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Autore: Melanyholland    13/01/2012    10 recensioni
In un film romantico, uno di quelli per cui Blair impazziva, Chuck avrebbe visto l’amore della sua vita appena aperti gli occhi, si sarebbero baciati con passione e i titoli di coda avrebbero suggellato la loro unione nell'eternità della pellicola. SPOILER!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey, Serena Van Der Woodsen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione
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Titolo: Lovers of the Bride

Autrice: Melanyholland

Personaggi principali e Pairing: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey & Serena Van der Woodsen; Chuck/Blair/Dan, Serena/Dan, Serena/Nate. 

Genere: Sentimentale, drammatico, humor.

Rating: Giallo

Timeline: dopo la 5x10 (Riding in Town Cars with Boys). Grossi SPOILER dunque fino alla puntata in questione, ma non dopo, da lì in poi ho inventato tutto. 

Pacchetto trama scelto: Chair Vs Dair

Introduzione: In un film romantico, uno di quelli per cui Blair impazziva, Chuck avrebbe visto l’amore della sua vita appena aperti gli occhi, si sarebbero baciati con passione e i titoli di coda avrebbero suggellato la loro unione nell'eternità della pellicola. 

 

 

 

Lovers of the Bride

 

 

Maggio 2013 - Palace Hotel

 

I tacchi delle Balenciaga rosse risuonavano sul pavimento di marmo seguendo la cadenza di ogni passo. Quando la giovane donna arrivò al banco della reception, si sfilò gli occhiali da sole Chanel dalla montatura dorata scuotendo i lunghi boccoli morbidi e sorrise al concierge, che domandò, professionale:

"Buongiorno. Desidera?"

"Sono Blair Waldorf. Il signor Bass è già arrivato?".

L’uomo fece danzare rapido le dita sui tasti del computer e annuì.

"L’abbiamo mandato nella sua stanza, come da lei richiesto. La sta aspettando."

"La ringrazio". Sorrise dolcemente e il concierge rimase incantato: era davvero una ragazza attraente. Occhi grandi dalle lunghe ciglia, guance lisce e rosee, labbra piene velate di rossetto rosso, sembrava in tutto e per tutto una diva degli anni venti. Il tubino bianco e nero e il cappellino col fiocco non facevano che accentuare quest’impressione. 

L'impiegato seguì con lo sguardo Miss Waldorf finché non scomparve dietro le porte dorate dell’ascensore e poi sospirò: una donna così non lo avrebbe mai degnato di una seconda occhiata, soprattutto perché lui non avrebbe mai potuto permettersi l'anello di fidanzamento col diamante che faceva bella mostra di sé al dito della donna.

I ricchi avevano tutte le fortune.

 

 

Dicembre 2011 - New York Hospital

 

In un film romantico, uno di quelli per cui Blair impazziva, Chuck avrebbe visto l’amore della sua vita appena aperti gli occhi, si sarebbero baciati con passione e i titoli di coda avrebbero suggellato la loro unione nell'eternità della pellicola. 

Strane le considerazioni che ti affiorano alla mente dopo un coma di una settimana, avrebbe riflettuto più tardi Chuck. Appena sveglio, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che Blair non era al suo capezzale, Blair era sparita, Blair non era lì a preoccuparsi e a tenergli la mano e a baciarlo. C’erano però Serena, Nate e Lily che, benché prodighi di abbracci e parole confortanti, erano decisamente avari di informazioni su Blair. Subito, Chuck aveva avuto la terrificante idea che a Blair fosse accaduto qualcosa, qualcosa di molto peggio di un coma, e che i suoi amici non volessero rivelarglielo per non pregiudicare la sua guarigione. Così, con la voce tagliente d’ira e di spavento, aveva ordinato a Serena di piantarla di inveire contro Gossip Girl e i paparazzi e di svelargli immediatamente dove fosse la sua migliore amica. Serena aveva esitato, titubante, ma non ci era voluto molto perché cedesse alle sue sempre più colleriche pressioni:

"Chuck, Blair ha perso il bambino".

Non ricordava il dolore dello schianto, probabilmente perché aveva perso i sensi all'istante. Così, per Chuck, il dolore più grande fu quando Serena gli diede quella notizia.

Perché non importava che il bambino non fosse suo, lo amava quanto amava lei; lei, che in quel momento si stava sicuramente struggendo e torturando, travagliata da sofferenze e rimorsi che nessuno intorno a lei poteva lontanamente immaginare, inconsolabile, in lacrime, sola ad affrontare le terribili conseguenze della disgrazia.  

"Voglio vederla." aveva comandato, già per metà fuori dal letto, incurante dei tubi della flebo, della debolezza e dei capogiri che lo avrebbero fatto crollare carponi a terra se Serena non si fosse precipitata a sostenerlo:

"Chuck, non vuole vedere nessuno", aveva bisbigliato, con voce incrinata. "Dobbiamo darle tempo".

Così, suo malgrado, Chuck le aveva concesso tutto il tempo che le serviva. Finché una mattina, aprendo gli occhi, la prima cosa che vide fu davvero Blair, impeccabile in un abito Louis Vuitton a fiori gialli e con i capelli acconciati in una treccia elaborata. Impeccabile, sì, ma solo per uno spettatore disattento e Chuck non lo era mai stato con lei: il viso era scavato, le labbra screpolate e nemmeno il trucco applicato con eccezionale abilità riusciva a coprire il pallore delle guance e a nascondere l’opacità dello sguardo. Le mani artigliavano il manico della borsetta, la destra sopra la sinistra, ancora più esili e piccole di quanto ricordasse.

