Roma, Anno del Signore 1505
Era ormai
notte inoltrata, almeno così pensava l’artista,
che da tempo si contorceva
sotto le coperte cercando una posizione comoda, ancora non trovata,
attendendo
invano che il sonno lo vincesse.
Era sempre
così quando Ezio era in missione.
La preoccupazione
che potesse accadere qualcosa di brutto al suo compagno era
più forte di
qualsiasi altra cosa, persino del sonno, che non incontrava da diverse
notti.
Quanti
momenti, nel corso della sua vita, si era ritrovato a patire per lui,
sentendosi l’animo dilaniato da un dolore e da una sofferenza
che l’assassino
raramente comprendeva. Quante notti come quella, attese ad aspettarlo,
talvolta
invano, quanti anni vissuti lontani, nel ricordo, quante volte, deluso
ed
amareggiato, aveva dovuto accettare le sue innumerevoli amanti.
Ma nonostante
tutto ciò, non poteva impedire a se stesso di amare Ezio
più di qualsiasi altra
cosa, più della sua arte, più della sua stessa
vita, ritrovandosi la notte a
bearsi del corpo perfetto del compagno, che venerava come un idolo
pagano.
Sebbene i
Borgia fossero stati cacciati da Roma, le ultime resistenze in
città erano
davvero restie a
cedere e da tempo gli
Assassini si stavano impegnando a fare piazza pulita della feccia
rimasta in
città.
Leonardo
osservò la finestra aperta, che lasciava apposta aperta per
Ezio, per
permettergli di rientrare anche a notte inoltrata. Gli era sembrato di
scorgere
un movimento tra i tetti. No, forse se lo era immaginato…
Continuò a
tormentarsi tra le lenzuola, quando improvvisamente sentì un
tonfo sordo nella
stanza: qualcuno era atterrato dalla finestra con un salto.
Leonardo si
alzò a sedere di scatto, cercando il suo Ezio nel buio. Non
riusciva a
scorgerlo, ma poteva sentire il suo respiro affannoso e contratto.
Si precipitò
ad accendere la candela che giaceva spenta sul suo comodino, per poi
avanzare
in direzione di quella presenza. Sollevò la fiamma, di modo
che la candela
illuminasse la stanza.
In fondo, appoggiato
con una mano alla parete vi era Ezio Auditore, nella sua consueta
tenuta da
Assassino bianca e rossa, corazzato e armato di tutto punto.
Leonardo poté
immediatamente notare che l’assassino si teneva premuta una
mano guantata sul
costato, mentre sulla tunica bianca, si poteva notare una macchia rossa
piuttosto ampia.
In realtà l’intera
divisa era ormai più che rossa che bianca…doveva
essere stata una notte di
sangue…
-Ezio-disse
Leonardo con un filo di voce, preoccupato dalle condizioni del
compagno, mentre
si avvicinava.
-Sto…sto…bene…Leonardo…-disse
Ezio con una fatica immane.
-No, che non
stai bene! Sei ferito! Come è successo?- esclamò
ancor più preoccupato l’artista,
scoprendo il volto di Ezio e liberandolo dal cappuccio, per poterlo
osservare
in volto.
L’assassino
non si ritrasse a quel gesto, apprezzando la premura del compagno.
-Un’imboscata…di
quei maledetti…-rispose Ezio con un patimento infinito.
Leonardo
vide il bel viso di Ezio, deformato da una smorfia di dolore. Quella
ferita al
costato doveva fare parecchio male, a giudicare
dall’espressione contrita del
coraggioso assassino.
-Fammi dare
un’occhiata…-disse l’inventore,
iniziando a togliere la Cappa e posandola su
una sedia poco distante. –Ti do una mano a
spogliarti…tu cerca di stare il più
fermo possibile…-
Con lentezza
iniziò a privarlo degli spallacci e degli antibracci, per
poi cercare di
togliere con delicatezza la corazza e la cintura. Ogni movimento di
Leonardo,
anche il più leggero, causava una fitta di dolore non
indifferente ad Ezio, che
si esprimeva ogni volta con un respiro più affannoso del
precedente.
La tunica fu
l’ultima ad essere tolta e Leonardo ringraziò che
il sangue non si fosse troppo
rappreso sulla stoffa, altrimenti sarebbe stata una tortura ancora
peggiore per
il compagno.
Leonardo non
era propriamente un medico, ma i suoi studi anatomo-patologici sui
cadaveri gli
avevano insegnato molto sul corpo umano.
Osservò l’ampia
ferita sul costato di Ezio, osservandola da più punti. Una
freccia era
conficcata nel torso dell’uomo, ma ne era già
stata spezzata l’estremità da
qualcuno.
-Hai rotto
tu la freccia?-chiese Leonardo.
-Sì…mi
intralciava i movimenti…-
-Hai fatto
bene a non estrarla, poteva causarti
un’emorragia…Fortunatamente, non credo che
abbia colpito nulla di vitale…-concluse il pittore
rinfrancato dalla sua stessa
diagnosi.
Ezio annuì,
ancora preda del dolore.
