Alla mia mamma.
Prologo.
Il buio ricopriva tutto il Villaggio, in giro non c’era anima viva, tutto era sommerso da una quiete e un silenzio che facevano quasi paura.
Tuttavia una losca figura camminava per strade e piccole vie, procedeva con decisione e cercava di non fare rumore; al petto stringeva qualcosa ed era avvolta da un mantello nero con il cappuccio.
Superò tutte le case ed arrivò di fronte ad un sentiero, percorso da due muretti opposti, arrestò il passo e si sedette su un masso sporgente.
Tolse il cappuccio: Una cascata di capelli biondi vennero giù e si scoprì il volto da ragazza, alzò lo sguardo verso il cielo stellato.
Il posto è lo stesso, ma lui manca.
Una brezza di vento le accarezzò il viso: il clima era piacevole, né troppo caldo né troppo freddo. Fissò il sentiero vuoto, speranzosa.
Non sapeva mai, con precisione, quanto tempo restava seduta lì ogni notte, ma la forza che la spingeva a provarci e a riprovarci era troppo forte; posò sulle cosce la fotografia che si portava sempre e riprese ad interrogare le stelle.
Chissà, magari anche lui sta guardando in questo istante le stelle. Proprio come me.
Sbadigliò e portò la mano alla bocca: era tardi. Doveva tornare a casa.
Rimise il cappuccio e strinse a se la foto. Si alzò dalla grossa pietra e tornò con lo stesso passo all’interno del villaggio.