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Autore: Maria_Black    14/01/2012    4 recensioni
Oggi, 14 Gennaio, è il compleanno dell'amatissimo lupacchiotto Jacob Black, e io ho pensato di dedicargli questa OS, che ha partecipato al contest "La strada della neve" indetto da Noemix. Spero vi piaccia, tanto quanto è piaciuto a me scriverlo!!!! Buona lettura!!!!
". Insomma: io, un armadio a quattro ante, un uomo alto due metri, grande, grosso e muscoloso che- tanto per non farsi mancare nulla- si riesce a trasformare in un lupo grande quanto un cavallo, quando vuole… beh, io, che mi metto a pensare alla neve? Della semplice neve?! "
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute, Renesmee Cullen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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Questa one-shot ha partecipato al contest "La strada della neve" indetto da Noemix, classificandosi al terzo posto(per non dire ultimo xD)

Autore: Maria
Titolo: Neve che cade…
Prompt: Neve (numero 8)
Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen, Quileutes, nuovo personaggio, un po’ tutti.
Genere: introspettivo, sentimentale, malinconico, romantico, triste.
Raiting:verde.
 
Piccola introduzione: Molto tempo dopo la fine della Saga che ci ha proposto la Meyer, ecco uno stralcio di pensieri di Jacob Black, che a causa della neve, inizia a pensare a tutta la sua vita…
 

Neve che cade…
 
Neve che cade… Anche oggi, la neve sta cadendo.
Non ci posso credere! Mi viene da ridere!
Può sembrare strano quello che ho appena pensato.
Insomma, che c’è di male nel vedere la neve cadere? Siamo in inverno…anzi, tra una settimana è Natale. Non c’è nulla di strano, in questo.
Ma non posso fare a meno di sorridere, ammirando, da fuori la grande vetrata, tanti piccoli fiocchi di neve scendere dal cielo e posarsi a terra.
Perché c’è sempre stata, nei momenti belli e brutti. Più brutti, forse.
E mi sembra incredibile e, contemporaneamente, mi do del deficiente, perché sembro un ragazzino di tredici anni, che è affascinato dalla neve, consapevole del fatto che c’è sempre stata nei momenti più importanti della sua vita. Ma è così e non posso fare a meno di pensarci.
Continua a cadere, mentre tutto intorno a me si muove.
Ecco un altro fiocco che si posa a terra, contribuendo ad arricchire la grande coperta bianca che mano mano si sta stendendo su tutto il paesaggio che vedo da qui.
Neve che cade…
Non è la prima volta che vedo tutto così bianco. Anzi, sono state moltissime le occasioni. Eppure mi fa sempre effetto. A dir la verità mi fa effetto vedere semplicemente la neve cadere e coprire tutto col suo candore.
Ma in fondo siamo nella penisola di Olimpia, è normale che d’inverno ci sia la neve. Sarebbe strano il contrario. Decisamente strano, aggiungerei.
Nessuno lo nota. Nessuno tranne me, che sono in piedi, come un cretino, a guardare i fiocchi bianchi scendere dal cielo.
Qualcuno sta spalando il vialetto. Inutilmente, visto che continua a nevicare. Vedo dei bambini giocare tra di loro, tirarsi delle palle di neve a vicenda e ridere. Proprio come da piccoli avevamo fatto io, Quil ed Embry, davanti a casa mia, alla riserva.
Neve che cade…
Ognuno di noi può vedere la neve come vuole. C’è chi la vede come una semplice scocciatura, c’è chi la vede come un divertimento…insomma credo che nessuno non conosca o non abbia mai partecipato a una bella battaglia a base di palle di neve, no?
Poi ci sono io che, attraverso la neve, ci scorgo piccoli spiragli di ricordi, belli e brutti. Lei, infatti, è stata testimone della mia vita come nessun altro. Sa meglio di chiunque altro, credo, quanto sia riuscito a maturare in questi anni, quanto sono cresciuto, cosa ho provato davvero, cosa ho rischiato… credo sappia molte cose di me. Sa cose che nessun altro conosce, perché è stata testimone, anche quando volevo stare da solo. Lei c’era. Sempre e comunque. E se ne fregava altamente del fatto che volessi stare solo. E io la ignoravo, pensando che,  sì, insomma, cosa può farmi della neve?
Ecco il risultato. Può farti ricordare tutta la vita, anche solo iniziando a cadere, a scendere da quelle nuvole biancastre che lassù, guardano dall’alto tutto ciò che succede.
Lo so che sembra stupido. Insomma: io, un armadio a quattro ante, un uomo alto due metri, grande, grosso e muscoloso che- tanto per non farsi mancare nulla- si riesce a trasformare in un lupo grande quanto un cavallo, quando vuole… beh, io, che mi metto a pensare alla neve? Della semplice neve?!
Sì.
Nessuno si sognerebbe mai una cosa del genere. Neanche i mie fratelli, che riescono a leggermi nel pensiero quando siamo sottoforma di lupo. Neanche loro sanno di questa cosa. Ed è meglio che non lo sappiano, visto che mi farebbero una testa così, iniziando a prendermi in giro…
Neve che cade…
E allora, io inizio a vedere, in quell’acqua cristallizzata, un po’ più fredda del normale, tutti i ricordi che mi rievoca, mentre continua a scendere…
 
