Salve lettori ^^ Mi presento: mi chiamo Rosita e ho 20 anni, è
la prima volta in assoluto che scrivo in questa sezione, ho letto tutti i libri
della saga di Twilight e non ho mai sentito il
bisogno di aggiungere o “rubare” alla Meyer per creare qualcosa di mio ^^ Poi,
un giorno come un altro, ho riletto la parte finale di BD e sono rimasta di
nuovo parecchio colpita dalla storia di Nahuel fino a chiedermi “chissà cosa deve
essere accaduto prima della sua nascita!” ed ecco perché ora sono qui ^^
La storia è frutto della mia estrema immaginazione, ho cercato di informarmi il
più possibile sulle abitudini dei Mapuche per cui
alcune cose non sono inventate di sana pianta :)
È doveroso, da parte mia, informarvi che le frasi prima di ogni
sezione sono quasi tutte delle citazioni ^^
Spero che la storia possa piacervi, vi lascio al capitolo ^^
Buona lettura :)
Rò
Mi piacerebbe essere
diversa da quello che sono,
Così tanto da cambiare per
vedere come ci si sente.
Pelle di neve e occhi di velluto.
Se non fossi stata certa di essere il frutto benedetto
dell’amore tra mia madre e mio padre, discendenti del fiero popolo dei Mapuche, posto su questa Terra dal Dio vecchio creatore e
da sua moglie, avrei creduto a chi mi
voleva figlia della luna, diversa dalla mia gente tanto da appartenervi per
puro caso, un mero scherzo del destino.
Mi chiamo Pire, nella mia lingua, il Mapudugun,
significa “neve di montagna”, ho sedici anni e amo la mia vita.
Non ho mai avuto problemi con nessuno, io e mia sorella,
Huilen, siamo considerate figlie e ragazze modello, lei ha due anni in più e
mio padre progetta di darla in sposa a Mahel,
un giovane guerriero che si è distinto nelle arti della caccia ed è
sopravvissuto alle cruente battaglie contro i coloni spagnoli che cercano da
tempo di occupare le terre che ci appartengono per diritto di nascita; Huilen
sembra felice ed io so per certo che lo è davvero, vorrei esserlo allo stesso
modo ma per me il discorso è completamente diverso.
Sono la più bella della tribù, una perla rara o almeno questo
è ciò che ho sempre dovuto ascoltare a mio riguardo, io mi ritengo niente più
che una ragazzina come tutte le altre, mie compagne, il mio desiderio più grande
è quello di essere trattata come loro ma non è ciò che è stato scelto per me; sono la promessa sposa del Toqui, nostro
leader e capo massimo della guerra, è un uomo molto più vecchio di me, alcune
delle sue figlie raggiungono quasi la mia età, la sua prima moglie è morta in
circostanze poco chiare mentre si era allontanata nella foresta per lavare le
vesti in un laghetto poco distante da qui, la legge prevede che egli prenda in
moglie una qualsiasi delle giovani del popolo ed egli ha scelto me.
Il mio compito è obbedire, alla mia famiglia, fiera e orgogliosa per il
grande onore che mi è stato concesso, e al mio signore che mi renderà moglie e
madre nonché prima donna tra le tante della tribù; nel mio mondo di bambina
avevo sognato l’amore confessandolo solo a mia sorella, quando azzardai parole
di trasparente dispiacere parlando con mia madre lei si limitò a zittirmi in
malo modo ringraziando il cielo che i sentimenti più puri avessero trovato me e
non viceversa, mi costrinse a pregare gli dei perché mi liberassero dalla
macchia scura che avevo posto su di essi con il mio ardito parlare, ed io lo
feci.
Vorrei potermi dire soddisfatta, ho una vita di perfetta
armonia che mi aspetta per accompagnarmi lungo la strada, molte giovani donne
ne sarebbero grate, ma il dovere ammazza lo spirito, ed io darei via tutta la
mia fortuna pur di assaporare l’aria limpida dell’infinito senza il peso
dell’obbedienza.
Oggi il sole splende alto dietro gli alberi secolari delle
nostre foreste, un dono degli dei che rischiara i tratti grigi di tristezza per
la prematura perdita del saggio Relieh, fratello
maggiore del Toqui; egli ha il viso pervaso di dolore, la perdita, così
penosamente ravvicinata, di due persone tanto amate, in circostanze molto
simili, sembra averlo distrutto, il cuore mi si stringe in una morsa di
compassione mentre osservo i suoi occhi scuri inumidirsi di ricordi molto
probabilmente felici, e qualcosa dentro di me desidera avvicinarsi, come ne fossi
direttamente responsabile, come se fossi la sola a dovermene prendere cura.
Il Maqui, sciamano della tribù,
intona canti mentre esegue il rito magico del passaggio oltre la morte,
offrendo in sacrificio il cavallo, animale sacro, appartenuto un tempo al
saggio Relieh, chiudo gli occhi cercando di evitare
che il mio cuore scoppi di ansia e paura,
fin da bambina non ho mai apprezzato l’operato degli sciamani, so che
sono necessari, essi rappresentano il ponte verso il mondo degli dei nostri
creatori, tutti vi sono profondamente devoti, ma i loro poteri mi terrorizzano
più dei loro sguardi; il nostro Maqui è un veggente,
i suoi occhi velati di un colore innaturale non hanno mai incontrato i miei, questo
perché io ho sempre evitato che accadesse.
Le danze concludono nel momento esatto in cui ogni Mapuche porta le proprie condoglianze al Toqui, il mio
sguardo cade insistentemente sul sangue versato della povera creatura che giace
morta accanto al proprio defunto padrone, la mano di mio padre, avvolta prepotentemente
attorno al mio braccio, mi spinge a distogliere l’attenzione da ciò che mi
turba e portare lo sguardo sul mio futuro marito.
Ligia al dovere, mi fermo a ricambiare il suo sguardo
incuriosito solo per un secondo, dopodiché mi inginocchio ai suoi piedi
abbassando gli occhi “mi dispiace mio Signore Toqui”è tutto quello che riesco a
dire, la sua voce calda e roca non mi
risponde, attendo qualche secondo prima che una folata leggera di vento secco
mi faccia percepire uno spostamento, la sua mano ruvida raggiunge il mio mento
costringendomi a fissare gli occhi nei suoi, appena capisco che egli si è
inginocchiato davanti a me e si è portato le mie mani sul cuore, arrossisco.
“Statemi vicina Pire, non potrei desiderare altro affinché tutto
questo dolore abbandoni la mia anima, vi
amo mia giovane promessa” le sue parole sussurrate mi straziano,
d’improvviso l’istinto di scappare diventa più forte della ragione , se non ci
fosse la mano di mio padre a tenermi salda al mio posto probabilmente fuggirei
nella foresta a piangere tutte le mie lacrime amare.
Il Toqui scambia la mia esitazione per un sintomo di pudore e
gli sono estremamente grata non appena decide di lasciarmi andare e rivolgere
la propria attenzione agli altri, mi libero dalla stretta di mio padre
affondando il viso nel petto di Huilen, quando alzo lo sguardo, poco oltre la
sua spalla, quello del Maqui lo intercetta, gli
attimi immediatamente successivi mi riempiono di terrore.
Grida disumane squarciano il cielo mentre lo sciamano cade a
terra indicandomi e portandosi le mani sul viso, quasi come se non volesse
vedere ciò che il destino lo ha costretto predire.
“Che cosa sta dicendo?” urla Huilen tenendomi stretta, eppure
sono le uniche parole che odo dato che tutti osservano la scena pietrificati,
il primo a riprendersi è il Toqui, egli si spinge verso il Maqui
prendendolo tra le braccia a costringendolo a calmarsi, nonostante non faccia
altro che ripetere parole sconosciute persino ai più anziani del villaggio; lo
sguardo bagnato di lacrime dello sciamano mi osserva un’ultima volta prima di
pronunciare parole soffocate “tu sei il contenitore. Prescelta del male! TU SEI
IL CONTENITORE!”
