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Autore: Angel_lily    11/01/2012    6 recensioni
“Chi sei tu?” la voce più sconvolgente che io abbia mai udito accarezza i miei sensi lasciandomi tremante e indifesa, non è accusatoria né sospettosa, solo incuriosita come se non si aspettasse di trovarmi lì “il tuo cuore batte” automaticamente porto le mani al petto stringendo la stoffa bagnata del vestito.
“Tutti i cuori battono” rispondo e d’improvviso mi sembra la cosa più ovvia che potessi dirgli, anche se un campanello di allarme mi avverte che affermazioni del genere non dovrebbero nemmeno essere pensate, è il corso naturale delle cose… tutti i cuori battono… se no non saremmo vivi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Salve lettori ^^ Mi presento: mi chiamo Rosita e ho 20 anni, è la prima volta in assoluto che scrivo in questa sezione, ho letto tutti i libri della saga di Twilight e non ho mai sentito il bisogno di aggiungere o “rubare” alla Meyer per creare qualcosa di mio ^^ Poi, un giorno come un altro, ho riletto la parte finale di BD e sono rimasta di nuovo parecchio colpita dalla storia di Nahuel fino a chiedermi “chissà cosa deve essere accaduto prima della sua nascita!” ed ecco perché ora sono qui ^^
La storia è frutto della mia estrema immaginazione, ho cercato di informarmi il più possibile sulle abitudini dei Mapuche per cui alcune cose non sono inventate di sana pianta :)

È doveroso, da parte mia, informarvi che le frasi prima di ogni sezione sono quasi tutte delle citazioni ^^

Spero che la storia possa piacervi, vi lascio al capitolo ^^

Buona lettura :)

 

 

 

 

 

Mi piacerebbe essere diversa da quello che sono,

Così tanto da cambiare per vedere come ci si sente.

 

Pelle di neve e occhi di velluto.

Se non fossi stata certa di essere il frutto benedetto dell’amore tra mia madre e mio padre, discendenti del fiero popolo dei Mapuche, posto su questa Terra dal Dio vecchio creatore e da sua moglie,  avrei creduto a chi mi voleva figlia della luna, diversa dalla mia gente tanto da appartenervi per puro caso, un mero scherzo del destino.

Mi chiamo Pire, nella mia lingua, il Mapudugun, significa “neve di montagna”, ho sedici anni e amo la mia vita.

Non ho mai avuto problemi con nessuno, io e mia sorella, Huilen, siamo considerate figlie e ragazze modello, lei ha due anni in più e mio padre progetta di darla in sposa a Mahel,  un giovane guerriero che si è distinto nelle arti della caccia ed è sopravvissuto alle cruente battaglie contro i coloni spagnoli che cercano da tempo di occupare le terre che ci appartengono per diritto di nascita; Huilen sembra felice ed io so per certo che lo è davvero, vorrei esserlo allo stesso modo ma per me il discorso è completamente diverso.

Sono la più bella della tribù, una perla rara o almeno questo è ciò che ho sempre dovuto ascoltare a mio riguardo, io mi ritengo niente più che una ragazzina come tutte le altre, mie compagne, il mio desiderio più grande è quello di essere trattata come loro ma non è ciò che è stato scelto per me;  sono la promessa sposa del Toqui, nostro leader e capo massimo della guerra, è un uomo molto più vecchio di me, alcune delle sue figlie raggiungono quasi la mia età, la sua prima moglie è morta in circostanze poco chiare mentre si era allontanata nella foresta per lavare le vesti in un laghetto poco distante da qui, la legge prevede che egli prenda in moglie una qualsiasi delle giovani del popolo ed egli ha scelto me.

Il mio compito è obbedire,  alla mia famiglia, fiera e orgogliosa per il grande onore che mi è stato concesso, e al mio signore che mi renderà moglie e madre nonché prima donna tra le tante della tribù; nel mio mondo di bambina avevo sognato l’amore confessandolo solo a mia sorella, quando azzardai parole di trasparente dispiacere parlando con mia madre lei si limitò a zittirmi in malo modo ringraziando il cielo che i sentimenti più puri avessero trovato me e non viceversa, mi costrinse a pregare gli dei perché mi liberassero dalla macchia scura che avevo posto su di essi con il mio ardito parlare, ed io lo feci.

Vorrei potermi dire soddisfatta, ho una vita di perfetta armonia che mi aspetta per accompagnarmi lungo la strada, molte giovani donne ne sarebbero grate, ma il dovere ammazza lo spirito, ed io darei via tutta la mia fortuna pur di assaporare l’aria limpida dell’infinito senza il peso dell’obbedienza.

Oggi il sole splende alto dietro gli alberi secolari delle nostre foreste, un dono degli dei che rischiara i tratti grigi di tristezza per la prematura perdita del saggio Relieh, fratello maggiore del Toqui; egli ha il viso pervaso di dolore, la perdita, così penosamente ravvicinata, di due persone tanto amate, in circostanze molto simili, sembra averlo distrutto, il cuore mi si stringe in una morsa di compassione mentre osservo i suoi occhi scuri inumidirsi di ricordi molto probabilmente felici, e qualcosa dentro di me desidera avvicinarsi, come ne fossi direttamente responsabile, come se fossi la sola a dovermene prendere cura.

Il Maqui, sciamano della tribù, intona canti mentre esegue il rito magico del passaggio oltre la morte, offrendo in sacrificio il cavallo, animale sacro, appartenuto un tempo al saggio Relieh, chiudo gli occhi cercando di evitare che il mio cuore scoppi di ansia e paura,  fin da bambina non ho mai apprezzato l’operato degli sciamani, so che sono necessari, essi rappresentano il ponte verso il mondo degli dei nostri creatori, tutti vi sono profondamente devoti, ma i loro poteri mi terrorizzano più dei loro sguardi; il nostro Maqui è un veggente, i suoi occhi velati di un colore innaturale non hanno mai incontrato i miei, questo perché io ho sempre evitato che accadesse.

Le danze concludono nel momento esatto in cui ogni Mapuche porta le proprie condoglianze al Toqui, il mio sguardo cade insistentemente sul sangue versato della povera creatura che giace morta accanto al proprio defunto padrone, la mano di mio padre, avvolta prepotentemente attorno al mio braccio, mi spinge a distogliere l’attenzione da ciò che mi turba e portare lo sguardo sul mio futuro marito.

Ligia al dovere, mi fermo a ricambiare il suo sguardo incuriosito solo per un secondo, dopodiché mi inginocchio ai suoi piedi abbassando gli occhi “mi dispiace mio Signore Toqui”è tutto quello che riesco a dire,  la sua voce calda e roca non mi risponde, attendo qualche secondo prima che una folata leggera di vento secco mi faccia percepire uno spostamento, la sua mano ruvida raggiunge il mio mento costringendomi a fissare gli occhi nei suoi, appena capisco che egli si è inginocchiato davanti a me e si è portato le mie mani sul cuore, arrossisco.

“Statemi vicina Pire, non potrei desiderare altro affinché tutto questo dolore abbandoni la mia anima, vi amo mia giovane promessa” le sue parole sussurrate mi straziano, d’improvviso l’istinto di scappare diventa più forte della ragione , se non ci fosse la mano di mio padre a tenermi salda al mio posto probabilmente fuggirei nella foresta a piangere tutte le mie lacrime amare.

Il Toqui scambia la mia esitazione per un sintomo di pudore e gli sono estremamente grata non appena decide di lasciarmi andare e rivolgere la propria attenzione agli altri, mi libero dalla stretta di mio padre affondando il viso nel petto di Huilen, quando alzo lo sguardo, poco oltre la sua spalla, quello del Maqui lo intercetta, gli attimi immediatamente successivi mi riempiono di terrore.