"Blair."  gracchiò, con la voce ancora impastata dal sonno e un retrogusto di medicinali sulla lingua secca.

"Sono felice che tu stia bene." mormorò Blair, ma le parole erano un’eco lontana dalle sue labbra, come se non fosse nemmeno lei a pronunciarle. Lo sguardo si perdeva sfocato fuori dalla finestra della stanza.

"Tu come stai?"

"Bene."

"Il bambino...".

Blair sbatté le palpebre e si ritrasse, come se qualcosa l’avesse punta.

"Non sono qui per parlare di questo." obiettò asciutta, con un guizzo della vecchia, dispotica Regina della Constance. Chuck annuì. Non l’aveva mai vista così scossa, nemmeno quando Serena era scomparsa o quando suo padre era fuggito in Francia con l'amante gay, lasciandosela alle spalle. Sembrava completamente svuotata. Gli faceva paura. Voleva prenderla tra le braccia, sussurrarle parole confortanti, baciarle la bocca e il viso per rinvigorirla con il calore del suo amore.

"Parliamo di quello che vuoi tu." acconsentì mite, paralizzato al suo posto, così lontano da lei.

La vide stringere le labbra e la presa sulla borsetta, prima di gonfiare il petto in un respiro profondo. Conosceva quell’atteggiamento, si stava preparando a un discorso difficile.

"Dopo che..." la voce si spezzò, deglutì e riprese: "Dopo, Louis mi è stato vicino. Non gli importava che volessi lasciarlo per te, mi ha perdonata subito, è stato così dolce, premuroso... un vero principe azzurro."

"Io volevo vederti." si precipitò a informarla Chuck, con l'urgenza dell'angoscia e un buco bruciante allo stomaco. "Mi hanno detto che volevi essere lasciata sola... ho pensato che fosse meglio-"

"Mi ha sostenuta. Mi ha aiutata." lo interruppe Blair, sempre senza guardarlo. "E io ci ho pensato molto e credo che, quella sera, sono tornata da te solo perché avevo paura". Emise una risatina, che risuonò spettrale per la stanza vuota e pungente di disinfettante. "Tutte le spose hanno paura prima del matrimonio. Il pensiero di diventare principessa di Monaco, andare a vivere lontana da qui... mi ha messa sottosopra emotivamente. Perciò sono tornata da te, per abitudine, perché era più facile..."

"Di che parli, Blair?". Chuck era turbato, ascoltava ma la sua mente –il suo cuore- si rifiutava di accettare. Si sporse per prenderle la mano quando Blair, crudele, tolse la destra per mostrargli l’anulare della sinistra e il gioiello che vi troneggiava sfacciato. Chuck si bloccò, le dita che quasi sfioravano quelle di lei, così vicine da percepirne il calore, ma non abbastanza da esserne scaldate. Fu allora, solo allora, che Blair lo guardò dritto negli occhi:

"Io e Louis ci sposiamo, Chuck. Lo amo. È meglio per tutti se noi due non ci vediamo più. Ti prego, non cercarmi".

Si alzò, sottraendosi definitivamente al suo tocco e alle sue legittime proteste.

E fu tutto.

 

Maggio 2013 - Palace Hotel

 

 

Quando sentì la porta aprirsi e i passi venire verso di lui, Chuck non si voltò, continuando a fissare il bicchiere di scotch.

"Volevo offrirti da bere, ma vedo che ti sei già servito da solo", commentò lei alle sue spalle, con impertinenza.

"Che vuoi?" domandò rigido, prendendo un sorso. "Ho una riunione fra venti minuti."

"So che è tanto da chiedere dopo tutto quello che è successo, ma non sappiamo a chi altro rivolgerci". Sospirò, lasciandosi cadere su una poltrona di velluto beige e togliendosi il cappellino per liberare i boccoli rigogliosi. "Lloyd Von Trapp è deciso a non mollare. Non vuole nemmeno un risarcimento in denaro. Tutto ciò che vuole è che..."

"...a Humphrey non sia più permesso di scrivere una sola riga in tutta l’America Settentrionale." finì Chuck per lei. "I giornali li leggo anch’io."

"Allora conosci la situazione. Io glielo avevo detto di non prenderlo di mira in quel libro, ma non ha voluto darmi retta. Non mi metterò un bavaglio, e poi è solo satira, mi ha risposto." chiarì, piccata.

"Sì, Humphrey è sempre stato idealista. E ingenuo". Chuck si voltò verso di lei e fece scorrere lo sguardo sul suo corpo, avvolto nel tubino bianco e nero, esitando per un attimo fugace sull'anello di diamanti all’anulare sinistro, per poi raggiungere il suo volto e fermarsi lì: "E sarebbe un mio problema perché..?"

"Tu e Dan una volta eravate amici. Ti ha aiutato in un momento difficile. Gli devi un favore e convincere Von Trapp a fare marcia indietro, grazie alle tue conoscenze e al tuo potere, mi sembra un buon modo di pareggiare il conto".

Chuck si avvicinò, lento, aggraziato e  implacabile come un predatore. Lei sostenne il suo sguardo, impavida.

"Lo farai?".