La mia nascita.
Di certo non posso rammentarla, ma mi ricordo molto bene le foto che, sparse per casa, vedevano come protagonisti le mie sorelle Rebecca e Rachel, di poco più di cinque anni; i miei genitori, sorridenti; e io, un piccolo bebè di qualche giorno e qualche ora, tutto ben infagottato.
Una in particolare mi è sempre rimasta impressa. Rebecca e Rachel, entrambe con una gonnellina a scacchi, delle calze spesse e bianche, e un maglioncino rosa, erano in piedi, l’una accanto all’altra e sorridevano all’obbiettivo. I miei genitori, in piedi, erano dietro di loro e sorreggevano tra le mani un fagotto di coperte pesanti color blu cielo- non quello di Forks, ovviamente, che è sempre grigio topo- e sorridono anche loro all’obbiettivo, proprio come Rebecca e Rachel. Poi ci sono io, che m’intravedo tra quella montagna di coperte azzurre; mi faccio vedere, tanto quanto basta per far intendere che io ero lì, e per far dire “Ok, lui c’era.”.
Infine, dietro di noi, attraverso i vetri della finestra, come se anche lei facesse parte di quel quadretto familiare, Lei.
La neve. Lei che cade e tinge di bianco il piazzale di fronte casa Black.
Quella è stata sicuramente la prima nevicata che io abbia mai visto.
La prima volta che la neve ha fatto da testimone nella mia vita.
Il primo ricordo che mi rievoca.
Ho iniziato la mia vita con la neve, in pieno inverno, a inizio Gennaio, e dovevo aspettarmelo che ci sarebbe sempre stata, nei momenti più importanti della mia vita.
Eppure ogni volta mi sorprendo sempre. Anche, se ci avrei dovuto aver fatto l’abitudine a questa storia!
 
