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Autore: she    02/09/2006    0 recensioni
cos'è questo bisogno di essere diversi? cos'è questa volglia irrefrenabile di scappare? scappare da cosa poi?...da noi stessi? ps: non so se sia normale che nn viene fuori quando vado a capo...cmq è una storia scritta a più persone: il nome iniziale è il nome della persona che "parla"...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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VOLEVO ESSERE QUALCUN ALTRO
Poi mi sono accorto che l’unica cosa che non avevo ancora provato era essere me stesso

C’è un mondo. C’è uno stato. C’è una persona. C’è un corpo. C’è un cervello. C’è un cuore con un’anima. Poi ci sono milioni di altre persone.

Sofia
Il negozio nuovo mi piaceva. Non so cosa avesse, in fondo vendeva solo gingilli da quattro soldi, roba da mercatini di quella che compri attratta dai colori e dal prezzo, ma che poi finisce in fondo al più remoto cassetto della più remota stanza della tua casa. Però in quel negozio valeva la pena di perderci ore. Il mio paese è tutt’altro che pianeggiante: le strette stradine vanno su e giù seguendo la conformazione del terreno. Il negozio si trovava giusto nella discesa che portava a casa mia. Era una stanza con soffitto e pareti rivestite di legno chiaro e nodoso, radica probabilmente. Aveva una bellissima luce e molti oggetti colorati che si rinnovavano ogni giorno. Ogni scaffale era contrassegnato da una targhetta su cui era scritto il nome del prodotto accompagnato sempre da un aggettivo: c’erano i ventagli dell’autostima, le cinture danzanti, gli ovetti dell’amore, gli occhiali coraggiosi e le gomme dei problemi. Apparteneva a tre donne, tutte piene di braccialetti e collane che tintinnavano ad ogni passo. Una delle signore, Olga, stava sempre sulla porta, faceva accomodare i clienti(neanche fosse Gucci a Venezia!) e in caso, li serviva. Il posto di Elsa era invece dietro il bancone dove lavorava a maglia. L’ultima donna, Losca, si muoveva avanti e indietro per una stanzina posta in fondo a destra rispetto alla porta da cui quasi ogni giorno entravo. Sul vano c’era un cartello con scritto ingresso libero: era vero. Olga sembrava leggerti nel pensiero, riusciva a capire quando un cliente entrava per comprare e quando invece voleva solo guardare. Io molte volte ci andavo attratta dal profumo dei mille saponi che stavano in una cesta. Si chiamavano sereni ed erano dei colori dell’arcobaleno che arriva proprio con il sereno dopo la tempesta. Era un odore che mi rilassava e toglieva i pensieri della scuola, della pallavolo e degli amici dalla mia mente. Così potevo chiacchierare con Elsa e ammirare gli oggetti nuovi che erano arrivati, infatti la cesta dei saponi era una delle poche che non cambiava mai contenuto. Lunedì finalmente avevo ricevuto la paghetta, così sono entrata nel negozio e ho fatto un gran sorriso a Olga che mi ha chiesto –come posso aiutarti?-
-questo profumo…viene dai saponi, vero?-
-ottima intuizione!-
-bè…oggi sono ricca!- Olga si è avvicinata alla cesta, ha preso un sapone e me lo ha dato: era proprio quello che volevo!
–come ha fatto a indovinare?-
- suvvia, ora dammi del tu o mi farai sentire vecchia!- e ha lasciato cadere il discorso. Che strana coincidenza…magari mi aveva solo osservato i giorni precedenti. Ho pagato e sono corsa fuori felice: era la prima volta che la lunga stradina in discesa non mi pesava.

Oggi scuola. Sofia si alza contro voglia: ma chi ha stabilito gli orari? Ogni persona dovrebbe avere il diritto di dormire almeno fino alle nove! In classe un po’ si annoia, soprattutto da quando la prof l’ha messa in prima fila al centro, ma oggi si cambiano i posti. In ritardo come al solito, entra in classe. Si sente gli occhi di tutti puntati addosso, forse è solo immaginazione o magari ha veramente qualcosa che non va. Mentre poggia la giacca in fondo all’aula scorge la sua immagine riflessa sulla finestra; è sempre lei: i lunghi capelli ricci, i jeans della Rich, il mascara non sembra sbavato. In fondo è una bella ragazza, ha gli occhi da cerbiatta, il fisico atletico con le spalle aperte...forse le gambe sono un po’ grosse. In fondo la perfezione non esiste. Puoi piacere ad una persona e fare schifo ad un'altra. Però esiste il fenomeno gregge, l’idea platonica di bellezza, anche se passeggera. Questo è l’anno della prima superiore e Sofia si rende conto di quanto ogni ragazzo cerchi di appiattirsi. Comincia l’ora di greco vicino al nuovo compagno: Sandro. Sta pensando che è proprio fortunato ad essere capitato in quel posto, non tanto per la vicina ma per la posizione nascosta che gli permette di giocare indisturbato con il cellulare. Messaggia con chi sa chi senza alcun reale bisogno. Sandro vuole che sia ben chiaro a tutti che lui non ha bisogno di quella classe. Lui ha una vita là fuori che va avanti benissimo anche senza sapere l’aumento dell’imperfetto. Anche il resto dei compagni, tutti in jeans, ha l’aria sfuggente: probabilmente fa finta di essere annoiato per evitare di mettersi in gioco. Luca, si vede lontano un miglio, ha paura di affermare che non ha capito e sentirsi gli occhi di tutti puntati addosso; Giovanni evita accuratamente di fare la figura del secchione e Valentina tenta di attirare l’attenzione su di se facendo domande non pertinenti. In realtà crede di non potercela fare a seguire la prof. Sofia riflette: è l’era delle maschere. Ci muoviamo come se l’intera nostra vita si svolgesse su un palco scenico con i medesimi vestiti firmati. Pensiamo a divertirci prendendoci gioco di chi ci da fiducia. Rinunciamo ad essere noi stessi per paura del giudizio degli altro ma anche perché, in fondo, ci fa comodo non esprimerci veramente. In questo modo evitiamo di costringere la nostra mente e soprattutto il nostro cuore a rispondere alle domande che nei momenti di debolezza escono dal nostro io e le quali prontamente ricacciamo indietro. Anche Sofia ride e scherza. Un branco di pecore tenute a bada da un cane: è la prof. La Frattini insegna lettere e la prima classico ce l’ha undici ore la settimana. Vigile dalla cattedra spiega con tranquillità: non ha paura lei di distinguersi. Forse con l’età si smette di imitare, o magari la Frattini ha solo un altro branco dove le persone devono dimostrarsi superiori e per far questo alzano la voce.
–Sofia, vieni tu?- lo sapeva!! Maledizione!! Vorrebbe rispondere no: magari fosse stata una domanda. S’incammina velocemente verso la cattedra e tenta di farsi piccola piccola: ormai ci sei, è inutile preoccuparsi tanto. Eppure è difficile autoconvincersi. Domanda e risposta: va avanti così per più di dieci minuti che le sembrano interminabili. È incredibile come alcune persone sono in grado di metterci in soggezione. A volte avremo bisogno di dimostrarci perfetti per far vedere a noi stessi quanto valiamo. Ma quando questo dannato equilibrio si dissolve cadiamo nel mondo reale dove tutti alla fine sbagliano. Sofia sa che quell’interrogazione dovrà andarle bene: non può deludere i suoi genitori, vuole fargliela vedere alla Frattini e, ciò che più conta, ha studiato (quasi) come una matta. L’interrogata torna a posto: non resta che aspettare il domani che porterà il suo giudizio. Sembra essere andata bene ma, tutti hanno imparato a proprie spese a non farsi troppe illusioni con la Frattini.
Così procedono le giornate delle persone: alti e bassi si susseguono, si rincorrono, si mescolano, prende il sopravvento prima l’uno poi l’altro. Sta ad ogni uno di noi decidere a quale parte dare più peso, ma come diceva il grande Jim Morrison: non essere così triste e pensieroso, ricorda che la vita é come uno specchio, ti sorride se la guardi sorridendo.

Sofia
Altra giornata di scuola terminata: che bello essere qui nel negozio a pensare tranquilla. A cosa? Oddio, non ancora a lui…quando il mio ragazzo si è trasferito credevo che il mondo mi sarebbe caduto addosso: avevo 14 anni ed ero convinta di poter amare, quando non sapevo nemmeno lontanamente il significato di quel semplice verbo. Amare significa dare e ricevere, un continuo scambio in cui due persone finiscono col diventare un essere unico. Oggi è passato un anno da quando Nicola se n’è andato e io mi sento cambiata, ma anche più vuota. Mi sembra di volare dentro una bolla di sapone con gli occhi chiusi: non posso vedere da dove vengo, né dove sto andando. Sono lì per esplodere e cadere nel vuoto… ma c’è veramente vuoto la sotto? E se ci fosse invece un mondo migliore? Non ho occhi né orecchie, nessuna certezza: mi lascio vivere. Ho amici, una buona famiglia, sono carina, …eppure mi sento sola. Nicola è diventato una fissazione, so di non amarlo (almeno non più), ma non basta ammettere di avere un problema per eliminarlo. Sto cominciando a pensare che non sia nemmeno lui il mio problema. Una volta ho letto: nella vita l’importante non è riuscire nel proprio scopo, l’importante è avercelo uno scopo.”. Forse è proprio questo che mi manca: un sogno, un ideale che mi aiutino a capire dove sto andando, che ci faccio qui, ma soprattutto perché dovrei continuare a rimanerci, in questa terra, lottando ogni giorno per sopravvivere. Ho scritto sopravvivere, non vivere. Cosa vedrebbe una persona se entrasse nel mio cuore? Cosa c’è scritto nelle pagine del libro della mia vita? Nicola, Nicola, Nicola, … una fissazione. Quali sono i miei valori? Chi sono veramente?
Non ho scelto io di nascere quindi lasciatemi vivere come mi pare.
L’altro giorno ho riflettuto sul mio nome: Sofia. Hai presenti quei momenti in cui ti rendi conto di quanto è grande e misterioso il mondo, di quanto siamo piccoli e insignificante noi? Non so cosa mi fosse preso ma…e se il mio nome non fosse stato Sofia? Nel senso, se io mi chiamassi, per esempio, Elettra, sarei una persona diversa? Non sarei ugualmente presente in questa stanza? È semplicemente pazzesco quante domande esistono…se solo avessimo il tempo di porcele. Ma molti di noi sono così indifferenti…ci sono due categorie di persone: quelle che se ne stanno tranquille a godersi la loro vita e a risolvere i loro problemi, e quelle che invece si sforzano di aprire gli occhi e di vivere. È da un anno che mi rendo conto di appartenere al primo gruppo, ma a volte mi capita di chiedermi che risposte riceverei se solo mi sforzassi di farmi le domande giuste. Ma in fondo non ne ho già abbastanza di domande?Perché iniziare a chiedermi come mai viviamo, sopra cosa ci muoviamo, …? Un dubbio però l’ho sempre avuto in testa: come si fa ad essere felici? C’è chi risponde lasciando tutto e seguendo Dio, chi facendo grandi feste e circondandosi di gente, chi non pensando a niente (magari con l’aiuto di qualche sostanza non proprio legale...), oppure trovando “l’anima gemella” e completandosi. E io, ci credo ancora all’anima gemella, all’altra metà della mela?Ho sbagliato così tante volte… No, sono convinta che il Mio ragazzo esista, e forse l’ho già incontrato…?Sul diario di Andrea c’è scritto: “Felicità non è avere tutto ciò che si desidera, ma desiderare tutte ciò che si ha.”. Sola e confusa.

Anna
-ora ti faccio l’imitazione del prof.- Dice Sofia e inizia a gesticolare con le mani facendo finta di essere dietro una cattedra al cospetto di un’indisciplinata classe
-Eh no, bimbetta! Tu, sì sì, proprio tu, portami il libretto. ADESSO!- esclama con voce roca: è perfetta, identica sputata a Gallo! Mi diverto un fracco ad andare a scuola con lei: mi fa ridere un casino ed è sempre così allegra.
-Che fai ad halloween?- le chiedo.
-C’è la festa di Teresa al Night, ci sarà anche Matteo e non ho nessun’intenzione di perderla!- propone lei.
In classe siamo 17 alla Giuseppe Verdi, ci dividiamo in tre gruppi: gli alternativi (gap, hippy e tutti quelli strani), gli snob che non ci filano neanche se gli andiamo a sbattere addosso (tipo quelli che fanno il corso di teatro o che abitano in Viale Taormina) e i mitici truzzi (tipi da discoteca, insomma). Io sto tra questi ultimi. Il resto non sono considerati. Nella nostra scuola, anzi, diciamo nella società d’oggi, l’importante è apparire: devi vestirti “giusto”, frequentare i luoghi “in”. Io, diciamo che me la cavo.

Sofia
Matteo è il ragazzo più figo di tutta la scuola, e poi assomiglia così tanto a Nicola! Lo so, devo smetterla ma sono ancora fissata: in classe tengo il cellulare acceso e lo controllo ogni 5 minuti: cosa darei per un suo messaggio! Ma cosa gli costa scrivermi: ti ricordi di me? Quanto tempo è passato! Lo sai che mi manchi? Tvb.speo di venirti a trovare presto.
Non ci vuole mica tanto! Non me lo ha mai detto che tra noi è finita (anche se dopo 7 mesi che due non si vedono si suppone qualcosa sia cambiato!), mi ha semplicemente ignorato. Andiamo avanti ad illusioni.
–oh cazzo!…ehm…scusa!-ma non guarda dove mette i piedi questo?-
-sta più attenta!-
-Matteo??!!- troppo tardi.
Oddio che figura! Non potevo sbattere addosso a qualcun altro? Chissà cosa pensa uno del quarto anno che si vede urtato da una quindicenne che sa il suo nome e lo guarda a bocca spalancata? Anna mi prende a braccetto:devo essere ancora piuttosto sconvolta. Una volta io e lui ci frequentavamo ma quella fottuta di una troia di Teresa ci ha fatto rompere. In ogni caso, fa niente:ci sarà anche lui in disco, sarà la mia occasione.
-Si parla del diavolo e spuntano le corna…- sussurro ad Anna abbastanza forte perché l’interessata mi senta. La rubaragazzi sta arrivando: le braccia che oscillano lungo i fianchi con le punte delle mani leggermente rivolte verso l'alto, i lunghi capelli piastrati che ricadono di là della spalla destra, la camminata sicura su tacchi a spillo che la alzano di 10cm. Mi costa ammetterlo ma in fondo è davvero bella. Fottuta di una troia straricca che può permettersi di affittare un intero locale la notte di Halloween (facendo non dico cosa alla gente giusta!).