“PORTATELA VIA!” l’ordine del Toqui spinge mio padre a
strapparmi dalle braccia di mia sorella e portarmi con sé verso casa, col cuore
pieno di angoscia, chiudo gli occhi lasciandomi perseguitare da quelle urla fin
dentro ai miei sogni.
***
Il tuo cuore sa che tu
capirai,
lasciati guidare come l’onda
verso il mar.
Non ne abbiamo più parlato ed io ho fatto in modo che tutto
scivolasse via dalla mia mente come un brutto sogno fin troppo vivido, da
allora la capanna del Maqui popola i miei incubi e ad essa non mi avvicino mai più del
necessario.
“Ti spaventa ancora sorellina?” la voce dolce di Huilen mi
riporta alla realtà, distolgo lo sguardo dal fumo nero che irradia dai riti
magici dello sciamano e lo poso in quello comprensivo di mia sorella.
“Sto bene, non è successo nulla” è ciò che mi ripeto da quel
giorno, ma non sono ancora riuscita a convincere me stessa ed è difficile che io vi riesca con qualcun
altro, il popolo Mapuche mi guarda con diffidenza da
quando le parole del Maqui hanno preso possesso dei
loro cuori, la cosa li spaventa più di quanto spaventi me stessa.
“Lui continua a guardarti come se tu fossi il respiro della
Dea madre, piccola neve. Ti amerà sempre con la stessa intensità” Huilen
distoglie gli occhi dal suo lavoro per
indicarmi un punto preciso, li seguo e
lo sguardo mi cade sul Toqui che gioca tranquillamente con i suoi bambini,
spesso i suoi occhi scuri incrociano i miei, le labbra si increspano in un
sorriso grato, leggo sul viso dolce e stanco tutta la devozione che ha riposto
nei miei confronti; sospiro e gli volto le spalle.
“E se io non potessi amarlo allo stesso modo, Huilen?”
confesso.
“Che cosa stai dicendo, Pire?” la preoccupazione viene fuori
dalle sue parole “sei così fortunata sorellina mia, credo che il Toqui non
abbia mai amato nessuno come ama te in questo momento”
“E se questa non fosse la mia strada?” sento le lacrime premere a lato degli occhi
ma evito accuratamente di lasciarmi sopraffare.
“Lascia perdere la paura piccola neve, tu sei destinata ad
essere unica tra le tante, lo hai gridato venendo al mondo” si avvicina
stringendomi tra le braccia “Ti amo così tanto sorella mia” e tra le sue
braccia mi ci abbandono.
***
La natura madre nasconde e
protegge la perfezione
Mi ci sono imbattuta e ora
il mio cuore trema.
Col passare dell’ora media, il sole colora d’oro tutto ciò che
accarezza e sprigiona la sua incredibile potenza; i Mapuche
si ritirano nelle loro capanne e i riti del Maqui per
proteggerci dai demoni della notte hanno inizio protendendosi fino al calar
della luce.
Quelle ore mi appartengono.
Non ho mai avuto paura di fuoriuscire dalla protezione del Maqui, la natura meravigliosa che ci circonda non può
nascondere il male di cui tanto si canta; sgattaiolare fuori casa non è mai
stato così difficile come può sembrare, i riti magici dello sciamano attirano
l’attenzione e i miei genitori, impegnati nei loro lavori, non si accorgono
minimamente della mia assenza.
Tranne mia sorella Huilen che ultimamente fa molta più fatica
a reggermi il gioco, non la ringrazierò mai abbastanza per il suo silenzio.
Con un’ultima occhiata furtiva a ciò che mi circonda, esco dal
retro della capanna accertandomi che anche lì nessuno si accorga di ciò che sto
per fare, non appena mi rendo conto che la via è libera mi getto il più
velocemente possibile verso il riparo sicuro dei grandi alberi secolari che
circondano il villaggio.
Correre, libera, sola, è la cosa più straordinaria della terra,
la mia vita scompare lasciandomi sola con me stessa e in quel momento so con
certezza che gli dei corrono accanto a me sussurrandomi “è la tua via”.
Non appena il lago si staglia immenso chiudo gli occhi assaporando la sensazione che
amo di più al mondo e ringraziando il Dio vecchio e il Dio giovane per aver
creato tali meraviglie.
Abbandono il vestito sul terreno sabbioso e mi immergo fino a
sfiorare il seno in sboccio, i lunghi capelli scuri si bagnano a metà, l’acqua
è tiepida contro la mia pelle chiara e mi solletica facendomi sorridere, nuoto
per un tempo indefinito insieme ai piccoli pesci e poi,come al solito, quando
il sole comincia a tramontare oltre le montagne ad ovest, volgo lo sguardo verso la mia terra che
ricambia serena e meravigliosa, un sottile profumo sconosciuto e splendido
raggiunge le mie narici mentre mi avvicino alla riva ma decido di non farci
caso.
Sospiro e mi costringo ad uscire dall’acqua, ho pochissimo
tempo prima che i miei genitori comincino a farsi delle domande, un movimento
impercettibile nel buio fitto della foresta mi spinge ad alzare gli occhi.
“Chi è là?” domando con fermezza, nonostante la voce mi tremi
appena, un nuovo movimento conferma la presenza di qualcuno, mi rivesto
immediatamente “Mi stai spiando?” è la prima cosa sensata che riesco a dire, in
realtà sono spaventata a morte, potrebbe essere anche un animale, in fondo è
stata proprio questa la zona in cui sono stati ritrovati i corpi della moglie e
del fratello del Toqui, indietreggio ma
mi accorgo di essere in trappola.
“Chi sei tu?” la voce più sconvolgente che io abbia mai udito accarezza i miei sensi lasciandomi
tremante e indifesa, non è accusatoria né sospettosa, solo incuriosita come se
non si aspettasse di trovarmi lì “il tuo cuore batte” automaticamente porto le
mani al petto stringendo la stoffa bagnata del vestito.
“Tutti i cuori battono” rispondo e d’improvviso mi sembra la
cosa più ovvia che potessi dirgli, anche se un campanello di allarme mi avverte
che affermazioni del genere non dovrebbero nemmeno essere pensate, è il corso
naturale delle cose… tutti i cuori battono… se no non saremmo vivi.
“Hai paura di me” non è una domanda ma una semplice
constatazione, una punta di orgoglio mi spinge ad affrontarlo.
“Io non ho paura di te! Piuttosto chi sei? Perché ti nascondi
nell’ombra senza mostrarmi il tuo volto?” una piccola risatina accompagna le
mie parole.
“Sei coraggiosa fanciulla ma molto stupida, il sole ti sta
abbandonando nelle tenebre eppure non hai fretta di tornare al tuo rifugio
materno” solo ora mi accorgo che sta dicendo il vero, non sono mai stata così
tanto lontano da casa, d’improvviso la foresta conosciuta comincia a sembrarmi
un immenso buco nero irto di pericoli e il cuore aumenta la sua corsa urlando
il pericolo.
“Non dovrei essere qui” sussurro, la mia voce trema, non può
avermi sentito.
“Vuoi già andare via? E lasciarmi solo?” le sue parole
attivano una reazione involontaria, di colpo mi inoltro nella foresta correndo
a perdifiato lungo la strada impressa chiaramente nella mia testa, per un
secondo infinito mi convinco di essere riuscita a sfuggirgli, chiunque lui
fosse, ma subito dopo una folata prepotente di vento ha la meglio sulla mia
disperata fuga e mi ritrovo a crollare sul terreno coperto di foglie e muschio
sbattendo la schiena sulla radice di una vecchia quercia.
Mi guardo intorno spaventata e dolorante ma non riesco a
vedere nulla se non il fitto buio della foresta.
