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Autore: RubyChubb    30/08/2006    0 recensioni
Anche Deidra si trovava sul volo 815, anche a lei è accaduta la stessa sorte degli altri passeggeri... ma qualcosa in lei è cambiato... ha subito gli effetti di quello strano posto, di quell'isola persa nel mezzo dell'oceano... Che cosa le accadrà? Qual è il suo ruolo in tutta questa storia?
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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L’acqua sgorgava fresca dalla pietra e le mie mani si erano quasi congelate sotto il getto. Mi bagnai la testa e mi sentii come rinata. Forse non era impossibile vivere su questa isola, bastava abituarsi… i soccorsi non sarebbero mai arrivati, lo sapevo.
Sentii delle voci avvicinarsi e riconobbi quelle di Kate, Charlie e Jack, ma non del quarto uomo che era con loro. Tranne Jack, furono tutti sorpresi nel vedermi già lì, con la mia roba.
“Non fate quelle facce. Jack mi ha spiegato la strada per arrivare qui.”, dissi io, mentre sistemavo i miei ricambi su un ramo per farli asciugare. Andai verso lo sconosciuto, un signore sui cinquanta, più o meno, e mi presentai. Si chiamava Locke ed era il tipo strano che ci procurava i cinghiali, doveva essere un cacciatore provetto. Gli strinsi la mano cordialmente e compresi che anche a lui l’isola aveva donato qualcosa.
Erano venuti a prendere una scorta d’acqua per la spiaggia e mi offrii di dare loro una mano: per un attimo mi lasciarono sola, attirati da qualcosa lì vicino, così, quando ebbi riempito la mia borsa di bottiglie di acqua mi avviai verso la spiaggia, per rifornire gli altri con le prime bottiglie.
Avevo una ventina di bottigliette e ne distribuii a tutti, chiedendo il loro nome e cercando di memorizzarne il più possibile. Vidi una cosa un po’ preoccupante: c’era un signore ammanettato, un asiatico sempre distaccato dal gruppo e in compagnia della moglie, che in quel momento gli stava medicando il polso. Sembrava non cavarsela molto bene e mi avvicinai a lui con una bottiglia in mano. Lui, dopo aver detto qualche strana parola nella sua lingua, la prese con diffidenza.
“Che brutto carattere che ha quello lì.”, dissi all’uomo che incrociai dopo. Doveva essere il padre di quel ragazzino con il cane.
“Non dirlo a me, ha cercato di picchiarmi e ancora non so perché.”
Mi venne da ridere, poi gli porsi l’acqua. L’ultima bottiglia la detti ad una biondina, che mi disse di chiamarsi Shannon e di essere lì con il fratello Boone, un seccatore rompiballe.
“Stai attenta agli eritemi solari.”, le dissi, mentre le davo la sua parte di acqua.Lei non sembrò gradire affatto il mio suggerimento e tornò a prendere il sole.
Mi sedetti a qualche metro da lei, stremata dalla fatica e con una spalla dolorante per il peso della borsa. Mi asciugai il sudore con la mano e mi distesi a braccia aperte, cercando di calmare il fiatone che mi era venuto. Mi addormentai per un po’ al tepore del sole equatoriale e, quando mi risvegliai, gli altri stavano raccogliendo le loro cose: in diversi si erano decisi a lasciare la spiaggia ma altrettanti erano convinti che rimanere sulla spiaggia fosse meglio.
Io pesai le due cose e decisi ancora una volta di seguire gli altri nella foresta. Lì avrei scoperto più cose su quello che mi stava accadendo. Mentre camminavo con gli altri nella giungla, conobbi Hurley, un ragazzone da cuore d’oro, si vedeva da lontano.
“Dell’Italia adoro tutto, davvero, la pizza, la pasta…”, mi diceva .
“Non lo avrei detto.”, dissi io ironicamente.
“Dici?”, rispose lui, capendo che non avevo di certo voluto offenderlo con la mia battuta, “Che cosa ci facevi a Sidney?”
“Ero andata a trovare mio cugino che abita lì. Pensavo addirittura di trasferirmi da lui!”
“Mi è sempre piaciuta l’Australia… ecco, siamo arrivati. Che faticaccia!”
