mimetizzato nella vegetazione. Mentre sto camminando verso l’entrata un rombo mi fa voltare di scatto: una Aston Martin, nuova di zecca, ha appena parcheggiato, e cinque persone sono scese dall’auto: una bionda, un gigante, una ragazzina, con un sorriso dolcissimo, avvinghiata al braccio di un ragazzo dai capelli ramati, e un ragazzo biondo. Forse si è accorto della mia presenza, perché lo vedo voltarsi verso di me, vengo catturata da quelli che sembrano due smeraldi: non ho mai visto degli occhi così belli. Quando noto che si stanno incamminando verso di me, mi fiondo nella scuola. Vengo accolta da file e file di armadietti rossi, contro le pareti colo panna; seguo le indicazioni e raggiungo la segreteria, dove trovo una donna sulla cinquantina che mi sorride.

“Salve, sono la nuova iscritta...Vanessa Smith, quella che viene da Londra.”- le dico presentando i vari moduli, tra cui quello d’iscrizione.

“Ma certo, cara, grazie. Ecco qui, questo è il tuo orario e questa, invece, è la mappa della scuola, così non ti perderai e troverai le aule in tempo”- dice consegnandomi il foglio.

“Grazie mille.”- le dico, ricambiando il suo sorriso.

“È il mio lavoro, ora vai, tra poco suona la campanella, non fare tardi!”- dice sorridendo, la saluto e torno nel corridoio.

Il mio orario è terribile! Alla prima ora ho il corso avanzato di matematica, inizia bene questo nuovo anno. I corridoi si sono popolati, accanto agli armadietti si sono formati molti gruppetti; tiro dritto, cercando il mio armadietto e finalmente lo trovo, inserisco la combinazione e poso dentro gli oggetti che non mi servono. Nel frattempo suona la campanella e correndo cerco di capire quella mappa strana che mi ha consegnato la segretaria, avrebbe dovuto aiutarmi, certo, come no! La mia corsa si ferma quando mi scontro contro qualcosa e volo a terra. Mamma mia, che dolore! E tutti i miei fogli sono sparsi per terra, mi inginocchio e inizio a raccoglierli.

“Ehi, scusa…eri tra le nuvole?”- dice un ragazzo porgendomi la mia mappa.

“Scusami, non stavo guardando dove andavo ed è il mio primo giorno qui e non so dov’è l’aula di matematica e…”- dico agitata.

“Ehi, ehi, respira, va tutto bene, se vuoi ti accompagno io.”- dice aiutandomi ad alzarmi.

“Oh, grazie, molto vole…”- oddio, che figura! È il ragazzo del parcheggio, quello con gli occhi splendenti!

“Tutto bene?”- chiede preoccupato.

“Si, si, scusami, ma devo scappare!”- dico correndo nella direzione opposta alla sua.

“Ehi, ehi tu! Guarda che l’aula che cerchi è da quest’altra parte!”- dice ghignando.

Corro più che posso, lo supero. Che figura! E sono appena arrivata, benissimo! Per fortuna il resto della giornata scorre veloce e senza intoppi. Ho sfruttato la pausa pranzo per parlare con i professori e per cambiare delle lezioni nell’orario, e ora mi mancano le ultime due ore di tortura: biologia. Sono sempre stata portata per questa materia, ma oggi non avevo voglia di fare più niente. Ecco, di nuovo quella maledetta campanella. Su, forza! Mi dirigo in aula e, ovviamente, arrivo in ritardo, così mi siedo nell’unico posto libero, in realtà è la professoressa che mi costringe a sedermi accanto a lui. Dopo di che, inizia a parlare di cose che ho già studiato a Londra, quindi dopo poco non la seguo più. Cerco di non guardarlo, ma mi incuriosisce.

“Ehi, ciao. Io sono Jasper.”- dice porgendomi la mano, mentre io mi paralizzo.

“E dai, non è successo niente! Non essere imbarazzata. Come ti chiami? Tu sei quella nuova, vero?”- chiede curioso.

“Si…sono Vanessa, piacere.”- dico balbettando.

“Come mai ti sei trasferita all’ultimo anno?”