Neve che cade…
 
E da una cosa tanto bella, subito passo ad un ricordo molto doloroso. Il più doloroso, forse, tra tutti i ricordi che la neve mi può offrire.
E stavolta il ricordo è nitido, vivido dentro di me. Me lo ricordo come se fosse ieri, anche se sono passati tantissimi anni, d’allora.
Da quando le gemelle hanno iniziato a detestare La Push; da quando mio padre ha smesso di vivere davvero; da quando io sono cresciuto tutto in un solo colpo, così, d’improvviso, perché non avevo scelta; da quando Sarah Black non c’è più.
Da quando mia madre è morta.
Mi ricordo che mia madre era andata al supermercato, quel pomeriggio, a comprare un po’ di farina per fare i biscotti che io e le gemelle amavamo mangiare nel periodo pre-natalizio. Era uscita, raccomandandoci di fare i bravi in sua assenza, come era solita fare. Noi avevamo annuito, mentre lei ci sorrideva, sicura che le avremmo disubbidito appena lei avrebbe varcato la soglia di casa.
Salutò mio padre, seduto in poltrona a guardare una delle tante partite di baseball registrate, con un bacio sulle labbra e uscì, mentre si armava di sciarpa, guanti e cappello. La vedemmo entrare in auto e partire, in direzione dell’unico supermercato presente in tutta la riserva.
Quella fu l’ultima volta che vidi Sarah Black.
Se lo avessi saputo, l’avrei abbracciata, fino a farleale; le avrei detto che le volevo bene, che era il mio punto di riferimento; le avrei detto che il suo sorriso, che avevamo ereditato io e le mie sorelle, illuminava tutte le mie giornate; che senza di lei la mia vita sarebbe stata tristissima; che, anche se a volte non la sopportavo, soprattutto quando lo faceva davanti ai miei amici Embry e Quil, in fondo in fondo, mi piaceva quando mi soprannominava “cucciolo”.
Le avrei detto che non avrei mai potuto avere una mamma migliore di lei.
Ma non lo sapevo. Nessuno lo sapeva. Fu tutto improvviso, inaspettato.
Nssuno si aspettava una cosa del genere.
Ricordo ancora quando, una mezz’oretta dopo l’uscita di mia madre, mentre io e le mie sorelle eravamo in salotto a disegnare e a mettere in disordine il salone, tanto per far qualcosa, arrivò una chiamata.
< Becky, vai tu, per favore > fece nostro padre. Rebecca si alzò, tirò su la cornetta e ripose.
< Casa Black, chi parla? > l’uomo ch le rispose dall’altro lato della cornetta la sorprese. < Papà? > lui subito distolse l’attenzione dalla televisione. La voce di Rebecca non anticipava nulla di buono. < È la polizia > disse, tra il confuso e il timoroso. Rachel diventò come Rebecca, timorosa e diffidente, mentre io mi trovai in uno stato confusionale. La polizia? Che voleva?
< Sì? Sono il signore Billy Black > pausa. Pochi attimi dopo mio padre sbiancò, diventando come un lenzuolo- cosa alquanto grave per un Quileutes come lui- e si appoggiò al tavolo con una mano < C-come scusi? > disse, con voce tremolante. Io e le mie sorelle ci scambiammo uno sguardo pieno di panico. Non avevamo mai, e ripeto mai, visto nostro padre in quello stato. E il fatto che nostra madre dopo mezz’ora non fosse più tornata, che non fosse lì a dirci e ripeterci di stare tranquilli, non aiutava certo a tranquillizzarci. < I-io… O-ok, arrivo subito. > e chiuse la telefonata. < Ragazzi, preparatevi, andate a dormire da Harry Clearwater stasera > ci disse, con una voce che ci spaventò a morte. Aveva un tono piatto, morto, senza emozioni. Faceva paura, e noi ci stavamo preoccupando sempre di più.
< Papà, è successo qualcosa? > chiese Rebecca, la nostra “portavoce”. Lui sembrò riprendersi da una specie di stato di trance e rispose.
< No, Becky, no. Rach, Jake, Becky andate a prepararvi. State tranquilli, davvero. Non è successo nulla > continuò a ripeterci, nel modo più convincente che gli riuscisse. Ma noi non ci facevamo abbindolare così facilmente. Anzi, alle sue parole, andammo ancora di più nel panico.
Facemmo comunque come ci aveva detto, tutto nel più completo silenzio. Quando uscimmo, ad aspettarci c’era la neve.
La neve.
Lei, unica testimone dell’incidente che portò alla scomparsa di Sarah Black, quel pomeriggio.
 
