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Autore: Alessia_Way    16/01/2012    2 recensioni
Altra piccola one-shot sul film Breaking Dawn - Part 1! Momento del pre e dopo parto, fino a un certo limite del film.
E' scritta sul punto di vista di Edward, su ciò che pensa e cosa prova.
Spero sia di vostro gradimento ;) Perchè, sinceramente, ho fatto di tutto per calarmi nella sua parte, in un ceto caso.
E' dal FILM, non dal LIBRO, ci tengo a ripeterlo ;)
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Rosalie Hale, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Non so neanch'io da dove mi viene tutta questa ispirazione!! Neanche il tempo di finire una FF che mi cimento a scrivere due One-Shot (Due intendo dire questa e una che ho scritto da poco che si chiama "Uccidimi!")
Allora, ci tengo a dire che questa OS è sul film "The Twilight Saga - Breaking Dawn - Part 1". Perla del momento del pre e dopo parto, ma finisce in un punto beh preciso, che poi scoprirete. E' scritta dal punto di vista di Edward, perciò potete leggere ciò che pensa e ciò che prova.
Spero vi piaccia come è scritta perchè, cimentarsi in un personaggio, nella quale nel libro del film non c'è un suo Pov, è un pò difficile xD Ma io ci ho provato, ed ecco il risultato :D
Perciò, buona lettura a tutti e ci sentiamo presto ;)
Bacioni :*




Ti salverò, amore mio!
“Noi andiamo, Edward. Mi raccomando… se succede qualcosa, non esitate a telefonare”, mi avvisa Carlisle serio, quando accompagno lui, Emmett e Esme alla porta.
“Saremo di ritorno il prima possibile”, aggiunge Esme.
“Non preoccupatevi. Andate adesso. Jacob vi lascerà andare”, li tranquillizzo e, dopo aver annuito, li lascio uscire.
Li vedo allontanarsi a velocità disumana, poi mi dirigo verso il piano superiore, da Bella.
“Sono andati via?”, chiede lei, appena mi vede. La sua voce è leggermente più chiara e forte del solito. Finalmente è ritornata la mia Bella di una volta, almeno un po’, ma era sempre lei.
“Si, sono appena andati via. Come ti senti?”, rispondo con un’altra domanda. Mi metto vicino a lei, seduta su una poltrona, mi inginocchio per terra, le prendo una mano, fragile e sottile, e la stringo delicatamente fra le mie.
“Bene”, risponde sorridendomi e poggia la sua mano libera sul suo pancione enorme e comincia ad accarezzarlo.
Istintivamente, porto una mano sul suo ventre e comincio  a massaggiarlo anch’io, felice.
Mi faceva tenerezza quel gesto, adesso. Era più facile comportarmi in quel modo.
Avevo finalmente cominciato ad amare colui che poco tempo prima chiamavo mostro, ma che adesso chiamavo figlio. Non mi sembrava possibile che noi vampiri potessimo procreare ma quando l’ho scoperto da un lato ero totalmente sorpreso e incredulo allo stesso tempo. Dall’altro, invece, ero arrabbiato con me stesso e spaventato all’idea che potessi perdere per sempre il mio unico amore. Volevo che quel mostro fosse eliminato dal suo corpo, per poterla salvare, ma lei lo aveva proibito a chiunque, pensino a Carlisle. Mi aveva detto che avrebbe vissuto, che era forte e capace di continuare. Le avevo dato ascolto e, quando ho cominciato a sentire i pensieri del bambino, tutto il mio odio per quella creatura si era tramutato in tenerezza e amore.
Per la prima volta, in cento anni, avevo capito l’essenza di diventare padre, ed era una cosa stupenda e meravigliosa.
“Sai, ho già pensato a qualche nome”, mi avvisa lei tutta trionfante.
“Davvero?”.
“Si. Se è un maschio avevo in mente EJ. Non so se sembra troppo strano”.
La guardo confusa, senza capire il significato del nome.
“Edward Jacob”, si corregge ed io rido.
Bella mi rivolge un grosso sorriso poi sento Rosalie e Alice che ci raggiungono.
