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Autore: engel_k    19/01/2012    0 recensioni
>>Quello che vidi dopo mi è ancora impresso nella mente, come una fotografia impiantata nei miei occhi.
Avevo 35 anni, quando tutto successe.
15 ,quanto tutto iniziò.
Ma a distanza di anni ho commesso solo errori, che hanno creato distruzione, meriterei tutti i mali peggiori e invece stringo tra le mani la lettera che tra le sue parole contiene più amore che nel resto del mondo,la scrisse quella mattina, prima che arrivasse Giulio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per quanto il bene e il male siano diventati molto soggettivi nel corso degli anni, posso dire con certezza oggettiva che nella mia vita ho sbagliato tutto, sarà che ho incontrato troppe persone con le stesse idee, ma da 50 anni a questa parte mi sono sempre sentita dire “Sei un’idiota”, non sono tanto convinta sia un caso.
In 65 anni mi è stato difficile fare un errore più grave, anche se all’età di 15 anni, quando cercavo di essere perfetta agli occhi altrui, fu grave persino prendere 2 in geografia per non essermi presentata.
Quella mia perenne paura per tutto a causa di quell’interesse spropositato verso ciò che era giusto per gli altri mi portò alla distruzione, solo che me ne sono accorta tardi, molto tardi.
E adesso vorrei solo tornare indietro, cambiare tutto.
Quelle parole di vipera che uscirono dalla mia bocca, quell’incontro, quella notte.
Qualche volta sento l’odore di quel tempo, è uno sciame di profumi, tutti appartenenti alla fonte del mio pentimento.
Era così dolce con me.
Lo fu sin dal primo giorno.
 
-Aurora toglilo di li! Fallo andare via!-
-Senti, sorellina, col bene che ti voglio ma non posso aiutarti, Ah! Via! Via!-
-Ciao .-
Mentre io e la mia dolce sorellina, Giulia cercavamo di liberarci dalla presenza innocua di un cane, una nuova figura entrò dall’enorme cancello.
Aveva un bel sorriso stampato sulle labbra, si accoppiava perfettamente con la luce del sole.
-Ciao, ci aiuti?!-, la mia più che una domanda fu una richiesta di aiuto.
Rise un po’ , poi fece uscire il cagnetto, dandogli una specie di carezza.
-Va meglio?-, chiese, ridendo ancora.
-Si grazie, non ci sappiamo fare con gli animali…-
-Si ho notato…Il mister?-
-Nostro padre sta arrivando.-, mia sorella rispose per me, anche perché io rimasi bloccata a guardare quella nuova immagine, interessante quanto strana.
 
A chiunque chiedesse del suo conto si rispondeva con aggettivi poco carini, che non rispecchiavano affatto ciò che vedevo e sentivo io.
 
-Che cosa mister? Non può buttarmi fuori adesso! Stiamo perdendo 2 a 1!-
-Devono giocare tutti!-
-Ma…-
Corse via dal campo, lasciò tutti senza dire niente e si rifugiò insieme alla sua rabbia negli spogliatoi.
Senza permesso alcuno seguì la scia della sua ira.
-Ei…-
-Chiunque cazzo tu sia non voglio vedere o sentire nessuno!-
-Perché fai così?-
-Stiamo perdendo e mi butta fuori?...non voglio dire che sono “chi sa chi” ma che diamine! …oh. Aurora…sei tu. Scusa. Scusa Aurora…tu…non c’entri. Perdonami.-
Il suo corpo troppo cresciuto per la sua età si fece piccolo, come il suo animo.
Mi venne spontaneo dare in regalo un abbraccio.
 
 
Trovava sempre il modo di stupirmi,  dopo che mi confessò i suoi piccoli segreti, quelli di cui tanto si spaventava,iniziò ad aprirsi così tanto.
 