Anna
Sofia ce l’ha ancora a morte con Teresa. Accidenti che sguardo che le ha lanciato in corridoio: avrebbe incenerito Shasha, il mio patrigno! Speriamo che alla festa non succedano casini: è strano che Sofia sia stata invitata… Teresa è la ragazza che ognuna sogna di essere. Non c’è ragazzo che non svenga ai suoi piedi. È bellissima, alta e sempre in cerca di una nuova preda. Una volta ha avuto 6 ragazzi contemporaneamente! Si veste in un modo che qualunque mio coetaneo del sesso opposto definirebbe…veramente sexy! Ogni volta che un prof. le fa notare una scollatura azzardata, lei viene fuori con quel grazioso sorriso che incanta i grandi.
…V,F,F,F,V,V,… un altro test del “CentroBaucchi”! Sarebbe una figata se ci dessero i risultati, ma farlo così, per sport… “cosa rappresenta per te il sesso?” sesso? A quindici anni? Ma che domanda è? Mi chiedo da dove prendano spunto questi psicologi. Cazzi miei. “ordina i seguenti valori: AMORE, SOLDI, FAMIGLIA, DIO” ??? Famiglia, amore, Dio, soldi.

Sofia
“cosa rappresenta per te il sesso?” uh, andiamo sul personale! Perchè? Volete v’insegni qualche cosetta? E va bene, così suona troppo da esperta, in fondo mi è successo appena due volte… penso sia un modo molto impegnativo di esprimere i propri sentimenti ad una persona dell’altro sesso che ci fa battere il cuore. Davvero matura! Già, Nicola, vorrei che fossi qui in questo momento: la mia prima volta. Stupida, illusa sognatrice.
“ordina i seguenti valori: AMORE, SOLDI, FAMIGLIA, DIO”. Che domande scontate! Amor_. Queste domande il “CentroBaucchi” se le può ficcare in quel posto dove non batte il sole. Non c’è più rispetto a questo mondo.

Andrea
A volte proprio non le capisco le ragazze:sono tre anni che io, Sofia e Anna siamo grandi amici, eppure non riesco ancora a capacitarmi ai loro improvvisi sbalzi d’umore. Soprattutto Sofia resta un mistero:a scuola se la cava, è bella e in molti le vanno dietro, cosa può volere di più una ragazza? Adesso poi ha preso ad andare ogni giorno in quel negozio da comunisti… Siamo nel solito bar con la terrazza: mi accendo una cicca e la divido con Sofia. Se me lo avesse chiesto qualcun altro, la cosa mi avrebbe rotto, ma con lei faccio volentieri a metà della sigaretta.
–allora fioi, organizziamo un po' di casino alla fasta di Teresa?- è Livia.
-ho un ottima Sambuca nel magazzino, i miei non se ne accorgeranno-
-si, e io porto i fuochi, ci sarà da divertirsi!-
Adoro la nostra compagnia. Qui tutti ne hanno una:il solito giro di persone che non condividono niente fuorché il tempo libero, e di quello nella vita di un adolescente ce né tanto! Poi noi tre ce ne andiamo:
–gli amichetti lasciano il gruppo!- dice Giacomo
–a farti fottere!- è tutta invidia.

Anna
Ormai lo sanno anche i muri che Giacomo ha un debole per me. Come lui sa di non avere speranze! Ma allora per quale motivo si mette tanto in mostra? Sofia dice di spiegarglielo una volta per tutte che con certi atteggiamenti si rende solo ridicolo, ma non posso perché ho paura di farlo star male e mi sembra ingiusto. E poi io non sono capace di dire tutto quello che penso, ci metto molto meno a fingere. Probabilmente prima o poi mi chiederà di dargli quell’unica possibilità che non si nega a nessuno. Non so cosa gli risponderò: se mi conoscessi meglio non ti piacerei, sono in un momento difficile, ho promesso a mia nonna che non bacerò un ragazzo fino ai 18 anni,…! L’ultima non regge!
Un anno prima. Due ragazzi ballano sotto la sfera della disco: lei indossa i jeans della D&G e un top bianco, lui i Jo-Kang con una maglia di Cavalli. I loro corpi si sfiorano in continuazione, ma appena gli sguardi si incrociano gli occhi si abbassano timorosi. Ogni uno sta con i propri amici, in fondo si conoscono solo da due giorni. Ma due giorni sono sufficienti perché il cuore inizi a battere forte, perché un brivido attraversi i loro corpi quando le mani si toccano. Lui si chiamo Ste, lei Anna. Poi il lento, l’ultima canzone di quella sera: Fuck it di Eamon risuona nel piccolo stabile e la notte nell’Irlanda accoglie i due innamorati. La vacanza studio sta volgendo ormai al termine ma è giusto evitare di essere felici un istante, solo perché poi si ha paura di soffrire? Finalmente si abbracciano stringendosi forte, come per paura che il tempo voli via prima che…parole sussurrate all’orecchio, un bacio sulla guancia….e poi le due bocche che si incontrano.
Stefàn, non è stato nemmeno il mio primo bacio, eppure ha significato tanto per me. Ha segnato l’entrata della mia vita ad una fase decisamente scombussolata. Non smetterò mai di volergli bene.

Caro diario,
Dio ti prego, ho bisogno di un casino di forza per arrivare al week-and. E poi a quello successivo. Attendo sabato mattina per poter dormire fino a tardi immersa nei sogni. Non ho mai desiderato così tanto andarmene: ma non a casa di amici o amiche, proprio lontano…dove non conosco nessuno. Ti prego Dio, fa che passi tutto presto, mi sta uccidendo. Sto morendo avvelenata da una mela che nemmeno sapevo di avere mangiato.

Andrea
Mi piace quando mi si avvicina così. Ha un gran bel modo di fare! Solo che a volte sembra si diverta a provocarmi sfiorandomi: non riesco a capire se per lei siamo solo amici o qualcosa di più.

Sofia
Elsa mi rivolge la parola con fare preoccupato -c’è qualcosa che non va?-
-si, magari fra un po’, quando mi calmo…- Io e Giulia ci conosciamo dall’asilo e siamo state migliori amiche fino a quando Anna si è trasferita nel mio palazzo. Giulia inoltre ha cambiato scuola e ha iniziato a frequentare una compagnia che, diciamo, non comprende individui da presentare alla propria mamma! Ho cercato di dissuaderla ma è stato tutto inutile anzi, forse ho anche peggiorato le cose. Lei ha cominciato a bere e fumare, ma non come me, regolarmente. Tornava tardi la sera o a volte proprio non tornava. È diventata famosa tra i ragazzi, e non per la sua simpatia.
–stalle lontano- mi intimano i miei. Eppure non ci riesco, mi manca un casino. Oggi l’ho vista a tennis: mi ha presa da parte e ci siamo chiuse in bagno “lontano da occhi indiscreti”.
–ti devo far vedere una cosa!- dice lei. Credevo si trattasse di un tatuaggio fatto di nascosto, un nuovo pearcing. No, era droga. Sapevo che ci sarebbe arrivata, era inevitabile propensa com’è a cercare di farsi male. Anzi, in un certo senso, già avevo intuito che si faceva qualcosa che l’aiutava a sballare, a dimenticare che i suoi sono morti in un incidente; qualcosa che l’aiutasse a distrarsi e smetterla di compiangersi.
–quanto l’hai pagata?-
-40, sono nuova, mi trattano bene.- sulla faccia le si stampa un sorriso orgoglioso che io so, vuole nascondere la sua fragilità e il desiderio di farla finita.
Ridere e scherzare non sempre vuol dire essere felici, a volte si ride e si scherza per dimenticare che si vorrebbe piangere.
-dovevo darle uno schiaffo- dissi a Elsa
–ma non ce l’ho fatta, ho avuto…paura che se l’avessi fatto mi sarei…sentita una stupida…come se io avessi sbagliato.-
-state diventando troppo diverse, Sofia, ma non è colpa tua. Tu hai fatto tutto quello che potevi e continui ad aiutarla. Perciò ti meriti tutta la felicità di questo mondo. Potrà sembrarti dura, ora, ma credimi capirai il senso di tutto un giorno.-
Devo riuscire ad allontanarmi da lei prima che…che…che muoia e io cada con lei.
–a volte è necessario anche un po’ di egoismo- concluse Losca.

Sofia quella sera è nella sua camera davanti allo schermo del computer. Sembra non accorgersi di ciò che le accade attorno: un bicchiere che si frantuma in cucina, la musica troppo alta della sorella. Come se avesse scordato tutto: i problemi, l’interrogazione di storia, la discussione con Giulia, il suo amore tormentato e infantile. Le piace rifugiarsi in Internet dove nessuno la vede in faccia e lei può dare l’immagine che preferisce di se stessa. Le dita scorrono velocemente sulla tastiera mentre sullo schermo appaiono gli ultimi appunti trovati sul mondo delle streghe. Sofia non è mai stata indifferente al paranormale, e da quando sa usare il computer non fa altro che cercare notizie su mondi paralleli e oroscopi, naturalmente in segreto. È in internet che ha imparato a leggere i tarocchi. Ogni cosa che scopre le giunge quasi famigliare come un ricordo molto, molto lontano. Le sembra di dover collegare alcuni comportamenti, a persone vicine a lei. O almeno questa è la sua impressione. La tenue luce che esala il computer viene sovrastata da un lampo: - oh no! Di nuovo, perché succede sempre nei momenti peggiori?- ormai il computer è senza corrente. Intanto i ricordi della giornata appena trascorsa le ritornarono improvvisamente in mente. Sofia guarda il cellulare: la schermata è vuota. Come sempre. Però lei, questa volta, ci sperava proprio perché molto tempo fa, in questo giorno, Nicola le aveva chiesto di mettersi insieme… La porta d’ingresso si spalanca rumorosamente lasciando entrare l’aria gelida e riportando la ragazza alla realtà. –Papà- chiama Sofia. Si sente un ciao e la porta sbatte di nuovo. I passi stanchi arrivano in cucina seguiti dalle grida di Jasmin, la sorella più piccola.
- la cena è pronta - grida la signora Siepi, e inizia a servire. Sofia mangia, guarda la tv con la famiglia e poi piange. Ha aspetta tutta la sera il momento in cui sarebbe andata nelle sua camera e distesa sul letto si sarebbe lasciata andare. Ora è il momento: piange. Pensa ai suoi genitori che non la capiscono, alle sue amiche che troppo spesso si comportano in modo superficiale, pensa soprattutto a Nicola: il suo amore per lui, è come un fiore che si nutre solo di lacrime. E questo non è un bene. Mentre è lì, distesa sul letto non può che scorgere la nota di masochismo che vela la sua vita così si rattrista, infuria, sottovaluta, punisce ancora di più.

Anna
Sono convinta che in un anno una persona viva pari momenti belli e brutti. Naturalmente dipende poi da come uno affronta la situazione… C’era un filosofo che affermava che il mondo è fatto di stati contrari: se non ci fosse il male non potremo comprendere lo star bene. Credo si chiamasse Eraclito e fosse del 300 a.C….bo? mica posso stare attenta ad un’intera lezione della Broccia! Comunque, ricapitolando: se considero che ho preso quattro in greco, che sono molto incasinata con Giacomo e che il mio cane ha fatto la pipì sulle scarpe di Prada…secondo i miei calcoli la festa di halloween dovrebbe essere grandiosa!
–Spinelli, spero per lei che quelli che vedo nel suo quaderno siano calcoli aritmetici!- accidenti, non posso rischiare un’altra nota da Cescoli: attuare il piano A. Tossisco forte per dare il segnale. Sofia recepisce il messaggio e chiede se può andare in bagno. Sentendo la sua voce, il prof si volta scocciato –No-.
Allora velocemente, giro le pagine del quaderno degli appunti arrivando a una serie di numeri appartenenti ad un’equazione. Cescoli torna a fissarmi e si avvicina al mio banco. Effettivamente quella è matematica…ma non è contento. Ora tutto dipende dalla mia credibilità: piano B. -Mi scusi prof, è che stavo cercando di risolvere questo calcolo e mi sono bloccata-. Come ogni insegnante mi prende la penna di mano, fiero di potersi dimostrare superiore: 10 secondi e il risultato quadra. Appagato per aver reso l’idea di chi comanda torna alla cattedra: resta lui il migliore. L’espressione risolta non mi serve più così preparo un altro foglio nel caso dovesse ripescarmi distratta: scelgo attentamente altri calcoli estremamente facili.

Andrea
Caspita che tipa da urlo
–hey, bambola, perché non ti fai abbracciare?!- dice Roberto. La ragazza ci dava le spalle; ora ha abbandonato il bancone del bar e si sta girando verso di noi. Adesso possiamo scorgere anche il davanti del perizoma. C’è un disegno: un coniglietto?
–Che fottuto cazzo avete da guardare? Non ho tempo da perdere con voi succhialatte.
-piacere, Stefano! Lo sai che sei ancora più carina quando ti arrabbi?- lei se ne va dopo un’altra risposta non tanto piacevole. Andiamo alla sala giochi: oggi è un giorno importante. Ci sfidiamo a SatanChance. Non ci saranno regole se non quella di non toccare mai chi è alla consolle. Ogni squadra deve raggiungere il massimo livello in venti minuti di gioco. C’è in premio l’onore e trecento euro offerti dal locale. Queste gare, infatti, attirano un bel po’ di gente… I primi dieci minuti toccano a Roberto: indossa le cuffie per non sentire le voci degli spettatori onde evitare di distrarsi. Lui è un mago a questo gioco, nella squadra ci fidiamo ciecamente di lui. Passa i primi tre livelli, rallenta sul quarto e nel quinto perde due vite. Ora tocca a me: ieri ho passato la serata ad allenarmi perciò oggi a scuola non ho nemmeno consegnato i compiti e mi reggo a stento in piedi. Passano sette minuti e sono in vantaggio di due livelli sull’avversario che gioca accanto a me. Ottavo livello passato. –Sofia-
???
In media ho una buona capacità di concentrazione perciò io non uso le cuffie ma in quel momento mi distraggo e perdo una vita. Gli avversari si accorgono della mia esitazione
–guardati Andrea, giochi come una femminuccia!-
-certo, a forza di stare con la Sofia e la Anna…-
-hei, bello, perché non t’iscrivi anche a danza??!!-
-Andrea, non starli a sentire! Concentrati cazzo!-
-che parolone…guarda che poi la mamma si arrabbia se frequenti certa gente…che delusione di figlio.-
Non ci vedo più:devono smetterla di offendermi e poi come osano tirare in ballo mia madre? A due minuti dalla fine lascio il gioco e mi scaravento sull’ultimo ragazzo che ha parlato: non è poi così grande, ha i capelli rossi ma è vicino ad un altro tipo con l’orecchino che sarà il doppio di me. Il rosso si becca un cazzotto in faccia e molla un urlo, allora intervengono anche le rispettive bande. Viene fuori un bel bordello. Gli spettatori si allontanano velocemente, il proprietario ci separa: ora vuole che paghiamo i danni. Corriamo tutti fuori, in sella agli scooter. Via nel vento che ci scompiglia i capelli ingellati e fa bruciare le ferite sul volto. Ma io quelle ferite non le sento: dentro di me se n’è aperta una molto più grande. È morta due anni fa, mia madre.