Grida disumane squarciano il cielo mentre lo sciamano cade a terra indicandomi e portandosi le mani sul viso, quasi come se non volesse vedere ciò che il destino lo ha costretto predire.

“Che cosa sta dicendo?” urla Huilen tenendomi stretta, eppure sono le uniche parole che odo dato che tutti osservano la scena pietrificati, il primo a riprendersi è il Toqui, egli si spinge verso il Maqui prendendolo tra le braccia a costringendolo a calmarsi, nonostante non faccia altro che ripetere parole sconosciute persino ai più anziani del villaggio; lo sguardo bagnato di lacrime dello sciamano mi osserva un’ultima volta prima di pronunciare parole soffocate “tu sei il contenitore. Prescelta del male! TU SEI IL CONTENITORE!”

“PORTATELA VIA!” l’ordine del Toqui spinge mio padre a strapparmi dalle braccia di mia sorella e portarmi con sé verso casa, col cuore pieno di angoscia, chiudo gli occhi lasciandomi perseguitare da quelle urla fin dentro ai miei sogni.

***

Il tuo cuore sa che tu capirai,

lasciati guidare come l’onda verso il mar.

 

Non ne abbiamo più parlato ed io ho fatto in modo che tutto scivolasse via dalla mia mente come un brutto sogno fin troppo vivido, da allora la capanna del Maqui popola i miei incubi  e ad essa non mi avvicino mai più del necessario.

“Ti spaventa ancora sorellina?” la voce dolce di Huilen mi riporta alla realtà, distolgo lo sguardo dal fumo nero che irradia dai riti magici dello sciamano e lo poso in quello comprensivo di mia sorella.

“Sto bene, non è successo nulla” è ciò che mi ripeto da quel giorno, ma non sono ancora riuscita a convincere me stessa ed  è difficile che io vi riesca con qualcun altro, il popolo Mapuche mi guarda con diffidenza da quando le parole del Maqui hanno preso possesso dei loro cuori, la cosa li spaventa più di quanto spaventi me stessa.

“Lui continua a guardarti come se tu fossi il respiro della Dea madre, piccola neve. Ti amerà sempre con la stessa intensità” Huilen distoglie gli occhi dal suo lavoro  per indicarmi un punto preciso,  li seguo e lo sguardo mi cade sul Toqui che gioca tranquillamente con i suoi bambini, spesso i suoi occhi scuri incrociano i miei, le labbra si increspano in un sorriso grato, leggo sul viso dolce e stanco tutta la devozione che ha riposto nei miei confronti; sospiro e gli volto le spalle.

“E se io non potessi amarlo allo stesso modo, Huilen?” confesso.

“Che cosa stai dicendo, Pire?” la preoccupazione viene fuori dalle sue parole “sei così fortunata sorellina mia, credo che il Toqui non abbia mai amato nessuno come ama te in questo momento”

“E se questa non fosse la mia strada?”  sento le lacrime premere a lato degli occhi ma evito accuratamente di lasciarmi sopraffare.

“Lascia perdere la paura piccola neve, tu sei destinata ad essere unica tra le tante, lo hai gridato venendo al mondo” si avvicina stringendomi tra le braccia “Ti amo così tanto sorella mia” e tra le sue braccia mi ci abbandono.

***

La natura madre nasconde e protegge la perfezione

Mi ci sono imbattuta e ora il mio cuore trema.

 

Col passare dell’ora media, il sole colora d’oro tutto ciò che accarezza e sprigiona la sua incredibile potenza; i Mapuche si ritirano nelle loro capanne e i riti del Maqui per proteggerci dai demoni della notte hanno inizio protendendosi fino al calar della luce.

Quelle ore mi appartengono.

Non ho mai avuto paura di fuoriuscire dalla protezione del Maqui, la natura meravigliosa che ci circonda non può nascondere il male di cui tanto si canta; sgattaiolare fuori casa non è mai stato così difficile come può sembrare, i riti magici dello sciamano attirano l’attenzione e i miei genitori, impegnati nei loro lavori, non si accorgono minimamente della mia assenza.

Tranne mia sorella Huilen che ultimamente fa molta più fatica a reggermi il gioco, non la ringrazierò mai abbastanza per il suo silenzio.

Con un’ultima occhiata furtiva a ciò che mi circonda, esco dal retro della capanna accertandomi che anche lì nessuno si accorga di ciò che sto per fare, non appena mi rendo conto che la via è libera mi getto il più velocemente possibile verso il riparo sicuro dei grandi alberi secolari che circondano il villaggio.

Correre, libera, sola, è la cosa più straordinaria della terra, la mia vita scompare lasciandomi sola con me stessa e in quel momento so con certezza che gli dei corrono accanto a me sussurrandomi “è la tua via”.

Non appena il lago si staglia immenso  chiudo gli occhi assaporando la sensazione che amo di più al mondo e ringraziando il Dio vecchio e il Dio giovane per aver creato tali meraviglie.

Abbandono il vestito sul terreno sabbioso e mi immergo fino a sfiorare il seno in sboccio, i lunghi capelli scuri si bagnano a metà, l’acqua è tiepida contro la mia pelle chiara e mi solletica facendomi sorridere, nuoto per un tempo indefinito insieme ai piccoli pesci e poi,come al solito, quando il sole comincia a tramontare oltre le montagne ad ovest,  volgo lo sguardo verso la mia terra che ricambia serena e meravigliosa, un sottile profumo sconosciuto e splendido raggiunge le mie narici mentre mi avvicino alla riva ma decido di non farci caso.

Sospiro e mi costringo ad uscire dall’acqua, ho pochissimo tempo prima che i miei genitori comincino a farsi delle domande, un movimento impercettibile nel buio fitto della foresta mi spinge ad alzare gli occhi.

“Chi è là?” domando con fermezza, nonostante la voce mi tremi appena, un nuovo movimento conferma la presenza di qualcuno, mi rivesto immediatamente “Mi stai spiando?” è la prima cosa sensata che riesco a dire, in realtà sono spaventata a morte, potrebbe essere anche un animale, in fondo è stata proprio questa la zona in cui sono stati ritrovati i corpi della moglie e del fratello del Toqui,  indietreggio ma mi accorgo di essere in trappola.

“Chi sei tu?” la voce più sconvolgente che io abbia mai  udito accarezza i miei sensi lasciandomi tremante e indifesa, non è accusatoria né sospettosa, solo incuriosita come se non si aspettasse di trovarmi lì “il tuo cuore batte” automaticamente porto le mani al petto stringendo la stoffa bagnata del vestito.

“Tutti i cuori battono” rispondo e d’improvviso mi sembra la cosa più ovvia che potessi dirgli, anche se un campanello di allarme mi avverte che affermazioni del genere non dovrebbero nemmeno essere pensate, è il corso naturale delle cose… tutti i cuori battono… se no non saremmo vivi.

“Hai paura di me” non è una domanda ma una semplice constatazione, una punta di orgoglio mi spinge ad affrontarlo.

“Io non ho paura di te! Piuttosto chi sei? Perché ti nascondi nell’ombra senza mostrarmi il tuo volto?” una piccola risatina accompagna le mie parole.

“Sei coraggiosa fanciulla ma molto stupida, il sole ti sta abbandonando nelle tenebre eppure non hai fretta di tornare al tuo rifugio materno” solo ora mi accorgo che sta dicendo il vero, non sono mai stata così tanto lontano da casa, d’improvviso la foresta conosciuta comincia a sembrarmi un immenso buco nero irto di pericoli e il cuore aumenta la sua corsa urlando il pericolo.

“Non dovrei essere qui” sussurro, la mia voce trema, non può avermi sentito.