Neve che cade…
 
E c’era anche quando lo seppi. Avevamo dormito a casa dei Clearwater, dopo aver visto nostro padre e Harry uscire da casa. Sue ci aveva trattati come suoi figli e ci aveva sistemato in salotto, nei due divani letto che avevano. Non dormimmo molto. Nessuno dei tre dormì per niente, a dire il vero. Eravamo ancora troppo agitati, nervosi e preoccupati per dormire. Ma nessuno di noi osava parlare. Mentre, dalla finestra, vedevo la neve scendere.
Quella mattina, nostro padre ci aveva portato a casa e ci aveva fatto sedere in salotto, sul divano. Uno accanto all’altro, come se fossimo ad un patibolo. Lui, aveva preso una sedia e si era messo di fronte a noi. Non osava guardarci negli occhi, mentre si sfogava sulle sue mani, muovendole nervosamente. Era ancora pallido come un lenzuolo.
Tutti e tre lo notammo, questo era sicuro.
< Ma mamma dov’è? > esordì Rachel, stanca di quel silenzio che durava ormai da una decina buona di minuti. Mio padre alzò di scatto la testa, mentre con le lacrime agli occhi, ci osservava uno per uno, studiandoci. Andai nel panico più totale, e così anche le mie sorelle. Nostra madre non c’era, nostro padre piangeva…che cosa era successo?
< Che è successo alla mamma? > esclamò Rebecca, con voce stridula, mentre anche a lei le si riempivano gli occhi di lacrime. Mio padre non ebbe la forza di rispondere, mentre anche io e Rachel iniziavamo a capire cosa fosse successo.
No. Non era possibile. Non ci potevo credere. Non poteva essere successo davvero.
< M-mi dispiace…rag-gazzi, davver-ro, i-io…mam-m…l-la mamma n-non c…i-il ghiac-cio…e-e p-poi…la mac-chi…la mac-china…n-non ha-a r-ret-to.. mam-ma…n-non c-c’è…n-non c’è… > non riuscì a dircelo. 
< È morta la mamma… > sussurrò Rachel, al posto di nostro padre, mentre le lacrime iniziavano a scorrerle lungo le guance. Mia sorella Rebecca scoppiò in un pianto doloroso, singhiozzando senza ritegno. Io, non potei fare a meno di imitarla, mentre nostro padre si avvicinava al divano e ci cingeva in un solo abbraccio, come per proteggerci da qualcosa di troppo grande per noi. Qualcosa che non meritavamo. Qualcosa che non eravamo ancora pronti a sapere. Qualcosa che non doveva succedere.
Qualcosa chiamato “Dolore”, quello con la “d” maiuscola.
E anche se nostro padre ci abbracciò, il Dolore arrivò lo stesso, e mi travolse con una sola ondata, spazzando via tutta la mia ingenuità, la mia inconsapevolezza, il mio essere bambino e piccolo, la mia infanzia.
Proprio come un fiume in piena, che distrugge e porta via con sé tutto quello che trova sulla sua strada, così il Dolore portò via tutta ciò che era la mia vita, in un attimo. Con una notizia.
La notizia più dolorosa che la mia vita mi offrì.
 
Neve che cade…
 
La prima volta che andai a vedere la tomba di mia madre, dopo il funerale, c’era anche lei. Lì, che ricopriva tutto col suo candore. Ci aveva accompagnato papà. Io tenevo in mano un tulipano rosso, il fiore preferito di mia madre. Anche mia sorella Rachel e mia sorella Rebecca ne tenevano uno in mano. Guardavamo la lapide, in silenzio, mentre la neve scendeva e bagnava i nostri giubbotti.
 

Sarah Black
n 15-07-1962/m 16-12-1999
 

E accanto una sua foto, sorridente. Pelle scura, occhi neri come il carbone, un sorriso luminosissimo, tanto da sembrare quasi vero, addirittura in foto. Mio padre, dietro di noi, ci avvolgeva con le braccia, mentre anche lui, fissava quella lapide, cercando di trovare una ragione o il perché fosse accaduto quello che era successo pochi giorni prima. Tanti mazzi di fiori vicino la tomba di mia madre.
La tomba di mia madre. Era così brutto dirlo a se stessi. E nuove lacrime sgorgarono dai miei occhi. Mia sorella mi abbracciò, ma non poté fare a meno di imitarmi, mentre anche Rachel e mio padre si univano a noi, sia nell’abbraccio che nel dolore e nelle lacrime.
 
Neve che cade…
 
Anche se quasi inesistente, anche se poca, c’era anche quando per la prima volta scoprii la verità sulle mie origini, sulla tribù e, soprattutto, sulle leggende. Era una neve che si scioglieva non appena toccata il suolo, ma c’era.
Quando per la prima volta sentii avvamparmi dentro un calore insopportabile, un fuoco che cresceva sempre di più, che mi stava facendo sudare…e con il fuoco, cresceva anche la rabbia verso qualcosa di non preciso. Mi sentivo confuso, arrabbiato e non sapevo neanche io nemmeno per cosa, quando per la prima volta mi sentii esplodere.
Quando per la prima volta mi trasformai in un lupo dal pelo rossiccio.
C’era anche lì, quando non sapevo cosa fare, quando avevo tentato di aggredire mio padre, quando mi sembrava di impazzire, perché no, non era possibile quello che mi stava accadendo.
 
