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Autore: Violet 95    09/01/2012    2 recensioni
Una figlia vede il padre morire davanti agli occhi e brama solo vendetta: vendetta contro gli Assassini. Una ragazza ormai donna, spinta dall'amore paterno, può forse essere chiamata traditrice?
"I miei occhi vedono ciò che gli altri ignorano. Le mie mani sono tinte del colore del sangue. Il mio corpo è piegato alla volontà dei potenti, e degli ingiusti, ma la mia anima è votata al sacrificio. Il mio nome è Fadwa ed ero una Templare, poi un'Assassina e infine una Traditrice. Non devi compiangermi per questo, Altair". Fin dove ti possono spingere alcune scelte? Quanto possono influenzare gli altri e te stesso?
Prima fan fiction su Assassin's Creed e penso con il titolo di aver detto tutto. Purtroppo non ho ancora finito il gioco, e se ci saranno degli errori, perdonatemi ma non ho saputo aspettare a iniziare questa storia... Vi auguro solo buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La memoria è un presente

che non finisce mai di passare

Octavio Paz

 

 

 

Il fischio nelle orecchie si fece sempre più forte, man mano che riprendeva conoscenza. Quando aprì del tutto gli occhi, si accorse che quello non era il semplice richiamo di un uccello: era il boato della folla, le urla adirate di migliaia di uomini che avevano perso tutto, quel giorno.

Quelle urla erano rivolte a lei. Urla piene di disprezzo, di odio: urla che chiedevano giustizia e sangue.

 

“Dunque è con questo che ci ripaghi…”

 

La voce di un uomo anziano, familiare, le parlava imperioso dall’alto, con una nota di rabbia. Come tutti, del resto.

Alzò gli occhi. La vista era appannata e il cappuccio le impediva di vedere i lineamenti di quel volto, ma non le era necessario conoscerne i tratti: sapeva chi le stava parlando e chi sarebbe stato a infliggerle il castigo.

 

“Dopo che ti abbiamo accolto nella nostra famiglia, che ti abbiamo istruito sugli insegnamenti della Confraternita, che ti abbiamo chiamato sorella… È con questo, dunque, che ci ripaghi?!” urlò con rabbia Al Mualim.

 

Nuovi strepiti dalla folla, sempre più concitati. Ora ricordava dove si trovava: a Masyaf, nella Setta degli Assassini, con tutti i suoi confratelli. E si ricordava anche cosa aveva fatto, e perché era lì.

I due assassini dietro di lei le tenevano entrambe le braccia ben strette e lei, inginocchiata a terra, con la testa bassa appariva impotente. Anche se non li vedeva, sapeva che la guardavano con sguardi ricolmi di odio e disprezzo.

 

“Tu non sei un’Assassina, e non sei neanche una donna: sei una traditrice, la peggior feccia dell’umanità!” disse, alzando il cappuccio e rivelando il volto della donna.

 

“Che succede? Perché il collegamento è andato?”

 

“Merda, ci sono delle anomalie!”

 

“Guardami negli occhi, sgualdrina!”

 

La donna non obbedì subito, ostentando a tenere lo sguardo basso. Lo schiaffo arrivò all’improvviso, ma se lo aspettava; eppure, faceva più male del previsto e le bruciava dentro. A quel punto, si costrinse ad alzare gli occhi inespressivi, vuoti, e incrociò quelli vivi e infiammati di Al Mualim.

 

“Dobbiamo farla uscire, ORA!”

 

“Aspetta, forse sono in grado di ristabilire la situazione…”

 

“No, non possiamo rischiare, altrimenti chi ci rimette è lei! Falla uscire subito!”

 

“Non posso tollerare il tradimento, soprattutto nel tuo caso…”

 

Mentre diceva questo, Al Mualim estrasse la spada dal fodero, alzandola in alto per mostrarla alla folla e rendere tutti più partecipi di questo atto. La lama argentea scintillò al sole, lanciando bagliori fugaci intorno.

 

“Maestro, aspetti! Non è una traditrice, può dirvelo lei stessa…” una voce si sovrastò sulla folla, senza però zittire il boato sempre più feroce.