“Non dirlo a me.”, risposi.


La vita alle caverne era più facile: l’acqua era a portata di mano, il cibo pure e le piante ci coprivano dal sole cocente che batteva ventiquattro ore su ventiquattro. Quando pioveva, potevamo ripararci dentro le caverne e, benché l’umidità fosse molto alta, non si stava poi così male.
Mi piaceva esplorare la foresta intorno a me, anche se avevo paura di quella cosa invisibile… e del mio stomaco. Quando mi prendevano le fitte, non riuscivo più a muovermi. Andavo in cerca di frutta, legna da bruciare e di ogni qualcosa ci potesse tornare utile
Dovevo sistemare le cose con Charlie: mi ignorava ogni volta che gli passavo accanto e non mi rispondeva quando gli facevo qualche domanda. Alla fine, decisi che dovevo affrontarlo e chiedergli scusa.
Se ne stava seduto su un tronco, cercando di suonare la sua chitarra, ma quello che usciva non si poteva di certo definire una canzone.
“Come va?”, gli chiesi, sedendomi a terra di fronte a lui, che ovviamente non rispose.
“Senti… capisco di averti offeso, ma non puoi portarmi rancore per sempre.”
Ancora una volta, scena muta.
“Ho sbagliato e lo ammetto… ma ne uscirai. Credimi.”
Lui smise di suonare e mi parlò.
“La cosa che mi fa più incazzare… è che lo hai detto a Locke. Non vi fate mai gli affari vostri, vero?”
“Guarda che io non ne ho parlato con nessuno.”
“Ah no? Allora come faceva a saperlo lui? Gli ho dovuto dare la mia droga in cambio di questa!”, fece lui, sempre più alterato.
“Charlie, calmati, io non sono responsabile dei tuoi problemi!”
“Ma se avessi tenuto la bocca chiusa, non sarei in questo stato!”
“Prima o poi sarebbe finita! Te ne rendi conto? Sei in astinenza!”
“Vaffanculo!”, mi gridò in faccia. In quel momento provai una paura tremenda: il suo cervello era ossessionato dalla droga e avrebbe fatto qualsiasi cosa… mi allontanai velocemente e lo lasciai di nuovo solo. Tornai dagli altri e mi adoperai per dare una mano nel trasferimento. Dopo un po’ arrivò anche Charlie, ma questa volta fui io a ignorarlo, ancora scossa per la sua reazione.
Eravamo un bel gruppetto: nella giungla ci avevano raggiunto i due asiatici, Walt e suo padre insieme al cane, Boone il fratello della biondina e altre persone di cui non conoscevo il nome. Mentre ero tutta indaffarata per sistemare la nostra nuova casa, sentii Charlie urlare da dentro la caverna.
Lo stomaco si contorse e caddi a terra boccheggiando, mentre sentivo il rumore di una frana riempirmi il cervello. Annaspando tra la polvere riuscii ad alzarmi con molta fatica. Hurley, vedendomi in quello stato, venne a sorreggermi ma lo pregai di lasciarmi per andare a controllare la situazione.
 “Mettimi a sedere su quel tronco, ti prego.”, gli dissi, mentre la pancia continuava a darmi dolore.
“Certo, certo…”
“Jack è rimasto dentro, aiutate lui non me.”, gli dissi.
“Charlie era con lui, sono rimasti entrambi sotto i massi.”
“No, lui no. E’ Jack quello che va aiutato, Charlie sta bene.”, dissi, tra una fitta e un’altra.
Infatti, qualche secondo dopo lui sbucò dalla polvere. Hurley mi guardò con gli occhi spalancati.
“Come facevi a…”
“Saperlo? Non lo so. Forza, vai ad aiutare gli altri a togliere i massi. Io mio occupo di Charlie e che non combini altri guai.”
Hurley partì come un razzo verso la frana, dove già gli altri stavano scavando. Charlie barcollò verso di me e, per poco, non cadde a terra. Il dolore era sparito e mi alzai per aiutarlo
“Dobbiamo avvertire gli altri.”, disse.
“Ci penso io, tu cerca di riprenderti in fretta dallo shock.”
“Jack! Jack è rimasto chiuso nella caverna!”