“Vuoi già andare via? E lasciarmi solo?” le sue parole attivano una reazione involontaria, di colpo mi inoltro nella foresta correndo a perdifiato lungo la strada impressa chiaramente nella mia testa, per un secondo infinito mi convinco di essere riuscita a sfuggirgli, chiunque lui fosse, ma subito dopo una folata prepotente di vento ha la meglio sulla mia disperata fuga e mi ritrovo a crollare sul terreno coperto di foglie e muschio sbattendo la schiena sulla radice di una vecchia quercia.

Mi guardo intorno spaventata e dolorante ma non riesco a vedere nulla se non il fitto buio della foresta.

“Che cosa vuoi??” urlo aggrappandomi alla mia voce come fosse l’unica arma a mia disposizione, con un movimento fulmineo sento due mani afferrarmi le spalle e spingermi verso il terreno che profuma di erba bagnata, in una frazione di secondo i miei occhi si fissano in due pozzi scuri di un nero tendente al rosso.

Il mio cuore perde un battito, non solo a causa della paura;  quello che sto fissando è il viso di un Dio, la carnagione di un innaturale colore scuro ma limpido brilla di strani riflessi attraverso la debole luce che filtra dai rami degli alberi faticando ad illuminare ciò che essi nascondono, lunghi capelli neri contorniano i lineamenti perfetti, le labbra piene, gli occhi spalancati e esitanti, il suo corpo  sovrasta il mio nascondendomi come una coperta di carne e muscoli, fredda come la neve di montagna.

Ho un sussulto non appena i miei stessi pensieri sfiorano anche i sensi,  sollevo una mano e la poso delicatamente sulla sua pelle liscia e dura, di una consistenza che non riesco a paragonare a nulla di conosciuto, la sposto lentamente verso il suo viso e lui accoglie il mio tocco restando immobile, quasi come fosse privo di vita, le dita affondano nei suoi capelli e lo osservo chiudere gli occhi e sospirare; è la creatura più meravigliosa su cui i miei occhi si siano mai posati, non può appartenere a questa terra, lui viene dal cielo, è l’unica spiegazione possibile.

Dopo qualche secondo di assoluto silenzio lo osservo indietreggiare lasciandomi libera di rimettermi seduta, i capelli cadono lungo le spalle  coprendo la mia seminudità provocata dalla veste bagnata che aderisce al mio corpo acerbo, dimentico la paura da qualche parte nel buio fitto che mi circonda e i miei occhi quasi ciechi continuano la propria analisi osservando ciò che non riescono del tutto a distinguere.

“Non guardarmi” la sua voce è ancora più bella di come mi era parsa poco prima, nasconde una nota di un sentimento sconosciuto che non riesco a comprendere,  il suo ordine non mi impedisce di continuare a fissarlo.

“Chi sei tu?”  domando ed il mio è quasi un sussurro.

“Non ha importanza” potrebbe essere arrabbiato ma a me pare solo affascinante, mi avvicino, inevitabilmente attratta da tutto ciò che lo riguarda “Devi starmi lontana!” sobbalzo appena di fronte al suo violento rifiuto ma poi l’istinto mi spinge a continuare imperterrita a camminare verso di lui che rimane immobile, quasi come cercasse di non respirare.

Posso… toccarti?”  senza aspettare una risposta lo faccio, le mie mani vagano insicure lungo il suo corpo seminudo.

“Tu non sei umana” sussurra e una nota sconvolta rovina la perfezione della sua voce, le sue braccia carezzano la veste bagnata che mi copre il corpo stringendola tra le mani, sento l’indistinto rumore di uno strappo ma non riesco a prestarvi attenzione “ chi ti ha posta su questa terra?” è una domanda inutile, chi ha dato la vita a tutti? Chiunque sia stato l’ha donata anche a me come l’ha donata a lui.

Fisso gli occhi nei suoi di un colore assurdo e spaventoso.

“Che cosa sei?” la sua voce mi fa eco.

È  un discorso senza senso, fatto solo di un reciproco toccarsi per capirsi, ed io mi perdo dentro di lui prendendo pienamente possesso della consapevolezza che, ora come ora, potrei anche morire, non avrebbe alcuna importanza.

Un rumore sordo arriva dal limitare della foresta dove i fumi dei riti magici dello sciamano fanno la loro comparsa, entrambi ci voltiamo di scatto anche se una minima parte del mio cervello si accorge che i suoi movimenti sono molto più veloci e precisi dei miei.

“Devi andartene” sussurra “scappa, prima che vengano a cercarti”

Ma… io” cerco di protestare, non voglio andarmene, voglio restare qui, conoscerlo, toccarlo, capire cosa mi nasconde.

“Va!” il suo tono non ammette repliche ed io mi arrendo avviandomi velocemente lungo il sentiero aperto tra le querce secolari non appena un altro rumore sordo mi avverte che sono tremendamente in ritardo, mi volto solo per un secondo a guardarlo ma, quando il mio sguardo raggiunge il punto esatto in cui l’ho lasciato, lui non c’è più.

Pochi metri più avanti il diradarsi degli alberi, Huilen mi aspetta stringendo al petto il ciondolo protettore che gli è stato donato dalla nonna prima che morisse, mi fiondo tra le su braccia e lei sospira lasciando andare alcune lacrime di sollievo.

“Dove sei stata Pire?? Hai deciso di spaventarmi a morte?”

“Mi dispiace” è l’unica cosa sensata che riesco a dire.

“Vieni con me” sussurra prendendomi per mano, la osservo fare un cenno a qualcuno poco lontano e immagino che si tratti di Mahel, tengo lo sguardo basso e mi lascio condurre furtivamente all’interno della nostra capanna.

“Huilen” la chiamo mentre lei provvede a sistemare il rifugio come fa ogni sera prima che nostro padre venga a darci la buonanotte, soffia sulle braci alimentando il fuoco e smuove alcuni oggetti per dare l’idea di un luogo vissuto da parecchie ore.

“Vieni qui” sussurra “sei tutta bagnata” mi sfila la veste cercandone subito una asciutta, passa uno straccio pulito tra i capelli gocciolanti e comincia a sciogliere i nodi che vi si sono formati.

“Huilen devo parlarti” comincio ma lei mi zittisce invitandomi a sentire i rumori che provengono da fuori.

“Sta per arrivare, non dire una parola! Non andrai mai più al lago Pire! Non se significa tutto questo!”

Ma…” cerco di protestare ma nello stesso istante nostro padre fa il suo ingresso nella capanna, entrambe ci alziamo e abbassiamo il viso in segno di rispetto, il suo sguardo indagatore vaga per il rifugio, dopodiché sospira e ci rivolge la parola.

“Non una sola persona deve entrare o uscire da questo luogo” è la frase che ci ripete ogni sera ed è il saluto più dolce che ci abbia mai rivolto da quando siamo nate.

“Buonanotte padre” sussurro ma lui è già sparito oltre la tenda, Huilen si rilassa solo in quel momento, sistema le ultime cose ed io mi siedo portando le ginocchia al petto  e osservandola.

“Pensi che non ci voglia bene?” domando, è una cosa che mi chiedo spesso ed è anche la mia più grande paura.

“Tutto quello che fa è per il nostro bene” risponde Huilen  osservandomi appena per poi sedersi di fronte a me.

“Dove sei stata piccola neve? Ho avuto così tanta paura” sento l’arresa insita nelle sue parole e capisco, almeno in parte, come deve essersi sentita, d’improvviso mi sento in colpa, l’unica responsabile della sua sofferenza.

“Al lago” mi limito a risponderle, una parte di me vuole metterla al corrente di tutto l’accaduto ma qualcosa mi dice che lei mi impedirebbe di rivederlo se dovessi essere tanto fortunata da ritrovarlo “Mi dispiace per averti fatto preoccupare Huilen” aggiungo “sai quanto amo nuotare e ho perso il senso del tempo, ti prometto che d’ora in poi starò più attenta” la fisso negli occhi insistentemente sperando che mi creda, dopo qualche istante la sua espressione preoccupata si scioglie in un sorriso e capisco che mi ha perdonata.