“Allora, come stai?”, chiede Alice a Bella.
“Sto meglio adesso, grazie”, risponde lei sempre sorridente.
Come sono teneri, i pensieri dolci di Alice mi arrivano inaspettatamente e non posso non sorridere.
All’improvviso sento dei rumori in lontananza. Degli ululati arrabbiati.
Mi stacco velocemente da Bella e vado a guardare alla finestra, lasciandole parlare.
Purtroppo non vedo nulla perché nelle vicinanze non c’è nessun lupo ma riesco a percepire solo degli ululati lontani.
“Hai pensato ad un nome, Bella?”, chiede amorevolmente Rose.
“Si, ci ho pensato. EJ, ovvero Edward Jacob, se fosse un maschietto”, risponde lei.
“Non è meglio qualcosa di più tradizionale?”, chiede un po’ disgustata Rosalie.
Solo questo riesco a sentire perché scendo giù a raggiungere Jacob, che è appena arrivato.
“Grazie”, dico io, appena lo raggiungo.
“Sono passati tutti?”, chiede.
“Si”.
“Bene”.
Jacob raggiunge l’altra stanza, scansandomi di poco, e io lo seguo.
Quando Bella nota la sua presenza, le ragazze l’aiutano ad alzarsi. È ancora debole e il peso del pancione non le permette di muoversi come dovrebbe.
“Ciao”, lo saluta, accarezzando ancora la pancia, “Stai bene?”.
“Si, non sono io che porto dentro un demone”, risponde lui sarcastico.
“È una cosa molto importante. Perché non dici a Jacob cosa avete deciso”, inizia col dire Rosalie.
“Ch-che c’è adesso?”, chiede spaventato Jacob guardandomi.
“Rose vuole convincere Bella a cambiare i nomi del bambino”, rispondo.
“Non le piacciono”, constata Bella.
“A me piacciono, qualunque nome tu abbia scelto”, risponde Jacob.
“Non sono così brutti! Se fosse un maschio EJ, Edward Jacob”, ammette Bella guardandomi e non posso fare a meno di sorridere l’ennesima volta.
“Ok, d’accordo, non è tanto orrendo. Se è femmina invece qual è il nome?”, chiede Rose curiosa.
“Stavo giocando con i nomi delle nostre madri, Renèe e Esme, perciò pensavo… Renesmee”, continua Bella titubante.
“R-renesmee”, ripete balbettando in modo confuso Jacob facendomi ridere.
“Troppo strano?”, chiede lei.
Interrompo Jacob che stava per rispondere, “No, non è troppo strano. È bellissimo, ed è unico, senz’altro adatto alla situazione. Mi piace Renesmee”, spiego e lei mi sorride.
Vedo Rose che le allunga il bicchiere con il sangue e aspetta che lo prenda.
“A lui piace”, sussurra e Rose alza gli occhi al cielo. Bella allunga una mano verso il bicchiere ma Rose lo lascia nello stesso momento. Il bicchiere cade e Bella si sporge per prenderlo ma lì succede la tragedia: la schiena di Bella si piega in modo disumano, facendole lanciare un urlo di dolore, il bicchiere cade e si rompe sul pavimento. Tutto accade velocemente, tantoché Rose e Alice non riescono a trattenere Bella mentre le sue ginocchia sbattono a terra e la fanno cadere a terra. La raggiungo velocemente, impedendole di farle sbattere la testa.
Capisco che è ora, perciò tutti ci preoccupiamo di salire al piano superiore, nello studio di mio padre, e la poggiamo su una barella.
Jacob mi aiuta a spogliarla, mentre Alice cerca disperatamente di chiamare Carlisle. Rose ed io pensiamo a Bella.
“Rosalie la morfina”, le ordino.
“Carlisle ha detto che la placenta si è staccata”, ci avvisa Alice e, dopo aver lanciato un veloce sguardo a Bella, che in quel momento era tutta sudata e dolorante, infilzo l’ago nella sua gamba, “Sta arrivando più veloce che può”.