Caro diario,
Non ce la faccio a studiare, sono le undici, è inutile! Come cazzo ho fatto a dimenticarmi che domani sono interrogata? Faccio finta di avere mal di pancia così non vado a scuola: devo! Oddio, continuo a sviare i pensieri..
Oggi a scuola ho parlato con Matteo del milan, Dio quanto è bello ( Matteo, non il milan…si, anche quello). Sta sera invece ho conosciuto Damiano alla sagra del paese. All’inizio non l’avevo neanche preso in considerazione perché mi sembrava troppo strafigo! Poi però si è avvicinato lui e così abbiamo parlato e…ci siamo fatti!
Basta! Vi prego , non ne posso più! Damiano e Matteo! E ora? Non so cosa voglio. Anzi, lo so: non voglio ne Damiano ne Matteo. Dio no, non posso ammetterlo. Non voglio ritornare sola…sono felice si, per essere felice sono anche felice! Però…basta, basta, basta!
La Morte Capovolta
In questo periodo sei molto stanca e per un po’ le cose tenderanno ad immobilizzarsi.
Respira e sacrificati!
Prima o poi scapperò di casa…

Anna
Domani è il giorno di halloween. Dio come sono eccitata! Ma non capite? Ci sarà un sacco di gente e sono sicura che la mia anima gemella non tarderà a farsi scoprire. Me lo sento, è nell’aria: accadrà qualcosa di fantastico. Anzi, sapete che vi dico? Adesso chiamo Sofia e ci facciamo le carte. I tarocchi sono un’invenzione fantastica. Vorrei saperli leggere come fa lei. Ok, è ancora alle prime armi: solo i 22 arcani maggiori. My best friend arriva dopo neanche dieci minuti -Allora, vediamo un po’…- disponiamo le carte capovolte in due file, li chiediamo come andrà questa sera e ne scegliamo tre.
La Papessa Capovolta
La Papessa Capovolta rappresenta la sensualità incontrollata, la superficialità, la mediocrità, l'ignoranza.
Gli Amanti Capovolti
Lotte, tradimenti, separazioni, difficoltà in amore. Attenzione alle cattive scelte .
La Torre
Questa carta rappresenta cambiamenti, conflitti e difficoltà.
Quindi in pratica ci ubriacheremo, ci faremo qualcuno e magari assisteremo anche ad una bella rissa. La superficialità inizia già a farsi sentire!

Caro diario,
sta sera ho conosciuto Damiano alla sagra del paese. All’inizio non l’avevo neanche preso in considerazione perché mi sembrava troppo strafigo! Poi però si è avvicinato lui e così abbiamo parlato e…ci siamo fatti!

Anna
- Arrivo!-
suonano alla porta: vado ad aprire.
Ci sono Jessica e Livia.
–hei, che hai Jessy?- domando.
–è finita- risponde Livia.
–vuoi dire che…oh Jessy, amore!allora lo hai mollato…e..come ti senti?-
-Anna, non fare domande idiote!come vuoi che si senta?-
-vabbè dai, prima o poi doveva finire…raccontaci tutto così ti sfoghi un po’-.
Jessica ci dice che lei e Luca si sono trovati al parco. Lui pareva non essersi accorto di che piega aveva preso la loro storia e continuava a starle appiccicato e a chiamarla “piccolina” quasi a non rendersi conto che quel nome le dava sui nervi. È proprio vero che le persone vedono solo quello che vogliono. Poi lei finalmente ha trovato il coraggio e gli ha detto che la loro storia stava diventando troppo seria, che cinque mesi sono tanti, troppi per lei. “Non è colpa tua Luca tu sei perfetto insomma la nostra storia è perfetta ma per me è troppo cerca di capire io ti amo con tutto il cuore è solo che bè non mi piaci. Lo so è strano e non ho idea di come spiegartelo però vedi” e qui si mette a piangere “forse è meglio se chiudiamo qui.”. Lui le risponde che non la capisce, che è una stronza e avrebbe dovuto accorgersene subito. Lei lo guarda attraverso le lacrime e gli urla che non ha capito niente, che la loro storia è stata importante solo che adesso lei, come persona, sta attraversando un periodo di crisi. Poi non sa perché gli viene una gran voglia di baciarlo. Non lo fa, certo, però non riesce a capire perché quell’impulso si sia fatto strada nel suo cuore proprio nel momento in cui chiudeva la storia”. A volte bisogna scegliere se soffrire noi o far soffrire un’altra persona…e chi può dire cosa è giusto.
–wow.- è tutto quello che riusciamo a dire e non è certo il massimo: Jessica ci ha messo tantissimo e buttare fuori tutto e spera nel nostro appoggio, in un nostro consiglio e noi cos’è che diciamo? “wow”. Un insulso “wow”. Mi darei uno schiaffo.

Sofia
Siamo a casa di Anna: Jessica ha appena finito di raccontarci come ha chiuso con Luca, sono già le diciotto e mezza e io devo ancora decidere se mettere la minigonna o i pantaloni larghi a vita bassissima. Poi metto di sicuro la canottiera nera dell’hard rock che è l’ultima maglia con cui mi ha visto Nicola. Ma questo non c’entra. Credo. Il fatto è che ora devo pensare ad altre cose… questa è la grande sera e Matteo deve essere mio: ho tutta l’intenzione di farmelo. Su un libro ho letto che la sicurezza di se è estremamente importante perché gli altri ti giudichino in positivo. Lo dico alle altre –su,dai, tutte insieme che questa sera dobbiamo divertirci e farci notare: io sono strafiga, la più bella dalla festa e non c’è motivo per cui chiunque non dovrebbe parlare con piacere con me!-.
Jessica si è tirata un po’ su, almeno apparentemente. Apre la sua borsa della Rich in jeans e tira fuori uno smalto
–guardate qua raga:l’ultima novità, questo brilla al buio!- e certo, per loro che hanno delle unghie perfette andrà anche bene ma le mie…mi guardo le mani e i segni lasciati dalla mia insicurezza durante le interrogazioni orali e nelle attese delle partite di tennis: sarà meglio nasconderle piuttosto che esaltarle!
Mi sto intristendo e non devo –torno subito fie, mi sono scordata di comprare una cosa per mia madre…-

E così Sofia abbandona la camera dove tutte e quattro si erano riunite per prepararsi ad un evento che nella mentalità di un adolescente possiamo considerare “stratosferico”. Infatti, per quanto vogliano farsi vedere grandi nei confronti delle amiche, eccezionalmente i genitori le lasciano rientrare oltre le ventitré. Sarà proprio merito, o colpa, dell’evento stratosferico se ora il discorso prende una piega inaspettata? O forse sono semplicemente le ragazze che spesso si comportano così, magari sentendosi precedentemente attaccate…quando la loro sicurezza vacilla la cosa migliore che li viene in mente da fare è riunirsi in gruppo, trovare un argomento di discussione in cui sanno di essere tutte d’accordo e rendere una ragazza (possibilmente una che non può ribattere) molto più sfortunata di loro. “ma tu, sinceramente, che ne pensi di Sofia?” “che è una bambina viziata!” “già, hai visto come si atteggia con quei modi da superdiva: -qui sono io la più bella-??” “bè, a dire il vero io non l’ho mai sopportata più di tanto…e quanto è odioso quando tu le parli e lei cade dalle nuvole?” “si, si! È troppo convinta di essere la migliore solo perché lei non ha nessun problema…” “perché credi che si comporti come la tua migliore amica? Il fatto è che stando con te che hai i genitori separati lei può sentirsi ancora migliore!” “ma…”.

-Ma che succede?- chiede Sofia
–noi stiamo partendo cara- è Elsa
–partendo per dove?-
-e chi lo sa?un po’ qui, un po’ lì…è questa la nostra vita.-
-già, siamo rimaste abbastanza in questo paese: è ora di levare le tende e andare dove ci porta il nostro cuore.-
-ma non potete lasciarmi così!dove andrò tutti i pomeriggi? E i regali per i compleanni?- poi Sofia aggiunge sottovoce che anche se loro non lo sanno le sono di grande aiuto perché questo è un periodo difficile.
–invece lo sappiamo, cara, è proprio per questo che ora noi dobbiamo scappare-
-leveremo l’ancora all’entrata di mercurio in acquario!hasta la vista amigos-.
Un groppo in gola, lo stesso di tutte le notti scorse, di quando arriva in classe o sfoglia il diario e vede la foto di lei e Nicola. Un groppo che si accumula dentro una ragazza troppo sensibile e sola. Il groppo continua ad ingrandirsi come un’edera velenosa che distrugge tutto ciò che le sta attorno. Ma non è ancora giunto il momento di scioglierlo, quel groppo.

Andrea
Mi brucia ancora la sconfitta. Accidenti se mi brucia. C'ho fatto una figura di merda. Fottuti amici del cazzo, sono solo invidiosi perché quelle due fighe guardano me invece che loro. Ma come osano darmi del gay? Dico, le hanno viste le tette della Anna? E poi non è come sembra: a casa di Sofia giochiamo alla play station, mica stiamo a provarci lo smalto. Cazzo, non possono darmi del recchia! E sta sera che faccio? Ci vado alla festa? Ci saranno un mucchio di persone che, ora come ora, non mi va proprio di incontrare... E poi ci sarà la Sofi, bellissima come sempre che farà la cascamorta con Matteo. Sì che io lo batto a basket quello! Non si riesce mai a capire cosa le passa per la testa, ma questo l'ho già detto troppe volte, ora è il momento di agire...forse mi è venuta un'idea.

Sofia
Faccio il giro lungo per arrivare a casa di Anna, così intanto mi passa un pò. Ho deciso che mi comporterò come Lucia dei Promessi Sposi nell'VIII capitolo: fiducia completa nel signore qualunque sia la sua volontà, perché per ogni grande disgrazia prepara ai suoi figli gioia assai più grande. Questo pensiero mi rallegra: immaginarmi come un'eroina di un romanzo! Suono e Livia corre ad aprirmi -muoviti, che siamo in ritardo!-. Nessun problema, ora ho le idee chiare -Canottiera dell’Hard Rock e minigonna!-. Anna e Jessica sono già vestite e stanno d'incanto -siete stupende!- -dici sul serio?- -stai scherzando Jessica? State davvero benissimo: vedrete che sta sera ci divertiremo come pazze!-. Shasha ci urla dal piano inferire che lui parte tra mezz'ora esatta e non ci conviene sgarrare l'orario come è solito alle donne. -Cosa? Tra un'ora? Perfetto, grazie sei fantastico!- risponde Anna.

Le ragazze si lavano via la maschera di bellezza "Bangs of the doors" che rende la pelle del viso più morbida e meno lucida. Si truccano ridendo, a volte con sincerità, a volte per scherno, altre per invidia. Fatto sta che alle nove sono tutte davvero bellissime. Anna ha un vestito aderente come raramente la si vede, che le mette in risalto le forme senza però rendere la cosa di cattivo gusto. Jessica magari ha esagerato un pò abbinando i pantaloni della Jekerson ad una maglia di Cavalli (che non è lo stilista più sobrio che esista), ma ha un viso talmente raggiante, un pò anche per merito della truccatrice, che le si perdona tutto. Livia indossa i pantaloni che doveva mettere Sofia e ha talmente tanta matita nera che sembra un panda...ma lei è fatta così. In occasione della ricorrenza indossano tutte una parrucca di lunghi capelli neri abbinata al colore dello smalto. Si avviano piene di aspettative. Chissà perché, per i giovani, le feste hanno tutto questo fascino? La musica assordante, la confusione, il caldo, l'alcool,...E poi perché ci vanno? Per rimorchiare, per ridere, per ballare,...Credo sia il dilemma più grande per molti genitori.
La musica techno è studiata per accellerere i battiti del cuore di quasi il doppio viaggiando a 120. Non a tutti piace perché nella maggior parte dei casi è difficile da ballare: ma le luci psichedeliche che fanno muovere a rallentatore quei corpi mascherati in occasione della festa delle streghe la rendono magica. La gente entra nella sala: a volte viene accolta da Teresa che indossa un cortissimo abito nero e sembra la bella copia di Mortisia della famiglia Adams, altre, quando l’organizzatrice è troppo intenta ad ammiccare si butta scatenata in pista. In un angolo Livia versa la vodka nel succo di frutto, dalla parte opposta si sente Fabiola urlare perché qualcuno le ha versato della schiuma sui capelli. Il suono ritmico ti avvolge quasi fosse una droga, ti senti letteralmente andare in balla guardando le mani che ondeggiano, o almeno è quello che succede ad Anna. Sofia è già più abituata a quelle feste che purtroppo per lei, presto diventeranno una monotonia…presto ma non ancora. Andrea non è il tipo che balla in pista: entra ed esce dalla porta con i suoi amici e, se lo osservassimo bene senza il riflesso di una luce viola o gialla, potremmo capire che vanno a fumarsi giolle. Sofia cerca Matteo con lo sguardo: sale sopra il cubo assieme ad una certa Carlotta e, cercando di non farsi notare, scruta la massa sottostante, sempre a ritmo. Ma Matteo non c’è e anche Teresa sembra scomparsa: brutta cosa. Sofia scende dal cubo. Sofia viene fermata da Andrea. Sofia viene baciata da Andrea. Andrea riceve un pugno.
–brutta troia, io ti amo!- si sente urlare. Sofia è confusa, cosa ha fatto?
–Andrea, aspetta, io…o, al diavolo-.
La musica confonde…la musica o l’alcool? Sofia vuole solo trovare Matteo. Va al banco e prende un po’ di succo alla fragola. Lo beve veloce, ne prende un altro e bicchiere dopo bicchiere inizia a girare. Da dietro arriva Giacomo che la sostiene chiedendo dov’è Anna ma in mancanza di informazioni se ne và. E per fortuna che Sofia non sa dov’è Anna! Sofia riesce a staccarsi dal tavolo e si dirige in bagno “di corsa” per quanto sia possibile. Ma qualcosa la ferma: non si tratta di un maniaco, non parliamo di una ragazza fatta o di qualche scherzo architettato da Livia e Tony. Quel qualcosa sono due cose o meglio due persone, che danno vita ad altre due cose che si chiamano rabbia e dolore che fanno uscire ancora due cose: una lacrima e poi una sostanza meno nobile che dalla bocca di Sofia si riversa sui pantaloni di Matteo. Sofia riesce solo a guardarla. Una piccola folla si raduna intorno tra le imprecazioni di Matteo e la lite che vede coinvolte due persone mai sospettate. Sofia urla. Sofia urla forte e in faccia ai due. Sofia corre fuori ma nessuno la segue. Anna ride.