***

Non guardarmi, non venirmi vicino…

Io mi nutro di chi mi attraversa il cammino.

 

“Pire, dove state andando?” una voce calda mi rivolge queste parole bloccandomi nel mio vano tentativo di lasciare il villaggio alla ricerca di quel qualcuno la cui esistenza potrebbe anche essere messa in dubbio.

Mi volto di scatto colta in fragrante e faccio la riverenza tenendo gli occhi attaccati al terreno.

“Mio signore Toqui” comincio, è la prima volta che mi rivolge la parola mentre sono da sola “non vi avevo visto” il tono dispiaciuto è perfetto perché egli possa scambiarlo per delle scuse, in realtà vorrei solo fuggire.

“Alzate il volto mia diletta. Desidero che la mia futura sposa mi guardi negli occhi mentre mi parla”

“Mio Signore io…” mi concedo solo ora di fissare lo sguardo nel suo, i suoi lineamenti spigolosi e la carnagione scura gli danno un’aria burbera che spaventerebbe chiunque, solo gli occhi tradiscono un animo buono e gentile “… mi era sembrato di vedere qualcosa muoversi tra gli alberi, mi ero solo spinta oltre per controllare” metto su una scusa che possa reggere sperando ardentemente che lui non scopra l’inganno.

Mi osserva soppesando le mie parole, dopodiché si avvicina tanto da sfiorare la pelle del mio viso con le sue labbra.

“Non fate mosse avventate Pire, non voglio perdervi” sussurra e prima che possa riuscire a controllare i brividi di paura e i battiti del mio cuore egli si è già avviato verso il centro del villaggio  richiamato dai suoi doveri di capo tribù.

Rilascio il respiro che avevo trattenuto per tutta la conversazione e d’improvviso mi rendo conto che avere lui accanto mi spaventa più di quanto mi spaventi quell’essere strano nel buio fitto dei boschi, mi guardo intorno furtivamente sperando che nessun altro mi scopra, dopodiché mi inoltro tra gli alberi abbandonando la paura solo quando essi mi nascondono alla vista di chiunque.

I piedi mi riportano automaticamente  nel punto esatto in cui ieri è avvenuto l’incontro, per un attimo sono tentata di chiamarlo ma subito dopo mi ricordo che non conosco il suo nome.

“Che cosa ci fai qui?” sobbalzo mentre una folata di vento mi costringe ad indietreggiare, mi guardo intorno non riuscendo ad individuare da dove provenga la splendida voce.

“Ci sei” mi lascio sfuggire un respiro tremante di sollievo.

“Speravo di averti spaventata a morte” la voce arriva ancora da un punto impreciso.

“Ti prego fatti vedere” sussurro e inspiegabilmente so che lui può sentirmi.

Dopo qualche istante di silenzio una serie di rumori e movimenti indefiniti mi fanno ritrovare di fronte ai suoi assurdi occhi di un rosso molto più vivo rispetto al giorno prima, i lembi di pelle illuminati dai sottili e radi raggi del sole, che riescono a penetrare nel fitto della foresta, sembrano accendersi irradiando luce di una bellezza sconvolgente… sembra quasi il riflesso della luna argentata sull’acqua del lago… ne ho il ricordo sfocato degli anni dell’infanzia, quando ero nient’altro che una bambina, senza responsabilità, che si divertiva  a seguire suo padre durante le battute di caccia.

Vorrei che fosse così semplice anche ora.

“Non hai paura?” il suono della sua voce mi riporta bruscamente alla realtà, è una domanda difficile, sono attratta da lui come non mi era mai capitato fino ad ora, ma, allo stesso tempo, non capisco e questo mi spaventa più di qualsiasi altra cosa abbia incontrato sul mio cammino… sembra così diverso da me… ma cosa posso saperne? Conosco  solo gli uomini della mia tribù! E se là fuori ci fossero uomini simili a lui? E se noi non ne avessimo alcuna idea?

“Dovrei?” domando avvicinandomi lentamente.

“Dovresti”

“Allora comincerò ad aver paura…” lo osservo torturandomi il labbro inferiore, il suo sguardo cade insistentemente sul mio corpo, salvo poi fissarsi sugli alberi verdi e secolari  “… se tu mi dici chi sei” in una frazione di secondo me lo ritrovo a pochi centimetri dal viso, stringe il mio polso facendomi male, sobbalzo spaventata.

“Sono un mostro” sibila ed io mi lascio andare ad una smorfia di dolore che lui comprende quasi immediatamente, lascia la presa scomparendo nello stesso istante.

“Vattene, non voglio farti del male” mi guardo intorno cercando, ancora una volta, di capire da dove provenga la sua voce, sospiro e mi siedo sulla radice di una quercia massaggiandomi il polso che sta cominciando a ricoprirsi di macchie violacee.

“Non sei riuscito a spaventarmi” aspetto qualche istante sperando che lui mi risponda “non ho intenzione di andarmene” aggiungo dopo un po’ mettendo in chiaro le mie intenzioni  “Dove sei?” dall’aria arriva solo il silenzio più assoluto ed è questo a spaventarmi davvero “Dove sei?”domando ancora  abbandonandomi con la schiena contro il tronco dell’albero “volevo solo capire chi sei” dopo un tempo indefinito di inutile attesa tutto diventa nero.

A svegliarmi è qualcosa di gelido che preme contro il mio viso, apro lentamente gli occhi e mi chiedo se in realtà sto ancora sognando.

“Qual è il tuo nome?” domanda il mio Dio, ritirando la sua mano, sorrido risvegliandomi del tutto e spingendomi verso di lui, di conseguenza lui si allontana.

“Pire” sorride accecandomi.

“Ti hanno dato il nome della neve” osserva “perché sei bella e rara” arrossisco violentemente a queste sue parole e per un attimo non riesco a fare altro che guardarlo senza forze.

“E tu?” riesco a sussurrare dopo un po’.

“Io sono Joham” risponde tenendosi a debita distanza, lo sguardo mi cade sulla sua pelle scura, seminuda, mi ci soffermo un attimo di troppo… non esistono uomini come lui nel mio villaggio.

Fino ad ora non avevo mai provato nulla di simile per qualcuno, il cuore mi batte all’impazzata ricordandomi, ogni infinitesimo attimo, che sono ancora viva, qui, di fronte a qualcuno che mi ha completamente stregata.

È questo ciò che si prova quando si cresce? È questo che dovrei provare per il toqui?

“Joham” ripeto, assaporando il gusto dolce che il suo nome lascia sulle mie labbra “Vieni da un villaggio vicino?” domando, un po’ perché non voglio dover sopportare un silenzio fatto di emozioni contro cui combattere, un po’ perché desidero sapere tutto di lui.

“Non direi” mi osserva come se non trovasse le parole per spiegarmi qualcosa di complicato “Diciamo che quelli come me sono abbastanza rari”

“E belli!” esclamo ma subito dopo me ne pento “questo vuol dire che io e te ci somigliamo” lui mi osserva interessato ed io ricambio lo sguardo, anche se le gambe tremano minacciando di non reggermi ancora per molto.

“Non esistono donne come te nel tuo villaggio” per un attimo mi sembra quasi che stia soppesando il mio odore e il mio aspetto, la cosa mi mette i brividi “perché?” la domanda sembra quasi un’accusa.

Io… non lo so… non l’ho chiesto, sono nata così… e solo gli Dei sanno quanto vorrei che così non fosse” confesso dandogli le spalle e fissando il punto in cui so che riposa il lago in tutto il suo splendore.