“Che cosa vuoi??” urlo aggrappandomi alla mia voce come fosse
l’unica arma a mia disposizione, con un movimento fulmineo sento due mani
afferrarmi le spalle e spingermi verso il terreno che profuma di erba bagnata,
in una frazione di secondo i miei occhi si fissano in due pozzi scuri di un
nero tendente al rosso.
Il mio cuore perde un battito, non solo a causa della paura; quello che sto fissando è il viso di un Dio,
la carnagione di un innaturale colore scuro ma limpido brilla di strani riflessi
attraverso la debole luce che filtra dai rami degli alberi faticando ad
illuminare ciò che essi nascondono, lunghi capelli neri contorniano
i lineamenti perfetti, le labbra piene, gli occhi spalancati e esitanti, il suo
corpo sovrasta il mio nascondendomi come
una coperta di carne e muscoli, fredda come la neve di montagna.
Ho un sussulto non appena i miei stessi pensieri sfiorano
anche i sensi, sollevo una mano e la
poso delicatamente sulla sua pelle liscia e dura, di una consistenza che non
riesco a paragonare a nulla di conosciuto, la sposto lentamente verso il suo
viso e lui accoglie il mio tocco restando immobile, quasi come fosse privo di
vita, le dita affondano nei suoi capelli e lo osservo chiudere gli occhi e
sospirare; è la creatura più meravigliosa su cui i miei occhi si siano mai
posati, non può appartenere a questa terra, lui viene dal cielo, è l’unica
spiegazione possibile.
Dopo qualche secondo di assoluto silenzio lo osservo
indietreggiare lasciandomi libera di rimettermi seduta, i capelli cadono lungo
le spalle coprendo la mia seminudità
provocata dalla veste bagnata che aderisce al mio corpo acerbo, dimentico la
paura da qualche parte nel buio fitto che mi circonda e i miei occhi quasi
ciechi continuano la propria analisi osservando ciò che non riescono del tutto
a distinguere.
“Non guardarmi” la sua voce è ancora più bella di come mi era
parsa poco prima, nasconde una nota di un sentimento sconosciuto che non riesco
a comprendere, il suo ordine non mi
impedisce di continuare a fissarlo.
“Chi sei tu?” domando
ed il mio è quasi un sussurro.
“Non ha importanza” potrebbe essere arrabbiato ma a me pare
solo affascinante, mi avvicino, inevitabilmente attratta da tutto ciò che lo
riguarda “Devi starmi lontana!” sobbalzo appena di fronte al suo violento
rifiuto ma poi l’istinto mi spinge a continuare imperterrita a camminare verso
di lui che rimane immobile, quasi come cercasse di non respirare.
“Posso… toccarti?” senza aspettare una risposta lo faccio, le
mie mani vagano insicure lungo il suo corpo seminudo.
“Tu non sei umana” sussurra e una nota sconvolta rovina la
perfezione della sua voce, le sue braccia carezzano la veste bagnata che mi
copre il corpo stringendola tra le mani, sento l’indistinto rumore di uno
strappo ma non riesco a prestarvi attenzione “ chi ti ha posta su questa
terra?” è una domanda inutile, chi ha dato la vita a tutti? Chiunque sia stato
l’ha donata anche a me come l’ha donata a lui.
Fisso gli occhi nei suoi di un colore assurdo e spaventoso.
“Che cosa
sei?” la sua voce mi fa eco.
È un discorso senza
senso, fatto solo di un reciproco toccarsi per capirsi, ed io mi perdo dentro
di lui prendendo pienamente possesso della consapevolezza che, ora come ora,
potrei anche morire, non avrebbe alcuna importanza.
Un rumore sordo arriva dal limitare della foresta dove i fumi
dei riti magici dello sciamano fanno la loro comparsa, entrambi ci voltiamo di
scatto anche se una minima parte del mio cervello si accorge che i suoi
movimenti sono molto più veloci e precisi dei miei.
“Devi andartene” sussurra “scappa, prima che vengano a
cercarti”
“Ma… io” cerco di protestare, non
voglio andarmene, voglio restare qui, conoscerlo, toccarlo, capire cosa mi
nasconde.
“Va!” il suo tono non ammette repliche ed io mi arrendo
avviandomi velocemente lungo il sentiero aperto tra le querce secolari non
appena un altro rumore sordo mi avverte che sono tremendamente in ritardo, mi
volto solo per un secondo a guardarlo ma, quando il mio sguardo raggiunge il
punto esatto in cui l’ho lasciato, lui non c’è più.
Pochi metri più avanti il diradarsi degli alberi, Huilen mi
aspetta stringendo al petto il ciondolo protettore che gli è stato donato dalla
nonna prima che morisse, mi fiondo tra le su braccia e lei sospira lasciando
andare alcune lacrime di sollievo.
“Dove sei stata Pire?? Hai deciso di spaventarmi a morte?”
“Mi dispiace” è l’unica cosa sensata che riesco a dire.
“Vieni con me” sussurra prendendomi per mano, la osservo fare
un cenno a qualcuno poco lontano e immagino che si tratti di Mahel, tengo lo sguardo
basso e mi lascio condurre furtivamente all’interno della nostra capanna.
“Huilen” la chiamo mentre lei provvede a sistemare il rifugio
come fa ogni sera prima che nostro padre venga a darci la buonanotte, soffia
sulle braci alimentando il fuoco e smuove alcuni oggetti per dare l’idea di un
luogo vissuto da parecchie ore.
“Vieni qui” sussurra “sei tutta bagnata” mi sfila la veste
cercandone subito una asciutta, passa uno straccio pulito tra i capelli
gocciolanti e comincia a sciogliere i nodi che vi si sono formati.
“Huilen devo parlarti” comincio ma lei mi zittisce invitandomi
a sentire i rumori che provengono da fuori.
“Sta per arrivare, non dire una parola! Non andrai mai più al
lago Pire! Non se significa tutto questo!”
“Ma…” cerco di protestare ma nello
stesso istante nostro padre fa il suo ingresso nella capanna, entrambe ci
alziamo e abbassiamo il viso in segno di rispetto, il suo sguardo indagatore
vaga per il rifugio, dopodiché sospira e ci rivolge la parola.
“Non una sola persona deve entrare o uscire da questo luogo” è
la frase che ci ripete ogni sera ed è il saluto più dolce che ci abbia mai
rivolto da quando siamo nate.
“Buonanotte padre” sussurro ma lui è già sparito oltre la
tenda, Huilen si rilassa solo in quel momento, sistema le ultime cose ed io mi
siedo portando le ginocchia al petto e
osservandola.
“Pensi che non ci voglia bene?” domando, è una cosa che mi
chiedo spesso ed è anche la mia più grande paura.
“Tutto quello che fa è per il nostro bene” risponde
Huilen osservandomi appena per poi
sedersi di fronte a me.
“Dove sei stata piccola neve? Ho avuto così tanta paura” sento
l’arresa insita nelle sue parole e capisco, almeno in parte, come deve essersi
sentita, d’improvviso mi sento in colpa, l’unica responsabile della sua sofferenza.
“Al lago” mi limito a risponderle, una parte di me vuole
metterla al corrente di tutto l’accaduto ma qualcosa mi dice che lei mi
impedirebbe di rivederlo se dovessi essere tanto fortunata da ritrovarlo “Mi
dispiace per averti fatto preoccupare Huilen” aggiungo “sai quanto amo nuotare
e ho perso il senso del tempo, ti prometto che d’ora in poi starò più attenta”
la fisso negli occhi insistentemente sperando che mi creda, dopo qualche
istante la sua espressione preoccupata si scioglie in un sorriso e capisco che
mi ha perdonata.
***
Non guardarmi, non venirmi
vicino…
Io mi nutro di chi mi
attraversa il cammino.