Sofia
Prendo il motorino di Giacomo tanto lui lascia sempre le chiavi su. Non è come nei film che le immagini ti scorrono nitide nella mente. Le immagini puoi solo…tentare di immaginarle. E direi che non è proprio il caso di rivedere la mia migliore amica che si fa quello che doveva essere il mio ragazzo. E mentre faccio questi ragionamenti e il vento mi taglia il viso perché sono senza casco e i capelli vanno a puttane che è una cosa che odio e le lacrime mi appannano gli occhi e le unghie affondano nella carne stringendo forte il manubrio dello scooter arriva una macchina dal senso opposto.

A volte i ricordi riaffiorano nel momento meno opportuno. Un pomeriggio sei in giro con gli amici e per caso scorgi nei cartelli pubblicitari, su un muro, dentro un negozio, quel nome. Il nome di una vacanza passata, di un amore lontano, di una persona che ti ha dimenticato ma che tu non scorderai. Oppure succede che la gente ti chiede come stai e tu la manderesti a cagare domandandoti come fanno a non capire che sei sul punto di ucciderti. Succedono dei fatti brutti: deludi te stesso e subito il destino ti affianca altre prova da affrontare, ostacoli che prontamente butti giù. In quei momenti desideri solo prendere la tua moto e correre per strade interminabili come quelle della California. Senti lo stomaco che si stringe, inizi a sudare ma ti viene la pelle d’oca per il freddo. Allora acceleri. Non cambia niente. Quell’ombra ti seguirà fino in Messico e in Brasile. È parte di te e sai che presto ti abituerai a lei imparando ad accettarla e soprattutto permettendole di comandarti. Corri e inizia a piovere e ti sembra di vivere in un film e ti senti per un momento quasi orgogliosa di esserne la protagonista, solo che poi ti accorgi che quella è la tua vita. Le macchine si susseguono, non ci sono amici che restano indietro e ti intimano di fermarti. Corre e piove più forte. Il tempo scorre goccia dopo goccia, lacrima dopo lacrima.
Sofia arriva a casa bagnata, i suoi le hanno lasciato la chiave nel caso facesse tardi. Sono le due di notte e nessuno la aspetta alzata: va in camera, prende lo zaino di scuola e lo riempie. E' difficile decidere cosa metterci dentro: tre maglie a maniche corte, una felpa comoda e un paio di jeans. Poi si cambia anche lei buttando i vestiti bagnati vicino alla scrivania dove c'è il cellulare spento. Si lega in vita una giacca impermeabile della Guru che le da tanto un'aria da dura. Prende la borsa che ha comprato a Jesolo in una vacanza felice: carta di credito, di identità, telefonino, fazzoletti e gomme da masticare. E' quasi tentata di mettere dentro anche il sapone che ha comprato nel negozio. Non lo fa. Ora nella sua vita non c'è spazio per la felicità. Lascia un biglietto:
X MAMMA E PAPA'
Non preoccupatevi troppo, non sono da sola e ho il cellulare dietro;
Non so quando ritornerò e se ritornerò presto,
Ma forse vi eravate già accorti che in realtà ero partita ormai da tempo.
Esce di casa.
Non è vero che i giorni di pioggia sono i più brutti. Sono gli unici che ti permettono di camminare a testa alta anche se stai piangendo.

Sofia
-Vengo con voi-. Elsa e Olga non fanno obbiezioni, Losca mi guarda storto -Quando sarai stanca non potremo riportarti a casa, lo sai questo?-
-si-
-quando piangerai perché vorrai i tuoi genitori noi non avremo il tempo di consolarti, se ti mancheranno i tuoi amici dovrai metterti il cuore in pace, se ti serviranno soldi dovrai lavorare-.
-s...si- -vieni su, partiamo domani alle 6.28!-.
Olga si avvicina e io la abbraccio forte. So che Losca disapprova e il viaggio non è ancora cominciato.
La mattina non partiamo su una Cadillac verde smeraldo o rosa, come nei miei sogni. Non c’è la possibilità di mettere un braccio fuori dal finestrino mentre l’autoradio manda I was born to love you dei Queen e Made in haven. Elsa vuole ascoltare solo radio sorriso che ci annuncia pioggia in serata. Magnifico. Siamo un gruppo alquanto stravagante, compresso in una vecchia Vitara che consuma più benzina del necessario. I bagagli sono tutti intorno a me perché Elsa dice da avere bisogno di spazio per fare la maglia. Sa faccio un movimento rischio di sentire il click di un paio di occhiali che si rompe o l’urlo di Losca perché le stropiccio la giacca. A parte lo spazio ristretto, la voce di una certa Milena che arriva dalla radio e la guida Azzardata di Losca in complesso va bene. Mi sento libera, mi sento a casa; ho voglia di cantare e parlare; vorrei ballare, ma credo questo non sia possibile. Giochiamo a “io ricordo”: in pratica Olga dice il nome di un oggetto e a turno si racconta qualche episodio vissuto con l’elemento in questione come protagonista.
–Perle-
-Ve la ricordate Genny, la mia vicina di casa quando abitavo a Padova? Le avevo prestato una collana di perle, naturalmente falsa per una festa. Sono venuta a sapere che l’aveva persa e tutta preoccupata si era messa a fare pulizie per le case e aveva persino venduto la sua aspirapolvere pur di ricomprarmela uguale. Ricordo precisamente la sua faccia quando me l’ha restituita: all’inizio tutta stanca ma entusiasta, ma appena le ho detto che non erano perle autentiche quelle sul pendolo per poco non mi saltava addosso!!-
-Il primo regalo di fidanzamento di Sebastian era un anello magnifico con una perla, ve lo ricordate?lo tenevo sempre addosso perché mi ricordava il mio principe azzurro. Poi un giorno Sebastian mi ha lasciato, è scappato con un’altra conosciuta in una vacanza last minute ad Ibiza. Lo stesso giorno tagliando le patate con l’anello addosso, la perla è sparita. Credo di averla buttata via per sbaglio assieme alle bucce!!-
-credo sia il primo ricordo della mia infanzia: una volta ero al mare con nonni e genitori, avrò avuto due anni. Eravamo tutti in rive e ad un certo punto ho visto una conchiglia gigante. Era la più bella che avessi mai visto: un enorme ventaglio con le sfumature del rosa. Non so perché non l’ho raccolta quella volta, ma ho iniziato a pensarci giorno e notte. Bambina mi rimproveravo che avrebbe potuto contenere una perla che mi avrebbe dato i poteri magici, poi, più grande, rivedevo nella mia mente la scena e pensavo solo alla perla. Tutto qua. E ci penso ancora. Si può sapere perché non l’ho raccolta?-
-non prendertela Sofy, così la storia è più interessante.-
-già, tanto scommetto che quella conchiglia era vuota!-dicemmo contemporaneamente io e Losca.

Notte in uno ostello e poi via e partire di nuovo. Perché il destino non bisogna aspettarlo, il futuro dobbiamo viverlo. Andavano su e giù per le colline. Passavano paesi, macchine, campi, ma si allontanavano anche Andrea, Anna, i genitori, Jasmin. Sofia si allontanava se stessa. Tutto ciò che alla sua età può definirsi futile ma necessario era scomparso: il successo, i vestiti, gli amici, i ragazzi, il computer,… rimaneva solo lei e ora stava perdendo anche quello. Sofia ha sempre avuto un carattere mutabile, ancora in crescita cambia a seconda delle persone che frequenta. È ancora debole. E questa è un'altra fase della sua vita, una sorta di marcia hippie pura: senza ragazzi e droga ma solo con il classico motto “fai quello che ti va di fare essendo insensibile”. Una telefonata:
-pronto?- risponde Olga –non manca molto, abbiamo un ospite con noi, un’illusa, nessun problema vero?-
-dateci un altro giorno, non vediamo l’ora!-.
-chi era?- chiede Elsa.
–zia Rosanna. Dice che ci aspetta e che ha fatto una torta di zucca che è la fine del mondo!-
- e chi è zia Rosanna? –
-ooh, una nostra amica…la chiamiamo zia, ma non è che sia proprio una parente…-
-già, ma sai com’è? Li ci conosciamo tutti!-
-veramente…no, non lo so!dovrei?-
-fa niente, vedrai che ti piacerà!
-certo che le piacerà, è un’illusa. Tutti gli illusi sognano un posto del genere! Infatti non capisco perché dobbiamo portarla con noi!-
-Losca, non fare la maleducata, è nostra ospite…-
-ti avverto Olga, la cosa non mi piace.-
-Ma…creo disturbo?-
-assolutamente no cara, ho già avvertito Rosanna del tuo arrivo così ti iscrive per tempo alla scuola di concepzia.-
-scuola? Quale scuola? Io pensavo che avremo viaggiato per tutta l’italia, la nostra meta doveva essere Bergamo…ZIA ROSANNA, CONCEPZIA…che state dicendo?non voglio assolutamente andare a scuola, è fuori questione! Peferisco smontare qui e viaggiare da sola.-
Presto detto. Losca afferra al volo l’occasione. Ferma la macchina e le intima di scendere. Sofia è arrabbiata, spaventata, confusa. Smonta da quella carretta e finalmente dopo quattro ore di viaggio, sente l’odore pulito dell’aria dopo la pioggia. Ce la può fare anche da sola lei. Non ha bisogno di nessuno. Come nessuno ha bisogno di lei. Prende lo zaino, sbatte la portiera e piange di nuovo. La macchina si allontana e lei singhiozza sempre più forte, più convinta. Al diavolo gli automobilisti che la vedono, al diavolo quel cartello con la scritta SOS. Anzi, gli da pure un calcio. Al diavolo anche il cellulare che ha dimenticato nella Vitara. Al diavolo quella che era la sua migliore amica, Nicola e Andrea, la scuola, i tarocchi e l’oroscopo, Matteo e Teresa. Sofia inizia a girare, le braccia in avanti che stringono lo zaino. Va veloce, come quando giocava a giro tondo da bambina con Filippo (a proposito, chissà che fine ha fatto quel suo vecchio compagno dell’ asilo??). Gira, gira e gira. e tutto si confonde. Tutto diventa niente. Niente la sorregge. Cade. La testa continua a girare, come quando fumava per le prime volte. Si rende conto che ha bisogno di aiuto. Sviene. O forse si addormenta semplicemente.

Anna
- Scusa. Non riesco a dirti altro. Perché non me ne sono accorta quando mi chiedevi aiuto? Siamo tutti così presi da noi stessi. Non lo dovevo fare, lo so. Ma ho come l’impressione che quella sera ci sia stato qualcosa di più del bacio tra me e Matteo. Non pensare che io lo dica per discolparmi, ma sto imparando ad ascoltarti. Anche se forse è troppo tardi. No, non è troppo tardi! Sofia, te lo ricordi Gallo?ha una nuova frase ora: ragazzo mi farai diventare pazzo. Lo dice sempre,e come al solito non se ne rende conto!Sofia, mi senti? Ti prego, trova il modo di comunicare con noi! ovunque sia ora la tua mente. Sai Sofia, mi piace parlarti. Come se mi potessi sentire. Anche se a volte mi chiedo se non sto per caso sclerando, diventando matta. Tra un po’ arriva Andrea, credo. Non lo so perché a dire il vero sono parecchi giorni che non lo si vede in giro e qui non ci è mai venuto. Ti voglio bene Sofia, torna, è questo il tuo posto.-.

Sofia
Il sonno è un sotto-oceano tuffato in ogni notte. La mattina, un risveglio gocciolante, boccheggiante, con occhi socchiusi.
L’occhio sembra volgare
Nel suo orribile guscio.
Vieni fuori all’aperto
In tutto il tuo Splendore.
Nulla. L’aria esterna brucia i miei occhi. Li caverò fuori sbarazzandomi del bruciore.
Ma non funziona così. Il ronzio del motore mi sveglia e torno ad aprire gli occhi su un panorama che non mi è nuovo. Niente ambulanza o polizia…niente angioletti che mi porteranno dove finalmente potrò stare in pace. Elsa mi guarda e mi saluta, proprio come non fosse successo niente. sono passate quasi dodici ore e il panorama fuori dalla macchina è irriconoscibile: ora costeggiamo il mare…il mare? Quale mare? Ok, no, deve essere la stanchezza, è solo un lago. Decidiamo di non parlare mai più dell’accaduto: un tacito accordo che però mi sta bene. Losca svolta per una stradina di sassi che sembra finire direttamente nel bosco che circonda la macchia d’acqua. –bene- penso –dovevo proprio fare pipì!-. Il clacson suona, forse per spaventare gli animali. Anche mia mamma lo faceva quando ci addentravamo in territori inesplorati durante la vacanza nel sud Africa. Olga apre il finestrino –Omar, siamo noi! Apri il cancello!- urla. Forse andrà meglio di come mi aspettavo: qui da qualche parte ci sarà una bella baita, con un camino e un bagno. Magari mi offriranno una tazza di cioccolato, sono disposta pure a pagarla dato che ho fatto la promessa di essere autosufficiente; magari potrò guardare la televisione e al telegiornale vedrò la faccia di mio padre che mi prega di tornare a casa come fanno nei film. Ora che ci penso i miei non mi hanno mai chiamato. È piuttosto curiosa come storia… che abbiano deciso di lasciarmi vivere la mia vita in pace? Che abbiano capito che ho bisogno di stare un po’ da sola per trovare me stessa? Sono passati tre giorni dalla partenza, ormai la batteria del telefonino è scarica, gli do al massimo un’ora.
- o mio dio…-
- che c’è?-
-COSA STA SUCCEDENDO?!!...AIUTO!!!-
-Sofia, tutto bene?-
no, le cose non erano proprio come le avevo immaginate. Se uno dice cancello immagina un’inferriata, un muro di legno, con un po’ di fantasia la grata di un castello… ma a nessuno verrà mai in mente di vedere alberi che si scansano per lasciar entrare (entare dove?) una vecchia Vitara stanca, come i suoi occupanti, e col motore spento! Aspetta, adesso si vede una città. Sofia, calmati, pensai. Una persona intelligente capisce anche quando finisce il momento di farsi domande –sapiente è chi sa di non sapere- e abbandonarsi agli eventi.
-credo proprio di meritarmi una spiegazione..-.