Vorresti… essere diversa?” per la prima volta percepisco una nota di incomprensione e perplessità nella sua voce perfetta, mi volto a incrociare il suo sguardo.

“Sì” sospiro “una ragazza come tutte le altre, trattata in modo semplice e normale vivere la mia età senza dovermi trasformare nella donna perfetta che tutti pretendono” mi si riempiono gli occhi di lacrime involontarie e questo mi spinge ad abbassare lo sguardo “Sarebbe splendido” concludo senza credere minimamente che lui riesca a capirmi,  a volte io stessa fatico a capirmi.

“Sembra quasi che la tua vita ti faccia soffrire” osserva senza avvicinarsi “Cosa può esserci di così sbagliato?”

“Sono la promessa sposa di un uomo che non amo” è la prima volta che lo dico a voce alta, non so nemmeno perché l’ho fatto, mi sto confidando con un perfetto sconosciuto e la cosa mi fa stare quasi bene, che diavolo mi sta succedendo?

“E lui ti ama?” domanda e mi rendo conto solo ora di quanto sia difficile la risposta.

“Credo di sì… il suo affetto è sincero ed è lontanissimo dal rifiuto che provo io nei suoi confronti. Non voglio dover sposare un uomo che potrebbe essere mio padre ma non posso rifiutarmi perché lui è il capo della nostra tribù e ha scelto me come sposa perché sono la più bella tra le belle, non ho mai chiesto di esserlo, vorrei solo essere libera”

“Scappa”

“Cosa?” domando disorientata, guardandolo.

“Vieni con me, ti mostrerò una vita completamente diversa! Potrai essere mia per l’eternità” i suoi occhi esaltati sono fissi in un futuro che non vedo.

“Tua per l’eternità?” gli faccio eco spaventandomi e il suo sguardo si posa su di me accendendosi di un rosso spaventoso, senza accorgermene ritrovo il suo corpo perfetto appiattito contro il mio.

“Hai un così buon odore, Pire” sussurra ed è terrificante, sento la pelle marmorea del suo viso sfiorarmi il collo e le sue labbra carnose si posano quasi desiderose contro di esso, il mio cuore aumenta i battiti pompando sangue in tutto il corpo fino ad imporporarmi le guance.

“Che cosa stai facendo?” domando ma mi rendo conto da sola che la mia voce risulta tutt’altro che convincente.

“La cosa più semplice del mondo sarebbe succhiare via la vita dal tuo corpo” soffia dandomi i brividi “ma queste forme sinuose promettono piaceri tanto estremi e diversi da stuzzicare il mio istinto” deglutisco a vuoto soffocando nella mia stessa paura.

“Joham” sussurro sperando che basti a salvarmi.

“Non ti ucciderò, non ora mia giovane e bella umana” sento le sue mani percorrere lentamente il mio corpo coperto dalla veste “Cosa sei disposta a darmi in cambio della vita?” spalanco gli occhi e l’istinto di scappare diventa sempre più forte.

“Lasciami andare ora” ordino ma non serve ad altro che a far aumentare la presa delle sue mani, fisso gli occhi nei suoi implorandolo “Ti prego Joham, lasciami andare” improvvisamente la sua espressione cambia, gli occhi si spengono tornando del cupo rosso scuro che lo caratterizza.

“Comincia a tremare Pire”  il suo tono è indecifrabile “In me c’è un mostro che aspetta solo di essere risvegliato” si allontana lentamente verso il fitto degli alberi, approfitto del  momento per scappare attraverso il sentiero che conduce al villaggio, mi volto solo per un momento e il suo sguardo carico di angoscia mi sussurra poche e semplici parole: Scappa e non tornare mai più.

Deglutisco la delusione e decido che è giusto così. Chiunque lui sia, qualunque cosa sia, non può avere nulla a che fare con la semplicità dell’essere umano, chiudo gli occhi e il suo viso appare chiaro anche nell’ombra, in quello stesso istante qualcosa di molto profondo e remoto negli abissi di me stessa mi suggerisce che la mia vita sta per cambiare completamente ed il merito o la colpa sarà solo sua.

***

Tu chi sei? Chi sei? Non nasconderti…

Lo sai l’amore cos’è? Lo sai l’amore cos’è?

Stanotte ho fatto un sogno.

È sempre lo stesso da giorni e giorni. Joham viene a trovarmi sussurrandomi le sfumature di una vita che non comprendo, che non sono convinta possa esistere davvero.

Il profumo della sua pelle invade il mio corpo come se aleggiasse nell’aria della notte ed è come una malattia, sono malata della stessa tendenza  che hanno gli uccelli verso il cielo… lui è il mio cielo nero ed io sento chiaro e forte il bisogno di tendere verso di lui.

Come se mi avesse stregato e legato la mia anima alla sua senza via d’uscita, ogni altro sguardo è sconosciuto e il mio cuore spento non batte per altri se non per lui, diventa un bisogno estremo di pelle contro pelle, sudore e sospiri… mi sono sfiorata come non ho mai fatto prima, in questi giorni e, chiudendo gli occhi invasa da un pizzico di piacere, ho sussurrato il suo nome e quasi sperato che potesse ascoltarmi, mi sono vergognata ma c’era la sua voce insistente nella mia testa: Oh sì Pire, fallo per me.

Sto impazzendo.

“Pire, mi stai ascoltando?” alzo gli occhi spiritati verso la figura di Huilen, mi osserva abbastanza nervosa, ha il viso arrossato da una qualche inspiegabile emozione ma è quasi scesa la notte ed io non riesco a pensare ad altro.

“Scusami Huilen, ero immersa nei miei pensieri” mi giustifico sperando che basti, lei posa la sua mano sulla mia e mi osserva comprensiva.

“Ti capisco piccola neve, ma domani sarà un giorno speciale. Mahel chiederà la mia mano a nostro padre e sarà il culmine della mia felicità! Sarai felice con me sorella mia?” nei suoi occhi c’è una tale speranza da spingermi ad ingoiare la sensazione di vuoto.

“Certo che lo sarò” sussurro sorridendole appena mentre la sua espressione cambia trasformandosi in preoccupazione.

“Ho bisogno del tuo aiuto, Pire. Questa notte appartiene agli amanti” guarda il cielo stellato oltre la tenda come se riuscisse davvero a vederlo “il mio cuore vuole donarsi a lui ma nostro padre non deve sapere che non dormirò qui con te stanotte, mi aiuterai?” credo di riuscire a vedere per la prima volta nei suoi occhi tutto l’amore del mondo concentrato in una sola persona tanto piccola e fragile che una parte di me è convinta non possa contenerlo senza impazzire, tornano nella mia mente le paure che io non vivrò mai e tutte le volte in cui Huilen mi ha permesso di assaggiare un pizzico della libertà che mi è stata negata fin dalla nascita.

“Sì, ti aiuterò” e per non soffrire di più mi lascio scivolare lentamente nel mio mondo.

A notte fonda….

L’aria è silenziosa e spaventosa, pervasa dai sussurri di una voce che mi uccide, vuole me, mi desidera da impazzire.

“Pire” una dolce eco “Pire”

“Joham” sussurro ma non ha senso.

“Oh Pire” una mano all’altezza del mio cuore, è così vera che quasi mi sembra di sentirla davvero, un sospiro “vieni via con me” continuo a tenere gli occhi chiusi.

“Vieni” ancora sussurri “Ti voglio” il profumo che mi invade e il ricordo vivo della sua pelle fredda e perfetta contro la mia.

“Pire” un leggero vento gelido mi fa trasalire, apro di scatto gli occhi desiderando scoppiare a piangere ma a pochi centimetri dal mio viso c’è quello dei miei incubi.

