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Autore: Shari Deschain    11/01/2012    4 recensioni
«Il tuo accento. Fa suonare, uhm, perversa qualsiasi cosa tu dica», spiega Paul.
«Non ricominciare con il mio accento, Wesley», lo redarguisce Joseph, per tutta risposta.
È piuttosto sensibile sull'argomento, e lo sanno entrambi.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Joseph Morgan, Paul Wesley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing/Characters: Paul Wesley, Joseph Morgan, un povero tizio molestato dai due di cui prima.
Rating: G
Warnings: None
Word Count: 1005 (FDP)
Disclaimer: Non è vero niente, non li conosco, purtroppo non li possiedo in alcun senso della parola, e comunque non ci faccio soldi.
N/A: Scritta per il RPF!Fest @ vampiregeometry, prompt Joseph/Paul - "Klefan? I'm open on it”. E già quel video è l'illegalità XD Aggiungo solo che gli aerei sono l'habitat naturale del Klefan (tutta questa faccenda dello scambio di posti non l'ho inventata io! XD), che Paul ha veramente detto che Klaus e Stefan avrebbero inciuciato in qualche bar (#BUGIARDO è__é) e che il fatto che Joseph Morgan si incazzi a bestia quando il resto del cast lo trolla sul suo accento è pure canon, mi pare l'abbia detto il nostro Smolder in al-momento-non-mi-ricordo-quale intervista.
Also, la frase “I'm open to it” l'ho tradotta con “Sono aperto alla cosa” perché non mi veniva niente che rendesse l'idea meglio di così.
E boh, probabilmente qui ci si aspettava pornazzi ad alta quota, ma che ci posso fare, questi due mi ispirano più trolling che altro XD