Se qualcuno riuscisse a sentire i pensieri di quattro donne così diverse tra loro, non resisterebbe più di qualche istante: l’avevo detto che non dovevamo portarla, la piccola è spaventata, che cavolo dovrei fare adesso, guarda che occhi cattivi, quella dev’essere zia Rosanna…ma che dico? E chi è questa Rosanna?, mmh, torta di zucca arrivo! Sto vaneggiando di nuovo ecco che succede, E chi le spiega tutto adesso? Chissà a chi toccherà spiegarmi tutto.., io non dico proprio niente senza aver mangiato, sono streghe ecco cosa sono lo sapevo io che non mi sbagliavo, chissà cosa pensa la nostra illusa, mi uccideranno ora che so il loro segreto?
Poi i fatti si svolsero con un’assurda normalità che stonava terribilmente con l’entrata ricca di effetti speciali. Sofia avrebbe preferito che le apparisse davanti Albus Silente o almeno Spinella Tappo, così la situazione sarebbe diventata più accettabile nella sua anormalità totale. Losca avrebbe preferito che Sofia non ci fosse stata: non era mai stato consigliabile rivelare la posizione dei Reali. Elsa, dal canto suo, aveva una gran fame e sperava che zia Rosanna non imbrogliasse sulla torta, mentre Olga avrebbe preferito vedere all’orizzonte Ciro che le correva incontro. Ma nel gruppo di persone che si stavano affollando attorno all’auto non c’era traccia del cane di Olga ne, tanto meno, delle fantasie della ragazza.
Trascorse una notte. Come quando andavano nella casa di montagna a trovare i nonni, Sofia lasciava spazio ai pensieri, immersa nella natura. Non come una persona ipocrita che si ritrova felice nei luoghi comuni, ma come una ragazza sveglia e padrona di se che in quel momento aveva tanto su cui riflettere. Da quando aveva iniziato il viaggio non si era fermata a chiedersi perché desiderava così ardentemente non essere se stessa.

Sofia
Elsa e zia Rosanna decisero di spiegarmi tutto attraverso un nuovo metodo: il Power Point. Mario, il padrone di casa, accese il computer e avviò la presentazione. Si sedette nella poltrona accanto alla mia e ascoltò:
“filosofia nasce in tempo sconosciuto nella foresta di Dovunque. E’ uno spazio che gode di pieni diritti civili e politici. L’economia è basata sul commercio delle idee che vengono coltivate alla scuola di concepzia. Chiunque entri nel regno di filosofia è costretto a partecipare a questa scuola, a meno che non sia inferiore alla capacità di apprendimento della mente di un bambino campione(conservata al museo di Tutto) dell’età di cinque anni, fino al superamento del labirinto. Gli abitanti di filosofia prendono il nome di Reali. Ogni reale è libero di circolare per tutto il perimetro statale che comprende Dovunque. Il soggiorno all’estero e il contatto con li illusi segue precise regole (vedere codice3). La più importante riguarda il divieto di propagandare l’esistenza di concepzia.”. Il tutto era accompagnato da foto di facce sorridenti, di personaggi celebri e bellissimi paesaggi.
Quindi, diciamo che mi trovo in una specie di realtà alternativa…
-allora, benvenuta a filosofia Sofia!- esclamò Mario
-bene ma…di preciso che si fa qui?-
-come che si fa Sofia? Si pensa, si creano idee, si inventano storie!qui il tempo non esiste Sofia!siamo fuori dalla routine mondana, fuori dal traffico,siamo fuori dal tempo Sofia!hai capito Sofia?libera la tua mente dalle catene sociali,Sofia, dai pregiudizi, dai luoghi comuni!-
-si, come ha detto Mario, non devi far altro che lasciarti andare. Noi educhiamo le persone ad utilizzare la propria testa.-.
davvero divertente. Vorrei potermi dire piena di entusiasmo ma temo di aver superato da un bel po’ quella fase della mia vita. Più che altro mi viene da chiedermi se non sono tutti pazzi qui. no, la pazza sono io, ad essere fuggita di casa con gente che non conosco! Ma come mi è saltato in testa?
-domani inizi la scuola, oggi intanto puoi andare a dare un’occhiata in giro: ti accompagnerà Michele, mio figlio.-
un figlio? Oddio, e chi è il padre? Non credo che Olga sia sposata:non può essere! Che faccio? Glielo chiedo?
-hai un figlio Olga?- certo che ha un figlio stupida,te lo ha appena detto!
-ooh, eccolo qui! Michele, questa è Sofia.- oddio che vergogna!sono un disastro. Calma Sofia, comportati con naturalezza e non dargli l’impressione di sentirti a disagio.
-piacere.- gli do due baci? O magari devo darne tre? Eh che ne so io?
Usciamo. Io e questo Michele andiamo a farci un giro. Wow. È carino! Che pensiero superficiale Sofia.
-allora…bè, chi sei?- chiedo.
E lui inizia a raccontare. È veramente il figlio di Olga e di un certo Filippo: un reale che ha lasciato filosofia circa dieci anni fa e non è più tornato. Va a scuola di filosofia da dodici anni quindi deve avere circa la mia età. Si arrampica sugli alberi meglio delle scimmie e da grande vuole fare lo storico. Dice che non vede l’ora di prendere il diploma tra un anno perché è piuttosto avanti per la sua età. Poi vuole diventare Magico: molti reali sono Magici ma sono tutti adulti. In pratica mi spiega che si riesce a far accadere tutto ciò che si vuole solamente desiderandolo con tutta la propria forza. È un tipo loquace, non c’è che dire! Passiamo davanti a tantissime case tutte diverse tra loro. In quella gialla, mi spiega indicando, abita la signora Giallo: è una vecchietta simpatica con un sacco di fiori nel giardino. La casa rossa è occupata da una coppia di scienziati, conosciuti da tutti perché le poche volte che escono vanno in giro nudi. Poi ce ne una sul modello far-west, dove vive uno dei più ricchi abitanti di filosofia: ha un QI di molto superiore alla media e il suo motto è “vivi per cercare la felicità”. Le sue idee piacciono a tutti, soprattutto agli illusi. Però, a dire il vero, lui non è che sia molto felice.
-vende la felicità e non se ne tiene neanche un po’ per se! Non è stupido?- esclama Michele. Poi vediamo Jim, un signore che spinge un cariola: ha tre cicatrici. Quella sul braccio se l’è procurata quando da piccolo tentava di volare, ma poi era caduto dal trampolino che si era costruito ed era finito tra i rami; la cicatrice che aveva sul ginocchio era il frutto di una specie di patto di sangue fatto con due amici e la terza, sul sopraciglio veniva dal morso di uno scoiattolo. Michele mi spiega che Jim ha viaggiato per tutta Dovunque e ha vissuto mille avventure. È bravissimo a raccontare storie sugli gnomi del bosco che ha conosciuto e sui misteri delle gallerie sotterranee delle talpe che ha visitato. Sa piegare una forchetta con la forza del pensiero.
Stupido. Mi chiedo cosa ci sia di intelligente in questo posto! Se prima era solo un’impressione ora ne sono convinta: sono tutti matti! Però sono così curiosa di vedere che gente ci sarà a scuola, anche se per nulla al mondo lo ammetterò.

La mattina dopo Sofia si sente uno schifo in tredici modi diversi:
1. perché se ne è andata
2. perché non sa perché se ne andata
3. perché il cellulare non funziona
4. perché i suoi saranno molto preoccupati
5. e molto arrabbiati
6. perchè deve andare a scuola
7. e i capelli fanno schifo
8. e sono tutti pazzi
9. ma iniziano a piacerle
10. e anche Michele inizia a piacerle
11. ed sarebbe meglio non pensare a niente, ma filosofia è fatta per pensare e sarebbe un controsenso
12. e i controsenso non hanno alcun senso
13. come neanche questo discorso
e questo è il suo primo compito alla scuola di concepzia. Il suo primo pensiero, la sua prima idea trovata, tirata fuori e scritta bianco su nero, seduta su una panca in mezzo al bosco.
Voilant ritira i fogli di tutti e gli scolari si riuniscono attorno al Piccolo Tronco. È la classe del terzo anno che perlopiù comprende bambini di otto nove anni, due ne hanno sei e una quindici. Ma non è l’età che conta in quel mondo, ma lo sviluppo della mente.
-miei cai ragazzi! Che contenta che sono di avevi tutti qui er i nostro terzo anno insieme. Vedo con piacee che nessuno ha lasciato il pimo compito in bianco… mi è capitato un paio di anni fa di tovae una bambina a cui non veniva popio niente da scivere e la cosa tistissima è stata che ha copiato dal suo vicino. No ragazzi! Non dovete mai copiae! Non siete qui pe pendee bei voti ma per sviluppare le voste capacità inteletive…chiao è? Chiao? Chi di voi sa cosa che vuola die capacità intellettive? Ma quante mani alzate: ceto che lo sapete! ricodo che nella quata di cinque anni fa solo un bambino ha alzato la mano… ma voi siete bravi cai ragazzi, chiao è? Chiao? Faò di voi i nuovi Socate o, pe stae sul tema modeno, Michael Ende! Lasciatevi solleticae dall’ignoto che vi ciconda e fatevi sempe nuove domande. Sono le domande la chiave della vita peché senza domande non abbiamo più scopi e senza scopi non vale la pena di esistee, chiao è? Chiao? Oh, una domanda, ma che gaziosa fanciulla vedo che impai in fetta! Quanti anni hai caa? Non ricodo di aveti visto l’anno scorso…-
- sei-
- ma che caina!-
- prova a dire ramarro rosso-

Sofia
A pranzo tutti mi chiedono come è andata e io rispondo solo che non ci voglio tornare più con tutti quei bambini che neanche se io sto seduta e loro in piedi riescono a guardarmi negli occhi allora mi dicono che dovrei parlarne con il signor Voilant che però è un idiota e non capisco quando parla anche se credo che gli presenterò il problema già perché è proprio un problema un altro dei tanti bei problemi di Sofia Siepi ma che felicità poi dico anche che questa storia del pensiero mi ha stufato e che io fino ad adesso ho vissuto sempre bene senza farmi troppe domande ma questo glielo dico solo a Michele e allora lui mi risponde facendomi un altro degli stupidi quesiti dei reali è per questo che sei scappata mi chiede
Il pomeriggio giro un po’ con Michele che mi presenta una ragazza della mia età: ha i capelli neri e porta gli occhiali.
- piacere Elena-
- ciao, Sofia-
- quindi tu sei un’illusa?-
- a quel che mi hanno detto…-
- oddio, sei la prima illusa che conosco! Ma è vero che nel vostro mondo fumate sigarette? E poi esiste quella cosa, com’è che si chiama, quella per cui se uno fa questo, anche quello fa questo e allora uno cambia e tutti dicono guardatelo…
- la moda? L’effetto branco? I leader?-
- si, si!-
- sta aspettando la tua risposta Sofia- mi incita Michele.
- bè si, credo sia tutto vero…insomma, alcuni fumano, molti fumano ed è importante fare tendenza…-
- tu fumi?-
- a volte-
- perché?-
- perché…- già, perché fumo? – è una cosa normale…-
- che significa normale?-
- già, che vuol dire Sofia?-
ma si sono messi d’accordo e mi stanno prendendo in giro?
- vuol dire che lo fanno tutti abitualmente-
- che noia!- dice Michele
- io non fumerei mai allora- dice Elena
- devo tornare a casa- dico io, e me ne vado a mangiare la torta di zia Rosanna perchè mi sa tanto che questi qua proprio non ne capiscono niente della vita di comunità.
Elena non mi sembra troppo simpatica, anzi è alquanto presuntuosa.

Andrea
Oddio Sofia, cosa ho fatto, cosa hai fatto? Torna, ti prego, torna. Quando vedo il tuo sorriso nelle foto, quando vado a scuola e vedo Anna e neanche ci salutiamo, quando vedo i tuoi genitori: tua mamma che va a fare la spesa e tuo papà che si è preso qualche giorno di vacanza dal lavoro, io la sento, noi tutti la sentiamo, la tua anima che aleggia su questa città e ci dice di aspettare perché sei ancora viva. Ci chiede di avere fede, ma proprio perché è solo un fantasma a chiederci di avere fede, questa si disperde. Mi chiedo che senso ha la vita.

Anna
La vita non ha senso. Mi fermo un attimo a riflettere e scopro che è vuota. No, non è la vita ad essere vuota. Sono io che non ho niente dentro se non risate, nozioni di matematica imparate a forza in un banco facendo finta di non stare attenta, evitando di impegnarmi e sperando che suonasse la campanella. Senza rendermi conto che avrebbe potuto non suonare mai.