Il cuore accelera i battiti e il respiro diventa affannoso, lui posa delicatamente una mano sulle mie labbra impedendomi di urlare.

Lo osservo con occhi spalancati accorgendomi solo ora delle sue mani che hanno lentamente cominciato a spogliarmi, la sua pelle gelida a contatto con i miei piccoli seni nudi mi provoca una leggera e piacevole sensazione nel caldo della notte.

“Sei la creatura più bella che io abbia mai visto” il suo sussurro azzera le mie difese ed io mi abbandono tra le sue braccia respirando il suo strano odore, sa di tutto ciò che amo.

“Lo sai cos’è l’amore, Pire?” soffia ad un centimetro dalle mie labbra ancora nascoste dalla sua mano, scuoto leggermente la testa ed è il massimo che posso permettermi “Non spaventarti” aggiunge liberandomi dall’impedimento, prendo un profondo respiro schiudendo le labbra che lui cattura tra le sue.

Sento un esplosione all’altezza del petto, il suo sapore è dolce e saporito, le sue labbra dure e gelide.

Non ho mai baciato nessuno prima d’ora, nessuno.

Joham infila la sua lingua nella mia bocca costringendomi ad aprila, la dolcezza si disperde lentamente e lui stringe i miei polsi con le sue mani costringendomi sotto di lui, seminuda e impotente, sento qualche fitta di dolore che soccombe nel mare di emozioni che sto provando.

Felicità, incredulità, paura, desiderio, una strana ma costante fitta all’altezza dello stomaco… Dio, non riesco a controllarmi, non riesco a respirare.

Lui si stacca da me dopo un tempo che mi sembra infinito o qualcosa di molto vicino all’infinito, i suoi occhi sono neri come il cielo della notte “Ti voglio” il suo sussurro è quasi un ringhio, mi strappa di dosso ciò che resta della veste e d’improvviso mi vergogno di essere nuda e vulnerabile davanti a lui, il suo corpo è così straordinariamente perfetto, non è la prima volta che vedo un uomo nudo ma gli uomini che ho visto non hanno nulla a che fare con lui.

“Pire” sussurra toccandomi “lascia che ti prenda. Sarai il mio angelo dei boschi, la mia dea della notte. Mia e di nessun altro” è come se fossi nata per appartenergli e in verità il mio cuore non desidera altro.

Schiudo le cosce sotto il suo volere e lui si sistema tra di esse prima di cominciare a spingersi lentamente nella mia apertura, spalanco occhi e bocca dal dolore e dalla sorpresa. Non credevo che dovesse entrare lì, è troppo stretto perché lui possa entrare senza farmi male!

Joham mi tappa di nuovo la bocca con le sue mani gelide ed inizialmente è solo una tortura, vorrei urlargli di andarsene, che mi sta spezzando in due, che ha deciso di uccidermi!

Ma poi in un imprecisato istante tra quelli in cui il mio unico desiderio era morire, il dolore smette di bruciare nel fisico e nel cuore e mi sento improvvisamente piena, riempita di quel qualcosa che avevo sempre cercato da qualche parte nel mio mondo e mai trovato.

Joham percepisce il cambiamento e lentamente comincia  a muoversi, dentro e fuori da me, arrossisco mentre gli occhi mi si inumidiscono; è una cosa vergognosa! Tutto questo lento e inesorabile piacere mi uccide!

Lui mi lascia spesso libera di respirare vagando sul mio corpo finché i gemiti non diventano troppo forti per poter essere attutiti dal vento ed io chiudo gli occhi quasi a voler sparire negli abissi del mio stesso essere, lontana da ciò che desidero e ciò che invece è stato scelto per me.

“Oh mio amore” mi lascio sfuggire mentre una marea montante cresce dentro di me a partire dal basso ventre, non sono più del tutto sicura della presenza di Joham su di me, non vedo il suo viso nel buio delle mie palpebre chiuse ma sento il suo respiro, le sue mani che fanno male come frustate, sento i suoi continui movimenti.

E poi il mondo scompare dentro un’onda incontrollabile che mi trascina in un abisso di piacere, urlo dietro la mano tesa di Joham mentre tremo completamente e lui esce da me facendomi piombare in uno stato di semicoscienza in cui la vergogna comincia lentamente ad invadermi.

“Che cosa ho fatto?” sussurro quando me ne rendo pienamente conto e alcune lacrime scendono lentamente dai miei occhi, sento dolore ovunque e bruciore in mezzo alle gambe.

“Pire” sussurra Joham ed io chiudo gli occhi deglutendo la delusione “questa notte appartiene agli amanti” spalanco gli occhi al ricordo di quelle stesse parole ma lui non c’è più.

***

Che dolore, non c’è niente, più niente, di umano…

Ma se io sono qui è per dirti ti amo

Questo è un giorno speciale.

Il matrimonio di mia sorella si è appena concluso con balli e riti propiziatori, le si augura una vita lunga e felice, un ventre fecondo e un cuore aperto e disponibile; è così felice che quasi non la riconosco, brilla di luce proprio, bella come non è mai stata.

Sistemo la veste con cui ho nascosto le contusioni sul mio corpo e nel farlo qualche punto dolorante finisce col protestare, lo accompagno con una smorfia di dolore.

“Il vostro viso è triste mio giovane cuore” non ho bisogno di voltarmi per capire che si tratta del Toqui “Vostra sorella è così felice da contagiarmi con la sua gioia e farmi desiderare che ogni unione sia così colma di amore” lo lascio parlare senza voltarmi “non faccio altro che pensare a voi, Pire” il suo sussurro è più vicino di quanto credessi, il suo petto aderisce completamente alla mia schiena coperta, un brivido mi attraversa il corpo, completamente diverso da ciò che sono abituata a provare ogni notte da giorni rischiando di impazzire “Sogno il momento in cui potrò unirmi a voi e dimostrarvi il mio amore” passa lentamente una carezza sulla mia spalla respirando a pochi centimetri dal mio corpo “siete così bella”

“Mio signore, è sconveniente” lo rimproverò allontanandomi da lui e guardandolo per la prima volta da giorni, inevitabilmente il mio cuore si lascia ancora confondere dalla figura di Joham e questo aumenta l’insofferenza e l’angoscia; lui mi osserva per qualche istante prima di parlare.

“Avete ragione mia promessa, perdonate il mio ardito agire, il desiderio che ho per voi non mi lascia libero di respirare ma tutto questo durerà ancora per poco” sussurra.

“Tenete a freno gli istinti, ben presto vi apparterrò e potrete soddisfare ogni vostro capriccio” normalmente non avrei mai risposto in questo modo a qualcuno, ma qualcosa della vecchia Pire si è definitivamente spezzato nel buio della mia stanza dove il corpo di Joham ruba ogni notte un pezzo di me stessa legandolo a lui.

Mi volto verso il rosso del tramonto mentre il viso del Toqui arrossisce visibilmente costringendolo a lasciarmi sola senza aggiungere altre parole, sospiro e mi tengo stretta  come se improvvisamente il resto di me potesse scivolare via dal mio corpo lasciandomi vuota.
“Te la caverai senza di me?” mi sforzo di sorridere ad Huilen mentre mi si avvicina con la sua splendida veste da sposa.

“Dormirai solo in un luogo diverso dal mio, credo di potercela fare”

“Già, è vero” sussurra passandomi una mano sul viso, chiudo gli occhi sotto al suo dolce tocco “Stai cambiando piccola neve, radicalmente e senza preavviso” mi abbraccia ed io affondo il viso nei suoi capelli “non fare cose di cui ti pentiresti” sussurra poco prima che Mahel l’attiri a sé invitandola salutare gli altri presenti prima di ritirarsi nel loro nido d’amore.

Mi sembra tutto così fastidiosamente infinito.

