Ho
iniziato a seguire questa serie dopo un meraviglioso viaggio in
Inghilterra fatto il mese scorso, dopo aver visto/letto di essa
praticamente ovunque, in patria! :D inutile dire che già
dopo il primo episodio me ne sono veramente 'innamorata'.
Spero vi piaccia!
Buona lettura,
S.
Imprevedibile
*
Quando dorme, sembra quasi
umano, a volte.
I suoi occhi, i suoi
bellissimi occhi chiari, non scrutano ogni dettaglio del suo
abbigliamento, o
del suo viso, o le sue mani. Non girano intorno a lui indagatori,
cercando un
qualunque indizio sulla sua giornata, su quel che aveva o non aveva
fatto.
Dorme, e in quel momento, a John sembra la creatura più
docile e tranquilla del
mondo.
Respira piano, quasi impercettibilmente e schiude le labbra, appena,
dalle
quali esce un bisbiglio, flebile, senza significato. Che la sua mente
lavori anche durante il sonno? Non
ci sarebbe
da sorprendersi, non con lui, non con Sherlock Holmes.
Spinto da un coraggio a
lui sconosciuto John allunga una mano verso di lui, a sfiorare i
capelli scuri,
scompigliati. Li accarezza piano, facendo attenzione a non svegliarlo.
Fa
passare lentamente i suoi riccioli d’ebano fra le dita,
assaporandone la
consistenza, la carezza sul palmo della sua mano. Dopo scende sulla sua
guancia, e quasi non si riconosce in quel gesto.
John Hamish Watson. Un medico, un soldato. Completamente, perdutamente
rapito
dal viso del suo geniale e eccentrico coinquilino. John sospira mentre
il palmo
della sua mano raggiunge il viso spigoloso ma ugualmente perfetto
del suo amico. Sherlock geme, nel sonno e John non può
reprimere un piccolo sorriso. Quando non era in preda alla noia, o in
un
indagine, o completamente preso per uno dei suoi strambi esperimenti
Sherlock
sembrava quasi un bambino, un essere indifeso, fragile. Le dita
arrivano sulle
sue labbra, accarezzandole, seguendone il delicato contorno, piano,
pianissimo.
Sherlock sospira ancora, gli occhi ancora chiusi, serrati da un sonno
profondo.
Quando dorme, Sherlock
Holmes è l’uomo più meraviglioso che
John abbia mai avuto il privilegio di
guardare. Il medico ride, a quella considerazione.
“Sai Sherlock?” sussurra “ormai lo penso
anche quando sei sveglio. E’ un
evidente segno di instabilità mentale, vero?”
ride, attento a non alzare la
voce.
Fissa ancora quelle
labbra, morbide, invitanti. John però ha paura, paura di
qualcosa che vuole con
tutto il cuore ma che per lui, significa entrare in un un mondo
totalmente
sconosciuto. Un infinità di ‘se’ lo
tormentano mentre ancora lo guarda,
combattuto.
“Al Diavolo” dice alla fine, avvicinandosi di
più, percorrendo metà di quel
dolce tragitto, sentendo vicino il suo respiro, l’odore
pungente della sua
pelle.
“Cosa diresti, se fossi sveglio Sherlock? Quale sarebbe la
tua risposta se io
ti chiedessi il permesso di… baciarti?” domanda a
voce bassa, così che lui non
possa sentirlo. Scuote la testa e chiude gli occhi respirando
profondamente per
darsi coraggio, per spingersi a farlo. Deve, ne ha quasi bisogno.
Alla fine, annulla
completamente le distanze e le labbra del dottore toccano quelle del
suo compagno,
delicate, appassionate, piene di un amore nuovo ma intenso, lacerante.
Preme
ancora di più, schiudendo le proprie e assaggiando quelle
dell’altro trovandole
soffici come al tocco delle sue dita, perfette.
John rimarrebbe con lui per sempre, in quella perfezione assoluta,
fuori dal
mondo e dal tempo.
Dopo qualche secondo lungo
quanto un’ora, si costringe a separarsi da lui. Lo guarda
ancora, incapace di
distogliere lo sguardo, incapace di alzarsi da quella sedia e lasciarlo
li da
solo, rifugiandosi nella sua stanza così fredda, solitaria.
Si alza lo stesso,
con fatica, e stringe una mano nella sua come a imprimere bene nella
mente il
suo calore, il suo tocco.
Sa bene che esisteva il
rischio –con Sherlock accadeva sempre- che il giorno dopo si
sarebbe svegliato,
sarebbe sceso a colazione riepilogandogli per filo e per segno quel che
aveva
fatto con lui quella sera in camera sua, da una semplice piega del
bavero della
camicia o da una particolare posizione assunta dalle sue
mani… ma a John sinceramente
non importa. Gli basta guardarlo, anche se sa, non gli sarebbe bastato
per molto
ancora. John vuole di più. Vuole il suo cuore, la sua anima.
Vuole lui,
interamente, con i suoi pregi e i suoi mille difetti.
Uscendo dalla stanza si
appoggia allo stipite della porta, tentennando un attimo, sentendolo
muoversi
tra le lenzuola. Lo guarda ancora mentre si rigira tra le lenzuola,
strofinando
la guancia contro la stoffa morbida del cuscino, con delicatezza.
Quando la
calma torna a regnare, John fa per riprendere la strada per la sua
camera
quando una voce, stavolta forte e chiara lo costringe a
bloccarsi nuovamente. Un brivido dolce e
amaro gli percorre la schiena.
“Le tue domande sono
troppo ovvie, mio caro John” esclama Sherlock, con
una tono dolce, diverso.
John rimane ancora fermo, immobile.
“Ti avrei risposto di sì” dice, quella
voce profonda e familiare “Avresti
avuto il mio permesso”
John chiude gli occhi. Il
cuore batte, all’impazzata.
Sorride.