 

La donna riconobbe anche questa e trattenne un sospiro di sollievo quando capì che almeno lui stava bene: non era morto, grazie a Dio.

 

“Altair, non ti intromettere! Lei è una traditrice e perciò deve pagare. Le azioni che l’hanno spinta a voltare le spalle alla Confraternita non mi interessano”

 

“Se non volete sentire lei, ascoltate almeno me e credete alle mie parole: non è una traditrice!” gridò Altair, sempre più disperato.

 

Il Maestro non lo ascoltò nemmeno. Alzò ancora di più la lama, pronto a colpire. Altair tentò di gettarsi in avanti per fermare quel gesto, ma venne respinto dalla folla e non poté più reagire. Le sue suppliche si smorzarono.

 

“Aspetta, forse ci sono…”

 

“Leonardo, deve uscire subito. Ora. In questo istante. Non riesce a reggere il ricordo, così rischi di danneggiarle la memoria e il cervello!”

 

“Ho capito… Abbi pazienza, ora la faccio uscire…”

 

“Potrai redimerti solo con la morte. Ora, hai qualcosa da dire prima di lasciare questo mondo?”

 

La donna gettò uno sguardo vacuo alla spada e infine guardò dritto negli occhi Al Mualim, colui che fino a quel momento aveva chiamato Maestro. Stava per morire, ma non le importava: il suo compito non era ancora terminato, ma continuava in un’altra vita.

 

“La morte non è che l’inizio di tutto” disse beffarda, con voce chiara e fredda, riuscendo a farsi sentire da tutti in quel vociare.

 

Al Mualim non attese oltre e abbassò la lama. Altair tese un braccio, tentando inutilmente di raggiungere quelle scena, di poterla fermare. Di poter riportare ogni cosa indietro.

La lama scese e colpì, trapassandole il petto. Gocce di sangue salirono in aria, come piccoli rubini scarlatti che brillavano alla luce del crepuscolo. Il crepuscolo della sua esistenza.

Il respiro le si smorzò, ogni cosa perse di contorni e colori e il suo corpo cadde pesantemente a terra. Nell’agonia che precedeva l’eterno sonno cercò con gli occhi una figura precisa fra quelle che la circondavano; una figura ferma, silenziosa, come aveva imparato a conoscerla. E quando la trovò, la morte la prese e se la portò via.

Avrebbe voluto portarsi quell’ultima immagine dovunque sarebbe andata, così da stare in pace per sempre: ma ciò che vide fu solo una macchia bianca.

E poi calò il nero.

 

“Ci siamo, è fuori. Il ricordo l’ha espulsa…”

 

“Ne risentirà? Lei, intendo”

 

“Forse sì, come può darsi di no. Vedremo quanto ci rimetterà a riprendersi e soprattutto se si riprenderà; per ora, non possiamo fare altro che aspettare, e sperare”

 

“Speranza… Non è forse questa che l’ha spinta ad agire così?”

 

“No. Ciò che l’ha spinta ad entrare nell’Animus è ben altro: disperazione, il sentimento più potente che guida ogni essere umano. Ma come prima volta, non è andata male: ha resistito fino alla fine”

 

“Non scherzare. Ora andiamo, lasciamola riposare. Lei più di tutti ne ha bisogno”

 

“Sì, hai ragione... Ehi, aspetta, cos’è questa scritta sullo schermo?”

 

Reset.

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

eccomi qui, a scrivere questa storia partorita dalla mia mente e a cui spero di poter mettere poi la parola FINE. È la prima volta che scrivo su Assassin’s Creed, un videogioco che amo e a cui purtroppo non posso giocare spesso come vorrei, perché non ho né PS3 né XBOX, ma se voglio giocarci devo per forza andare da una mia amica e passarci un pomeriggio intero (grazie, Elena!) XD.

Spero che vi divertirete a leggerla come io mi diverto a scriverla, soprattutto perché ho deciso di farla sul mio personaggio preferito: Altair. Molti preferiscono Ezio e talvolta sono d’accordo anch’io con loro, soprattutto per le armi, ma per me rimane solo Altair, di cui mi sono innamorata fin dal trailer del videogioco :P…

Detto ciò, vi aspetto al prossimo capitolo!

 

 

  
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