Neve che cade…
 
E c’era anche l’anno dopo, mentre riscaldavo Bells dal freddo, in quella tenda, su quella montagna, mentre i miei fratelli e tutti i Cullen si preparavano alla battaglia. Mi ricordo ancora i battibecchi tra me e il succhiasangue, Edward, sul fatto che Bella potesse avere o meno bisogno dei miei quarantadue gradi. E alla fine, avevo avuto la meglio ed ero riuscito a convincerlo. Bells, anche se all’inizio si rifiutava, mi ricordo, si era subito accucciata contro di me, per riscaldarsi.
Insomma, era congelata! La sua temperatura era più simile a quella del succhiasangue già sopra nominato, che a quella di un normale essere umano!!!
Poi, ovviamente, ne avevo approfittato per illudermi e fantasticare con la mente.
Poi…anche se non scendeva più, la neve c’era anche quando, sempre su quella montagna, io e Bella ci baciammo. Il nostro unico vero bacio, voluto da entrambi. Bellissimo. Credo che mi abbia fatto tanto bene, quanto male.
Quanto l’amavo! Avrei fatto di tutto per lei. E infatti lo feci. Andai in battaglia e provai a uccidere più vampiri possibili per salvarla.
C’era neve dappertutto, mentre staccavo arti e teste a tutti i vampiri che incontravo.  Mi concentri sulla battaglia, che vincemmo, ignorando la presenza della neve che ci circondava. Vincemmo, sì, anche se io ero un po’ mal ridotto.
 Ma se volevo fare la parte dell’eroe dovevo almeno farmi male, no?!
 
Neve che cade…
 
Cadeva anche l’anno dopo, mentre fremevo nel vedere la mia migliore amica e la mia unica ragione di vita, dover affrontare quegli stupidi succhiasangue italiani.
I Volturi, si chiamavano.
Non m’importava proprio un bel niente. Lei, la mia vita, la luce dei miei occhi, una trasgressione alle regole? Lei, qualcosa da dover uccidere? Qualcosa? Uccidere?
Non avevano capito come stavano le cose, no. Non avevano capito che io e i miei fratelli avremmo lottato fino alla morte pur di salvare lei.
La Mia Nessie.
Era piccolina, ma sicuramente molto più grande di qualsiasi altra bimba di pochi mesi come lei. Dimostrava quasi un anno, nonostante fosse nata solo poche settimane prima.
Ed era bellissima. Non potei privarmi di quel pensiero, nonostante ci fosse una minaccia così grande sopra di noi, e soprattutto sopra di lei.
Tra le braccia di sua madre, la mia migliore amica Bells, guardava con diffidenza i Volturi, e, ogni tanto, lanciava occhiate a me e i miei fratelli. E io ogni volta le ricambiavo. Perché non staccavo mai gli occhi dalla sua figura. Spostai lo sguardo solo quando si fece avanti Bella, lasciando Nessie a Edward.
Solo allora puntai il mio sguardo altrove, più precisamente sulla figura di Bella, quella vampira neonata, dai capelli ormai corvini e gli occhi color miele.
 Che paura che ho avuto! Tanta rabbia e paura come non ne ho mai avuta in vita mia!!!!!!
La paura di perdere la mia Nessie, e tanta rabbia contro quei approfittatori di potere, con quei succhiasangue del…lasciamo perdere!
Mai avuta così tanta paura! Mi ricordo che Seth, Leah, Embry e Quil, gli unici componenti del mio branco oltre a me, mi tranquillizzavano con parole rassicuranti.
Ma sentivo Quil tentennare, perché sapeva che quello che mi voleva dire non mi avrebbe scalfito affatto. Insomma, era l’unico oltre a me che avesse avuto l’imprinting e poteva capirmi. Immaginare la sua Claire al patibolo solo per essere nata…ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci!
Perché, potete toccarmi tutto, togliermi tutto, ma non vi azzardate a avvicinarvi a Nessie!
 