-Distenditi,
che vado a prendere tutto il necessario…-disse,
accompagnando l’assassino nei
pressi del letto.
Non ci mise molto a
prendere tutto l’occorrente.
Bagnò alcune
strisce di stoffa pulita in un liquido trasparente dallo strano odore,
per poi
passare con delicatezza la sua mano sulla ferita.
Ezio
sussultò a quel contatto doloroso, sebbene il senso di
frescura che il composto
lasciava sulla pelle, gli alleviasse appena la sofferenza.
Leonardo
pulì con cura tutte le ferite che incontrò su
Ezio: infatti, oltre alla ferita
sul costato, si potevano notare altre piccole aree di pelle tumefatta o
leggermente abrasa.
L’artista
procedeva con lentezza, cercando di provocare il meno dolore possibile
nel
compagno. Era contento di poter fare qualcosa per lui, sebbene si
crucciasse di
non aver potuto evitare tutto ciò. La sofferenza che leggeva
negli occhi di
Ezio, faceva star male anche lui. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di
patire al
suo posto.
Incontrò le
iridi colore dell’onice del compagno, che, seppur pervase dal
dolore, non perdevano
quel loro tocco sensuale che tanto le caratterizzava. Voleva dirgli
quanto
fosse stupendo, anche in quel momento, ma non gli sembrò
affatto il caso.
Gli disse
tutt’altro, invece:-Ezio…preparati…che
dobbiamo estrarre la freccia…-disse con
tono serio.
Prese una grossa
pinza e si mise vicino delle grosse bende , per tamponare il sangue che
sicuramente sarebbe uscito. Ezio annuì, pronto.
Leonardo lo
guardò per un istante, con tenerezza, in volto:-Non sai
quanto mi dispiace
vederti soffrire…-disse a voce bassa.
-Beh…allora
sbrigati a togliermi quella dannatissima freccia!-biascicò
Ezio, arrabbiato dal
dolore.
Leonardo,
senza rispondere, pinze alla mano, agguantò il legno della
freccia, tra i due
denti del ferro da lavoro, per poi tirare con tutta la sua forza verso
di sé.
La freccia
fece resistenza solo per i primi istanti, per poi uscire con un
gorgoglio
disgustoso dalla ferita aperta di Ezio. Fortunatamente era tutta intera.
L’assassino
non poté fare a meno di urlare dal dolore, tanto era acuto e
penetrante.
Sangue e
coaguli colarono dal foro aperto dal passaggio della freccia, mentre
l’artista,
si affrettava a tamponare la ferita con spesse bende di stoffa, per
arrestare l’emorragia.
Poi mise un palmo sulla fronte sudaticcia del suo amato compagno: aveva
la
febbre. Ne approfittò per carezzare il suo volto imperlato
di doloroso
sudore:-Abbiamo quasi finito…anche se la ferita è
più ampia del previsto…era
una freccia piuttosto spessa…è un miracolo che
non ti abbia trapassato qualche
organo…credo che dovrei metterti qualche
punto…-disse allora Leonardo.
-Cosa? Dei
punti? Ma ne sei capace?-chiese Ezio, terreo in volto.
-Beh…sì…ho
provato sui cadaveri…-disse Leonardo con voce ingenua.
-Ora sì che sono
rincuorato…-disse Ezio con un sofferente tono sarcastico.
-Non penso
sia molto diverso…la pelle è sempre la
stessa…-
-Bah…se lo
dici tu! Alla fine non sono io quello che se ne intende di medicina in
questa
stanza…-concluse Ezio, ormai rassegnato all’idea.
Armato di
ago e filo, passò tutta la lunghezza dell’ago
sulla fiamma della candela,
tenendolo sospeso per la cruna sottile con le pinze, finchè
non divenne
incandescente. L’aveva visto fare ad un medico, che diceva
che il fuoco
eliminava tutta la sporcizia.
Con la mano
avvicinò i lembi di pelle trafitta, per poi infilare
l’ago per la prima volta
attraverso la sua pelle. L’assassino si contorse appena,
digrignando i denti e
trattenendo il fiato, mentre sentiva la cute bucata da parte a parte.
-So che fa
male…ma cerca di stare fermo…-disse Leonardo,
totalmente concentrato nell’opera.
–E’ un lavoro delicato…-
L’assassino
rispose col fiatone:-Vorrei vedere te al posto mio! Fa un male
tremendo…-
Leonardo cercò
di velocizzare il più possibile quell’orribile
tortura. D’altronde detestava
procurare tutto quel dolore nel suo compagno, quando l’unica
cosa che avrebbe
voluto donargli era il piacere.
Dopo una
decina di minuti di dolorose contrazioni da parte di Ezio e grazie alla
mano
ferma e precisa di Leonardo, cinque punti chiudevano la ferita
dell’assassino.
L’artista
pulì e bendò il suo Ezio con una stretta
fasciatura, per poi osservare con
soddisfazione quanto appena compiuto. –Ecco fatto!-
-Grazie a
Dio...non ce la facevo più…-
-Aspetta
qui, che ti porto qualcosa…-disse Leonardo sparendo al piano
sottostante, per
poi tornare con un bicchiere colmo di una strana sostanza verdastra.