Chuck si chinò, poggiando le mani sui braccioli della poltrona. Era sempre stata una ragazza minuta, erano soli nella stanza e Chuck torreggiava su di lei, imprigionandola fra le sue braccia. Gli occhi socchiusi la fissavano, imperscrutabili e brillanti d'intelligenza.

"Aiuterò il tuo promesso sposo." dichiarò, ma il tono non era magnanimo, anzi. Parlava in un sussurro minaccioso che la fece rabbrividire. "Però tu dovrai fare qualcosa per me".

Chiuse gli occhi, respirando con ostentazione il suo profumo, poi le soffiò all’orecchio la sua richiesta.

 

 

 Febbraio 2012 - Brooklyn

 

"Ehi".

Dan si affrettò ad aprirle la porta del loft. Era così contento di vederla, non aveva avuto sue notizie dal giorno del matrimonio reale.

"Che ci fai qui? Come stai?"

"Non soffocarmi, Humphrey." ribatté lei, sventolando la mano sinistra. Senza gioielli. "Sono qui solo per avere una pausa dai paparazzi, da Louis e dalla sua famiglia. Non mi danno tregua."

"Beh, devi aspettartelo quando molli un principe all’altare".

Blair gli lanciò un’occhiataccia. "Oh, non fingere che ti dispiaccia, mi raccomando".

Solo allora Dan si accorse che mentre parlava la sua bocca si era arricciata spontanea in un sorrisetto. Si affrettò a tornare serio.

"Scusami".

Blair scosse la testa noncurante e si lasciò cadere sul divano. Dan prese posto accanto a lei.

"Hai visto Chuck?" domandò, cauto. Prima del matrimonio, con già indosso l'abito da sposa, Blair gli aveva confidato fra le lacrime che aveva mentito a Chuck in ospedale, dicendogli che amava Louis.

"E perché l’hai fatto?" aveva chiesto lui, confuso.

"Non capisci, Dan? Quando stiamo insieme, succede sempre qualcosa di brutto. È colpa mia.  Ti ricordi quant’era sereno quando stava con Eva? E io gliel’ho portata via. Non sono buona per Chuck, non ora che lui è diventato una persona migliore. Io non sarò mai migliore."

"Tu non sei una cattiva persona."

"Oh, sta’ zitto, Humphrey!" aveva sbottato lei, veemente. "So bene cosa pensi di me. Cosa pensate tutti. E avete ragione". Aveva scosso la testa, tamponandosi le ciglia bagnate con un fazzoletto di seta e tirando su col naso. "Volevo andar via, con Louis, ma non so se posso sposarlo. Non so se voglio."

"Non devi farlo, se non vuoi."

"Ma Louis, gli invitati..."

"Blair, è la tua vita. Non farlo per Louis, o per gli invitati. Non farlo nemmeno per Chuck. Scegli, ma scegli per te stessa."

"Non è così facile. Io-"

In quel momento avevano bussato alla porta, Blair era fuggita in bagno per nascondere le tracce di lacrime sul suo viso e Dan non aveva potuto insistere oltre. Ma era stato così sollevato quando Blair era effettivamente fuggita dalla chiesa, diventando la protagonista indiscussa della cronaca mondana di Manhattan e oltreoceano. Quando si era saputo che il personaggio di Clair era ispirato a lei, anche le vendite di Inside erano salite vertiginosamente, persino nel vecchio continente. Il problema era che Dan non aveva più avuto contatti diretti con Blair da quando il chilometrico strascico candido era sparito dietro le porte della chiesa, fra lo stupore generale e le invocazioni disperate dello sposo.

Finora, almeno.    

"Vuoi vedere un film?"

"Magari più tardi." rispose Blair, frugando nella borsa ed estraendo il libro che Dan aveva amato e odiato con tutto il cuore. Inside, di Dan Humphrey. "L’ho letto."

"Non lo avevi già fatto?"

"Non tutto. Solo la parte in cui Clair e Dylan fanno sesso." precisò, poi aggiunse, sprezzante: "Quella mi era bastata."

"Già." commentò Dan, tanto per dire qualcosa. Non sapeva come comportarsi, perché non aveva idea di dove Blair volesse andare a parare. Aveva forse dedotto dal romanzo i suoi sentimenti per lei? Oppure era confusa dal proprio ritratto lusinghiero e voleva chiedergli delucidazioni in merito? 

Quando gli occhi di Blair, brillanti e decisi, perforarono i suoi, Dan quasi sussultò.

"Sto per chiederti una cosa, Dan. E pretendo che tu sia completamente sincero. Sono stata chiara?"

"Quando mai non sono stato sincero con te?" ribatté lui, sentendosi un po’ offeso.

"È proprio questo il punto. Quando mi hai consigliato di lasciare Louis, al matrimonio, l’hai fatto perché pensavi che fosse la cosa giusta per me, oppure perché io... perché hai una cotta per me?"

"Wow. Dritta alla giugulare." commentò leggero, per spezzare la tensione. La verità era che si sentiva il cuore in gola e le mani, agitate, non la smettevano di stritolarsi a vicenda. Era arrivato il momento che aspettava da tanto, solo che Blair lo aveva colto completamente alla sprovvista.

Tipico di lei, comunque.

"Dan." lo richiamò all’ordine Blair, solenne e rigida.

"Ti ho dato quel consiglio perché pensavo davvero che fosse la cosa giusta da fare. Non--non ho mai cercato di approfittare della situazione, della nostra amicizia, a mio vantaggio. Credimi".