Neve che cade…
 
Sì, cadeva anche quando, per la prima volta, posai le mie labbra su quelle della mia Nessie.
Era la vigilia di Natale, sei anni dopo la sua nascita. Eravamo come al solito a casa Swan-Clearwater,come ogni anno. Umani, licantropi e vampiri tutti riuniti per la festa più attesa dell’anno. I Cullen erano appartati e guardavano noi umani, licantropi con l’aggiunta di Nessie, mangiare e sbafarci ogni sorta di cibo appoggiato sulla tavola in salotto. Chiacchieravamo tutti tra di noi, senza distinzioni tra le tre specie. Solo noi. Semplici esseri.
Certo, non viventi perché i vampiri… E non umani perché noi licantropi… Ma sicuramente tutti esseri.
Proprio mentre stavo litigando con Paul per l’ultimo sandwich al tonno rimasto nel vassoio, mi sentii chiamare dalla mia Nessie.
< Puoi venire un attimo con me? > mi aveva detto. E come potevo dire di no a quella fantastica creatura?!
< Certo > le avevo risposto e avevo lasciato a Paul il suo tanto desiderato sandwich. Mi aveva preso per mano, fatto alzare e guidato fino all’uscita di casa Swan-Clearwater. Sembrava che nessuno si fosse accorto della nostra uscita, tutti troppo impegnati a mangiare o parlare tra di loro di chissà cosa. Fuori, davanti la piccola villetta di Charlie e Sue, tutto era bianco a candido, qualcosa che solo la neve può creare.
Pensai che se Edward non aveva notato la nostra uscita, significava che la mia migliore amica Bells doveva aver coperto me e Nessie col suo scudo. Ancora mano nella mano, mi guidò fino a farmi arrivare al limitare col bosco, davanti casa Swan. Si voltò ed ebbi l’ennesimo colpo al cuore nel vederla.
Occhi color cioccolato, dove spesso mi ero immerso fino a perdere la concezione del tempo; cappelli ramati, che a boccoli le cadevano lungo tutta la schiena; pelle diafana, che risplendeva in quel paesaggio; labbra rosse e sottili, che tanto desideravo poter baciare, ma che mi ero imposto di toccare solo quando anche lei l’avesse voluto; fisico snello e alto, anche se non abbastanza da potermi guardare negli occhi senza mettersi sulle punte; forme al punto giusto, che mi avevano tentato più di una volta, ma che per il suo bene avevo ignorato malvolentieri.
Era bellissima. Non potei privarmi di quel pensiero.
< Jake, volevo darti qui il mio regalo di Natale. Spero ti piacerà. > disse, mentre abbassava lo sguardo leggermente imbarazzata.
< Ok. A disposizione > feci io scherzosamente, nell’intento di metterla a proprio agio. Lei si rilassò e mi sorrise. Dio mio, quanto era bella!!!!
< Chiudi gli occhi > fece lei. Li chiusi. Poi, quello che successe, fu tutta una serie di emozioni straordinarie. Sentii il suo calore e il suo fiato caldo farsi sempre più vicino a me, e il suo cuore battere sempre più velocemente. Sentii le sue mani appoggiarsi delicatamente sul mio petto mentre, in punta di piedi, avvicinava il suo viso al mio. Pochi attimi e sentii qualcosa di morbido appoggiarsi sulle mie labbra e muoversi con esse.
Mentre sentivo una totale felicità scoppiarmi dentro, cinsi la vita della mia piccola Nessie con le braccia, mentre le portava le sue mani dietro la mia nuca. Muovevamo insieme le labbra, dolcemente, delicatamente.
Fu un bacio bellissimo. Dolce, delicato, unico,meraviglioso, straordinario.
Non credo ci siano aggettivi abbastanza superlativi per descriverlo.
Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi furono gli occhi color cioccolato della mia Nessie, che esprimevano felicità da tutti i pori. Poi, trovai il suo sorriso, sicuramente il riflesso del mio, che sentivo affiorare sulle mie labbra.
Fu mentre contemplavo gli occhi della mia Nessie, che mi accorsi che aveva iniziato a nevicare, perché proprio tra i suoi capelli, si incastrò un piccolo fiocco di neve, a cui ne seguirono tanti altri.
 