-Bevilo…ti
farà abbassare la febbre…-
Ezio non
protestò, bevendo diligentemente come un bambinetto.
–Puah! Ha un sapore
orribile…-disse porgendo nuovamente il bicchiere
all’inventore.
-Ora riposati,
Ezio…ne hai bisogno! Io sono qui…se hai qualunque
problema avvisami, hai
capito?-
Ezio fece
segno di sì con la testa, chiudendo finalmente gli occhi
dopo quella serata
tremenda. Anche quella volta l’aveva scampata per un pelo e
se non fosse stato
per Leonardo…sarebbe stata dura togliere quella freccia o
comunque scovare un
medico a quell’ora della notte…
Sentì il
pittore sdraiarsi al suo fianco e sistemare le coperte su di
sé e su di lui,
con una delicatezza incredibile.
-Grazie,
Leonardo…-disse Ezio, ad occhi chiusi. La sua voce era bassa
e impastata dal
sonno.
-Ma che
dici, Ezio…non devi neppure ringraziarmi…-disse
l’artista con la sua solita
modestia.-Ora dormi…-disse chinandosi sul compagno per
baciarlo sulla fronte
ancora umida di sudore. Gli scostò dolcemente i capelli
dalla fronte, mentre
Ezio cadeva vittima del sonno.
Leonardo, da
parte sua, si era talmente preoccupato che non riusciva ad
addormentarsi,
sebbene ormai il compagno fosse sano e salvo accanto a lui. Ad ogni
respiro un
po’ più affannoso dell’assassino, si
voltava per sincerarsi delle sue
condizioni.
La sua
premura ed il suo amore erano sconfinati, in quella devozione totale
che riservava
al suo Ezio. Non avrebbe mai accettato di perderlo. Vivere senza di lui
non
avrebbe avuto un senso…
E così lo
guardava, per ore, senza stancarsi di quel volto ora rilassato, in cui
il
dolore non era che una vaga e saltuaria percezione. Già lo
sapeva che quella
sarebbe stata un notte di veglia…
** **
La
ferita
impiegò circa un mese a rimarginarsi del tutto e aveva
lasciato sul costato
dell’assassino un’evidente cicatrice. Una sera,
Ezio e Leonardo chiacchieravano
nel letto prima di addormentarsi.
Il pittore
era sempre contento quando poteva attendere il sonno al fianco del suo
compagno. Distrattamente percorreva con una mano il torace di Ezio,
solcato da
molte altre cicatrici oltre a quella più recente da lui
stesso provocata. Non
potè fare a meno si soffermarsi con più
insistenza sul suo lavoro.
-Mi spiace
che sia rimasta così evidente…-disse
l’artista.
-Con il
tempo diventerà come le altre, fidati…-disse Ezio
che, a quanto pareva, se ne
intendeva di cicatrici. –Hai fatto un ottimo
lavoro…-
-Dici
davvero?-
-E poi non
mi importa di una stupida cicatrice…l’importante
è essersi salvati, no? E
questo è solamente merito tuo…-
Leonardo si
sentì decisamente felice
per quell’affermazione,
per quel ringraziamento velato che gli aveva fatto capire che lui,
Leonardo da
Vinci, gli aveva salvato la vita…
Si strinse
di più al compagno, continuando a percorrere il suo petto
con la destra.
-E poi sembra
che a qualcuno piacciano particolarmente le mie
cicatrici…-disse Ezio con un
tono malizioso.
-Oh…ma smettila!-esclamò
Leonardo con le guance paonazze.
Era vero,
però. Quel corpo così vissuto, solcato da
esperienze dolorose, aveva un fascino
incredibile, un richiamo a cui l’artista non sapeva
resistere. Stringersi ad
esso era qualcosa di meravigliosamente emozionante, stimolante sia nel
fisico che
nella mente.
Solo Ezio
sapeva provocargli un brivido con un semplice sussurro, un fremito con
una
carezza, uno sfarfallio nello stomaco con un semplice bacio a fior di
labbra.
Alla luce
tenue della candela quasi spenta, Ezio notò il rossore sulle
gote del compagno.
Si sporse
verso di lui, che teneva lo sguardo abbassato.
-Mi piace
farti arrossire…-constatò.
-Sei sadico,
Ezio…-
-Non è vero…perché
così sei ancora più bello…-disse
l’assassino, compiacendosi della genuina e
fanciullesca beltà di Leonardo. Un uomo così
intelligente, che in suo confronto
Ezio non era che una nullità, una stupida capra nel gregge
dell’umanità, ma
così fragile e sensibile che aveva bisogno di un appiglio
sicuro come lui.
Insieme
creavano l’equilibrio.
L’assassino
si sporse allora in avanti, fino ad incontrare le labbra di Leonardo,
che
rispose stupito a quel bacio inatteso, mentre le braccia di Ezio lo
cingevano con
una dolcezza inusuale.
Nessuna
notte di veglia, nessuna notte di sangue.
Quella notte
era per loro…