"Quindi è così? Hai davvero una cotta per me?" esclamò lei, sconvolta. "Come è potuto accadere?"

"Onestamente, me lo chiedo anch'io."

"E Serena?"

"Serena e io siamo amici".

Blair inarcò le sopracciglia, scettica.

"No, sul serio. Ci abbiamo provato, tante volte... ma non funziona. C'è sempre qualcosa che non va."

"Ma lei è il tuo grande amore." sospirò Blair, abbassando lo sguardo. "Quel tipo di amore... non si cancella mai. Non importa quanto ci provi."

"Serena è stata molto importante per me. Lo è ancora. Ma non tutti finiscono..."

"...con il loro amore del liceo." concluse lei, inaspettatamente.

 "Sì".

Blair tacque, seria.

A Dan parve che il tempo si allungasse, lento e colloso, come un chewing gum masticato tirato alle due estremità. Alla fine, quando non resistette più, ruppe il silenzio:

"Sei arrabbiata con me?"

"Sì". Senza esitazione. Di quello doveva darle credito.

"Ah. Okay." mormorò. Il silenzio si protrasse di nuovo, ma Blair non accennava a compiere nessuna azione, si limitava a fissare cupamente dritto davanti a sé. Dan, oltre che agitato, ora era profondamente confuso e a disagio.

"Ehm, di solito, quando la gente si arrabbia, se ne va sbattendo la porta, oppure, non so, si mette a gridare... tu, uhm, pensi di restare qui seduta per molto?".

Blair inarcò un sopracciglio: "Vuoi che mi metta a gridare?"

"No."

"Vuoi che me ne vada sbattendo la porta?"

"Preferirei di no. È già un po’ ammaccata e, beh... preferirei di no." ripeté, scrollando le spalle.

"Allora perché non stai zitto e mi lasci pensare, invece di farfugliare considerazioni inutili?".

Dan obbedì, chiedendosi cosa potesse fare. Accendere il televisore gli sembrava fuori luogo, così come sfilarle il libro dalle mani per sfogliarlo con fare noncurante. Così, si limitò a fissare il pavimento e le proprie mani intrecciate, a intervalli regolari, finché lei non gli scoccò un’occhiata torva in tralice e Dan si accorse che il suo piede si stava muovendo convulsamente su e giù per il nervoso, facendo tremolare tutto il divano. A fatica, lo fermò con una mano.

"Hai detto che ti saresti preso cura di mio figlio, che non ti importava che fosse di un altro." bisbigliò lei dopo un po', senza guardarlo.

"Sì."

"Era una bambina, sai?". Si stropicciò gli occhi. "Non avevo nemmeno cominciato a pensare ai nomi. La verità è che non pensavo mai molto a lei. Ero così presa da Louis e Chuck..." la voce si spezzò, intrisa di lacrime trattenute, e Blair si schiarì la gola, risoluta. Dan non cercò di fermarla o di consolarla: capiva che Blair aveva bisogno di finire quel discorso, che se l’era tenuto dentro per tanto tempo e l’aveva infettata, sempre di più, logorandole il cuore e l'anima. Era giunto il momento di liberarsene.

"No, non pensavo mai a lei." riprese coraggiosamente Blair, con dolorosa sincerità, quando fu pronta. "Chuck ha detto che sarei stata una madre straordinaria, ma, in realtà, sono stata una madre pessima, per quel poco che mi è stato permesso di esserlo. Forse, l’ho persa proprio per questo. Non sono adatta a fare la madre. Sono troppo egoista."

"Essere giovane non è una colpa, Blair." ribatté lui, pacato. "Forse qualche volta l’hai persa di vista, nel quadro generale, ma io non credo che tu sia stata pessima. Ricordi quando mi hai confidato che non eri sicura di chi fosse il padre? Avevi paura di perdere tutto, eppure non hai avuto dubbi, nemmeno per un secondo: tu la volevi. Sarebbe stato più facile per te se non ci fosse stata più, ma non ti è importato. E io penso che sia... incredibile".

Blair si voltò verso di lui, gli occhi grandi e speranzosi, come quelli di un'orfanella in un quadro:

"Davvero?"

"Sì".

Dan la accolse nel suo abbraccio e lasciò che si sfogasse, ascoltando i suoi singhiozzi e accarezzandole i capelli. Le offrì il fazzoletto quando gli sembrò che si fosse calmata, guardandola mentre si asciugava il naso e gli occhi.

"Non fissarmi, devo essere orribile, col trucco colato e la faccia gonfia e rossa." lo rimproverò lei, da dietro il fazzoletto.

"Non sei orribile." ribatté lui con semplicità.

"Oh, grazie mille, Dan. Una donna muore dalla voglia di sentirsi dire che non è orribile." brontolò sarcastica, arricciando il naso con un guizzo d’impazienza.

"E io allora? Tu non fai altro che ripetermi quanto i miei capelli siano orrendi."

"Ma i tuoi capelli sono orrendi".

Dan rise, e dopo un po’ lo fece anche lei.

Il bacio fu inaspettato per entrambi. Come molte cose della vita, accadde e basta.

E con esso, tutto ciò che ne seguì.

 

 

 

 Maggio 2013 - Brooklyn

 

 

"Ci aiuterà?"

"Certo. Te lo avevo detto che lo avrei convinto".

Dan abbracciò la sua fidanzata e la baciò con trasporto. Quando si divisero, chiese:

"Perché hai voluto incontrarlo da sola in quella suite?".