“Pire, dove state andando?” una voce calda mi rivolge queste
parole bloccandomi nel mio vano tentativo di lasciare il villaggio alla ricerca
di quel qualcuno la cui esistenza potrebbe anche essere messa in dubbio.
Mi volto di scatto colta in fragrante e faccio la riverenza
tenendo gli occhi attaccati al terreno.
“Mio signore Toqui” comincio, è la prima volta che mi rivolge
la parola mentre sono da sola “non vi avevo visto” il tono dispiaciuto è
perfetto perché egli possa scambiarlo per delle scuse, in realtà vorrei solo
fuggire.
“Alzate il volto mia diletta. Desidero che la mia futura sposa
mi guardi negli occhi mentre mi parla”
“Mio Signore io…” mi concedo solo
ora di fissare lo sguardo nel suo, i suoi lineamenti spigolosi e la carnagione
scura gli danno un’aria burbera che spaventerebbe chiunque, solo gli occhi
tradiscono un animo buono e gentile “… mi era sembrato di vedere qualcosa
muoversi tra gli alberi, mi ero solo spinta oltre per controllare” metto su una
scusa che possa reggere sperando ardentemente che lui non scopra l’inganno.
Mi osserva soppesando le mie parole, dopodiché si avvicina
tanto da sfiorare la pelle del mio viso con le sue labbra.
“Non fate mosse avventate Pire, non voglio perdervi” sussurra
e prima che possa riuscire a controllare i brividi di paura e i battiti del mio
cuore egli si è già avviato verso il centro del villaggio richiamato dai suoi doveri di capo tribù.
Rilascio il respiro che avevo trattenuto per tutta la
conversazione e d’improvviso mi rendo conto che avere lui accanto mi spaventa
più di quanto mi spaventi quell’essere strano nel buio fitto dei boschi, mi
guardo intorno furtivamente sperando che nessun altro mi scopra, dopodiché mi
inoltro tra gli alberi abbandonando la paura solo quando essi mi nascondono
alla vista di chiunque.
I piedi mi riportano automaticamente nel punto esatto in cui ieri è avvenuto
l’incontro, per un attimo sono tentata di chiamarlo ma subito dopo mi ricordo
che non conosco il suo nome.
“Che cosa ci fai qui?” sobbalzo mentre una folata di vento mi
costringe ad indietreggiare, mi guardo intorno non riuscendo ad individuare da
dove provenga la splendida voce.
“Ci sei” mi lascio sfuggire un respiro tremante di sollievo.
“Speravo di averti spaventata a morte” la voce arriva ancora
da un punto impreciso.
“Ti prego fatti vedere” sussurro e inspiegabilmente so che lui
può sentirmi.
Dopo qualche istante di silenzio una serie di rumori e
movimenti indefiniti mi fanno ritrovare di fronte ai suoi assurdi occhi di un
rosso molto più vivo rispetto al giorno prima, i lembi di pelle illuminati dai
sottili e radi raggi del sole, che riescono a penetrare nel fitto della foresta,
sembrano accendersi irradiando luce di una bellezza sconvolgente…
sembra quasi il riflesso della luna argentata sull’acqua del lago… ne ho il ricordo sfocato degli anni dell’infanzia,
quando ero nient’altro che una bambina, senza responsabilità, che si
divertiva a seguire suo padre durante le
battute di caccia.
Vorrei che fosse così semplice anche ora.
“Non hai paura?” il suono della sua voce mi riporta
bruscamente alla realtà, è una domanda difficile, sono attratta da lui come non
mi era mai capitato fino ad ora, ma, allo stesso tempo, non capisco e questo mi
spaventa più di qualsiasi altra cosa abbia incontrato sul mio cammino… sembra così diverso da me…
ma cosa posso saperne? Conosco solo gli
uomini della mia tribù! E se là fuori ci fossero uomini simili a lui? E se noi
non ne avessimo alcuna idea?
“Dovrei?” domando avvicinandomi lentamente.
“Dovresti”
“Allora comincerò ad aver paura…” lo
osservo torturandomi il labbro inferiore, il suo sguardo cade insistentemente
sul mio corpo, salvo poi fissarsi sugli alberi verdi e secolari “… se tu mi dici chi sei” in una frazione di
secondo me lo ritrovo a pochi centimetri dal viso, stringe il mio polso
facendomi male, sobbalzo spaventata.
“Sono un mostro” sibila ed io mi lascio andare ad una smorfia
di dolore che lui comprende quasi immediatamente, lascia la presa scomparendo
nello stesso istante.
“Vattene, non voglio farti del male” mi guardo intorno
cercando, ancora una volta, di capire da dove provenga la sua voce, sospiro e
mi siedo sulla radice di una quercia massaggiandomi il polso che sta
cominciando a ricoprirsi di macchie violacee.
“Non sei riuscito a spaventarmi” aspetto qualche istante
sperando che lui mi risponda “non ho intenzione di andarmene” aggiungo dopo un
po’ mettendo in chiaro le mie intenzioni
“Dove sei?” dall’aria arriva solo il silenzio più assoluto ed è questo a
spaventarmi davvero “Dove sei?”domando ancora
abbandonandomi con la schiena contro il tronco dell’albero “volevo solo
capire chi sei” dopo un tempo indefinito di inutile attesa tutto diventa nero.
A svegliarmi è qualcosa di gelido che preme contro il mio
viso, apro lentamente gli occhi e mi chiedo se in realtà sto ancora sognando.
“Qual è il tuo nome?” domanda il mio Dio, ritirando la sua
mano, sorrido risvegliandomi del tutto e spingendomi verso di lui, di
conseguenza lui si allontana.
“Pire” sorride accecandomi.
“Ti hanno dato il nome della neve” osserva “perché sei bella e
rara” arrossisco violentemente a queste sue parole e per un attimo non riesco a
fare altro che guardarlo senza forze.
“E tu?” riesco a sussurrare dopo un po’.
“Io sono Joham” risponde tenendosi a debita distanza, lo
sguardo mi cade sulla sua pelle scura, seminuda, mi ci soffermo un attimo di troppo… non esistono uomini come lui nel mio villaggio.
Fino ad ora non avevo mai provato nulla di simile per
qualcuno, il cuore mi batte all’impazzata ricordandomi, ogni infinitesimo
attimo, che sono ancora viva, qui, di fronte a qualcuno che mi ha completamente
stregata.
È questo ciò che si prova quando si cresce? È questo che
dovrei provare per il toqui?
“Joham” ripeto, assaporando il gusto dolce che il suo nome
lascia sulle mie labbra “Vieni da un villaggio vicino?” domando, un po’ perché
non voglio dover sopportare un silenzio fatto di emozioni contro cui
combattere, un po’ perché desidero sapere tutto di lui.
“Non direi” mi osserva come se non trovasse le parole per
spiegarmi qualcosa di complicato “Diciamo che quelli come me sono abbastanza
rari”
“E belli!” esclamo ma subito dopo me ne pento “questo vuol
dire che io e te ci somigliamo” lui mi osserva interessato ed io ricambio lo
sguardo, anche se le gambe tremano minacciando di non reggermi ancora per
molto.
“Non esistono donne come te nel tuo villaggio” per un attimo
mi sembra quasi che stia soppesando il mio odore e il mio aspetto, la cosa mi
mette i brividi “perché?” la domanda sembra quasi un’accusa.
“Io… non lo so…
non l’ho chiesto, sono nata così… e solo gli Dei
sanno quanto vorrei che così non fosse” confesso dandogli le spalle e fissando
il punto in cui so che riposa il lago in tutto il suo splendore.
“Vorresti… essere diversa?” per la
prima volta percepisco una nota di incomprensione e perplessità nella sua voce
perfetta, mi volto a incrociare il suo sguardo.
