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Autore: Cara_Sconosciuta    12/01/2012    0 recensioni
Bambola.
Così si intitolava il pezzo che lui stava ballando la prima volta che l’aveva notato, splendido, su quel palco.
Meraviglioso, piccolo burattinaio innamorato di una creatura inesistente.
Proprio come lei.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno sfogo, uno sfogo perché sto male, perché avevo deciso di crederci... perché forse, malgrado tutto, posso ancora crederci... anche se, forse, a vent’anni, sarebbe ora di crescere un po’...

I nomi citati sono tutti reali (chiaramente privi di cognome).La canzone è “Tragedy”, da La febbre del sabato sera. La canzone che pensavo avessi ballato per me, Lyubo... “son cose che non succedono mai, ma quel sorriso era solo per lei...”

Una lei che non credo potrò mai essere io.

Credo che sarò sempre la tua Cara Sconosciuta.

Holzpuppe

-A desperate need of being yours-

To Lyubo

 

Bambola.

Così si intitolava il pezzo che lui stava ballando la prima volta che l’aveva notato, splendido, su quel palco.

Meraviglioso, piccolo burattinaio innamorato di una creatura inesistente.

Proprio come lei.

 

Here I lie

In a lost and lonely part of town

Held in time

In a world of tears I slowly drown

Goin’home

I just can’t take it all alone

I really should be holding you

Holding you

Loving you, loving you

 

La strada di casa sua non le era mai sembrata così buia e triste e non riusciva davvero… a capacitarsi di come questo fosse possibile, dato che fino a poche ore prima le pareva che tutto intorno a lei esplodesse di colori.

Con un sorriso triste strinse a sé la maglia che non avrebbe più voluto lavare, la maglia che indossava quando lui l’aveva abbracciata.

Il suo profumo era impresso in maniera indelebile in quel pezzo di stoffa.

Profumo acre, pungente, fatto di fatica e divertimento.

Profumo straniero, sconosciuto e intrigante.

Come lui, come il suo paese lontano che lei avrebbe fatto fatica persino a situare su una cartina.

Una lacrima le scivolò a tradimento giù lungo la guancia destra.

Sopra la Grecia, un po’spostato verso est, eccolo lì, il suo paese.

Che ora avrebbe voluto cancellare dal pianeta con una grossa gomma.

La macchina sbandò leggermente, evitando per un pelo di strisciare la fiancata contro il muro.

Dio, quando, in quale momento del viaggio i suoi occhi si erano riempiti di lacrime a quel modo?

Piano, asciugandosi gli occhi, accostò in una provvidenziale ansa della strada e si accasciò sul volante, stringendo forte la maglia grigia, unico legame che avesse mai avuto con lui.

Innamorarsi in tre giorni.

Stupida Elisa... sono cose che si smettono di fare a quindici anni.

E poi innamorata di cosa? Di un’idea? Di un effimero passo di danza?

Le mani si strinsero ancora, le nocche sbiancarono.

Non lo conosceva, avevano parlato appena un paio di volte, eppure, per essere amore era amore.

Perché i suoi occhi brillavano di passione quando stava sul palco, proprio come succedeva a lei.

Perché erano stupendi, quegli occhi.

Perché i suoi tentativi di parlare italiano erano quanto di più adorabile le fosse mai capitato di sentire.

Perché era diverso dagli altri, anche se con gli occhi di un’innamorata non si può mai dire con certezza.

Perché il suo nome era buffo.

Per la sua carnagione scura.

Per quelle ultime frasi, che, in fondo, erano anche le prime... Thanks for that thing that you love me. I’ll keep in touch.

Doveva credergli?

Aveva sperato di sì, prima di apprendere del suo fidanzamento lungo tre anni.

Con una ragazza più simile a lui di lei... stessa nazionalità, stesso mestiere... come accidenti aveva potuto pensare di arrivare da qualche parte con quella storia da bambina?

Non era giusto, nulla era giusto... avrebbe dovuto essere tra le sue braccia perché lui era l’uomo che sognava da una vita, appassionato e delicato, sorridente e gentile...

E invece era lì, terribilmente sola, mentre lui stava ancora, ignaro, sotto al sole della Grecia.

Chissà se era possibile che lui avesse capito che era proprio lei quella bambola che si muoveva solo grazie ai suoi fili....

 

Tragedy

When the feeling’s gone and you can’t go on

It’s tragedy

When the morning cries and you don’t know why

It’s hard to bear with no one to love you’re

Going nowhere

When you lose control and you got no soul

It’s tragedy

 

Una luce pallida, ben diversa da quella della luna prese piano piano a farsi strada sopra agli alberi di quel bosco che le aveva sempre fatto paura.

L’alba.

Se lui fosse stato lì l’avrebbe protetta? O avrebbe riso delle sue paure?

In silenzio, tentando di porre un limite ai singhiozzi che parevano proprio non volersi fermare, si ravviò i capelli bagnati di lacrime.