Secondo giorno di scuola. Il maestro dice che inizieranno soft. Usa proprio il termine soft (che non ha “R”) e aggiunge un “chiaro è? Chiaro?” tanto per assicurarsi che tutti abbiano capito. Sofia avrebbe voluto fare manca, glielo si legge in faccia, ma non si fa manca da soli e di certo non può contare sulla sua compagna di banco che ancora si succhia il pollice. Voilant da il titolo del tema: “immagina cosa ti piacerebbe fosse possibile” e si siede tranquillo sul Piccolo Tronco ad attendere chi i suoi studenti portino a termine il compito.
Arselle: “vorrei che gli unicorni esistessero e ne vorrei uno. Si chiamerebbe Lala.”.
Mattia: “vorrei che esistesse una matita e tu disegni le cose e poi diventano vere. Io disegnerei un folletto però di quelli buoni e non che fanno gli scherzi. Potrei disegnare un folletto di Babbo Natale così poi me lo presenta, Babbo Natale intendo.”.
Giada: “vorrei fosse possibile che le pistole non sparassero più proiettili ma caramelle così nessun bambino soffrirebbe più la fame. Poi, però, me la comprerei anche io una pistola.”.
Andrea: “mi piacerebbe che ci fsse un solo mantello dell’invisibilità al mondo e vorrei che fosse custodito da un drago. Allora io andrei a prenderlo e diventerei un eroe e Arselle che è tanto bella mi guarderebbe e direbbe che sono stato proprio bravo. Con il mantello dell’invisibilità potrei fare gli scherzi senza che nessuno mi veda, neanche quella spiona di Giada!. Però poi magari faccio anche qualche buona azione.”.
Caterina: “vorrei che le bocche delle persone avessero la cerniera, così chiuderei quella di Alberto e lui non potrebbe più dirmi bugie e prendermi in giro.”.
Chantal: “vorrei che esistessero le lampade con dentro i geni. Quando ne trovo uno lui mi dirà che posso esprimere solo un desiderio e allora io gli dico che voglio una macchina che realizza tutti i desideri che voglio, così lo fregherei perché o sono furba. Però un po’ mi dispiace per il genio, che l’ho fregato dico.”.
Giorgio: “voglio che quando schiocco le dita appare un pacchetto di patatine piccanti. Quelle normali sono meglio di quelle a righe, però anche se hanno le righe non importa. Basta che la mamma non mi dice che fanno male. Sacchetti di patatine piccanti che fanno bene come la verdura.”
Sofia: “vorrei poter andarmene da qui Mi piacerebbe avere una macchina del tempo, così ogni volta che mi pento di quello che ho fatto posso tornare indietro e non ripetere lo stesso errore. Più che una macchina del tempo sarebbe meglio un orologio, magari della DeG, così basterebbe girare le lancette per rivivere gli istanti passati e sarebbe meno scomodo portarselo dietro.”.
Terzo giorno di scuola. Voilant dice che ha letto i nostri pensieri e gli sono piaciuti tutti moltissimo. Ora li sta consegnando a caso perché vuole farceli leggere ad alta voce, a me capita quello di Arselle.
- bene- dice il maestro – questo esercizio aveva lo scopo di conoscevi un po’ pe i nuovi acquisti e vedee se i nosti veterani hanno fatto un po’ di patica duante l’estate. Quest’anno iniziamo a lasciando andare la fantasia peché così riscaldiamo un po’ i sensi ma anche il cevello. Fantasticae è uno dei modi più semplici pe pensae. Poi inizieemo a fae ragionamenti via, via più pofondi e infine vedete che vi veà natuale povi domande smettendo finalmente di vivee da vegetali. Allo stesso modo cominceemo con esecizi scitti, poi paleemo a tuno a gio e infine aiveemo a ceae vei e popi dibattiti senza che sia io a chiamae ogni volta. Oa fate pausa e ci vediamo ta venti minuti. Chiao? Chiao è?
- maestro, potrei parlarle un attimo?-
- ceto Sofia, dimmi.-
-…è un po’ difficile da spiegare, è che mi sento un po’ in imbarazzo a fare lezione insieme a questi bambini…-
- scusa ma non ti seguo…-
- non voglio assolutamente mettere in discussione i metodi di filosofia e i vostri, non fraintendetemi. Solo che credo di essere in grado di fare ragionamenti più profondi di quelli che fa un bimbo di sei anni-
- capisco. Insomma voesti cambiae classe e andae con i tuoi coetanei?-
- si, se è possibile-
- il fatto che tu abbia meitato sulla situazione e non ti sia limitata ad accetarla, dimostra in effetti che sei ad un livello più alto dei tuoi compagni di classe… facciamo così, dopodomani ti faò una piccola veifica: se la supei potai passae avanti. Chiao? Chiao è?

Andrea
Io sul serio, Dio, non pensavo fosse così la vita. Credevo di poterle controllare certe cose, che ci fossero alcuni punti fermi in questa esistenza, invece è tutto così…brutto da sembrare irreale. Sta notte sono stato in perenne dormiveglia pensando a Sofia. Continuavo a ripetere, praticamente senza rendermene conto, “Dio, svegliala. Per i suoi genitori. Almeno per Anna, ti prego Dio”. Perché Anna era ridotta così male alla veglia che abbiamo organizzato, e sapere che non vuole il mio aiuto mi fa stare ancora peggio.

Anna
E’ un periodo di merda. Lasciatemi stare, lasciatemi in pace tutti. Voglio solo soffrire, provare dolore fino alla sfinimento. Ho paura, vi prego qualcuno mi aiuti. Situazione stazionaria.

Sofia
Ho sei minuti e la mente vuota. L’importante è parlare sempre ha detto il signor Voilant. Lui mi dirà cinque parole eio dovrò man mano inserirle nella storia. Etrusco. Che c’è scritto lì? “Fatevi ispirare dalle parole”. Iniziamo.
-c’era una volta un etrusco che non sapeva parlare e ai tempi degli etruschi era un problema no saper parlare. Allora decide di andare da una maga che si chiamava Viola perché aveva tutti i capelli di quel colore. Quando l’etrusco va dalla maga le chiede perché ha quei capelli orribili e allora la maga lo trasforma in un cane. L’etrusco-cane vaga per la città senza una meta perché a nessuno serve un cane che non sappia abbaiare ai ladri e alle pecore.-
-india-
-allora prova ad esercitarsi ad emettere qualche verso ma non ci riesce proprio e un unicorno, avendo compassione di lui, lo prende con se e lo porta in cielo. Tra le nuvole gli spiega che sta andando in India e li forse l’etrusco-cane troverà un po’ di fortuna. In una città dove c’era pochissima gente atterra l’unicorno che si mette a abbaiare-
No, gli unicorni non abbaiano! Che fanno gli unicorni Sofia? Pensa veloce!
–a nitrire e scalciare contro l’amico che scappa via pensando che quello era proprio matto. Da quel giorno i cani hanno sempre un cattivo rapporto con gli unicorni.
-luna-
Cosa c’entra la luna con il mio cane etrusco?cavolo!
–bè…diciamo che il cane è molto stanco e va dormire. Quando il mattino dopo si sveglia vede accanto a se una ciottola piena d’acqua e, dato che aveva molta sete, la beve. Però non bisogna mai bere se non si sa da dove sbuca fuori quello che bevi e dato che il cane-etrusco non lo sapeva si ritrovò ragazzo però nel 2005. ma quando si sveglia non ha i vestiti e se ne rende conto subito che ha bisogno di vestiti. in cielo c’è la luna, perciò dovrà aspettare la mattina dopo e si mette tranquillo. Però…no, niente però, volevo dire…che il cane-etrusco, che d’ora in poi chiamerò solamente Ce per comodità, non sapeva che servivano i soldi per comprare le cose-
-zuzzerellone-
-allora entra in un negozio e si prova un vestito che gli sta bene, va dalla commessa e le porge il guinzaglio di quando era cane. La commessa si mette a ridere e gli chiede se sta scherzando che è proprio un gran zuzzurellone. Ah, dimenticavo di dire che a Ce era venuta la voce. Però dato che alla commessa fa pena tutto nudo, gli regala un vestito che costa poco così Ce se ne va contento senza averci capito niente. Cosa vorrà poi dire zuzzurellone,ma!
-ultima parola Sofia, Concepzia-
-eh….eeeh. Cazzo! Ce gira un po’ per la città…..e si accorge di sapere leggere. Allora….entra in un negozio che sulla vetrina ha scritto Concepzia che vuol dire pensiero in latino, circa. E qui vede un bicchiere e beve e torna magicamente al cospetto della strega Viola: “ti sei divertito?” “no” risponde Ce che ora possiamo chiamre solo etrusco e si accorge che ha la voce. “io si!” dice Viola e scoppia a ridere guardando la sua sfera di cristallo. Allora Ce se ne va contento a dire a tutti che ora può parlare.-
Solo ventidue secondi ancora.
-comunque la morale della favola credo fosse che non bisogna mai accettare bicchieri d’acqua dagli sconosciuti perché potrebbe andare a finire male…-
-bene Sofia, diciamo che sei sufficiente. Hai una fantasia abbastanza sviluppata: passeai di coso.-

Sofia
L’obbiettivo era stato raggiunto e già il giorno dopo mi trovai in una nuova classe. La maggior parte dei mie compagni aveva credo uno o due anni meno di me, ma c’era anche qualcuno della mia età. Al cambio dell’ora vedevo sempre Michele e scambiavamo due parole. In classe affrontavamo dei veri dibattiti, come mi ricordo sognava facessimo il mio prof di religione alle superiori. Un giorno abbiamo parlato degli immigrati: “che senso ha distinguere dal colore della pelle? Allora io potrei dire che sono diversa da te perché tu hai i capelli rossi - ma non è così, si tratta di identità nazionale, è una cultura diversa – il modo di vivere di un occidentale sarà sempre diverso da quello di un africano – i marocchini ad esempio vivono alla giornata è quello il loro ideale – i cinesi lavorano troppo – anche Giulio studia più di me ma non per questo io non gioco a calcio con lui – il mondo è bello perché è vario – che stupida frase fatta! Il mondo è difficile perché è vario – già pensate essere tutti uguali: niente guerre – scioperi – carestie – pensiamo veramente che si risolverebbe tutto così? probabilmente l’uomo troverebbe un altro modo per emarginare qualche milione di persone e farle sentire inferiori – magari chi ha il naso troppo lungo! – o chi non si taglia le unghie dei piedi! – stiamo mettendo il problema della razza ad un livello molto superficiale – perché è questo che è! – però è vero che tanti neri rubano nelle case dei bianchi, lo dicono i giornali degli illusi – è perché noi li mettiamo nella condizione di comportarsi in quel modo – secondo me ogni uno se ne deve stare al proprio paese – e quelli che non ce l’hanno un paese? – ci sono tanti territori liberi, che ne occupino uno! – e quelli a cui l’occidente ha distrutto la patria per il petrolio o per la schiavitù? – si devono rimboccare le maniche e rimettere tutto a posto, tanto la beneficenza non manca mi sembra! O è forse giusto che vengano a rovinarci i nostri quartieri? – ma hanno il diritto di vendicarsi! – ma come ragioni?non sarebbe mai finita! -.”
Andiamo avanti così per tanto tempo perché qui dicono che, le idee che ti fai a questa età, andranno a formare la persona che sarai da grande. Discutiamo su Dio, sulla politica, sui luoghi comuni (personalmente odio Priscilla che dice che le piace studiare immersa nella natura. Che leccaculo! La trovo una persona veramente ipocrita.), sull’amicizia o sui film visti al cinema. Abbiamo parlato anche dell’amore: “secondo voi è possibile amare alla vostra età? – no, è un sentimento che rischiamo di vivere con troppa superficialità - certo, come Giada che si innamora di un ragazzo diverso ogni minuto! – zitto tu! – secondo me si può. Insomma, odio quelle persone che giudicano i sentimenti di noi ragazzi dandogli poca importanza, perché per noi sono veri – alla nostra età amare fa bene e male quanto da adulti – ma se vi piace un ragazzo e un mese dopo preferite il suo migliore amico!- cosa significa! Per il tempo in cui siamo state con quel ragazzo quello cha abbiamo provato era autentico e non lo neghiamo mica – allora è cotta, non amore – io dico che a quindici anni si può amare come un quindicenne! – giusto! e comunque non si può aspettare di essere maggiorenni per innamorarsi, perché a questa età hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino – io ho il ragazzo da otto mesi e stiamo benissimo. Non so se lo sposerò, è tanto tempo! Però di sicuro io adesso lo amo e lui mi serve per avere uno scopo quanto io servo a lui – amare in fondo è dare e ricevere. Più dare – anche al mio gatto do da mangiare e lui fa le fusa, ma non per questo lo amo! – bè, è sempre una forma d’amore…- tra rose e fior, nascè l’amor: matteo e il suo gatto si voglion sposar! – imbecilli! –l’amore non è superficiale, e molti di noi lo sono – già, e dopo le persone ci stanno male - quello che siete a questa età, è quello che sarete un giorno. Avete bisogno di fare esperienza e di amare. Se non siete capaci di amare adesso non lo sarete mai o comunque con difficoltà. È importante imparare a donarsi, voler completare la propria persona e cercare di raggiungere questo scopo con ogni mezzo .- ma quindi è possibile o no? – non è questa la questione, è una cosa soggettiva, ma secondo me si. Perché non esiste un amore platonico come molti credono.”.
Questa sera c’è una festa in paese e mi serve un cavaliere così zia Rosanna ha detto a Michele di accompagnarmi. Ci saranno dei bei e sani balli di gruppo.
-non ci sono discoteche qui, vero?-
-no- dice Michele – però ne ho sentito parlare-
-secondo me vi tengono troppo protetti qui dentro, siete chiusi in una sfera di cristallo a appena ne uscirete, gli illusi vi distruggeranno-
-è tanto diverso la fuori?-
-magari è un mondo più superficiale, o solo più frenetico dove le cosa bisogna conquistarsele. Però è sicuramente molto più reale di questo-
-Sofia? Io appena prendo il diploma voglio uscire da qui, magari potremo andarcene assieme..-
-sinceramente spero di andarmene prima, tutta questa filosofia mi distrugge-
-andiamo a ballare!-.
Che stupida che mi sento! Devo dire che Gabry Ponte mi manca un bel po’. Quanto è bello Michele, mi ci sto affezionando.
Andiamo insieme a sederci su un tronco tagliato con altri ragazzi. Alcuni li conosco e mi salutano. Mi ricorda tanto il falò sulla spiaggia di questa estate, dove per la prima volta ho fumato una giolla intera! Quanto ci eravamo divertiti! Mi ricordo di aver conosciuto due tipi, uno a cui piacevo, però credo di aver baciato l’altro..chissà se ho ancora i loro numeri?
-a cosa pensi?- mi chiede Cristina
-niente-
-come fai a non pensare a niente?-
-è un modo di dire, significa “niente che ti interessi!”-
-quando torni nel tuo mondo?- mi chiede Elena
-guarda che viviamo nello stesso mondo sia? Solo che voi credete di essere i migliori e vi siete riuniti in questa piccola setta, ma ce ne sono tante altre…-
-esistono altri reali?-
-si, esistono altre persone che credono di aver capito tutto della vita.-
-tu pensi che noi sbagliamo? –
Mi sembra di parlare con uno degli psicologi che lavorano con la mamma di Anna!
-bè, se sono degna di pensare, si! Voi vi illudete di lasciare spazio alla soggettività di ognuno, credete che con la vostra fottuta scuola le menti di voi reali si apriranno a nuovi orizzonti, ma non avete un minimo di esperienza, non sapete cosa significhi affrontare la vita e guadagnarsi le cose. Nessuno di voi sopravivrebbe più di un giorno nemmeno nel mio paesino, figuriamoci in città come Venezia!-
-perché non ci insegni te a fare esperienza, ad esprimerci?-
-perché qui mancano le basi: non c’è competizione. Mi sembra uno dei paesini di montagna dove mio padre va a rifugiarsi dallo stress del lavoro. Voi vivete bene, perché in fondo non avete problemi, o almeno non ve ne rendete conto fino a che uno un po’ diverso da voi non vi si piazza davanti. Mettete in moto le vostre menti, di questo siete capaci, no? Non vi rendete proprio conto che sembrate tante fotocopie? E non parlo del modo di vestire, ma dei vostri ragionamenti.-
-ma noi viviamo in modo diverso l’uno dall’altro, abbiamo opinioni diverse, diamo risposte opposte…-
-ma avete tutti lo stesso scopo che è quello di scoprire lo scopo di tutto quello che fate. Una cosa nobile ma, a mio modo di vedere, non ci troverei niente di male se a uno di voi in realtà non importasse un fico secco di questo.-.
E così vedrai che gli ho messi a tacere! Complimenti Sofia, non ti facevo così intelligente!