“Sta bene, sta bene. Ne uscirà vivo.”
“E’ tutta colpa mia.”
“No, smetti di piangerti addosso e vieni con me. Dobbiamo andare da Locke e dagli altri sulla spiaggia, ci servirà il loro aiuto per scavare.”
“Sono di certo più veloce di te a correre. Ci penso io ad avvertire tutti gli altri. Tu pensa a dare una mano a loro.”
Non ci fu modo di distoglierlo da quell’idea, così mi dovetti rassegnare ad unirmi al gruppo. Dopo qualche tempo le mie braccia erano completamente andate, non le sentivo più ma non potevo tirarmi indietro. Mi riposai solo un attimo per bere e riprendere fiato, poi tornai agli scavi. Michael, il padre di Walt, sapeva dove e come farlo, così seguimmo tutti perfettamente le sue istruzioni, per evitare che la frana coinvolgesse anche noi.
Mentre scavavo, mi venne da pensare alla mia situazione: ogni volta che la pancia mi doleva, succedeva qualcosa: quei rumori nella foresta, Jack che trovava l’acqua, la frana… i dolori si accompagnavano con delle certezze: Jack era vivo, sotto alle macerie, e ne sarebbe uscito, ma non grazie a noi…
“Gente, non credo che arriveremo a qualcosa continuando a scavare.”, dissi, ma gli altri non mi ascoltavano, erano troppo concentrati.
“Jack è vivo, sta bene, ma non… verrà fuori in questo modo.”
“Invece di parlare dacci una mano. Come credi che uscirà da lì altrimenti?”, brontolò Hurley.
“Non lo so ma…”
“Ragazzi, si è aperto un cunicolo… ci serve qualcuno per infilarsi dentro.”, disse Michael.
“Non guardate me!”, disse sarcasticamente Hurley.
“Vado io…”, disse Charlie, che nel frattempo era apparso dietro di noi.


“Fai attenzione…”, continuava a ripetere Michael a Charlie, che si era infilato dentro al buco.
Il rumore di frana ci fece rabbrividire tutti, poi una nuova pioggia di polvere ci fece allontanare dal luogo dello scavo. Era tutto franato di nuovo.
Io mi sedetti stremata a terra e con la faccia rigata dalle lacrime. Ero sicura che Jack sarebbe uscito fuori, ma non in quel modo, non grazie a noi…
“Charlie…”
“Come hai detto, scusa?”, mi chiese Boone, seduto vicino a me.
“Oh no… niente… sono solo un po’ scossa.”
Mi alzai e mi addentrai nella giungla, in cerca di Locke. Lui poteva aiutarmi.
“Ciao.”, dissi, vedendolo alle prese con il suo cinghiale morto, la cena di questa sera.
“Salve. Sto operando, ma non mi dispiace ricevere visite ogni tanto.”, fece lui, facendomi sorridere.
“Alle caverne c’è stato un incidente, lo sai?”
“Si, è venuto Charlie.”, disse lui, continuando a lavorare la carne.
“Adesso anche lui è intrappolato lì dentro.”
Sospirò.
“Sei venuta a chiedermi di aiutarvi?”
“No… gli altri sono capaci da soli…”
“Allora che cosa vuoi?”
“Hai la droga di Charlie, vero?”
Lui rimase in silenzio, sempre indaffarato.
“Te l’ha anche chiesta già due volte. Alla terza gliela ridarai, non è vero?”
“Te ne ha parlato lui?”
“No… lo so e basta.”
“E basta?”
“Si… e basta.”
“Sorpavviverà.”
“Ne sono certa.”
“Sopravvivranno.”
“Non grazie a noi scavatori. Le falene…”
Lui, che non aveva mai alzato gli occhi dalla sua preda, lo fece per la prima volta.
“Sono insetti molto importanti nella catena animale della giungla.”, rispose.
“Soprattutto di questa giungla. Non credi che sia un posto speciale?”
“Si, lo è certamente.”
“Non ti fa paura sapere che prima o poi ci chiederà qualcosa in cambio per tutto questo?”
Lui non rispose.
“Adesso devo tornare dagli altri.”
Mi aveva aiutato più di quanto non pensasse.
   
 
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