Non appena i due giovani sposi spariscono oltre la tenda della propria abitazione esattamente come il sole tra le montagne, chiedo il permesso a mio padre di ritirarmi, la sua espressione è fiera e orgogliosa mentre acconsente al mio desiderio, il momento in cui andrò in sposa al Toqui si avvicina vertiginosamente, se potessi spaccherei in due il mondo per evitarlo.

“Sei qui?” domando quando a farmi compagnia è solo il buio e il silenzio.

“Credevo che mi odiassi abbastanza da non volermi” la voce di Joham mi raggiunge come un doloroso conforto, lo guardo per qualche secondo mentre la sua figura si materializza davanti ai suoi occhi.

“Ti stai prendendo tutto di me” sussurro nascondendo nel profondo del mio cuore tutti i sentimenti che provo per lui “il mio corpo, la mia ragione, i miei istinti, i bisogni, il dolore. Cosa c’è di umano in quello che fai?”

“Niente” risponde avvicinandosi abbastanza da passare le dita sulle mie labbra “Io non sono umano”

“Odio solo non riuscire ad odiarti” sospiro prima di avventarmi sulla sua bocca dischiusa e assaporare ancora una volta il suo corpo.

Lo costringo senza forza a stendersi sotto di me, le mani affondate tra i suoi lunghi capelli neri, lui scopre velocemente il mio corpo ricoperto di lividi e lo stesso fa col suo, già voglioso di avermi, come ogni notte; mi stacco dal suo viso per prendere tra le mani il suo sesso duro e indirizzarlo verso il mio, mi conficco lentamente su di lui, lasciando che mi penetri un centimetro alla volta mentre lui si abbandona a versi spettrali che ricordano quasi un ringhio, cattura i miei polsi legandoli entrambi dietro la mia schiena con una sua mano, con l’altra comincia spingermi più giù per conficcarsi meglio dentro di me e lentamente comincia muoversi, su e giù con una leggera spinta dei fianchi, il primo istinto è quello di urlare il suo nome perché tutti sappiano che lo amo ma lui me lo impedisce.

“Joham” sussurro ma è abbastanza per farlo reagire, le spinte aumentano e lui alza la schiena per raggiungere le mie labbra che si schiudono in un gemito silenzioso, sento che il culmine del piacere si sta lentamente e inesorabilmente avvicinando, lui stringe le mie spalle catturando i gemiti con i suoi baci.

Quando arriva mi lascia tremante e sudata tra le sue braccia, affondo il viso nei suoi capelli desiderando sparire dentro di lui come tutte le volte in cui accade.

“Vuoi sapere cosa sono, Pire?” sussurra al mio orecchio uscendo da me e spaventandomi.

“No, non voglio saperlo” rispondo costringendomi a guardarlo negli occhi, una parte di me crede di saperlo già.

“Vuoi sapere perché non ti ho uccisa subito quando potevo?” mi limito ad osservarlo spaventata “Appena i miei occhi si sono posati nei tuoi ho capito che avrei potuto amarti ed è stato il sentimento più umano che avessi mai provato in secoli di terrificanti assassinii” passa una mano tra i miei capelli accarezzandomi “mi sono chiesto se in verità avessi potuto tentare di tenerti alla larga da me ma sono stato tanto egoista da pretenderti tra le mie braccia tutte le notti in cui potevi scambiarmi per un sogno” mi osserva accarezzando le mie labbra.

“Ti amo” sussurra e sento qualche lacrima ribelle fuoriuscire dai miei occhi e bagnare anche le sue mani.

“Ti amo” lo bacio “Ti amo” accarezzo la sua pelle “Ti amo”

Esistono solo due semplici parole che racchiudono invero tutto il significato del mondo.

***

Crederei a tutto se non ci fossi tu.

Ora so che tu esisti dubbi non ho più. Ti amo

 

“A quanto pare è stato tutto deciso, ormai” alzo gli occhi verso Huilen a queste parole domandandole silenziosamente a cosa si stia riferendo.

Ho passato il pomeriggio a casa sua dato che un forte temporale ci ha impedito di adempiere ai nostri compiti quotidiani, Mahel è fuori a caccia e lei mi sta accarezzando piano i capelli godendo della semplice sensazione di avermi accanto come facevamo da bambine.

“Il tuo matrimonio col Toqui” spiega e il mio cuore perde un battito “ho sentito nostro padre che ne parlava con nostra madre stamattina presto, a quanto pare il Toqui non riesce più a starti lontano piccola neve” sorride deliziata ma poi si accorge della mia espressione “Non sei felice sorellina?”

“Non mi è stato detto nulla” sussurro, la verità è che non voglio sposarmi… speravo che questo momento non sarebbe mai arrivato ma erano sogni vani.

“Lo sai come funzionano queste cose Pire, ben presto il Toqui verrà a dirtelo di persona, sta tranquilla” Huilen scambia il mio rifiuto per impazienza e credo che sia meglio per entrambe “Sii sincera con me d’accordo?” comincia riprendendo ad accarezzarmi i capelli “stamattina mentre ti lavavi ho notato alcuni lividi sul tuo corpo, piccola neve c’è qualcosa che non mi hai detto?” domanda senza scomporsi più di tanto, deglutisco rumorosamente e scuoto la testa.

“No, credo di essere caduta da qualche parte ma andranno via, in realtà non fanno nemmeno male” mento come mi riesce meglio ed una piccolissima parte di me è convinta che lei non mi abbia affatto creduta, capisco immediatamente che è arrivato il momento di scappare “Si sta facendo buio, meglio se rientro” sussurro sottraendomi al suo tocco e lasciandole un tenero bacio sulla guancia “Dormi bene sorella mia”

“Pire” mi richiama mentre sto per uscire, mi volto di nuovo verso di lei aspettando che mi dica qualcosa eppure Huilen si limita solo a guardarmi lasciando che la preoccupazione del suo sguardo raggiunga la mia anima.

Ha compreso tutto, sa che c’è qualcosa di diverso e sbagliato in me, sa che è dovuto alla presenza di qualcuno che non riesce neanche ad immaginare.

“Buonanotte” sussurro scomparendo prima che il suo sguardo distrugga completamente ciò che resta della mia anima, fuori la tenda della capanna c’è mio padre che mi aspetta a braccia conserte, lo osservo insospettita.

“Vi sposerete fra meno di dieci giorni, preparati come meglio puoi” mi consegna tra le mani quella che sembra una veste da sposa e un moto di terrore mi invade di fronte all’inevitabile.

“Padre” cerco di protestare ma il suo sguardo è duro come pietra, mi lascia da sola sulle soglie di una vita che non ho intenzione di accettare, il sole è già del tutto tramontato quando precipito nella mia solitudine versando lacrime amare sul tessuto pregiato dell’abito che dovrebbe segnare la mia felicità ma che segna una lenta e inesorabile condanna a morte.

“Pire, stai piangendo” le braccia di Joham mi avvolgono stretta ed io affondo il viso nel suo petto desiderando che il tempo si fermi in questo preciso istante e cominci a scorrere al contrario “Shhh, amore, che cosa ti ha sconvolta?”

“Devo sposarmi” sussurro “fra meno di dieci giorni apparterrò ad un uomo che non sei tu” lo guardo negli occhi implorante “Ti prego uccidimi Joham, preferisco la morte ad una vita di logorante infelicità”

“Non posso ucciderti. Non sopporterei la mia vita senza di te, sei diversa, unica e mia” prende il mio viso tra le sue mani e mi osserva intensamente per qualche attimo infinito “Ti porterò via di qui, vivremo lontano dal resto del mondo, da soli, insieme, per l’eternità” sospira “Pire, sei disposta a diventare come me?”