Piano piano la serata finisce e Michele e Sofia tornano a casa.
-pensi che sto sbagliando tutto?- domanda il ragazzo
-no. Dico solo che, come tutti qui, sei molto prevedibile. Ora i tuoi amici vanno a casa e si fanno la stessa domanda che ti sei fatto te, ne sono sicura. Questo è perché non convince mica tanto questa sfera di cristallo neanche voi. Ma è solo un mio parere-
-e cosa dovrei fare?-
-quello che vuoi e goderti la vita!-
-voi lo fate? –
-si. Però ci sono dei rischi. Ad esempio spesso c’è una tendenza a vivere e basta. Addirittura a volte si vive per gli altri neanche per se stessi-
-e tu come sei?-
-dipende..-
-da cosa?-
-dipende da quello che voglio fare che a volte è giusto e altre sbagliato-
Michele fa un cenno di assenso e continuano a camminare nella notte. Vedono il vecchio Jim che li saluta e canta “come mai, ma chi sarai per fare questo a me? Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te!” e ai due ragazzi resta in mente il ritornello degli 883 fino a quando non prendono sonno nei loro letti.

Andrea
Perchè nessuno mi crede?
- l’ho sentita, vi dico che ha parlato! Cantava tipo una canzone, almeno credo…-
-lo sappiamo che è difficile Andrea, e tu eri molto affezionato a Sofia, ma ti sarai sbagliato. Hanno detto che non ci sono miglioramenti. Ti prego, ora è meglio che torni a casa, mia moglie è già abbastanza scossa.-
-ma ne parlate come se fosse morta! È vostra figlia, cazzo!-
-ma lo capisci che non possiamo fare niente?!-
la madre della mia migliore amica scoppia in singhiozzi e il marito corre ad abbracciarla: tre settimane.

Sofia
“disteso su un burrone, la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare. Cosa sei disposto a perdere?” cosa sono disposta a perdere? Se me ne vado da qui cosa troverò fuori? Mi piace filosofia, mi sono affezionata a molta gente ma sento che devo andarmene. Fuori sarò da sola. Ma voglio tornare in discoteca, vedere gente sincera, voglio ladri e drogati, voglio paura e amore, non sopporto più di essere giudicata, se fumo fumo, se bacio bacio, se sono indifferente sono indifferente, voglio fare esperienze nuove e costruirmi idee che siano solo mie, voglio rischiare. E poi forse, voglio anche tornare a casa. L’hanno detto a scuola che cercare di non soffrire è una delle preoccupazioni più grandi degli illusi, così che rinunciano anche alla felicità.
Vivi come se dovessi morire domani e pensa come se non dovessi morire mai.
Andrò via il prima possibile.

A Sofia servivano un paio di pantaloni nuovi e anche una maglietta, perciò aveva bisogno di un idea per il baratto. Ma quale idea? Michele aveva bisogno di un po’ di chiarezza invece perché quella nuova arrivata gli stava sconvolgendo la vita. Elsa, Olga e Losca cercavano disperatamente una macchina o meglio un furgoncino perché avevano intenzione di andarsene e tornare a vendere tra qualche mese ma la Vitara era rotta. Come risolvere tutto ciò? A volte bisogna rimboccarsi le mani e concentrarsi a fondo, come nei compiti di matematica. Schivare il destino quando cerca di fermarti, saltare la pigrizia come si fa con un ostacolo e correre fino alla meta.

Sofia
Giorgi, il proprietario del negozio di vestiti in strada, mi ha assunto per sistemarli la vetrina. Dice che se davvero funziona con gli illusi forse vale la pena tentare. Decidiamo assieme lo stile del negozio e i capi migliori da esporre. Optiamo per il texano, sempre trendy e originale, con grandi cappelli da cowboy e quegli stivali bellissimi che ha anche Anna. Tre giorni di lavoro dopo scuola e abbiamo finito: è una meraviglia e poi finalmente ricevo ciò per cui ho lavorato. Quando torno da zia Rosanna, Losca è tutta intenta a scegliere la nuova macchina e nemmeno Olga si accorge dei miei pantaloni nuovi. Rosy viene verso di me e tutta contenta mi porge un pacchetto: mi ha regalato un diario! Che gentile! La ringrazio con tutta l’enfasi possibile (Odio chi non fa altrettanto quando riceve un regalo). Mi chiudo in camera mia e apro lo zaino.

Sofia fa tutto in fretta: sale le scale e prende la borsa di scuola. Tira fuori dall’armadio i pochi vestiti e li getta dentro. Controlla il portamonete: ha ancora dei soldi. Va in cucina e prende quello che trova da mangiare infilandolo in un sacchetto. Dalla credenza cade un barattolo e lei fa un salto. Con il cuore che ancora batte torna nella sua stanza. Si guarda nello specchio dietro la porta: le sono cresciuti i capelli e l’abbronzatura è ormai scomparsa. Si chiede da quanto tempo le sua ciglia non vedono un mascara. In quel mentre la porta si apre: è Mario che da una rapida occhiata in camera ma non vedendo la ragazza se ne va. Strano che non abbia sentito il rumore del cuore di qualcuno che si accinge a fare qualcosa di estremamente segreto, un bambino che mangia la cioccolata sotto le coperte, un adolescente che scrive il proprio diario. Passano cinque minuti prima che Sofia si azzardi a muoversi. Va verso il letto e chiude il suo bagaglio. Solo quando tutto è pronto sente bussare alla porta.
-posso entrare?-
-si-
-ti va di uscire un po’?noi andiamo al lago…-
-adesso?...no, non posso.-
-hai la voce che ti trema-
-fa freddo-
-posso sedermi cinque minuti?- chiede Michele dopo un po’.
-vieni- si, ok, non è proprio il massimo essere interrotti così nel bel mezzo di una fuga, ma che poteva dirgli?
-allora, che stai facendo sofy?-
-niente di importante, ho un po’ di sonno e volevo riposarmi. Chi andate al lago?-
-i soliti. Sei sicura di non voler venire?ci siamo divertiti tantissimo l’ultima volta!-
-e va bene, non ce la faccio a tenertelo nascosto. Ti devo dire una cosa,ok? Ma non devi dirla a nessuno, ok?mi fido?-
-dimmi!-
Sofia gli passa lo zaino e Michele lo apre.
-dove vuoi andare?-
-via-
-hai deciso di tornare nel tua mondo?-
-si. E lo so che sarà un casino e magari tu adesso dici tanto non lo fai e io ho una paura da morire perché sarò da sola ma qua non sono io e se sono partita per cercare me stessa devo farlo…capisci?-
Michele la guarda negli occhi -fammi venire con te-
-non credo sia una buona idea-gli dice Sofia accarezzandogli il volto.
Lui le prende la mano e la osserva: non l’ha mai vista così determinata. E così bella. Piano piano si avvicinano e si abbracciano forte per darsi coraggio in un mondo che li sta sfuggendo di mano. Stretti l’uno all’altro, lui le sfiora la pelle nuda della schiena, si distendono sul letto un po’ impacciati. Non si staccano, non ne vedono motivo. Forse perché ora non pensano più, vivono e basta cullati dai loro respiri e il rumore del cuore che batte forte.

Sofia
“adoro avere tutto questo tempo solo per me. Per vivere. È da soli che si è veramente se stessi, meglio se in spazi angusti e sopraffatti da sentimenti incontrollabili. Oppressi dalla paura dell’ignoto che divora i nostri corpi partendo dal cuore che batte senza una ragione, lo stomaco che sembra attorcigliarsi, gli organi sessuali che si irrigidiscono e la pelle d’oca. Soggiogati dall’equilibrio, dalla calma. Consapevoli e accetti che non si può essere padroni delle proprie membra e solo in parte della propria anima”.
-stupido libro del cazzo-. Credo che ricomincerò a scrivere: mi sembra una buone idea. Sarà questa biblioteca che mi fa tornare la voglia di stare al caldo nella mia stanza. Questa cittadina è un mortorio: sono tutti in vacanza a sciare. Ho scoperto che mi sono persa il natale e anche capodanno: scandaloso!...dove passerò la notte?

Caro diario,
sono nel cesso di un bar. Devo dire che è un bel posto: con le porte di legno e una luce calda. Appoggio le mani sul termosifone: fuori si gela. È bello. Mi sembra di mangiare una brioche calda con il latte, quello con la schiuma però. Vorrei morirci qui. Migliaia di formiche escono dal radiatore e si arrampicano sulle mie braccia. Mi invadono il corpo e penetrano in tutti i miei buchi. Sto ferma: non voglio muovermi, credo. Sto semplicemente qui ad aspettare che si insinuino nel mio stomaco e inizino a divorarmi sentendo nient’altro che un po’ di solletico. Mi sacrificherò per le formichine che hanno bisogno di cibo per crescere. Voglio essere comandata, sottomessa. Non pensavo che i miei padroni sarebbero stati degli insetti. Entra una donna e urla vedendo la mia faccia percorsa da tutte quelle minuscole gambine. Contesa fino alla fine tra rimorso, testardaggine, paura, infantilità e maturità. Circondata da genitori preoccupati, amori lontani, amori incompleti, amicizie intricate, falsità. Addio mamma, papà, Nicola, Michele, Andrea, Anna,… Piano piano mi accascio e non ci sono più per nessuno.

Caro diario,
non trovo motivo per andare avanti e camminare ma non ho neanche la forza di sedermi. Passa una macchina, un’altra. Vorrei solo potermi fermare qui, in mezzo alla strada e attendere che le mie membra si intorpidiscano fino a congelarmi. “Se non hai ragione per vivere non trovarne una per morire” diceva Jim Morrison. Però, molto probabilmente, lui è morto di overdose.

Sofia non può continuare così. Non può passare le notti all’aperto o nei locali. Non può dormire in un bagno pubblico. Gennaio è freddo. Una bambina come lei dovrebbe stare in una di quelle scatolette di vetro a pattinare ed attendere la neve col sorriso.

Caro diario,
non l’ho trovata me stessa, quella bambina che avevo perduto molto tempo fa. Anzi, ho perso anche il posto che mi ero guadagnata nella società. Non ho più niente, non sono nessuno. Voglio tornare a casa, ma neanche si ricorderanno di me, mi crederanno morta magari. Tutti i miei sogni buttati al vento: non sarò mai una grande tennista, non sarò mai ricca, non supererò nessuno.

Sofia è arrivata in autostop fino in città. Nessun maniaco in vista per fortuna. Trova un parco vuoto e una panchina su cui si distende e cerca di addormentarsi mentre il sole tramonta. Saranno state le dieci quando un gruppo di diciotenni le si avvicina e la sveglia. Le chiedono chi è e cosa ci fa li: quello è il loro posto. Sono quasi tutti maschi... In fondo che importa? Le sue gambe non le rispondono perciò non potrà scappare. Ormai è troppo tardi. Le alzano il viso
-te ne devi andare, capito?- dice una ragazza.
-dove?- risponde Sofia sommessamente. E chiude gli occhi.
-cazzo, ma che hai?-
-sta qua è scappata di casa sicuro-
-o si è cannata un po’ troppo-
-bimba,. Non ti sembra ora di tornare a casa?-
-dove abiti? Se hai problemi al massimo ti da un passaggio uno di noi-. Nessuna risposta. È quasi buffa la scena, così irreale e allo stesso tempo così vera. Chiunque sia disteso sui quella panchina, capiscono i ragazzi, è preso proprio male.
-datti una reffata Edoardo! I tuoi non sono via una settimana?-
-si, e allora?-
-e allora cazzo, prendila e portala a casa tua!- Edoardo è titubante: una sconosciuta, magari una ladra…e chi si fida? Si aggiusta gli occhiali e dice ad Alessio che è fuori discussione. Poi è così piccola…
-ma lasciala qui, che te ne frega?-
-ma sei coglione? Ne avresti il coraggio? Vabbè, la prendo io.-
Alessio da un colpo alla ragazza e la aiuta ad alzarsi. Le dice di darsi una svegliata, che casa sua è qui vicino ma non ha alcuna intenzione di portarla in braccio, la ospiterà una notte. È molto carina, ma Edoardo ha ragione: non sembra un tipo di cui fidarsi.

Sofia
Mi dice di aiutarlo a chiudere i balconi, gli rispondo che sono stanca ma non mi sta a sentire. Così lentamente apro ogni finestra e abbasso ogni serratura. Man mano l’orizzonte sembra perdersi sempre più confondendo cielo e palazzi. Sembra che la notte diventi sempre più buia. Quando la mattina mi alzo lui non c’è ma trovo un biglietto (al solo pensiero dell’ultimo biglietto che io ho scritto mi si appannano gli occhi!) che dice di stare tranquilla e aspettarlo a casa fino alle due. Mi siedo sul letto in una camera che da l’idea di vecchi sposi. Giro un po’ per quell’appartamento: è povero ma ugualmente disordinato. Non ricordo quasi niente della sera precedente, chissà com’è questo tipo che si firma Alessio… forse non avrei dovuto ma inizio ad aprire tutti cassetti che trovo. Mi aspetto tanto una pistola quanto una bibbia. Trovo una penna sotto un maglione colorato così ricomincio a scrivere.

Caro diario,
vorrei dirti quanto sono cambiate le cose dall’ultima volta che ho scritto, raccontarti entusiasta che ora amo la vita e che finalmente conto qualcosa, ma l’unica differenza sta nel fatto che ora penso seduta su un vero divano. Ieri un ragazzo mi ha preso e portato a casa sua. Lo so, sono pazza ma l’ho lasciato fare tanto ormai non sono più io: il mio corpo non mi appartiene, nemmeno questa mano che scrive è mia e la mia anima probabilmente mi ha abbandonata. Dio si è preso il mio cuore dimenticando sulla terra il fisico. Non sono nessuno. Nessuno ricorda che esisto, per nessuno conto, quindi non sono nessuno. Se non posso specchiarmi negli occhi della gente, se non posso arrabbiarmi, sfogarmi, divertirmi, confrontarmi, formarmi con la gente allora non sono nessuno. Nemmeno dio ricorda la mia esistenza: non sono più andata a messa quindi probabilmente crede che io mi trovi ormai sotto terra. Poveretto, anche lui può sbagliarsi qualche volta. DIO! Dove sei? Mi senti? Sono ancora qui. Mi hai dimenticato.