-…Non ce la faccio.-, glielo buttai in faccia così, senza un preavviso.
-Va bene. Ok…- ,andò verso il suo scooter, quello che chiamava ironicamente Timon e scappò via.
Torno qualche minuti dopo. Con gli occhi rossi e gonfi.
-…Non va bene. Non va bene perché non posso permettermi di perdere di nuovo qualcuno a cui voglio così bene. …Non ce la fai? Ok. Va bene. Questo poco importa, ma…ciò vuol dire che il resto viene cancellato? Io…io adoro parlare con te. Mi piace sentirti sfogare, poterti dire la mia…io…-
-anch’’io ti voglio bene.-
-...Anch’io.-
 
Ad ogni cosa accoppiava un fiore, erano la sua passione, diceva che riuscivano ad esprimere sempre una qualche qualità o a ricordarci di qualcuno.
 
-Da oggi ti chiamerò gelsomino!-
-Preferisco principessa a gelsomino-, mi misi a ridere, odiavamo le frasi banali dei film di canale 5 e dei libri per adolescenti.
-Come osi?!...è fantastico! Guardalo! È piccolo, tozzo e fragile…e si…anche inutile come te!-, mi restituì la risata, per poi aggiungere…-e ha un profumo buonissimo. Come te…e purtroppo non so dirlo in altri modi…-
-Si è vero! Mi è costato una cifra ma almeno è buono!-, la buttai giù così, non era mai così dolce, non ero abituata, però arrossì di nascosto, sotto gli strati infiniti di lana della mia sciarpa.
 
Non aveva molti soldi, non era di certo protagonista di qualche storia di aristocratici però mi ha sempre riempito di regali meravigliosi, i miei preferiti.
 
-Oggi ti ho portato una cosa, appena arriviamo al parco te la faccio vedere…-
-Dio mi hai fatto un regalo! Sai che non ne voglio!...che palle.-
Ero così furiosa, odiavo i regali, li odio tutt’ora, ogni volta bisogna ricambiare.
Ma quella volta non avrei dovuto, non mi sarebbe mai stato chiesto, perché tutto ciò che voleva in cambio era già stato dato, la mia presenza. –Mi basta questo…-, mi diceva sempre.
Quel giorno arrivati nel giardino mi fece sedere su di una panchina, mi fece chiudere gli occhi e poi mi mise nel palmo della mano una piccola sfera increspata.
Il mio cioccolatino preferito.
Quello introvabile, quello con la carta rossa che amavo tanto.
-Non è molto…ma so ch…-
Quel giorno feci un altro regalo, un bacio. Il primo.
Mai ne avevo donati a quella figura che ormai mi accompagnava nei sogni e nelle strane giornate di pioggia, come in quelle colme dei raggi del sole, che ne facevano brillare la pelle e gli occhi di quel marrone chiarissimo.
 
 
Certo già da prima se lo era meritato.
 
-Che autobus hai preso?-
-Il terzo degli studenti, perché?-

-Così,tranquilla...peccato, io credo di averlo perso…-, lo disse con un velo così acuto di tristezza.
-Dai non fa niente, ci vediamo oggi pomeriggio no?-
-Sisi, certo…-
Il mio autobus partì, iniziando la  breve tratta senza fermate.
Solo arrivato al mio paesello fece la prima, dopo dieci minuti di viaggio.
Proprio mentre le porte si aprirono sentì un suono familiare, molto familiare.
-ciao.-
-Ma…ma…tu…-
-Ho corso. Ho preso il secondo, facendomi lasciare qui , alla prima fermata. Così possiamo stare insieme fino alla tua. …Ora dimmi, non mi merito qualcosa?-

Iniziò a ridere, sapeva di aver fatto qualcosa di stupido e smielato, eppure mi era piaciuto così tanto quel gesto.
Mi ha sempre protetta, da tutto e tutti,non lasciando niente al caso, aveva così tanta paura per me che credo alla fine tutto ciò di brutto che forse dovrebbe essere stato mio diventò suo.
Ma quello credo fu colpa mia.
 
