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Autore: Selene Silver    13/01/2012    4 recensioni
Quando poi Castiel era comparso davanti a lui per la prima volta - tutto spettinato, intabarrato in quel suo trench troppo largo - in risposta ad una preghiera che non si era neanche accorto di aver formulato, Dean aveva pensato che fosse solo una seccatura, nient'altro che uno scherzo di pessimo gusto. Dio doveva essere uno dei Monty Python, per avere un senso dell'umorismo del genere.
Non si era accorto che nel buio che lo circondava era nato un bagliore luminoso, un sottile raggio d'argento che partiva da lui ed arrivava nel cuore di quella scintilla.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prayer for Light.

Un tempo aveva saputo come pregare. Ricordava la sensazione di oscurità e mani giunte, fumo d'incenso e scintillii dorati. Ricordava le candele che si scioglievano nei loro piedistalli, calde gocce di cera a cadere sugli altari con tondi suoni perfetti, ed il morso rovente di una bruciatura quando cadevano anche sulle sue dita di bambino intrecciate.
Ricordava un confuso vociare che sembrava un canto, anche se ormai ne aveva dimenticato le parole. Ma forse non le aveva mai sapute. O forse l'inferno - quello sulla terra come quello sotto di essa, come quello nella sua testa - le aveva cancellate col suo morso d'acido, bruciate e corrose, lasciandogliene semplicemente la sensazione sulla lingua ed una leggera malinconia nel cuore.
Era stato sempre l'inferno a fargli capire che le preghiere non servono a nulla, se non a ravvivare speranze che, puntualmente, vengono infrante col rumore argentino e raccapricciante di cristalli che vanno in frantumi. Aveva iniziato ad associare la preghiera col fanatismo. Aveva cominciato ad associarla col buio che aveva intravisto nelle chiese, con quell'aria soffocante d'incenso e di parole senza senso sussurrate una dopo l'altra, ripetute all'infinito.
Certo, anche lui, spesso, aveva avuto la tentazione di farlo - chiamare Dio, chiedergli di proteggerlo, di proteggere e salvare tutte le persone che amava. E ogni volta che il bisogno aveva prevalso sul disgusto e l'incredulità, non aveva sentito altro che la vibrazione sorda delle proprie parole vagare in un vuoto infinito, senza un ricevente, come quelle astronavi perdute nello spazio. Dov'era Dio, in tutto questo? Si nascondeva in quelle tenebre, le trovava confortevoli? Oppure persino lui ne era scappato? O forse non era mai esistito, ed era stata nient'altro che una mera reazione chimica a creare sole, luna e pianeti, a creare piante ed animali come aveva creato gli esseri umani?
Dean non lo sapeva, e non lo voleva neanche. Non voleva altre fregature. Non gli era forse bastato capire che era completamente solo, in balia di un vuoto che gli si estendeva attorno, vasto come lo spazio, e buio, infinitamente buio?

***

Quando poi Castiel era comparso davanti a lui per la prima volta - tutto spettinato, intabarrato in quel suo trench troppo largo - in risposta ad una preghiera che non si era neanche accorto di aver formulato, Dean aveva pensato che fosse solo una seccatura, nient'altro che uno scherzo di pessimo gusto. Dio doveva essere uno dei Monty Python, per avere un senso dell'umorismo del genere.
Non si era accorto che nel buio che lo circondava era nato un bagliore luminoso, un sottile raggio d'argento che partiva da lui ed arrivava nel cuore di quella scintilla.

***

La scoperà dell'esistenza degli angeli non aveva cambiato poi di molto l'idea che aveva del caro vecchio Dio. D'accordo, forse era rimasto in circolazione abbastanza a lungo da creare quei fottuti piccioni, ma poi? Forse era davvero scappato, morto, nascosto.
Certo, per i suoi "figli prediletti" la sola idea era inconcepibile, straziante, ma lui aveva imparato ormai da tempo che nessuno è infallibile. E d'altro canto, l'idea che ci fosse qualcuno, lassa, qualcuno che sapeva e vedeva tutto e non faceva niente, lo riempiva di rabbia. Perché rimaneva in silenzio? PerchP non gli aveva lasciato conservare nella propria mente almeno il ricordo di una stramaledettissima preghiera, e nel cuore almeno un briciolo di fede per poterla dire, per poterne trarre almeno un po' di conforto in quei momenti in cui sentiva di star per crollare?
Invece no, gli sembrava che tutto ciò che gli era richiesto di fare fosse  serrare i denti e continuare, andare avanti con le mani che affondavano nella terra dura, risorgere dalla propria tomba e riprendere a lottare esattamente da dove si era fermato, e niente era diverso se non l'impronta sulla sua spalla ed un paio di occhi blu che sembravano seguirlo dappertutto, anche quando il loro proprietario non era presente.