Lei si morse il labbro, con aria colpevole, poi sorrise:

"Non è importante. Mi porti a cena fuori per festeggiare?" cambiò argomento, scaltra, accarezzandogli i capelli sulla nuca.

"È successo qualcosa, in quella camera, con Chuck?" chiese lui, sospettoso e preoccupato.

"Niente, te l’assicuro."

"Allora cosa mi nascondi?".

 

 

Marzo 2012 - Empire Hotel

 

Appena letto il blast di Gossip Girl, Blair si era precipitata all’Empire. Aveva trovato Chuck in penombra, vicino al bar della suite, con un bicchiere di scotch in mano. Non era ubriaco, ma non si era voltato a guardarla quando era entrata, il che non era un buon segno. Chuck cercava sempre il contatto con lei, anche quando era fatto solo di sguardi. Se non era così, significava che la stava tagliando fuori, riparandosi dietro quel muro di freddezza che lui stesso era stato costretto a sopportare da Bart fin dall'infanzia.  Blair odiava quando Chuck imitava suo padre intorno a lei, odiava sentirsi così totalmente respinta da lui. 

"Chuck, non è come pensi."

"Perciò fra te e Dan non è successo niente?" ribatté lui, ironico e tagliente.

Blair deglutì, a fatica. "È vero. È successo. Ma... ma non era premeditato e non volevamo fare del male a nessuno."

"Dillo a Serena."

"Vorrei. Ma non so dov’è e non risponde alle mie chiamate. È persino fuori dal radar di Gossip Girl." confessò Blair, disperata. Non voleva che Serena lo scoprisse così, attraverso un testo carico di allusioni e commenti maligni della sferzante blogger. Voleva parlargliene, davvero, ci aveva provato tantissime volte, sul serio, ma non aveva mai trovato il momento adatto.

"Sai dove posso trovarla, Chuck?"

"Credo che dovresti lasciarla in pace per un po’, Blair." rispose lui duro, guardandola, finalmente - ma con rimprovero e astio. "Non avreste dovuto farlo alle sue spalle."

"Tu come ti senti, Chuck?" chiese lei, esitante.

"A me non interessa." rispose algido, la mascella contratta, la mano serrata intorno al pesante bicchiere di cristallo. "Tra noi è finita molto tempo prima che tu e Dan ve la spassaste. Non sei venuta da me, dopo essere fuggita dal matrimonio con Louis".

Era vero, ma Chuck l'aveva trovata comunque, perché Chuck la conosceva così bene da prevedere ogni sua mossa. Blair indossava ancora l’abito da sposa, solo che il bianco del tessuto si era ingrigito per la polvere d’intonaco, soprattutto sull’orlo della vaporosa gonna di raso. Chuck l'aveva scoperta accucciata in un angolo del Charles Place ancora in fase di restauro; drappeggiata in quel vestito appariscente e ricco, con i riccioli che sfuggivano all’elegante chignon e alla coroncina di diamanti Swarovsky per incorniciarle il viso candido, dalle labbra rosse come rose in sboccio, Blair sembrava la principessa di una fiaba. Eppure, era proprio da una fiaba che era fuggita, con la grinta e la determinazione che di lei Chuck amava tanto.

Le si era inginocchiato davanti, nella posa di un cavaliere di fronte alla sua Regina, incurante della polvere che gli avrebbe rovinato i pantaloni su misura e aveva sussurrato:

"Tutto okay, Blair?"

"Non potevo sposarlo, Chuck." aveva confessato lei. Sottovoce, come se qualcuno potesse udirla, persino lì, fra travi e fili scoperti, e punirla per la sua mancanza. "Non lo amo."

"Va bene."

"Ho mentito in ospedale. Io... io volevo lasciarti libero, come hai fatto tu con me."

"Lo so."

"Te l’ha detto Dan?". Blair aveva gonfiato le guance e sbuffato, intuendo arguta la risposta senza che lui aprisse bocca. "Sempre il solito."

"Voleva fare la cosa giusta. Come te." aveva aggiunto, per rincuorarla. Blair aveva annuito.

"Lo so. Ma non posso ancora stare con te, Chuck".

Questo lo aveva colpito dolorosamente, ma aveva messo da parte i propri sentimenti e commentato, in tono neutro:

"Va bene."

"Non è per quello che provo", aveva spiegato lei solerte, prendendogli la mano con entrambe le sue e stringendola. Lo aveva guardato negli occhi, con trasporto e commozione. "Quello non è cambiato".

Chuck aveva annuito. Ti amerò per sempre. Non sarebbe cambiato mai, per nessuno dei due. Un amore così intenso non poteva essere cancellato, o tramutarsi in qualcosa di più flebile, nemmeno se avessero vissuto mille anni. Era l’unica caratteristica che li accomunava ai personaggi delle fiabe –perché il vissero felici e contenti sembrava irraggiungibile.

"Ho bisogno di stare da sola. Capire e diventare chi voglio essere, il tipo di persona che voglio essere. Papà me lo disse, anni fa, ma ero troppo piccola per capire. Ora capisco. Non importava in che università andassi come non importa ora chi sarà l’uomo che sposerò. Importa chi sono io. Io voglio essere una Blair degna dell’amore di un brav’uomo. Una che non agisce alle spalle, una che non mente... beh, così spesso, almeno." aveva rettificato, con un mezzo sorriso e Chuck aveva sorriso a sua volta. No, non sarebbero mai diventati completamente onesti, non era nelle loro corde, ma persone migliori... sì, quello era possibile. Chuck ne era la prova vivente. Solo un anno prima, avrebbe fatto di tutto per sabotare il matrimonio, anche ferire la ragazza che aveva di fronte, il tesoro più prezioso della sua vita.