Neve che cade…
 
< Puoi. Stare. Un. Po’. Calmo? Te lo chiedo per favore, Jacob! > esclamò Jasper, lo zio di Nessie, mentre entrava nella stanza.
< Come posso stare tranquillo, la mattina del mio matrimonio? Me lo spieghi? Te ne sarei molto grato, grazie, Jasper. > feci io, con una voce che non mi apparteneva. Nervoso era un temine altamente riduttivo per descrivermi. Ero fuori di testa. Non riuscivo a respirare normalmente, o a far battere nella mia cassa toracica in modo decente il mio cuore. Non ne voleva proprio sapere.
< Jake, calmati > fece Bells… la mia testimone. Mi sembrava giusto ricambiare il favore; e poi, chi poteva essere la mia testimone se non lei?
< Ha ragione Bella. Datti una calmata! > esclamò Seth. Mi faceva ancora abbastanza strano vederlo vestito come un pinguino. Ecco l’altro. Era lui il mio testimone di nozze, insieme a Bells.
< Ok, ok. Bells, eri calma quando ti sei sposata? > le chiesi, sicuro della risposta. Lei abbassò lo sguardo, colta nel suo punto debole. < Ecco! Mi dici perché dovrei esserlo io??? > esclamai.
< Jacob! > fece Billy entrando nella stanza. < Edward mi ha detto che devi iniziare ad andare > e poi mi fece un cenno verso l’esterno. Ecco, era arrivato il momento. 
 
Neve che cade…
 
Sì, infatti il giorno del mio matrimonio nevicava. Il cielo era grigio, quasi bianco. Con i Cullen una giornata di sole non era proprio immaginabile. Arrivai all’altare allestito nel giardino di fronte la grande villa dei vampiri accompagnato da Bella e Seth, che mi tranquillizzavano ogni cinque secondi.
E mentre aspettavo l’arrivo della mia Nessie, mi guardai intorno: era tutto bianco.
La neve aveva reso tutto bianco, per l’esattezza. Sorrisi, mentre mi perdevo anche allora tra i ricordi che mi rievoca.
Mi destai dal fiume dei miei pensieri solo quando sentii la marcia nuziale partire e vidi Nessie iniziare a percorrere la navata.
Era bellissima. Anzi, no, bellissima era un eufemismo.
L’abito bianco le calzava a pennello, i capelli erano acconciati alla perfezione, il trucco era leggero e la faceva sembrare la solita Nessie, anche se molto più bella del normale.
C’era solo lei. Nient’altro.
< Vuoi tu, Jacob Black, prendere come tua sposa Rensmee Carlie Cullen? >
< Sì, lo voglio > le dissi, guardandola negli occhi. Mi sorrise, mentre le si riempivano quelle due perle color cioccolato, di lacrime di felicità.
< E vuoi tu, Renesmee Carlie Cullen, prendere come tuo sposo, Jacob Black? >
< Sì, lo voglio > disse lei, con le lacrime agli occhi e un sorriso bellissimo disegnato sulle sue labbra rosse.
Ci baciammo, per suggellare quel momento magico, che entrambi portiamo ancora dentro il cuore e che non dimenticheremo mai, mentre piccoli fiocchi di acqua cristallizzata iniziavano a scendere dalle nuvole biancastre che da lassù avevano assistito a tutta la cerimonia.
 