“Sì” sospiro “una ragazza come tutte le altre, trattata in
modo semplice e normale…
vivere la mia età senza dovermi trasformare nella donna perfetta che tutti
pretendono” mi si riempiono gli occhi di lacrime involontarie e questo mi
spinge ad abbassare lo sguardo “Sarebbe splendido” concludo senza credere
minimamente che lui riesca a capirmi, a
volte io stessa fatico a capirmi.
“Sembra quasi che la tua vita ti faccia soffrire” osserva
senza avvicinarsi “Cosa può esserci di così sbagliato?”
“Sono la promessa sposa di un uomo che non amo” è la prima
volta che lo dico a voce alta, non so nemmeno perché l’ho fatto, mi sto confidando
con un perfetto sconosciuto e la cosa mi fa stare quasi bene, che diavolo mi
sta succedendo?
“E lui ti ama?” domanda e mi rendo conto solo ora di quanto
sia difficile la risposta.
“Credo di sì… il suo affetto è
sincero ed è lontanissimo dal rifiuto che provo io nei suoi confronti. Non
voglio dover sposare un uomo che potrebbe essere mio padre ma non posso
rifiutarmi perché lui è il capo della nostra tribù e ha scelto me come sposa
perché sono la più bella tra le belle, non ho mai chiesto di esserlo, vorrei
solo essere libera”
“Scappa”
“Cosa?” domando disorientata, guardandolo.
“Vieni con me, ti mostrerò una vita completamente diversa!
Potrai essere mia per l’eternità” i suoi occhi esaltati sono fissi in un futuro
che non vedo.
“Tua per l’eternità?” gli faccio eco spaventandomi e il suo
sguardo si posa su di me accendendosi di un rosso spaventoso, senza
accorgermene ritrovo il suo corpo perfetto appiattito contro il mio.
“Hai un così buon odore, Pire” sussurra ed è terrificante,
sento la pelle marmorea del suo viso sfiorarmi il collo e le sue labbra carnose
si posano quasi desiderose contro di esso, il mio cuore aumenta i battiti
pompando sangue in tutto il corpo fino ad imporporarmi le guance.
“Che cosa stai facendo?” domando ma mi rendo conto da sola che
la mia voce risulta tutt’altro che convincente.
“La cosa più semplice del mondo sarebbe succhiare via la vita
dal tuo corpo” soffia dandomi i brividi “ma queste forme sinuose promettono
piaceri tanto estremi e diversi da stuzzicare il mio istinto” deglutisco a
vuoto soffocando nella mia stessa paura.
“Joham” sussurro sperando che basti a salvarmi.
“Non ti ucciderò, non ora mia giovane e bella umana” sento le
sue mani percorrere lentamente il mio corpo coperto dalla veste “Cosa sei
disposta a darmi in cambio della vita?” spalanco gli occhi e l’istinto di
scappare diventa sempre più forte.
“Lasciami andare ora” ordino ma non serve ad altro che a far
aumentare la presa delle sue mani, fisso gli occhi nei suoi implorandolo “Ti
prego Joham, lasciami andare” improvvisamente la sua espressione cambia, gli
occhi si spengono tornando del cupo rosso scuro che lo caratterizza.
“Comincia a tremare Pire” il suo tono è indecifrabile “In me c’è un
mostro che aspetta solo di essere risvegliato” si allontana lentamente verso il
fitto degli alberi, approfitto del
momento per scappare attraverso il sentiero che conduce al villaggio, mi
volto solo per un momento e il suo sguardo carico di angoscia mi sussurra poche
e semplici parole: Scappa e non tornare mai più.
Deglutisco la delusione e decido che è giusto così. Chiunque
lui sia, qualunque cosa sia, non può avere nulla a che fare con la semplicità
dell’essere umano, chiudo gli occhi e il suo viso appare chiaro anche
nell’ombra, in quello stesso istante qualcosa di molto profondo e remoto negli
abissi di me stessa mi suggerisce che la mia vita sta per cambiare
completamente ed il merito o la colpa sarà solo sua.
***
Tu chi sei? Chi sei? Non nasconderti…
Lo sai l’amore cos’è? Lo
sai l’amore cos’è?
Stanotte
ho fatto un sogno.
È sempre lo stesso da giorni e giorni. Joham viene a trovarmi
sussurrandomi le sfumature di una vita che non comprendo, che non sono convinta
possa esistere davvero.
Il profumo della sua pelle invade il mio corpo come se
aleggiasse nell’aria della notte ed è come una malattia, sono malata della
stessa tendenza che hanno gli uccelli
verso il cielo… lui è il mio cielo nero ed io sento
chiaro e forte il bisogno di tendere verso di lui.
Come se mi avesse stregato e legato la mia anima alla sua
senza via d’uscita, ogni altro sguardo è sconosciuto e il mio cuore spento non
batte per altri se non per lui, diventa un bisogno estremo di pelle contro
pelle, sudore e sospiri… mi sono sfiorata come non ho
mai fatto prima, in questi giorni e, chiudendo gli occhi invasa da un pizzico
di piacere, ho sussurrato il suo nome e quasi sperato che potesse ascoltarmi,
mi sono vergognata ma c’era la sua voce insistente nella mia testa: Oh sì Pire, fallo per me.
Sto impazzendo.
“Pire, mi stai ascoltando?” alzo gli occhi spiritati verso la
figura di Huilen, mi osserva abbastanza nervosa, ha il viso arrossato da una
qualche inspiegabile emozione ma è quasi scesa la notte ed io non riesco a
pensare ad altro.
“Scusami Huilen, ero immersa nei miei pensieri” mi giustifico sperando
che basti, lei posa la sua mano sulla mia e mi osserva comprensiva.
“Ti capisco piccola neve, ma domani sarà un giorno speciale.
Mahel chiederà la mia mano a nostro padre e sarà il culmine della mia felicità!
Sarai felice con me sorella mia?” nei suoi occhi c’è una tale speranza da
spingermi ad ingoiare la sensazione di vuoto.
“Certo che lo sarò” sussurro sorridendole appena mentre la sua
espressione cambia trasformandosi in preoccupazione.
“Ho bisogno del tuo aiuto, Pire. Questa notte appartiene agli
amanti” guarda il cielo stellato oltre la tenda come se riuscisse davvero a
vederlo “il mio cuore vuole donarsi a lui ma nostro padre non deve sapere che
non dormirò qui con te stanotte, mi aiuterai?” credo di riuscire a vedere per
la prima volta nei suoi occhi tutto l’amore del mondo concentrato in una sola
persona tanto piccola e fragile che una parte di me è convinta non possa
contenerlo senza impazzire, tornano nella mia mente le paure che io non vivrò
mai e tutte le volte in cui Huilen mi ha permesso di assaggiare un pizzico
della libertà che mi è stata negata fin dalla nascita.
“Sì, ti aiuterò” e per non soffrire di più mi lascio scivolare
lentamente nel mio mondo.
A notte fonda….
L’aria è silenziosa e spaventosa, pervasa dai sussurri di una
voce che mi uccide, vuole me, mi desidera da impazzire.
“Pire” una dolce eco “Pire”
“Joham” sussurro ma non ha senso.
“Oh Pire” una mano all’altezza del mio cuore, è così vera che
quasi mi sembra di sentirla davvero, un sospiro “vieni via con me” continuo a
tenere gli occhi chiusi.
“Vieni” ancora sussurri “Ti voglio” il profumo che mi invade e
il ricordo vivo della sua pelle fredda e perfetta contro la mia.
“Pire” un leggero vento gelido mi fa trasalire, apro di scatto
gli occhi desiderando scoppiare a piangere ma a pochi centimetri dal mio viso
c’è quello dei miei incubi.
Il cuore accelera i battiti e il respiro diventa affannoso,
lui posa delicatamente una mano sulle mie labbra impedendomi di urlare.
Lo osservo con occhi spalancati accorgendomi solo ora delle
sue mani che hanno lentamente cominciato a spogliarmi, la sua pelle gelida a
contatto con i miei piccoli seni nudi mi provoca una leggera e piacevole
sensazione nel caldo della notte.