"Lo capisci, Chuck?".

Adagio, Chuck si era chinato e le aveva baciato entrambe le mani, esitando su ciascuna, premuroso.

"Lo capisco, Blair."

"Grazie".

Ora, Blair si sentì di nuovo sopraffare da una coltre di emozioni contrastanti: rabbia e rimorso, dispetto e disperazione, sconforto e stizza:

"È stato solo un errore, Chuck!". Si lanciò verso di lui, irruente: "Lo spiegherei a Serena se mi dicessi dov’è. È acqua passata, non significa niente. Io e Dan lo sappiamo, non potete credere a quello che dice quella perfida strega! Non abbiamo intrecciato nessuna relazione alle vostre spalle. Gossip Girl mente. Non abbiamo-"

"Ma quello che è successo, lo avete tenuto nascosto. Serena si è sentita ferita soprattutto perché ha dovuto saperlo da quella ‘perfida strega’, non dalle persone che ama di più." obiettò Chuck, severo.

"E anche tu, non è così, Chuck?" insisté Blair, che riusciva a spiare dentro di lui con incomparabile destrezza. 

Per tutta risposta, Chuck le voltò le spalle. Respinta.

"Per favore, Blair, esci dal mio hotel."

"Chuck...".

Cercò di toccarlo, ma lui si ritrasse dalle sue mani. Non poteva permettere che Blair lo sfiorasse, non quando già teneva a fatica le briglie del suo autocontrollo.

"Vattene di tua spontanea volontà, Blair, oppure chiamerò la sicurezza. Sai che lo farò."

"Chuck, devi ascoltarmi! Io e Dan-"

"Vattene." tuonò, spazientito e Blair tacque, ferita. Era sempre stata sensibile alle sue sfuriate, perché Chuck non alzava mai la voce con lei. Di solito, anche quando era arrabbiato o sofferente, la sua crudeltà era fatta di sussurri freddi e spietati. Ma se le urlava contro, allora voleva dire che era davvero sconvolto.

Chuck la sentì sospirare e andarsene, sconfitta. Appena il campanello dell’ascensore tintinnò, Serena emerse dalla cucina e disse, in un mormorio spento:

"Grazie, Chuck."

"Ha detto la verità, sai. Non hanno una relazione."

"Dan ha cercato di dirmi lo stesso, ma non m’importa. Non ho voluto ascoltarlo. Io non sarei mai andata a letto con te alle spalle di Blair".

Chuck annuì, solidale, rigirando il bicchiere di scotch che aveva posato sul bancone e fissando le onde circolari che increspavano la superficie color ambra.

"Ma ora è cambiato tutto." aggiunse Serena, gelida. Chuck chiuse gli occhi e quando li riaprì, erano in quelli di lei, feriti e sfocati dai troppi Martini. Azzurro fervente di rabbia.

"Che ne dici, Chuck?".

 

 

Maggio 2013 - Brooklyn 

 

 

"Allora cosa mi nascondi?" chiese Dan, in ansia.

"Chuck non mi avrebbe mai incontrata. Non dopo quello che è successo la notte dell’incidente, non dopo che ho tradito la fiducia di Serena e di Lily. Così, ho prenotato la camera a nome di Blair. Sapevo che sarebbe venuto, per scoprire chi era l’impostora che si spacciava per lei." confessò Ivy.

"Però tu dovrai fare qualcosa per me", aveva sussurrato Chuck minaccioso, chinandosi su di lei: "Non osare mai più impersonare Blair. Sono stato chiaro?".

Ivy aveva annuito e lui le aveva scostato i boccoli biondi dal viso con condiscendenza, prima di sollevarsi e andare via.

"Okay."

"Sei arrabbiato?"

"No".

Dan era sincero. Non ce l’aveva con Ivy per quella bugia, del resto non poteva negare che né lui né la sua fidanzata erano più ben accetti nel circolo di Chuck e Serena. Non dopo quello che era successo con Blair.

Lo trovava ingiusto, soprattutto perché era stata Serena a consolarsi per prima, iniziando una relazione con Nate che ancora andava avanti. Lui e Ivy si erano avvicinati perché entrambi erano stati isolati dagli altri, finché la loro amicizia era diventata qualcosa di più. Era stato poco dopo che Ivy gli aveva confidato tremante e vulnerabile la sua infanzia, il padre eroinomane, le siringhe sparse per tutta la roulotte, sempre, le grida e a volte gli schiaffi contro di lei, finché, a soli otto anni, non lo aveva trovato morto sul divano, la bava alla bocca, la pelle bluastra e gli occhi sbarrati e vuoti. Dan era ammirato dal coraggio e dalla forza di Ivy, che non si era lasciata sopraffare da quell'orribile disgrazia, ma aveva lottato per uscirne, riuscendo perfino a non farsi contaminare dall'oscurità che la circondava. Certo, aveva fatto scelte moralmente discutibili, come quella di impersonare Charlie, la cugina di Serena, ma era sempre rimasta fondamentalmente buona. Rufus gli aveva rivelato ad esempio che Ivy si era sentita tremendamente in colpa per l'incidente di Chuck e Blair, tanto da confessare la truffa senza pensarci due volte. Dan ne era stato colpito.