-Allora! Forza!-
Mio padre seppe del nostro rapporto, la sua vita per un po’ fu un inferno.
-Che cavolo fai?...forza con questi addominali!-
Gli allenamenti diventarono un film dell’orrore.
-Si mister.-
Eppure,non diceva mai niente.
 
Per quanto vedessi i suoi sforzi, la sua pazienza, non ero mai riconoscente, anzi.
 
-Non voglio più vederti! Non abbiamo più niente da dirci, ok? Non c’è più niente. Dimentica tutto! Ho finto.-
 
Furono le ultime parole che rivolsi a quella povera anima innamorata.
Non sentì più il suo profumo, non pertinente alla sua persona, la sua voce calda e rassicurante, il suo calore, emanava sempre un certo calore, non vidi più il suo dolce viso, i suoi occhi, non ebbi più il piacere di rifugiarmi nei suoi grandi abbracci e nei suoi baci.
Non ne chiedeva mai, ricordo che si avvicinava, aspettava il mio permesso  in un certo modo, anche quando magari ardeva dalla voglia di averne uno o cento.
Dopo aver gettato il nostro rapporto al vento conobbi Kevin, un ragazzo piuttosto tranquillo, stesi bene con lui, ma tutte le volte che incontravo il suo sguardo era un colpo.
Ma non potevo, non potevo lasciarmi andare e rischiare tutto di nuovo.
Feci talmente finta di essere colma d’odio che forse arrivai davvero a provarlo nei suoi confronti, o forse cerco di convincermi ancora, nonostante gli anni.
Ricordo di una volta alla fermata dell’autobus,ci vedevamo quasi ogni mattina.
 
Rideva tranquillamente con una sua vecchia compagnia di scuola, parlavano di un film piuttosto stupido, il sole inondava il suo viso di quella strana luce del mattino.
Aveva la felpa verde, la mia preferita, quella morbida e calda in cui mi immersi un giorno che venne a casa mia, di nascosto. Ero a casa per la febbre, mi stese accanto tutta la mattina, prima che partisse per un piccolo viaggio.
Avrei voluto tanto parlarci, dire qualcosa, ma non potevo.
Finsi odio. Come sempre.
-Si infatti!...ma perché hai presente quella scena, quando arriva a casa sua?!-, che dolce sorriso.
 
I mesi passarono, prese anche la patente e non venne più alla fermata dell’autobus, forse quella fu una delle ultime volte che vidi la sua figura, snella e atletica, anche perché poi si trasferì a Pisa per i suoi studi di lingue.
Ma ironia della sorte, anch’io scelsi di iscrivermi a Pisa, volevo fare l’ostetrica, per via del mio amore verso i bambini.
Andai con Giulio, il mio ragazzo, affittammo un piccolo appartamento insieme, nello stesso palazzo di altri compagni universitari.
Andare in quella città, fu un po’ la mia rovina.
 
-Si infatti! E ti ricordi a quello scorso?! Dio che spasso! C’erano un sacco di carri e anche bella musica…-
-Vero, quest’anno non sarà fantastico secondo me, ci sono pochi soldi e ci si sta preparando per la Spagna…-
-Giusto, boh in caso se abbiamo abbastanza soldi partiamo-
Entrata nel solito bar vicino alla stazione sentì quella voce, simile a qualcosa di impolverato che si vede poco, ma che si riconosce facilmente.
Mi girai…
 
Uscì immediatamente, quasi fuggì.
Dopo quel giorno non vidi più la porta di quel bar, come il resto di ciò che avevo visto quella mattina.
La mia fase di vita da universitaria si blocca quasi a quel giorno è come se fossi cresciuta in un unico attimo…
 