“Dobbiamo farlo noi”, constata Rose e suona più come un ordine. Prende il bisturi e lo avvicina alla base della pancia.
“Rose! La morfina deve fare effetto”, le dico, bloccandole la mano.
“Non c’è più tempo, lui muore”, enfatizza le ultime parole e queste risvegliano un po’ Bella.
“Tiratelo fuori!”, urla con tutto il fiato possibile.
La guardo un po’ sorpreso, poi lascio Rosalie fare, a malincuore.
“Guardami, Bella”, le sussurra Jacob per distrarla dal dolore del taglio ma non servivano le parole: Rose tagliava, Bella urlava a più non posso e questo mi uccideva.
Dopo che l’operazione fu fatta, Rose alza la mano e la lascia a mezz’aria, sporca di sangue.
Quando sta per perdere il controllo, le urlo, “Rosalie, no!”.
Jacob mi capisce e le si butta contro, facendola cadere.
“Alice, portala via”, le ordino, per evitare altri problemi. Non potevo occuparmi di lei, ma solo di Bella. Dovevo pensare a salvarla.
“Rose… Rosalie”, geme Bella, vedendo Rosalie allontanasi con Alice.
Jacob torna da me e ci occupiamo di far uscire il bambino.
“Salvala! Devi trasformarla!”, mi ordina.
“No, finchè c’è lui dentro. Devo prima tirarlo fuori”, lo informo e mi preparo ad aprire di più il pancione.
Jacob la distrae, senza riuscirci, “Concentrati”, sussurra, mentre Bella è in preda al dolore, “Continua a far battere il tuo cuore”.
Bella lo ignora, “No! Lui sta soffocando!”.
Mi abbasso verso la pancia e inizio ad aprire il varco.
Bella urla, urla e urla e io non posso farla smettere. Vorrei che non riuscissi a farle del male durante l’operazione, ma non posso evitarlo.
Bella, ti prego. Non preoccuparti, sarà tutto finito, le dico col pensiero.
Quando mi alzo, con le mani, prendo il bambino e, con cautela, lo esco, sempre sotto le urla di dolore della mia donna.
Il parto è finito. Sorrido trionfante quando faccio uscire il bambino.
“Ciao”, sussurro alla creatura, avvicinandomela tra le braccia. Mi accorgo che è femmina, quando si mette a piangere, “Ciao”, la saluto ancora in modo dolce.
È uguale a me, ma ha anche molte caratteristiche di Bella. Sotto lo strato di sangue, le intravedo alcuni riccioli appiccicati al cranio di color bronzo, tali e quali ai miei. E gli occhi… color cioccolato, i miei preferiti, quelli di cui mi sono innamorato.
Non avevo mai visto una creatura così piccola di una bellezza così unica.
Mi rivolgo a Bella, che mi sta guardando ansiosa di sapere, “È Renesmee”, le dico e lei sorride, quando gliela mostro.
“Sei… bellissima”, balbetta sorridente.
Gentilmente, avvicino la bambina a lei, sempre tenendola, per far si che anche la madre possa vederla.
Poco dopo, però, sono costretto ad allontanarla: Renesmee ha dato un morso sul petto di Bella.
“Ehy, ehy”, la riprendo dolcemente, allontanandola dal corpo della madre. La bambina piange e continuo ad accarezzarla per calmarla.
Mi volto ancora verso Bella che, in quel momento, stava rivolgendo un sorriso debole alla bambina. Poi, il sorriso si spegne.
“Bella”, la chiama Jacob, capendo, “Bella!”.
Inizia a farle la respirazione a bocca a bocca, ma di quello non mi preoccupo. Cerco una tovaglia per la bambina, pronto per un’altra operazione.
“Jake, la bambina”, lo chiamo, mentre le pompa aria. Volevo darla a lui, così potevo cominciare a trasformare Bella, ma dai suoi pensieri, vedo che non vuole.
“Tienimi lontana quella cosa!”, mi ordina disprezzante, tornando al suo lavoro.
“Edward”, Rosalie mi chiama, raggiungendomi, “La prendo io”.