Certo, suo padre aveva anche giudicato la proposta di matrimonio un passo affrettato, ma a Dan non importava. Stava bene con Ivy. Lei capiva cosa significasse non dare nulla per scontato, guadagnarsi ogni cosa con impegno e costanza, come le ricche e viziate ragazze dell'Upper East Side non avrebbero mai potuto fare. Lo aveva sostenuto con affetto durante l'uscita del secondo libro e attraverso l'uragano Von Trapp, senza chiedere niente in cambio.

Era una ragazza speciale.

Ivy gli allacciò le mani dietro il collo e sbatté le ciglia, seducente.

"Dan?" bisbigliò, naso a naso.

"Mm?"

"Puoi chiamarmi Blair."

 "C-cosa?".

Dan si scostò di colpo e, dopo un istante, Ivy scoppiò a ridere.

"Scherzo, scemo".

Dan rise a sua volta e la baciò.

 

 

 Agosto 2013 - Palace Hotel

 

 

Era un bel matrimonio, pensò Lily, mentre contemplava Ivy e Dan tagliare la gigantesca torta nuziale. La ragazza che aveva conosciuto come Charlie era raggiante e, quando incontrò il suo sguardo, le sorrise, felice e riconoscente. Serena e Nate si tenevano per mano e osservavano la coppia; Serena bisbigliò qualcosa all'orecchio del suo ragazzo e lui la baciò sulla bocca. Lily pensò che il Jenny Packham rosa e oro in stile greco donava molto a sua figlia, e si rammaricò di non poter più indossare abiti così corti e scollati.

Sì, era davvero un bel matrimonio, ed era contenta di aver potuto parteciparvi. Di certo si era sentita tradita da Carol, nel momento in cui aveva saputo la verità sulla Charlie Rhodes che si era accaparrata il suo affetto e i suoi soldi, e lei e Serena non erano state morbide con la povera Ivy. Però, in fin dei conti, si sentivano entrambe legate a quella ragazza dal passato burrascoso e dal sorriso adorabile. Così, avevano finito per perdonarla. Non aveva notizie fresche su Dan e Serena, ma dal poco che aveva sbirciato e origliato, le sembrava che fossero giunti ad una cordiale riappacificazione.

"Ecco il tuo drink, Lily."

"Ti ringrazio, Charles". Accettò il flûte di Champagne e sorrise al suo figliastro, elegante e impeccabile come al solito in un tre pezzi gessato nero. "A quando il tuo e di Blair?"

Charles sorrise, distogliendo lo sguardo.

"Presto."

"Mai abbastanza per te." lo prese in giro, bonariamente. "In questo sei uguale a tuo padre".

Charles si lisciò il farfallino fiorato e non disse nulla. Lily lo guardò con indulgenza: "Non voglio trattenerti oltre, torna dalla tua fidanzata. E dille da parte mia che adoro la sua pochette." concluse, nel tono mondano che aveva iniziato a perfezionare fin da quando aveva abbandonato jeans strappati e concerti rock per abiti di alta sartoria e opéra.

Chuck non se lo fece ripetere due volte e tornò al tavolo, dove Blair sorseggiava un bicchiere di champagne, osservando gli sposi. Era davvero incantevole, con il sole che illuminava di riflessi biondi le onde dei floridi capelli castani e le faceva brillare i grandi occhi sognanti. L'abitino estivo che aveva indossato, punteggiato di peonie rosa, le lasciava scoperta la schiena abbronzata dalle loro giornate negli Hamptons e la gonna a balze di seta risaliva sulle gambe accavallate quel tanto che bastava a fargli sbirciare il profilo conturbante di una coscia.  

Chuck le sorrise:

"Ehi."

"Ehi." sussurrò lei. Chiuse gli occhi  e sporse le labbra quando lui si chinò per baciarla, dolce e innocente come una bambina che aspetta una lieta sorpresa. Quando li riaprì dopo il bacio, aveva le guance soffuse di rossore e lo fissava innamorata.

"Lily adora la tua pochette."

"Come potrebbe non farlo?" ribatté Blair, vanitosa. "Mi inviti a ballare?"

"Come desideri, mio amore".

La prese tra le braccia e iniziarono a volteggiare sulla pista con grazia e complicità.

Non era stato facile dopo quella che ormai era chiamata da Gossip Girl e dai suoi lettori la Dan débâcle, ma entrambi sapevano che Chuck l'avrebbe perdonata, prima o poi. Ti amerò per sempre, una promessa e una condanna, il filo che li teneva uniti, nonostante tutti i loro sbagli -che erano parecchi, perché entrambi erano così profondamente fragili e umani

Per fortuna, un legame altrettanto resistente teneva insieme Blair e Serena, Nate e Chuck, Nate e Serena. Erano cresciuti insieme, erano una famiglia, e all'interno della famiglia si litiga, ci si ferisce a vicenda, ma non si viene mai abbandonati definitivamente. La rabbia, la vendetta, anche il tradimento peggiore non hanno scampo di fronte a quel tipo di affetto. Certo, rifletté Chuck mentre sorrideva a Blair, era stato meglio per tutti che lui e Serena avessero accuratamente evitato il tradimento peggiore di tutti, la notte che avevano scoperto di Dan e Blair. Quest'ultima non avrebbe mai saputo quanto vicini ci erano arrivati, né quanto entrambi si fossero sentiti luridi solo per averci pensato. Era un segreto che sarebbe rimasto fra lui e la sua sorellastra, insieme alla tentata violenza nelle cucine e a quello che era successo con Carter Baizen e Georgina Sparks in terza media,  ritagli di oscurità che lui e Serena tenevano gelosamente per loro.