On a plane





Arriva a tradimento, dopo lunghi minuti di chiacchiere divertenti e familiari, domande che Paul ha già sentito e di cui conosce già la risposta ─ sia la propria che quella dei suoi colleghi.
In fondo gli incontri con i fan sono sempre più o meno uguali: difficilmente capita di sentirsi chiedere qualcosa di inaspettato, e ancora più difficilmente capita di sentire una risposta inaspettata.
Quindi Paul guarda il video e sorride nel vedere Joseph dimenarsi sulla sedia, palesemente in imbarazzo, mentre alcune ragazze dal pubblico lo mettono a parte del mondo dello shipping ─ non che tutti loro non lo conoscano già, ovviamente, perché è davvero impossibile rimanerne all'oscuro, ma nessuno di loro indaga molto sul fenomeno. Non pubblicamente, almeno.
Povero Joseph, pensa, divertito. Ed in quel momento esatto ecco il colpo basso.
“Klefan? Sono aperto alla cosa”, dice il Morgan sullo schermo del suo computer portatile, e dopo quella battuta Paul blocca il video, rimane in completo silenzio per una manciata di secondi, si toglie le cuffie dalle orecchie e poi si gira verso l'uomo che se ne sta comodamente seduto sulla poltroncina accanto alla sua.
«Non potevi scegliere un'espressione più infelice», commenta semplicemente.
Joseph, che non ha assolutamente bisogno di chiedere a cosa l'amico si riferisca ─ in fondo è lui che gli ha passato il video della convention, e per nessun altro motivo se non fargli ascoltare quella domanda in particolare e la risposta che lui stesso ha dato ─, soffoca una mezza risata dietro un bicchiere di champagne che la hostess, gentilissima e professionale, continua incautamente a riempirgli da circa un'ora.
«E lo hai fatto apposta», non è una domanda. Non c'è nessuna inflessione interrogativa nella voce di Paul. «Sono un uomo sposato. Non puoi istigare le masse ad avere pensieri del genere su un uomo sposato», lo rimprovera.
Joseph alza le spalle con aria noncurante.
«Non riuscirai a farmi venire i sensi di colpa per questo», ribatte. Poi, con un sorriso di cui Klaus sarebbe assolutamente fiero, aggiunge: «E comunque ti ricordo che tu sei quello che ha detto che Klaus e Stefan avrebbero fatto cose in un pub»
«Che c'entra!», esclama Paul. E prima che l'altro riesca a ribattere che c'entra eccome, liquida la cosa sventolando in aria una mano, come a voler scacciare via una mosca fastidiosa, poi si volta di nuovo verso il computer, sistema di nuovo le cuffie e torna a guardare il video.
Rewind, play, riascolta la battuta.
«È il modo in cui lo dici», stabilisce infine ad alta voce, guadagnandosi uno sguardo perplesso da parte dell'altro.
«Il tuo accento. Fa suonare, uhm, perversa qualsiasi cosa tu dica», spiega Paul.
«Non ricominciare con il mio accento, Wesley», lo redarguisce Joseph, per tutta risposta.
È piuttosto sensibile sull'argomento, e lo sanno entrambi.
«Per non parlare della tua faccia», continua Paul, imperterrito, dopo aver scoccato un'altra occhiata attenta al video.
Joseph alza minacciosamente un sopracciglio.
«Cos'ha che non va, la mia faccia?», domanda, con un tono che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere intimidatorio, e forse lo è davvero, ma che il suo amico ignora allegramente.
«Ha un che di maniacale, se vuoi saperlo», risponde anzi, con molta nonchalance. «Se ti incontrassi in un parco, di sera, con addosso un lungo impermeabile scuro...»
«Non indosso impermeabili scuri, non sono un maniaco e la mia faccia è assolutamente normale», inizia a replicare Joseph, ora decisamente irritato.
Va bene tutto, ma sentirsi dire dai fan, dagli intervistatori e adesso anche dai colleghi di essere inquietante a prescindere dal suo personaggio non è esattamente edificante per il proprio ego.
«... è la combinazione delle due cose, credo», insiste Paul, senza prestargli la più minima attenzione. E dopo un attimo di riflessione: «Beh, per la faccia non si può fare niente, ma forse se cercassi di strascicare un po' di meno le vocali...»
Ignorando i richiami della hostess, Joseph si alza dal suo sedile e si avvicina al passeggero seduto nella fila accanto ─ lo stesso tizio a cui, meno di un'ora prima, ha gentilmente chiesto di poter scambiare il suo posto con il proprio ─, fin quasi ad essergli addosso.
«Ci ho ripensato», annuncia all'uomo che si volta a fissarlo con un'espressione stranita, mentre la risata di Paul, alle sue spalle, fa girare più di qualche testa. «Si riprenda pure il suo posto, quel tizio lì è insopportabile»
«Oh, andiamo, stavo scherzando! Non essere sempre così permaloso!», protesta Paul, senza nemmeno avere la buonagrazia di smettere di ridere. «E comunque, Klaus, dovrei essere io a volermi allontanare, tu sei quello che mi tiene prigioniero!»
Joseph finge di non sentirlo, incrocia le braccia al petto e borbotta qualcosa a proposito di accenti, facce inquietanti, vittime che in realtà sono carnefici e carnefici che in realtà sono vittime.
Intanto l'uomo di fronte a lui, che fino ad un attimo prima stava beatamente ascoltando il suo lettore mp3, senza alcuna preoccupazione al mondo, o quasi, fissa preoccupato sia l'uno che l'altro ─ tenendo particolarmente d'occhio Joseph, visto che quella sua voce strascicata ha un che di decisamente minaccioso, a suo parere ─, e dopo un attimo di riflessione inizia a slacciarsi le cinture.
Pochi attimi dopo, sempre ridendo, Paul si sporge dal suo sedile ─ rischiando tra l'altro di far schiantare al suolo il computer ─, afferra il collega per il retro della giacca e lo trascina indietro, costringendolo a sedersi di nuovo.
«Lo scusi, stava solo scherzando, lasci perdere!», dice Paul all'altro passeggero, che nel frattempo è finalmente riuscito a radunare tutte le sue cose e a liberare il sedile per cambiare di nuovo posto.
Joseph si libera del braccio che Paul gli ha posato sulle sue spalle per tenerlo giù più comodamente e continua a borbottare improperi tra i denti, ma non obietta.
L'uomo lancia ad entrambi un'occhiata incredula, ricevendo in cambio un sorriso brillante da uno e un blando gesto della mano dall'altro, quindi si rimette a sedere e scuote la testa, inveendo mentalmente contro tutte le dannate coppiette rumorose che non hanno niente di meglio da fare se non infastidire il resto del mondo.


   
 
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