***

Quando poi Dean si era accorto della luce che aveva iniziato a circondarlo sempre più di frequente, accarezzando i confini della sua diffidenza e della sua incredulità, era ormai troppo tardi per fare qualcosa. Aveva contemplato per un po' la prospettiva di barricarsi dentro se stesso e allontanarla, ma infine l'unica cosa che aveva potuto fare, che avesse senso fare, fu lasciare che ogni barriera cedesse.
Lasciò entrare Castiel con tutta la diffidenza di un animale che protegge la sua tana,ma infine capì che l'angelo non voleva fargli alcun male. Divenne normale sentirlo sempre attorno a sé, familiare e insieme fastidioso come un bambino, e sapere che sarebbe arrivato da lui non appena avesse pronunciato il suo nome.
Trovare della luce, nel vuoto nero che lo circondava, era la cosa più sorprendente e meravigliosa che ci si potesse aspettare, e Dean, ancora incerto come un acrobata che per la prima volta si azzarda a camminare sul filo, la scrutava con la coda dell'occhio per accertarsi che non sparisse, per riuscire ad allungare la mano e fermarla se avesse rischiato di scomparire.

***

A quel punto Castiel era diventato parte della sua quotidianità. Aveva smesso di temerlo, di considerarlo una seccatura, e l'aveva lasciato entrare nel piccolo cerchio di calore che era riuscito a costruire attorno alla sua piccola famiglia - e costruiva e ricostruiva senza sosta, fin da quando era bambino, perché tentare di sistemare tutto era l'unica cosa che fosse in grado di fare.
Il suo corpo sottile ed il suo portamento rigido, il suo viso così poco espressivo ed i suoi occhi che lo erano fin troppo: aveva imparato a convivere con tutto questo, ad accettarlo, a capirlo. E anche quella parte di lui che continuava a considerarlo un estraneo, una presa per il culo biblica, qualcosa di non umano - ecco, anche quella parte di lui si era infine zittita, perché Castiel era Castiel, innocente come un moccioso, vicino alla sua sofferenza come un compagno di battaglia. Era Cas, il suo Cas, che aggrottava le sopracciglia ed inclinava la testa e parlava a sproposito, e veniva da chiedersi dove accidenti fosse stato in quei millenni che aveva vissuto per non accorgersi che gli esseri umani erano diventati molto, molto peggio di quanto non fossero stati da appena nati.
Ma era Castiel, che nutriva fin troppa fiducia in tutto; era Castiel, che si fidava di lui a occhi chiusi; era Castiel, che abbandonava tutto per lui, che s'infuriava quando lui lasciava perdere, che sembrava contenere dentro di sé tutta la forza che gli serviva per continuare ad andare avanti.
Cos'avrebbe potuto fare, Dean, se non tendergli le mani e cedergli tutto indietro - tutta la fiducia, la passione, la testardaggine e l'innocenza che Castiel gli aveva donato?

***

Quando poi Dean si era accorto di non riuscire più a fare a meno di quella luce, di lui, di chiamarlo anche solo per rassicurarsi che stesse bene: fu a quel punto che si accorse di averla imparata. L'unica preghiera di cui la sua mente potesse conservare il ricordo, ed in cui il suo cuore potesse sempre e comunque avere fede.