La verità era che Chuck non ce l'aveva fatta. Serena era attraente, Serena era sexy, Serena era il sogno proibito della sua adolescenza ma Serena non era Blair. L'aveva baciata e non c'era stato nient'altro che lingua, saliva, fiato. Quando si erano divisi con uno schiocco umido, Chuck aveva visto per un istante gli occhi azzurri riempirsi di lacrime, prima che le mani di lei li nascondessero e Serena cominciasse a balbettare confusamente fra i singhiozzi che le dispiaceva, ma stava così male che non riusciva a sopportarlo.

"Non ti preoccupare." le aveva sussurrato lui, massaggiandole la schiena e le spalle. "Vedrai che si sistemerà tutto".

E così era stato, per fortuna. Chuck provava terrore a immaginare cosa sarebbe successo se lui e Serena avessero consumato il loro delitto passionale, soprattutto perché dopo, con sgomento e sollievo, avevano scoperto che fra Dan e Blair non c'era stato altro che un bacio, e che Gossip Girl aveva esagerato come al solito. Blair aveva tentato di dirglielo all'Empire, ma lui era stato così infuriato, così ferito, da non permetterle di spiegarsi. Lo stesso aveva fatto Serena con Dan. Il pensiero che quell'equivoco così sciocco avrebbe potuto seppellire il suo futuro con Blair per sempre lo faceva ancora svegliare di soprassalto, le notti in cui l'incubo a cui lui e Serena erano sfuggiti si ripresentava minaccioso al suo subconscio indifeso. Ironia della sorte, era proprio Blair che lo tranquillizzava dopo quei brutti sogni, accoccolandosi sonnolenta addosso a lui con un mugolio a stento comprensibile che probabilmente era "Chuck, shhh", ma che poteva essere pure "Quack, shhh" e riguardare sogni di laghetti di papere, dato che Blair si riaddormentava all'stante. 

Il litigio fra Blair e Serena era stato risolto con un confronto commovente sugli scalini del Met culminato in un abbraccio zuppo di lacrime e scuse reciproche. Quanto a lui e Blair...

"Ti amo tanto." le sussurrò Chuck all'orecchio e il sorriso di Blair si ampliò, radioso.

"Ti amo anch'io." rispose, poi posò la fronte contro la sua: "Che ne dici di Aprile?"

"Troppo lontano." ribatté lui, accarezzando l'anello Harry Winston al dito di lei.

"Marzo?"

"Troppo lontano."

"Di' tu una data, razza di rompiscatole." replicò lei, giocosamente irritata. Chuck sorrise.

"Fra un mese."

"Oh, certo, come no. Allora fai la proposta a qualcun'altra, perché non esiste che il mio matrimonio sia organizzato in un mese soltanto. Cosa vuoi servire al ricevimento, formaggio sui cracker?".

Chuck rise e la baciò. "Non voglio più aspettare", le confidò, lasciando trapelare un po' del sincero timore che provava dietro la smorfia faceta. Blair intuì subito i suoi pensieri e si schiacciò contro di lui, accarezzandogli tenera i capelli sulla nuca.

"Non vado da nessuna parte, Chuck." promise, confortante.

Chuck la strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli.

"Dicembre." propose Blair conciliante, poi inarcò le sopracciglia. "Ma prega che non piova, Chuck. Posso accettare un matrimonio con la neve, ma se arrivo con un solo capello crespo per l'umidità all'altare, giuro che tu invece resterai all'asciutto per tutta la luna di miele".

Chuck ghignò, vizioso: "Dubito che andrà così, Waldorf. Sappiamo entrambi che hai  grossi problemi a restare asciutta, vicino a me."

"Un'altra parola e rimpiangerai di avermi regalato queste Louboutin dal tacco a spillo, Bass. Ti avverto." lo minacciò lei, gli occhi scintillanti di malizia e le guance rosse di eccitazione. Chuck decise che Blair aveva ragione, le parole erano sopravvalutate, così si chinò e ricominciò a baciarla, assaporando il rossetto alla ciliegia e la meravigliosa sensazione di avere l'amore della sua vita fra le braccia.

 

 

Fine

 

Note dell'Autrice:

 

[1] "Father of the Bride" è un film del 1950 con Elizabeth Taylor.

[2]Il discorso che Harold fa a Blair, in cui le dice che non importa in che università andrà, ma il tipo di persona che diventerà, avviene nella 2x17, dopo che il padre scopre che Blair ha deliberatamente mentito su Dan e Ms Carr e che solo per pura fortuna le sue calunnie si sono rivelate fondate.

[3] Svariati parallel, all'interno della storia stessa o con il telefilm, sono sparsi per il testo. Non li elenco perché sono sicura che li avrete trovati tutti.

[4] Per quanto mi riguarda, la quinta stagione è finora la peggiore di Gossip Girl. Le trame sono da soap-opera di bassa categoria, i personaggi sono un'ombra di ciò che erano e, cosa inaccettabile, Blair non si fa le sopracciglia. Spero vivamente che gli intrecci diventino più avvincenti nella seconda metà di stagione.

 

Alla prossima storia,

Melany

 

 

 

 

  
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