Neve che cade…
 
< Oh mio Dio, Nessie!!!!! > esclamai, fiondandomi nella camera da cui provenivano le urla. Trovai la mia Nessie distesa su un tavolo, dove molti anni prima avevo visto Bella, che si contorceva dal dolore e urlava a perdifiato. < Oh mio Dio, tesoro, respira! > esclamai. Cercò subito il mio sguardo, mentre io trovavo il suo. Mi prese la mano e iniziò a urlare, stringendo sempre di più le mie dita tra le sue.
< Nessie, spingi! > esclamò Carlisle. Dopo aver preso un bel respiro, Nessie urlò e spinse, seguendo il più possibile il consiglio del nonno.
< Vai, Nessie, vai! Dai, tesoro che ce la fai! > feci io, continuando a guardare ad intermittenza Carlisle e Nessie.
< Ecco! Ecco il primo! > esclamò Carlisle, avvicinandosi con in mano un piccolo esserino dalla pelle color ruggine.
Era la mia fotocopia. Identico in tutto e per tutto me. Nessie puntò lo sguardo come me su nostro figlio.
Nostro figlio.
< Nessie! Nessie, adesso concentrati! Devi far uscire anche l’altro! > e neanche aveva finito di parlare che Nessie ricominciò ad urlare. Passai il piccolo nelle braccia fredde di Edward, mentre Bella si avvicinava con un asciugamano ad Edward per occuparsi del piccolo. Io mi concentrai su Nessie, che urlava e spingeva.
< Dai, Nessie, dai! >
< Ah!!!!!!!!! > urlò Nessie.
esclamò Carlisle, mentre, sorridendo, mi porgeva un secondo esserino. Aveva la pelle che era un misto tra la mia e quella di Nessie e, aprendo gli occhi, mi accorsi che aveva gli occhi di un verde intenso, accecante. Da chi li aveva presi?
< Da me > fece Edward avvicinandosi con l’altro piccolo in mano. Lo presi e porsi entrambi a Nessie che, sfinita, guardava me e i piccoli con una strana luce negli occhi. Quando vidi i piccoli tra le braccia della mia Nessie, non potei privarmi di un pensiero: “ Questa è la mia famiglia”, e sorrisi.
Fuori, non potei non notare lei, che scendeva e copriva tutto col suo candore.
La neve, che da fuori, guardava la mia famiglia.
Jacob Black, Renesmee Carlie Cullen Black, Sarah Marie Black, Billy Edward Black.
Per la prima volta, insieme.
Una famiglia.
La famiglia Black.
 
Neve che cade…
 
< Ehi?! > fa Nessie, avvicinandosi a me e appoggiandomi una mano sulla spalla.
< Sì? > mi volto e le circondo la vita con la braccia.
< A cosa stavi pensando? > chiede lei, facendo un cenno della testa verso la grande vetrata di casa Cullen, dove fino a un minuto prima avevo lo sguardo perso nei ricordi della mia vita.
< Al fatto che c’è la neve, come tante altre volte è successo. Come al nostro matrimonio, per esempio. E c’è anche oggi, al matrimonio di Billy. > faccio io, guardandola negli occhi e immergendomi in quel cioccolato che amo tanto, e che ho sempre amato.
< Già > e sorride.
< Papà! > esclama Billy. E per la prima volta vedo mio figlio vestito come un damerino di alta classe.
< Wow… stai bene vestito come un pinguino! >
< Guarda che tu stai messo come me! > mi rinfaccia, da vero “Black”.
< È vero. Ma è vero anche che io mi sono vestito con lo smoking anche altre volte, mentre tu no! >
< Papàààààà!!!!!! >
< Dai, Jake, non lo far innervosire ancora di più! > esclama la mia Nessie.
< Sì, ok, ok. D’accordo, sto zitto. >
< Billy > si affaccia Seth, che cinge la vita alla sua Sarah. La mia piccola Sarah. < Là fuori è tutto pronto. Tocca a te, e poi a Grace > Billy annuisce, mentre vedo Miriam avvicinarsi.
< Papà, io e Zack andiamo a sederci. Venite con noi >
< Certo, piccola . Arriviamo >
Così io, mia moglie, la mia terza figlia e il suo fidanzato-figlio di Sam ed Emily che ha avuto l’imprinting con lei- ci dirigiamo verso i banchi, allestiti fuori il giardino di casa Cullen.
Mentre vedo la neve che continua a imbiancare tutto, scendendo da quelle nuvole biancastre che da lassù vedono tutto quello che accade quaggiù.
 
Neve che cade…
~                                         ~                                                ~                                                      ~
                                                                                                                                     c                                                             Ciao a tuttiCiao
 Ciao a tutti!!!!
Allora, oggi, rendendomi conto che è il ventiduesimo compleanno del nostro amatissimo lupacchiotto Jacob Black, ho pensato di postare questa OS che da un po' volevo mettere qui su efp; ma non avevo mai il tempo per farlo e quindi la storia è andata per le lunghe.
In sintesi, con questa OS voglio augurare tanti auguri a questo personaggio che adoro!!!!!!!
Se passate per di qua, e vi piace la mia os, o vi fa schifo, o pensate che sarebbe meglio buttarla nel cestino del mio PC... insomma, qualunque sia il vostro parere, fatemelo sapere!!!!;-)
Ciao e un bacio

Maria_Black

   
 
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