“Sei la creatura più bella che io abbia mai visto” il suo
sussurro azzera le mie difese ed io mi abbandono tra le sue braccia respirando
il suo strano odore, sa di tutto ciò che amo.
“Lo sai cos’è l’amore, Pire?” soffia ad un centimetro dalle
mie labbra ancora nascoste dalla sua mano, scuoto leggermente la testa ed è il
massimo che posso permettermi “Non spaventarti” aggiunge liberandomi
dall’impedimento, prendo un profondo respiro schiudendo le labbra che lui
cattura tra le sue.
Sento un esplosione all’altezza del petto, il suo sapore è
dolce e saporito, le sue labbra dure e gelide.
Non ho mai baciato nessuno prima d’ora, nessuno.
Joham infila la sua lingua nella mia bocca costringendomi ad
aprila, la dolcezza si disperde lentamente e lui stringe i miei polsi con le
sue mani costringendomi sotto di lui, seminuda e impotente, sento qualche fitta
di dolore che soccombe nel mare di emozioni che sto provando.
Felicità, incredulità, paura, desiderio, una strana ma
costante fitta all’altezza dello stomaco… Dio, non
riesco a controllarmi, non riesco a respirare.
Lui si stacca da me dopo un tempo che mi sembra infinito o
qualcosa di molto vicino all’infinito, i suoi occhi sono neri come il cielo
della notte “Ti voglio” il suo sussurro è quasi un ringhio, mi strappa di dosso
ciò che resta della veste e d’improvviso mi vergogno di essere nuda e
vulnerabile davanti a lui, il suo corpo è così straordinariamente perfetto, non
è la prima volta che vedo un uomo nudo ma gli uomini che ho visto non hanno
nulla a che fare con lui.
“Pire” sussurra toccandomi “lascia che ti prenda. Sarai il mio
angelo dei boschi, la mia dea della notte. Mia e di nessun altro” è come se
fossi nata per appartenergli e in verità il mio cuore non desidera altro.
Schiudo le cosce sotto il suo volere e lui si sistema tra di
esse prima di cominciare a spingersi lentamente nella mia apertura, spalanco
occhi e bocca dal dolore e dalla sorpresa. Non credevo che dovesse entrare lì,
è troppo stretto perché lui possa entrare senza farmi male!
Joham mi tappa di nuovo la bocca con le sue mani gelide ed
inizialmente è solo una tortura, vorrei urlargli di andarsene, che mi sta
spezzando in due, che ha deciso di uccidermi!
Ma poi in un imprecisato istante tra quelli in cui il mio
unico desiderio era morire, il dolore smette di bruciare nel fisico e nel cuore
e mi sento improvvisamente piena, riempita di quel qualcosa che avevo sempre
cercato da qualche parte nel mio mondo e mai trovato.
Joham percepisce il cambiamento e lentamente comincia a muoversi, dentro e fuori da me, arrossisco
mentre gli occhi mi si inumidiscono; è una cosa vergognosa! Tutto questo lento
e inesorabile piacere mi uccide!
Lui mi lascia spesso libera di respirare vagando sul mio corpo
finché i gemiti non diventano troppo forti per poter essere attutiti dal vento
ed io chiudo gli occhi quasi a voler sparire negli abissi del mio stesso
essere, lontana da ciò che desidero e ciò che invece è stato scelto per me.
“Oh mio amore” mi lascio sfuggire mentre una marea montante
cresce dentro di me a partire dal basso ventre, non sono più del tutto sicura
della presenza di Joham su di me, non vedo il suo viso nel buio delle mie
palpebre chiuse ma sento il suo respiro, le sue mani che fanno male come
frustate, sento i suoi continui movimenti.
E poi il mondo scompare dentro un’onda incontrollabile che mi
trascina in un abisso di piacere, urlo dietro la mano tesa di Joham mentre
tremo completamente e lui esce da me facendomi piombare in uno stato di
semicoscienza in cui la vergogna comincia lentamente ad invadermi.
“Che cosa ho fatto?” sussurro quando me ne rendo pienamente
conto e alcune lacrime scendono lentamente dai miei occhi, sento dolore ovunque
e bruciore in mezzo alle gambe.
“Pire” sussurra Joham ed io chiudo gli occhi deglutendo la
delusione “questa notte appartiene agli amanti” spalanco gli occhi al ricordo
di quelle stesse parole ma lui non c’è più.
***
Che dolore, non c’è
niente, più niente, di umano…
Ma se io sono qui è per
dirti ti amo
Questo è
un giorno speciale.
Il matrimonio di mia sorella si è appena concluso con balli e
riti propiziatori, le si augura una vita lunga e felice, un ventre fecondo e un
cuore aperto e disponibile; è così felice che quasi non la riconosco, brilla di
luce proprio, bella come non è mai stata.
Sistemo la veste con cui ho nascosto le contusioni sul mio
corpo e nel farlo qualche punto dolorante finisce col protestare, lo accompagno
con una smorfia di dolore.
“Il vostro viso è triste mio giovane cuore” non ho bisogno di
voltarmi per capire che si tratta del Toqui “Vostra sorella è così felice da
contagiarmi con la sua gioia e farmi desiderare che ogni unione sia così colma
di amore” lo lascio parlare senza voltarmi “non faccio altro che pensare a voi,
Pire” il suo sussurro è più vicino di quanto credessi, il suo petto aderisce
completamente alla mia schiena coperta, un brivido mi attraversa il corpo,
completamente diverso da ciò che sono abituata a provare ogni notte da giorni
rischiando di impazzire “Sogno il momento in cui potrò unirmi a voi e
dimostrarvi il mio amore” passa lentamente una carezza sulla mia spalla
respirando a pochi centimetri dal mio corpo “siete così bella”
“Mio signore, è sconveniente” lo rimproverò allontanandomi da
lui e guardandolo per la prima volta da giorni, inevitabilmente il mio cuore si
lascia ancora confondere dalla figura di Joham e questo aumenta l’insofferenza
e l’angoscia; lui mi osserva per qualche istante prima di parlare.
“Avete ragione mia promessa, perdonate il mio ardito agire, il
desiderio che ho per voi non mi lascia libero di respirare ma tutto questo
durerà ancora per poco” sussurra.
“Tenete a freno gli istinti, ben presto vi apparterrò e
potrete soddisfare ogni vostro capriccio” normalmente non avrei mai risposto in
questo modo a qualcuno, ma qualcosa della vecchia Pire si è definitivamente
spezzato nel buio della mia stanza dove il corpo di Joham ruba ogni notte un
pezzo di me stessa legandolo a lui.
Mi volto verso il rosso del tramonto mentre il viso del Toqui
arrossisce visibilmente costringendolo a lasciarmi sola senza aggiungere altre
parole, sospiro e mi tengo stretta come
se improvvisamente il resto di me potesse scivolare via dal mio corpo
lasciandomi vuota.
“Te la caverai senza di me?” mi sforzo di sorridere ad Huilen mentre mi si
avvicina con la sua splendida veste da sposa.
“Dormirai solo in un luogo diverso dal mio, credo di potercela
fare”
“Già, è vero” sussurra passandomi una mano sul viso, chiudo
gli occhi sotto al suo dolce tocco “Stai cambiando piccola neve, radicalmente e
senza preavviso” mi abbraccia ed io affondo il viso nei suoi capelli “non fare
cose di cui ti pentiresti” sussurra poco prima che Mahel l’attiri a sé
invitandola salutare gli altri presenti prima di ritirarsi nel loro nido
d’amore.
Mi sembra tutto così fastidiosamente infinito.
Non appena i due giovani sposi spariscono oltre la tenda della
propria abitazione esattamente come il sole tra le montagne, chiedo il permesso
a mio padre di ritirarmi, la sua espressione è fiera e orgogliosa mentre
acconsente al mio desiderio, il momento in cui andrò in sposa al Toqui si
avvicina vertiginosamente, se potessi spaccherei in due il mondo per evitarlo.