***

La sua pelle era pallida sotto le sue mani, liscia al suo tatto; la sua schiena tesa in cui affondare le unghie ed il suo collo sottile da mordere e leccare; le sue labbra morbide da baciare ed i suoi capelli su cui strofinare la guancia.
Castiel ricambiò tutte le sue attenzioni, tenendolo stretto e sospirando ad ogni suo tocco, gemendo quando le sue mosse si facevano tropo intense.
Quando avessero cominciato ad incontrarsi così, di nascosto, Dean non riusciva a ricordarlo, perché era come se lo facessero da sempre. Insieme, ogni volta sembrava una nuova scoperta. Sempre, per quanto la situazione si facesse appassionata, gli toglieva i vestiti con tutta la propria attenzione, meravigliandosi ogni volta di ritrovare quella pelle bianca, quel corpo un po' troppo magro, le ossa iliache sporgenti sotto quel trench sformato che gli aveva sempre visto addosso. Non era quel corpo ad incantarlo - non solo - quanto la consapevolezza che c'era lui, Castiel, lì dentro: appoggiava le labbra al centro del suo torace, vi posava l'orecchio, e gli pareva di riuscire a sentire tutta quella luce da cui l'angelo aveva già dovuto proteggerlo più volte agitarsi dentro quel corpo; con un fruscio morbido che sapeva di sicurezza, sapeva di casa, come il suono rassicurante di una coperta che ti si avvolge attorno in una notte fredda.
A quel punto, però, Castiel lo prendeva per i polsi e lo rovesciava sotto di sé, incitandolo a fare sul serio. Gli toglieva i vestiti rapidamente, con una specie di febbrile sollievo; appoggiava la mano sulla cicatrice della bruciatura che gli aveva lasciato salvandolo dall'inferno, lo baciava sulla bocca e si lasciava andare ad un sospiro soddisfatto mentre si abbracciavano stretti, e poi tutto cominciava a turbinare perché niente era importante se non loro due, tutti i punti in cui i loro corpi si toccavano e quella frase che Dean si lasciava sfuggire, a volte: quel "Non azzardarti a sparire" che faceva sorridere Castiel di tenerezza per poi prendere a baciarlo in modo tanto lento e sensuale da fargli capire che no, non sarebbe andato da nessuna parte; che per quella sera, quella notte, quell'ora era con lui, e solo per lui.
E arrivava, certo, il momento in cui uno entrava dentro l'altro, e allora sgranavano entrambi gli occhi e si stringevano con una forza che lasciava entrambi senza fiato, senza confini fra i loro corpi; e poi Dean affondava il volto nel collo dell'altro, mordendolo e ansimando e mormorando il suo nome, mormorandolo mille e mille volte: «Cas, Cas, Cas, Cas…»



Credits titolo: Renaissance - Prayer for light


Mi sento delusa da me stessa: volevo entrare nel fandom di Supernatural con qualcosa che mi rendesse fiera come più o meno mi era successo per la mia prima Jensha, ma... non so, sono una testa di cazzo e ho degli attacchi di iifeudhgscxjz (nuova sindrome, sì) e inizio a dare di testa e perdo pezzi di me stessa, bah. Sento di aver storpiato questi personaggi che amo alla follia, di averli resi stereotipi, o comunque di non averli approfonditi abbastanza, cercando tuttavia di farlo in modo stupido e pesante. Ho bisogno di un parere onesto, davvero.
ORA MI SENTO IN COLPA SIA VERSO DEAN E CAS CHE VERSO SAM (CHE NON È NEANCHE APPARSO, QUANTO SONO STUPIDA!!!) CHE VERSO I RENAISSANCE CHE, DAVVERO, HANNO COMPOSTO QUESTA CANZONE BELLISSIMA E CHE IO MI SONO DIVERTITA A STORPIARE. AMMAZZATEMI.
Comunque, vorrei ringraziare la mia amatissima Thief_ che mi è stata a sentire, si è lasciata contagiare dalla mia fissa, e mi ha appoggiato e confortato, e che fra l'altro ho dimenticato di ringraziare per il betaggio a "We must make some time together." causa troppo nervosismo (sono stupida, sì, stupida).
Be', scusate questo sclero, spero di non avervi intossicato dopo la fiction né con la fiction e... uhm... probabilmente mi rivedrete presto, spero con un nuovo carico di autostima ed uno stile di ascrittura un po' più brillante che si avvicini di più a quello che uso di solito. Grazie dell'attenzione, siete un pubblico straordinario, gente, buonanotte! <3

P.S. (sì, sono ancora qui a scartavetrarvi le palle): se in "Contesto" ci fosse stata l'opzione "Context? What context?" l'avrei scelta. Ed il genere "romantico" è lì più che altro per far presenza, eh.
  
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