“I miei sono separati, problemi di lavoro…cose così, insomma.”- dico e lui annuisce poi, come se niente fosse, torna a seguire la lezione in silenzio.

Una volta conclusasi la lezione si volta verso di me.

“Senti, noi stasera andiamo in città a vedere un film, vuoi venire?”- chiede gentile.

“Noi chi?”

“I miei fratelli ed io. Alice e Rosalie sarebbero felici di conoscerti.”

“Ah, quindi voi siete tutti fratelli? Non vi somigliate molto e poi, avete tutti la stessa età?”- chiedo confusa.

“Siamo stati adottati, tranne me e Rosalie, noi siamo gemelli.”- dice alzandosi.

“Capisco…non lo so…magari ci sentiamo per telefono…”- gli dico titubante.

Nel frattempo entra una ragazza bassina e con i capelli corti, sembra un uragano.

“Ehi, Jas, andiamo?”- chiede al biondino.

“Vanessa, lei è mia sorella Alice, Alice, lei è Vanessa. Le ho chiesto se voleva venire con noi stasera.”- dice facendole l’occhiolino.

“Siii, dai , vieni con noi! Ci divertiremo!”- dice gioiosa.

“Io, davvero, non saprei…”- ma non capiscono che è un rifiuto?

“Oh, dai! Sei nuova, vogliamo conoscerti, potremmo diventare grandi amiche!”- dice Alice tirandomi verso di lei e facendomi alzare di scatto.

A un certo punto sento le loro voci ovattate, inizio a vedere sfocato e mi sembra di pesare il doppio, sembra che il mondo mi voglia schiacciare, vedo dei puntini bianchi ronzarmi intorno e poi il nero totale, sento solo un urlo acuto e poi il nulla.

Mi risveglio in un letto, giro la testa e mi guardo attorno: sono in ospedale. C’è mia madre accanto a me.

“Mamma…cos’è successo?”- chiedo con un sussurro.

“Niente di grave tesoro, sei svenuta.”- dice con un sorriso.

“E come mai sono qui?”- chiedo confusa.

“Per via del regolamento scolastico, anche se ti graffi, devi essere visitato. Qui fuori ci sono dei tuoi amici, sono stati loro a chiamare l’ambulanza.”- dice uscendo dalla stanza.

“Mi hai fatto prendere un colpo!” urla Alice.

“Mi dispiace, non ho fatto colazione e…”- guardo Jasper, non sembra credermi.

“Ragazzi, potete uscire un attimo?”- dice un uomo con un camice bianco.

“Ok, papà”- rispondono i due in coro.

“Salve sono Carlisle Cullen e Jasper ed Alice sono i miei figli. Ora, Vanessa, volevo chiederti, oggi hai pranzato?.”- dice con un’espressione seria.

“Effettivamente…no…ho dovuto fare parecchie cose e non sono riuscita a toccare niente”- rispondo..

“Allora non c’è nessun problema, è stato uno svenimento dovuto ad un calo di zuccheri, però ricordati di mangiare la prossima volta, anzi, dato che sei magrolina, cerca di mangiare anche qualcosa in più.”- dice sorridendomi.

“Sarà fatto dottor Cullen. Grazie.”- dico ricambiando il sorriso.

Esce dalla stanza ed entrano Alice e Jasper.

“Per fortuna non era niente di grave. Allora, verrai con noi stasera?”- chiede Alice supplicandomi.

“Va bene, verrò con voi!”- non riesco a dirle di no se mi guarda con quegli occhioni.

“Dai Alice, ora andiamo, lasciamola riposare un po’. A stasera Vanessa, ciao!”- dice Jasper chiudendo la porta dietro di sé.

Dopo pochi minuti si riapre e compare mia madre con un sorriso sul volto.

“Il dottor Cullen mi ha detto che è stato un calo di zuccheri, da oggi in poi faremo sempre colazione insieme, così non ti sentirai male.”- dice mia madre abbracciandomi. Purtroppo il suo cellulare squilla, come sempre nel momento sbagliato, ed esce dalla stanza, lasciandomi sola, di nuovo.

Ed eccomi qui: una diciottenne, in un letto d’ospedale, con tanti problemi, confusa e sola, terribilmente sola.

  
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