Che cosa? Era pazza? Era sporca di sangue! Ma no… certo che no. Era la bambina, non poteva farle del male, fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
“Te lo giuro, sto bene, dammela”, continua, vedendomi titubante e, a malincuore, cedo la bambina tra le sue braccia.
La vedo allontanarsi, poi mi catapulto in una cassettiera piccola, dove estraggo fuori una grossa siringa d’acciaio.
“Che cos’è?”, mi chiede Jacob, allontanandosi.
Cerco un punto, il posto esatto, il cuore di Bella, e conficco l’ago, “È il mio veleno”, dico, premendo lo stantuffo.
Estraggo la siringa e la poso dove capita prima e, Jacob ed io, attendiamo una sua reazione… che non arriva.
“Avanti”, incita Jacob, speranzoso.
Avvicino una mano sul suo cuore, pronto per pompare dell’aria, “Coraggio!”, sussurro, ma niente.
Comincio, deciso e sicuro di me, a comprimerle il petto, “Deve funzionare! Coraggio”, la incito, nella speranza che tutto funzioni, che torni… a vivere, “Coraggio! Forza, Bella!”.
Poco dopo, sento lo sguardo di Jacob addosso, e comincia a dirmi qualcosa che sento  ma è cose se non sentissi veramente, “Io non ti ucciderò. Sarebbe troppo facile. Tu meriti di vivere con questo rimorso!”, mi sussurra, scandendo bene ogni parola, e, lentamente, esce fuori, lasciandomi da solo, con mia moglie.
Continuo, più determinato, a premerle il petto.
Mi sento morire, ma devo salvarla. Non posso lasciare che cada nelle tenebre della morte, non posso.
Devo farcela
Ma non ci riesco.
Devo salvarla
Ma non ne ho la forza.
Continua a sperare
Si, continuo a sperare. Posso farcela. Devo salvarla.
Ti salverò, amore mio.
“Non sei morta. Non sei morta!”, esclamo, spinto da quelle parole, “Avanti! AVANTI!”, urlo, continuando.
Che devo fare? Forse il veleno era troppo poco. Le devo iniettarle dell’altro. Ma forse, non potrà funzionare. Forse quel veleno era abbastanza o forse no.
Devo o non devo iniettarle dell’altro veleno?
“No, funzionerà! Funzionerà! Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego!”, sussurro sul suo viso, ma le do dei morsi sul tutto il corpo: sul collo, sulle braccia, sulle gambe, sui polsi. I gesti sono controllati, non frenetici. Cerco di chiudere un po’ le ferite, con la lingua, per far si che si chiudano del tutto. Il sangue non mi fa niente, lo sento in bocca ma non mi provoca nulla. Non posso far uscire il mio lato animalesco proprio adesso. Non posso perdere il controllo.
Le accarezzo il viso e spero con tutto me stesso che il veleno sia entrato in circolo e che stia facendo il suo effetto.
Deve funzionare! Deve FUNZIONARE!
“Torna da me, ti prego, amore mio. Bella… Bella, ti prego”, imploro spaventato. Non posso perderla, non adesso.
Non so più che fare. Penso che oramai tutto il mio lavoro sia servito, ma non ne sono molto sicuro. Ma devo stare accanto a lei, non posso allontanarmi dal suo corpo.
Resto inerme a guardare il suo volto fermo, perso e vuoto, nella speranza di qualche suo movimento. Ma non c’è da sperare nulla, lei… non si muove di un millimetro.
Dopo pochi minuti, nel bosco, sento dei passi pesanti: è Sam e tutti i suoi seguaci.
“ALICE! JASPER!”, li chiamo nella speranza che mi sentano.
È ora di combattere. Mi ero promesso di non allontanarmi da lei, ma devo! Devo proteggere la mia famiglia e lei.
Prima di andarmene, avvicino le labbra sulla sua fronte, lasciandole un piccolo bacio. La accarezzo, con attenzione.
Si riprenderà. Deve farcela!
Con quel poco di speranza che ho recuperato, lascio il suo corpo inerme, pronto a combattere per proteggere ciò che mi sta attorno.
 
  


 

   
 
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