Il mio cuore accelera i battiti; diventare come lui, scappare, abbandonare la mia famiglia, mia sorella, i miei doveri, la mia prigione… tutto questo mi terrorizza e lui se ne accorge immediatamente.

“Non devi rispondermi subito, pensaci” mi tranquillizza baciandomi, il resto è confuso tra il sapore del suo corpo e il suo splendido profumo.

Il mattino dopo mi sono alzata col sole alto e cocente nel cielo, Joham non c’era, al suo posto un’orrenda sensazione di nausea mi ha costretto a vomitare anche il cuore.

Tutt’ora credo di non sentirmi del tutto bene e non capisco quale sia il motivo, mi tengo una mano sullo stomaco mentre svolgo il mio solito lavoro osservato da mia sorella e dallo sguardo onnipresente del Toqui, d’improvviso una fitta più dolorosa delle altre al basso ventre mi costringe a sobbalzare, gli attimi immediatamente successivi sono un susseguirsi di dolorose fitte, mi fiondo all’interno della capanna portando entrambe le mani sulla pancia dolorante, non ne capisco il motivo!

“Pire stai bene?” Huilen mi raggiunge un attimo dopo ed io la osservo con gli occhi lucidi per il forte dolore.

“Io non lo so. Ho dei forti dolori alla pancia” confesso guardandola.

“Hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?” domanda immediatamente mia sorella recuperando uno straccio pulito e strizzandolo nell’acqua per passarmelo sulla fronte sudaticcia.

“No” rispondo, da giorni mangio molto poco e per lo più verdure.

“Aspetti il tuo ciclo?” mi osserva preoccupata.

“No io…” comincio prima che qualcosa si illumini nella mia mente come i campi invasi dalla luce del sole: il ciclo, non  arriva da tanto, troppo tempo… non può essere… mi lascio cadere sconvolta a terra passandomi una mano tra i lunghi capelli neri e sciolti.

“Pire che cos’hai??” domanda Huilen preoccupata lasciandosi cadere di fronte a me, la osservo qualche secondo prima di pronunciare ciò di cui non ho alcun dubbio.

“Sono incinta”

“Cosa? Ma cosa stai dicendo?”

“Sono incinta Huilen, aspetto un bambino, il bambino del mio angelo nero” mi passo una mano sul ventre e un piccolo movimento mi raggiunge come a confermare le mie stesse parole.

“Il tuo angelo nero? Pire stai delirando” sussurra mia sorella quasi piangendo.

“No Huilen ascolta!”

“Smettila”

“Ascolta! Mi ha trovata nei boschi ed è la creatura più bella di questa terra… oh io lo amo così tanto sorella mia e ora aspetto il suo bambino… scapperò con lui e vivremo la nostra vita, quella che ho sempre sognato” la mia espressione rapita non eguaglia la sua disgustata.

“Che cosa hai fatto?” sussurra “Lui non è un angelo, Pire! È il male! Ti ha soggiogata e sedotta senza che tu riuscissi a reagire!” si alza controllando che nessuno ci stia ascoltando “Non ti amerà mai Pire, il Lobishomen non ama mai nessuno, uccide”

“Non è il Lobishomen! Lui è la cosa più bella di questa terra”

“Basta! Smettila! Significano questo i lividi sul tuo corpo?? Ma non riesci a rendertene conto?” raccatta qualche oggetto mettendolo in un sacco “Ti ha stregata!”

“Che cosa stai facendo?” domando disorientata.

“Dobbiamo andarcene di qui, non lascerò che uccidano te e il tuo bambino, ti amo troppo per lasciare che accada” si ferma un secondo sospirando “non ti abbandono Pire, dammi solo un secondo per salutarlo” la sua espressione intrisa di dolore si posa su Mahel appena tornato dall’ennesima battuta di caccia, la osservo uscire alla luce del sole e trascinarlo con sé in un luogo immobile e appartato, Huilen posa le mani in quelle di suo marito sussurrando parole che non riesco a sentire e forse è giusto così.

“Joham aspetto il tuo bambino” sussurro “Portami via con te” ma non sento la sua voce “non lasciare che lei abbandoni tutto ciò che ama” mi volto ma intorno a me c’è solo silenzio “Joham mi uccideranno, devo scappare, portami via con te”  le lacrime cominciano ad affollare i miei occhi scuri “Joham!”

Joham.

Joham.

Joham.

Lui non c’è, Huilen torna dopo qualche minuto di attesa, asciugandosi le lacrime e trovandomi accovacciata su me stessa intenta a pronunciare ancora il suo nome, come se servisse a qualcosa.

“Pire!” si avvicina di slancio aiutandomi ad alzarmi “Dobbiamo andarcene, ora!” 

Il resto è così confuso da somigliare ad un sogno, la fuga il più lontano possibile dal villaggio, la ricerca infruttuosa del mio amato angelo nero scomparso nel nulla, le missioni spedite dal villaggio per cercare di ritrovarci e il nostro continuo nasconderci dietro le enormi radici degli alberi secolari… finchè riuscivo a muovermi.

Il bambino cresceva in fretta, l’ho amato dal primo istante in cui l’ho sentito forte e chiaro dentro di me, Huilen cacciava permettendomi di cibarmi della carne cruda degli animali, e il loro sangue che scorreva attraverso la mia gola sembrava attutire il dolore.

Poi il mio piccolo mi ha spezzato le ossa, e tra le lacrime di gioia l’ho chiamato Nahuel, come il giaguaro,vedevo negli occhi di Huilen il bisogno  e l’istinto di ucciderlo ma non glielo avrei permesso, mai.

“Devi promettermi che ti prenderai cura di lui” sussurro tra gli spasmi e le grida di dolore mentre Nahuel  cerca  una via d’uscita dal mio corpo lacerandomi e squartandomi viva “devi promettermelo Huilen, promettilo!” il viso di mia sorella è bagnato di lacrime incessanti.

“E’ un mostro!” grida terrorizzata, gli occhi che non riescono a staccarsi dal mio viso.

“E’ il mio bambino!” protesto con quanta forza mi è rimasta “Suo padre lo troverà” sussurro fiduciosa “Ti prego Huilen, prenditi cura di lui finché non tornerà Joham, ti prego!” sento la vita fluire via dal mio corpo ma prima che il buio mi sovrasti due vispi occhi simili ai miei mi osservano innamorati “Nahuel” sussurro a fatica sorridendo “Sei bellissimo” prima di morire.

***

Ma col tempo poi come la neve caduta

Come l’acqua sui vetri anche il cuore si asciuga.

 

 

Mi accovaccio distrutto sul suo corpo martoriato e abbandonato .

Dio, Pire, come ho potuto permettere che ti accadesse tutto questo?

La paura mi ha sconvolto, che cosa ci è accaduto? Com’è potuto accadere? La mia specie è davvero in grado di crearne una nuova e più forte?

Avrei potuto amarti per l’eternità… avrei dovuto trasformarti senza aspettare, senza lasciarmi sommergere dal desiderio di averti mentre il tuo cuore ancora batteva ad un ritmo lento e costante.

Avrei dovuto ucciderti quando ancora non avrebbe bruciato come lame bollenti, invece che stare qui a fissarti mentre tu non puoi.

Mi spingo a baciare le sue labbra fredde e morte desiderando che possano riaccendersi di vita… ti amo, Pire e non amerò mai nessun’altra al mondo…

Annuso l’aria cercando le tracce del bambino e della ragazza che sono scappati nel fitto della foresta ma il vento forte le ha confuse e rese impossibili da seguire, da oggi in poi non esisto più alla ricerca di un cuore che possa sostituire i battiti assenti del mio, da oggi in poi ricerco solo ciò che posso ottenere senza soffrire...

Se potessi sognarti, lo farei

Ma non posso

e, se servisse a riabbracciarti, giuro che ne morirei

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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