Aveva riso quando gli aveva consegnato quel biglietto con i suoi recapiti? O gli aveva davvero fatto piacere come le era sembrato? Oppure ancora si era arrabbiato perché aveva scritto male il suo nome?

L’ennesimo pugno colpì la gomma scura del volante.

Non era certo colpa sua se quel nome era così meravigliosamente diverso dai banali nomi italiani o inglesi a cui era abituata.

Di certo non l’avrebbe scordato mai: la seconda lettera era una y, non una j.

Si sentiva terribilmente patetica, ma era così difficile, così terribilmente difficile...

Ora che aveva scoperto che esisteva, che aveva degli occhi, un nome e un sorriso, come avrebbe potuto andare avanti e fare finta di nulla?

Ogni cosa, intorno a lei, sembrava chiamarlo a gran voce... non aveva capito, non aveva nemmeno immaginato che quel sentimento fosse così incredibilmente forte.

Tutto, tutto era Lyubo...

Il verde delle foglie brillava come quello dei suoi occhi, nel buio.

La terra brunita aveva il colore della sua pelle e la luna ormai pallida la forma del suo sorriso.

E niente, niente al mondo era più simile al suono della sua risata del gorgoglio della vecchia cascata.

In quel momento, quel momento in cui il suo cuore, il suo cervello e la sua anima erano una cosa sola, tutto il mondo sembrava gridare forte il suo nome.

L’avrebbe rivisto?

In uno scatto d’emozione più forte degli altri, uscì dalla macchina, di corsa.

Portiera aperta, luci accese, non le importava di nulla.

Corse veloce fino alla cascata, inciampando più volte sui sassi bagnati e si inginocchiò, piangendo, nell’acqua gelida di quel nord Italia che aveva sempre amato e che ora le sembrava così terribilmente lontano... lontano da tutto ciò che contava.

Il liquido trasparente le accarezzava piano le gambe, delicato e gentile come le mani di un amante, freddo come il suo cuore in quegli attimi orribili.

Come l’avrebbe accarezzata lui, se l’avesse amata?

 

Night and day

There’s a burning inside of me

With a yearning that won’t let me be

Down I go

And I just can’t take it all alone

 

Giorno, notte... cambiava davvero qualcosa? Contava qualcosa?

Forse sì, pensò con un sorriso, accarezzando piano l’acqua che le lambiva le gambe.

Dopotutto, in Grecia, come anche in Bulgaria, le stelle e il sole che lei vedeva in quel momento così strano in cui notte e giorno si contendevano lo spazio del cielo, erano le stesse che, forse, anche i suoi occhi, così simili al mare greco, stavano guardando.

E quel piccolo sorriso, timido, prese ad allargarsi sempre di più sul suo volto, prima di sfociare in una vera risata.

Dopotutto, vivevano sullo stesso mondo e, finché entrambi ci restavano, quell’amore non sarebbe stato davvero impossibile.

Difficile, ci sarebbe stato da lottare, ma quel fuoco che le ardeva dentro non poteva e non doveva essere spento né dalla lontananza né dalla presenza di un’altra donna.

Non era un amore stupido il suo, no... lei era diversa da tutte quelle ragazzine sciocche che credevano di amarlo. Lei era una donna, una donna vera con una vita vera e una passione grande.

E sarebbe stato suo.

Solo una lacrima si affacciò, di nuovo, ai suoi occhi, terminato l’attimo di euforia.

Una lacrima che portava con sé una singola, piccola eppure enorme domanda: quando?

Per un istante, uno solo, la malinconia e la tristezza ammanettarono di nuovo il suo cuore.

 

I really should be holding you

Holding you

Loving you, loving you

 

All’improvviso una mano, leggera come un soffio di vento, si posò sulla sua spalla.

Asciugandosi gli occhi con la manica del vestito si voltò, e il respiro le morì nel petto al vedere sopra di sé quei meravigliosi occhi verdi.

Che fosse vero o che fosse solamente un ritratto fatto dalla sua fantasia non le importava: lui era lì e le sorrideva.

Zashto plachesh?” Domandò l’immagine, tanto eterea che, per un momento, le parve sul punto di sparire.

“Non capisco...”

Il volto di lui si rabbuiò per qualche secondo, come nello sforzo di comprendere ciò che lei gli aveva detto.

Sembrava così reale...

Printsesata e tuk. Obicham te, printseso. Prosto mi dade vreme da se realizira...”

E all’improvviso, in quell’atmosfera così magica ed irreale, tutto le parve chiaro, anche le parole pronunciate da un’ombra in quella lingua sconosciuta.

“Abbracciami...” Lo pregò, guardandolo negli occhi come da giorni desiderava di fare.

Da giorni... o forse da tutta la vita.

Piano, in silenzio, lui si chinò, sedendosi dietro di lei e l’avvolse nel suo abbraccio fatto di vento e di stelle.

Ti si moyata printsesa. Shte vi bŭde printsesa. Obeshtavam.”

E, non richiesto, un nuovo sorriso si dipinse sulle braccia di lei.

Chi lo ha detto che le promesse fatte dal vento non possono avverarsi?

   
 
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