“Sei qui?” domando quando a farmi compagnia è solo il buio e
il silenzio.
“Credevo che mi odiassi abbastanza da non volermi” la voce di
Joham mi raggiunge come un doloroso conforto, lo guardo per qualche secondo
mentre la sua figura si materializza davanti ai suoi occhi.
“Ti stai prendendo tutto di me” sussurro nascondendo nel
profondo del mio cuore tutti i sentimenti che provo per lui “il mio corpo, la
mia ragione, i miei istinti, i bisogni, il dolore. Cosa c’è di umano in quello
che fai?”
“Niente” risponde avvicinandosi abbastanza da passare le dita
sulle mie labbra “Io non sono umano”
“Odio solo non riuscire ad odiarti” sospiro prima di
avventarmi sulla sua bocca dischiusa e assaporare ancora una volta il suo corpo.
Lo costringo senza forza a stendersi sotto di me, le mani
affondate tra i suoi lunghi capelli neri, lui scopre velocemente il mio corpo
ricoperto di lividi e lo stesso fa col suo, già voglioso di avermi, come ogni
notte; mi stacco dal suo viso per prendere tra le mani il suo sesso duro e
indirizzarlo verso il mio, mi conficco lentamente su di lui, lasciando che mi
penetri un centimetro alla volta mentre lui si abbandona a versi spettrali che
ricordano quasi un ringhio, cattura i miei polsi legandoli entrambi dietro la
mia schiena con una sua mano, con l’altra comincia spingermi più giù per
conficcarsi meglio dentro di me e lentamente comincia muoversi, su e giù con
una leggera spinta dei fianchi, il primo istinto è quello di urlare il suo nome
perché tutti sappiano che lo amo ma lui me lo impedisce.
“Joham” sussurro ma è abbastanza per farlo reagire, le spinte
aumentano e lui alza la schiena per raggiungere le mie labbra che si schiudono
in un gemito silenzioso, sento che il culmine del piacere si sta lentamente e
inesorabilmente avvicinando, lui stringe le mie spalle catturando i gemiti con
i suoi baci.
Quando arriva mi lascia tremante e sudata tra le sue braccia,
affondo il viso nei suoi capelli desiderando sparire dentro di lui come tutte
le volte in cui accade.
“Vuoi sapere cosa sono, Pire?” sussurra al mio orecchio
uscendo da me e spaventandomi.
“No, non voglio saperlo” rispondo costringendomi a guardarlo
negli occhi, una parte di me crede di saperlo già.
“Vuoi sapere perché non ti ho uccisa subito quando potevo?” mi
limito ad osservarlo spaventata “Appena i miei occhi si sono posati nei tuoi ho
capito che avrei potuto amarti ed è stato il sentimento più umano che avessi
mai provato in secoli di terrificanti assassinii” passa una mano tra i miei
capelli accarezzandomi “mi sono chiesto se in verità avessi potuto tentare di
tenerti alla larga da me ma sono stato tanto egoista da pretenderti tra le mie
braccia tutte le notti in cui potevi scambiarmi per un sogno” mi osserva
accarezzando le mie labbra.
“Ti amo” sussurra e sento qualche lacrima ribelle fuoriuscire
dai miei occhi e bagnare anche le sue mani.
“Ti amo” lo bacio “Ti amo” accarezzo la sua pelle “Ti amo”
Esistono solo due semplici parole che racchiudono invero tutto
il significato del mondo.
***
Crederei a tutto se non ci
fossi tu.
Ora so che tu esisti dubbi
non ho più. Ti amo
“A quanto pare è stato tutto deciso, ormai” alzo gli occhi
verso Huilen a queste parole domandandole silenziosamente a cosa si stia
riferendo.
Ho passato il pomeriggio a casa sua dato che un forte
temporale ci ha impedito di adempiere ai nostri compiti quotidiani, Mahel è
fuori a caccia e lei mi sta accarezzando piano i capelli godendo della semplice
sensazione di avermi accanto come facevamo da bambine.
“Il tuo matrimonio col Toqui” spiega e il mio cuore perde un
battito “ho sentito nostro padre che ne parlava con nostra madre stamattina
presto, a quanto pare il Toqui non riesce più a starti lontano piccola neve”
sorride deliziata ma poi si accorge della mia espressione “Non sei felice
sorellina?”
“Non mi è stato detto nulla” sussurro, la verità è che non voglio
sposarmi… speravo che questo momento non sarebbe mai
arrivato ma erano sogni vani.
“Lo sai come funzionano queste cose Pire, ben presto il Toqui
verrà a dirtelo di persona, sta tranquilla” Huilen scambia il mio rifiuto per
impazienza e credo che sia meglio per entrambe “Sii sincera con me d’accordo?”
comincia riprendendo ad accarezzarmi i capelli “stamattina mentre ti lavavi ho
notato alcuni lividi sul tuo corpo, piccola neve c’è qualcosa che non mi hai
detto?” domanda senza scomporsi più di tanto, deglutisco rumorosamente e scuoto
la testa.
“No, credo di essere caduta da qualche parte ma andranno via,
in realtà non fanno nemmeno male” mento come mi riesce meglio ed una
piccolissima parte di me è convinta che lei non mi abbia affatto creduta,
capisco immediatamente che è arrivato il momento di scappare “Si sta facendo
buio, meglio se rientro” sussurro sottraendomi al suo tocco e lasciandole un
tenero bacio sulla guancia “Dormi bene sorella mia”
“Pire” mi richiama mentre sto per uscire, mi volto di nuovo
verso di lei aspettando che mi dica qualcosa eppure Huilen si limita solo a
guardarmi lasciando che la preoccupazione del suo sguardo raggiunga la mia
anima.
Ha compreso tutto, sa che c’è qualcosa di diverso e sbagliato
in me, sa che è dovuto alla presenza di qualcuno che non riesce neanche ad
immaginare.
“Buonanotte” sussurro scomparendo prima che il suo sguardo
distrugga completamente ciò che resta della mia anima, fuori la tenda della
capanna c’è mio padre che mi aspetta a braccia conserte, lo osservo
insospettita.
“Vi sposerete fra meno di dieci giorni, preparati come meglio
puoi” mi consegna tra le mani quella che sembra una veste da sposa e un moto di
terrore mi invade di fronte all’inevitabile.
“Padre” cerco di protestare ma il suo sguardo è duro come
pietra, mi lascia da sola sulle soglie di una vita che non ho intenzione di
accettare, il sole è già del tutto tramontato quando precipito nella mia
solitudine versando lacrime amare sul tessuto pregiato dell’abito che dovrebbe
segnare la mia felicità ma che segna una lenta e inesorabile condanna a morte.
“Pire, stai piangendo” le braccia di Joham mi avvolgono
stretta ed io affondo il viso nel suo petto desiderando che il tempo si fermi
in questo preciso istante e cominci a scorrere al contrario “Shhh, amore, che cosa ti ha sconvolta?”
“Devo sposarmi” sussurro “fra meno di dieci giorni apparterrò
ad un uomo che non sei tu” lo guardo negli occhi implorante “Ti prego uccidimi
Joham, preferisco la morte ad una vita di logorante infelicità”
“Non posso ucciderti. Non sopporterei la mia vita senza di te,
sei diversa, unica e mia” prende il mio viso tra le sue mani e mi osserva
intensamente per qualche attimo infinito “Ti porterò via di qui, vivremo
lontano dal resto del mondo, da soli, insieme, per l’eternità” sospira “Pire,
sei disposta a diventare come me?”
Il mio cuore accelera i battiti; diventare come lui, scappare,
abbandonare la mia famiglia, mia sorella, i miei doveri, la mia prigione… tutto questo mi terrorizza e lui se ne accorge
immediatamente.