-Auguri agli sposi!-
-Giulio attento!-, feci spostare il mio dolce marito dalla scala sommersa di riso, prima che cadesse e risi, non so se per gioia o per aver immaginato una sua caduta in stile programma comico del sabato sera.
-Oddio!-, rise anche lui, chissà se aveva gli stessi dubbi al riguardo.
-Ah! È il giorno più bello della mia vita!-
 
Ed eccolo, il secondo grande errore della mia vita.
Non che Giulio non sia stato un buon marito, ma io non volevo un marito, non volevo nessun altro al mio fianco, volevo quella persona che allontanai troppo presto e senza pensare alle conseguenze.
Un altro sbaglio fu il modo in cui Giulio lo scoprì e che mi portò a compiere il terzo più grande errore della mia vita, nonché il più grave e irreparabile.
 
-Chi è?-
-Giulio…-
-Nel…nostro letto. Tu…Mi fai schifo!-
-calmo dai…Giulio…-
Mi spaventai, conoscevo il lato rabbioso di Giulio, per quanto egli fosse dolce la rabbia poteva mangiargli la ragione.
-…Aurora esci.-
-Giulio, dai…invece, finiamola qui, ok? Mi odi, vuoi divorziare? Vuoi togliermi tutto? Me lo merito, no?!-
-Esci!-
Mi prese il braccio e mi buttò fuori dalla stanza.
Poi sentì tante urla.
 
Quello che vidi dopo mi è ancora impresso nella mente, come una fotografia impiantata nei miei occhi.
Avevo 35 anni, quando tutto successe.
15 ,quanto tutto iniziò.
Ma a distanza di anni ho commesso solo errori, che hanno creato distruzione, meriterei tutti i mali peggiori e invece stringo tra le mani la lettera che tra le sue parole contiene più amore che nel resto del mondo,la  scrisse quella mattina, prima che arrivasse Giulio.
Aurora, ti ricordi il nostro parco? Il nostro quadrato di paradiso? Chissà se c’è ancora…e chissà se fanno ancora quel cioccolatino che tanto ti piaceva.
Sai…negli anni ho davvero creduto che tu mi odiassi, per chissà quale motivo, dandomi milioni di colpe.
Quando ho saputo del tuo matrimonio ho sorriso sai?! Ho detto…”qualcuno ha riparato i miei errori, ora starà bene”…Quel giorno al bar io ti ho vista,sai?! Ho pensato che fossi uscita per non guardare la mia stupida faccia. Avrei voluto seguirti, salutarti…abbracciarti.
Da quanto non ti vedevo.
Sei sempre così bella, lo sei sempre stata e la coda…ti sta ancora bene sai?! Risalta le tue guance sempre rosse per il freddo e i tuoi occhi grandi e lucidi.
Aurora…non so cosa pensi di ieri sera... La prima tra di noi, ma spero di poterne parlare presto.
e…per quanto sia importante…io ti amo ancora, forse non ho mai smesso.”
 
“…io ti amo ancora…”
Non abbiamo mai avuto la possibilità di parlare di quella notte.
Non ho mai avuto la possibilità e il coraggio di dire “Anch’io. Anch’io ti amo e sono una grandissima idiota”
Dopo quella lettera l’unica che ebbi  fu dall’ospedale, quattro giorni dopo.
Non ce l’aveva fatta.
Morì dopo una settimana, passata in coma.
Quella carinissima bomboniera, mista alle mani colme d’odio di Giulio, inflissero a quel ripieno d’amore la punizione che doveva toccare a me, per le bugie, la falsità dei miei sentimenti, l’aver rovinato vite altrui solo per non deludere un padre un po’ troppo cattolico.
Sono passati 30 anni da quel giorno.
E in questi anni non ho mai smesso di pentirmi, di battermi il petto per il dolore.
Spesso vorrei tornare indietro nel tempo.
Vorrei tanto rivedere i suoi occhi, sentire il suo profumo, dire tutto ciò che ho nascosto…
Vorrei poter dire…
“Ti amo anch’io…Lara.”

  
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