“Non devi rispondermi subito, pensaci” mi tranquillizza
baciandomi, il resto è confuso tra il sapore del suo corpo e il suo splendido
profumo.
Il mattino dopo mi sono alzata col sole alto e cocente nel
cielo, Joham non c’era, al suo posto un’orrenda sensazione di nausea mi ha
costretto a vomitare anche il cuore.
Tutt’ora credo di non sentirmi del tutto bene e non capisco
quale sia il motivo, mi tengo una mano sullo stomaco mentre svolgo il mio
solito lavoro osservato da mia sorella e dallo sguardo onnipresente del Toqui,
d’improvviso una fitta più dolorosa delle altre al basso ventre mi costringe a
sobbalzare, gli attimi immediatamente successivi sono un susseguirsi di
dolorose fitte, mi fiondo all’interno della capanna portando entrambe le mani
sulla pancia dolorante, non ne capisco il motivo!
“Pire stai bene?” Huilen mi raggiunge un attimo dopo ed io la
osservo con gli occhi lucidi per il forte dolore.
“Io non lo so. Ho dei forti dolori alla pancia” confesso
guardandola.
“Hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?” domanda
immediatamente mia sorella recuperando uno straccio pulito e strizzandolo nell’acqua
per passarmelo sulla fronte sudaticcia.
“No” rispondo, da giorni mangio molto poco e per lo più
verdure.
“Aspetti il tuo ciclo?” mi osserva preoccupata.
“No io…” comincio prima che qualcosa
si illumini nella mia mente come i campi invasi dalla luce del sole: il ciclo,
non arriva da tanto, troppo tempo… non può essere… mi lascio
cadere sconvolta a terra passandomi una mano tra i lunghi capelli neri e
sciolti.
“Pire che cos’hai??” domanda Huilen preoccupata lasciandosi cadere
di fronte a me, la osservo qualche secondo prima di pronunciare ciò di cui non
ho alcun dubbio.
“Sono incinta”
“Cosa? Ma cosa stai dicendo?”
“Sono incinta Huilen, aspetto un bambino, il bambino del mio
angelo nero” mi passo una mano sul ventre e un piccolo movimento mi raggiunge
come a confermare le mie stesse parole.
“Il tuo angelo nero? Pire stai delirando” sussurra mia sorella
quasi piangendo.
“No Huilen ascolta!”
“Smettila”
“Ascolta! Mi ha trovata nei boschi ed è la creatura più bella
di questa terra… oh io lo amo così tanto sorella mia
e ora aspetto il suo bambino… scapperò con lui e
vivremo la nostra vita, quella che ho sempre sognato” la mia espressione rapita
non eguaglia la sua disgustata.
“Che cosa hai fatto?” sussurra “Lui non è un angelo, Pire! È
il male! Ti ha soggiogata e sedotta senza che tu riuscissi a reagire!” si alza
controllando che nessuno ci stia ascoltando “Non ti amerà mai Pire, il Lobishomen non ama mai nessuno, uccide”
“Non è il Lobishomen! Lui è la cosa
più bella di questa terra”
“Basta! Smettila! Significano questo i lividi sul tuo corpo??
Ma non riesci a rendertene conto?” raccatta qualche oggetto mettendolo in un
sacco “Ti ha stregata!”
“Che cosa stai facendo?” domando disorientata.
“Dobbiamo andarcene di qui, non lascerò che uccidano te e il
tuo bambino, ti amo troppo per lasciare che accada” si ferma un secondo
sospirando “non ti abbandono Pire, dammi solo un secondo per salutarlo” la sua
espressione intrisa di dolore si posa su Mahel appena tornato dall’ennesima
battuta di caccia, la osservo uscire alla luce del sole e trascinarlo con sé in
un luogo immobile e appartato, Huilen posa le mani in quelle di suo marito
sussurrando parole che non riesco a sentire e forse è giusto così.
“Joham aspetto il tuo bambino” sussurro “Portami via con te”
ma non sento la sua voce “non lasciare che lei abbandoni tutto ciò che ama” mi
volto ma intorno a me c’è solo silenzio “Joham mi uccideranno, devo scappare,
portami via con te” le lacrime cominciano
ad affollare i miei occhi scuri “Joham!”
Joham.
Joham.
Joham.
Lui non c’è, Huilen torna dopo qualche minuto di attesa,
asciugandosi le lacrime e trovandomi accovacciata su me stessa intenta a pronunciare
ancora il suo nome, come se servisse a qualcosa.
“Pire!” si avvicina di slancio aiutandomi ad alzarmi “Dobbiamo
andarcene, ora!”
Il resto è così confuso da somigliare ad un sogno, la fuga il
più lontano possibile dal villaggio, la ricerca infruttuosa del mio amato
angelo nero scomparso nel nulla, le missioni spedite dal villaggio per cercare
di ritrovarci e il nostro continuo nasconderci dietro le enormi radici degli
alberi secolari… finchè riuscivo
a muovermi.
Il bambino cresceva in fretta, l’ho amato dal primo istante in
cui l’ho sentito forte e chiaro dentro di me, Huilen cacciava permettendomi di
cibarmi della carne cruda degli animali, e il loro sangue che scorreva
attraverso la mia gola sembrava attutire il dolore.
Poi il mio piccolo mi ha spezzato le ossa, e tra le lacrime di
gioia l’ho chiamato Nahuel, come il giaguaro,vedevo negli occhi di Huilen il
bisogno e l’istinto di ucciderlo ma non
glielo avrei permesso, mai.
“Devi promettermi che ti prenderai cura di lui” sussurro tra
gli spasmi e le grida di dolore mentre Nahuel
cerca una via d’uscita dal mio
corpo lacerandomi e squartandomi viva “devi promettermelo Huilen, promettilo!”
il viso di mia sorella è bagnato di lacrime incessanti.
“E’ un mostro!” grida terrorizzata, gli occhi che non riescono
a staccarsi dal mio viso.
“E’ il mio bambino!” protesto con quanta forza mi è rimasta
“Suo padre lo troverà” sussurro fiduciosa “Ti prego Huilen, prenditi cura di
lui finché non tornerà Joham, ti prego!” sento la vita fluire via dal mio corpo
ma prima che il buio mi sovrasti due vispi occhi simili ai miei mi osservano
innamorati “Nahuel” sussurro a fatica sorridendo “Sei bellissimo” prima di
morire.
***
Ma col tempo poi come la neve caduta
Come l’acqua sui vetri anche il cuore si
asciuga.
Mi accovaccio distrutto sul suo corpo martoriato e abbandonato
.
Dio, Pire, come ho potuto permettere che ti accadesse tutto questo?
La paura mi ha sconvolto, che cosa ci è accaduto? Com’è potuto
accadere? La mia specie è davvero in grado di crearne una nuova e più forte?
Avrei potuto amarti per l’eternità…
avrei dovuto trasformarti senza aspettare, senza lasciarmi sommergere dal
desiderio di averti mentre il tuo cuore ancora batteva ad un ritmo lento e
costante.
Avrei dovuto ucciderti quando ancora non avrebbe bruciato come
lame bollenti, invece che stare qui a fissarti mentre tu non puoi.
Mi spingo a baciare le sue labbra fredde e morte desiderando
che possano riaccendersi di vita… ti amo, Pire e non amerò mai nessun’altra al
mondo…
Annuso l’aria cercando le tracce del bambino e della ragazza
che sono scappati nel fitto della foresta ma il vento forte le ha confuse e
rese impossibili da seguire, da oggi in poi non esisto più alla ricerca di un
cuore che possa sostituire i battiti assenti del mio, da oggi in poi ricerco
solo ciò che posso ottenere senza soffrire...
Se potessi sognarti, lo
farei
Ma non posso
e, se servisse a riabbracciarti,
giuro che ne morirei