Alessio entra in casa e quasi sussulta sentendo dei rumori nell’angolo cucina, poi improvvisamente si ricorda che ora divide l’appartamento con un’altra persona. Sofia è seduta al tavolo da pranzo.
-vuoi un caffè?-
-sì grazie-
-come ti chiami?-
-Alessio, tu?-
-Sofia. Senti, scusa se…sono qui. E comunque grazie.- dice lei con tono imbarazzato.
-non fa niente.-
-bè, volevo solo salutarti prima di togliere il disturbo, ma ora vado.-
-dove te ne vai?-
qualche istante di silenzio –da mia zia, abita qui vicino-
-in che via?-
-lì…in fondo alla strada…-
-non c’è nessuna zia vero?- Sofia abbassa gli occhi.
-quanto hai intenzione di fermarti?-
-scusa?-
-ormai sei qua, tanto vale.-
-bè…non lo so. Quando vuoi che me ne vada lo farò, intanto magari posso darti un po’ di soldi…-
-quanto hai?-
-200 euro-
-vabbè, lascia stare! Non preoccuparti e fermati pure quanto ti va. Ma ti avverto: non voglio problemi, ok? Sei una minorenne quindi nessuno deve sapere che stai da me. Se per caso incontri un vicino digli che sei mia cugina.-
-ok. E grazie. Tanto.-
-vabbè, dato che probabilmente convivremo per un po’ raccontami qualcosa di te!-
Così Sofia inizia a parlare di se stessa, senza vergogna tanto quello è uno sconosciuto e non ha paura di essere giudicata. Non è un racconto troppo personale, non esprime grandi emozioni, ma dice solo l’essenziale. Lo rassicura dicendo che è una brava ragazza: niente alcool e droghe, niente precedenti penali,… Ora tocca a lui raccontarsi
-perchè sei vestito così?-
-così come? – in effetti, confrontando i due ragazzi, un estraneo non avrebbe avuto dubbi nell’indicare lo straccione!
-non prenderla come un offesa ma da quanto è che non ti tagli i capelli?-
-non me lo ricordo, perché? È un problema?
-no no, figurati! Cosa sei: un rasta, un hippy,…?-
-macchè, stai scherzando? Ho sempre trovato di pessimo gusto classificare le persone come se fossero delle piante!sono me stesso e basta, senza aiuti esterni.-
-ieri sera…fumavate canne?-
-cos’è, un interrogatorio? Comunque si, ci aiutano a comprendere meglio la realtà-
-questa giustificazione mi è nuova!-
-hai finito con l’interrogatorio ragazzina?vorrei bere il mio caffè!-
Sofia lo versa in due grandi tazze blu aggiungendo al suo del latte. Lui fa un commento sarcastico dicendole che si è ambientata bene nella nuova casa, lei lo guarda storto e piano piano iniziano a stabilire un contatto.

Per la notte Sofia è tornata a dormire nel letto dei genitori di Alessio. Fatica ad addormentarsi, sta prendendo una decisione importante. Accende la lampada sul comodino e tira fuori il diario dallo zaino
Caro diario,
ormai sono giunta alla fine: una settimana e poi dovrò lasciare anche questo posto. Ho deciso di mettermi nella strada di casa. Farò l’autostop o qualcosa del genere. Ho paura. Cosa dico ai miei genitori, cosa diranno loro? Li abbraccerò, spiegherò che mi dispiace tanto, che credevo di dovermene andare da quel posto dove il mio destino sembra già scritto. Li dirò che li amo con tutto il cuore, anche a Jasmine. Non so se lo penso, ma li farà felici e sarà questo che conterà. Poi dovrò tornare a scuola: probabilmente riconoscerò Andrea e Anna tra i banchi, ci guarderemo e diremo un ciao imbarazzato. Scorgerò Livia, Giacomo e tutti gli altri nei corridoi. Forse mi passeranno davanti senza neanche riconoscermi. Nessuno parlerà della festa di Halloween, ormai passata da troppo tempo per loro. E per me? Non sono capace di dimenticare. Vivo nei ricordi. A volte mi chiedo se il passato non sia un male. Alla fine le esperienze che ti restano in mente sono quelle più brutte, le persone che ti hanno fatto soffrire. Forse dovrebbero fare dei corsi dove insegnano a cancellare i ricordi tipo nel film “Se mi lasci ti cancello”. Non sono mica tanto sicura che la memoria sia una qualità di cui vantarsi. Sarebbe meglio imparare a avivere come facevano gli hippi: senza pensieri e rancori. Non so prop..

Alessio entra nella camera da letto. Sofia si blocca col diario in mano realizzando che è meglio far finta che sia tutto normale stare tranquilla così magari il ragazzo se ne andrà prima.
-non spaventarti, ho visto la luce accesa mentre andavo in cucina e pensavo avessi bisogno di aiuto.-
-tutto ok, grazie. Solo che non riuscivo a dormire. Scusa, mi sento così stupida!-
-sii sempre te stesso, nessuno potrà dire che lo fai male.-
-cosa?-
-no, niente, è Jim Morrison. Buona notte.-

Sofia
Il giorno dopo torna per pranzo. Era sabato, l’ultimo giorno della settimana lavorativa. Ho preparato una pasta con un vasetto di sugo che ho trovato mezzo finito nel frigo. Lo guardo mangiare e raccontarmi la sua giornata. Vedo i suoi occhi illuminarsi come stelle ogni volta che accenna ad una certa Silvia. Parla tranquillamente come se ci conoscessimo da tanto tempo, non un velo di imbarazzo. Io annuisco e sorrido, intanto penso all’incenso che tante volte ho acceso nella mia camera, che copriva gli odori del mondo e mi lasciava sola davanti al computer col naso che un po’ mi prudeva. Ma in quel momento non ho voglia di dar fuoco a un bastoncino profumato: voglio stare ad ascoltare Alessio e assorbire la sua voce invece del fumo. Poche ore dal nostro primo incontro e già conosco molte cose di lui: i colleghi di lavoro, la musica che ascolta, la famiglia, cosa fa sabato e cosa domenica. Mi invita ad uscire con i suoi amici oggi pomeriggio ma mi sento a disagio perché lui è più grande. Gli dico che non ho voglia di conoscere nuove gente, senza offesa.
-perché?-
perché ho già troppe persone in testa, troppi problemi. La relazione con il mondo non è facile, non sono Pollyanna che vive spensierata amando tutti e venendo amata da tutti.

Anna
Domani saranno 39 giorni. Ci ho pensato tanto. Un po’ a tutto. Ho pensato alla mia vita e ai miei sogni. Ho pensato a tutte quelle domeniche che andavamo a fare colazione da Mario invece di andare a messa. Ho pensato che adesso lo prego tanto il Signore invece, e gli prometto qualunque cosa purchè le giornate tornino ad essere piene. Sono un po’ dimagrita, ora peso 55kg. Sto prendendo in seria considerazione l’idea di diventare magra magra. Tanto per fare qualcosa, per tenermi impegnata, per essere troppo sopraffatta dai morsi della fame per ricordarmi che non ha senso mandare messaggi al cellulare di Sofia.

Andrea
Fumare è uno dei piaceri della vita. Lo senti dentro quell’odore che si trasforma in sapore. Dentro il tuo corpo. Aspiro ancora. Tanto non penso che a Dio interessi: qualche grande capo della chiesa ha frainteso. Avete presente la puntata dei Simpson in cui Lisa crea un mondo dalla muffa? Bè, secondo me è un po’ così. qualcuno di potente e inumano ci ha creati e questo nessuno lo mette in dubbio. Solo che poi si è stancato del giochetto di disegnare organismi unicellulari su vulcani e paludi e col passare del tempo per sbaglio è nato l’uomo. Ecco, le sento ancora quelle lacrime venirmi su fino a rigare le guance. Il Dio di cui tanto si parla non ha un progetto per tutti: altrimenti qual’era il progetto per Sofia? Svegliatevi Chiesa: lodate il vento la terra che gira e la notte. Non c’è protezione sul destino delle persone o sui loro sentimenti. Per queste cose ci siamo solo noi con psichiatri e medici. Altrimenti che bisogno ci sarebbe stato di inventare mestieri del genere? Piango.

Domenica è la stessa storia: Alessio tenta in tutti modi di convincerla, deciso a scoprire un’altra faccia di quella ragazzina che da un giorno all’altro gli piomba in casa, e ci riesce. Neanche da dire l’imbarazzo che prova Sofia: non sa cosa mettersi, come dovrà parlare. Arrivano assieme in macchina davanti al cinema in piazza: Alessio la presenta, qualche ragazzo se la ricorda. Sofia sorride, guarda la gente e i loro vestiti.

Sofia
Mi sono incantata a guardare il modo in cui le dita di Davide, credo si chiami così, si chiudono sulla sua Winston. Quanti ricordi riaffiorano pensando a quel pacchetto bianco e blu che gli esce dalla tasca. Cerco di sembrare disinvolta ma non riesco a dare confidenza a questi ragazzi con pantaloni larghi e voci troppo alte: non vedo l’ora che inizi il film per potermene stare seduta tranquilla. Stanno tutti chiacchierando allegramente e cercano di rendermi partecipe credo, ma mi sento in imbarazzo. Ci passano vicino due ragazzi con i capelli pieni di gel e i Jeckerson. Forse dovrei alzare la mano e dire: “hei, scusate, avete fatto un errore. Io sono come quei due, vedete? Sono vestiti, sono risate, sono normale”. Mi si avvicina una ragazza con gli occhiali e i capelli lunghi neanche un po’ scalati. Allunga il braccio coperto da una felpa con scritte ignote e mi da il biglietto per entrare nelle sala.

Giada
Credo che Alessio si sia sbagliato, quella è completamente vuota, può fare la simpatica quanto vuole ma resta comunque una ragazza superficiale per quel che mi riguarda.

Davide
Ci guarda tutti come se non fossimo alla sua altezza. Poverina, in fondo mi dispiace per lei. È chiaro che non si sta divertendo neanche un po’, credo che abbia capito che quel trucco perfetto è sprecato.

Edoardo
Lo avevo detto ad Alessio di non portarsi a casa quella Sofia! Poi portarla con noi non è proprio il massimo neanche per lei probabilmente. Scommetto che si sta chiedendo: “cosa ci faccio con questo branco di sfigati?”. Ragazzina, la vita è qualcos’altro, ricorda che di quelle come te il mondo è pieno, non ne serve un’altra, manco fossi così figa!

Il film è “La ragazza della porta accanto”: divertentissimo! Fuori dal cinema il cielo già scuro tenta di ricoprire una città dove, prepotenti, le insegne luminose combattono il buio. Gli amici escono e un tipo con la cresta urta Gloria che si sente dire “spostati negra”. Il ragazzo alto che era seduto vicino a Sofia in sala fa per avvicinarsi alla persona in questione ma viene trattenuto da Davide –lascia perdere- gli dice.
–hai problemi?- chiede Sofia al ragazzo con la cresta.
-mai più di te- risponde lui con sarcasmo.
-a me invece sembri uno che fa tanto il duro ma che in realtà si piscia addosso!-
-senti ragazzina, che vuoi?-
-voglio che le chiedi scusa e che pensi un attimo all’assurdità che hai detto-
-ti credi tanto intelligente?-
-abbastanza da non avere la mentalità del mio bisnonno che segregava gli africani pensando che fossero neri perché sporchi-
-il tuo bisnonno aveva ragione: potevano starsene a casa gli africani, tanto quanti i cinesi e gli albanesi-
-ma che stai dicendo? Dove le hai trovate queste frasi, nel segnalibro di forza nuova? Ma cresci, è la gente come te che rovina il mondo-. Il ragazzo con la cresta afferra il braccio di Sofia ma Edoardo lo interrompe e nel giro di pochi istanti tutti si allontanano.

Sofia
Stiamo andando al parco, quello dove mi hanno trovato qualche sera fa. Edoardo fa qualche battuta amichevole chiedendomi se mi sento bene o se ho bisogno di distendermi un po’ sulla panchina. Tirano fuori qualche giolla o rullano tabacco. È una serata fredda e non farei uscire le mani dalle tasche neanche per uno snikers.

-Edoardo ha detto che lo hai sorpreso- mi sento dire il giorno dopo.
-davvero?-
-uh uh-
-e che vuol dire?-
-bhe così-
-daaaaai, spiegami!-
-Insomma, il modo in cui eri vestita, quell’aria da “una che se la tira” con cui guardavi tutti dall’alto al basso, ha detto che non sei te. Non so dove tu sia cresciuta Sofia, non vuoi raccontami molto e rispetto la tua decisione, ma è chiaro che sei una persona molo diversa da come vuoi apparire. Tu hai paura di te stessa.-

Caro diario,
alla fine sono andata con loro e mi sono anche divertita. Però quel vuoto che è dentro di me non accenna a volersene andare. Basta che dia uno sguardo in giro e per quanto sia felice non posso fare a meno di scorgere una maglia, una canzone che mi ricordi da dove vengo. Sto diventando monotona sempre Andrea - Nicola - Matteo e sarebbe opportuno contare anche Dio. Insomma, io ci credo in lui e a volte sento tanto la sua presenza, ma non posso credere che lui abbia il potere di intervenire nel corso della vita. Sicuramente ci ha creato, probabilmente ci assegnerà al paradiso o all’inferno, ma qui sulla terra ci abbandona con un libro pieno di buoni propositi e ci dice: “arrangiatevi”. Non sono stupida, ho visto tante cose cattive e so che ne esistono di peggiori e non penso che il Dio per cui prego permetterebbe tanto male. Altrimenti sarebbe cattivo. L’altro giorno ho visto una scritta su un muro: “il Signore non è stato proprio signore con Fabio, non gli ha concesso la rivincita”. Alessio mi ha spiegato che Fabio era un ragazzo del quartiere con cui andava alle medie e che è morto in un incidente poche settimane fa.

-tu ci credi in Dio?- gli propongo.
-certo, ma nel Dio di una religione inventata da me! Ah la mia piccola Sofia, non incolpare un terzo se qualcosa della tua vita non ti piace.-

Alessio è in bagno che si prepara perché oggi esce con Silvia finalmente. Lui dice che non vuole impegnarsi e che non è un appuntamento ma Sofia sorride vedendolo tutto agitato. Lo guarda indossare la giacca e ha voglia di dirgli ti amo. Non perché le piaccia, solo per dire ti amo a qualcuno. È incantata a fissare l’attaccapanni quando lui se ne va salutandola.
Più tardi arriva Edoardo a cercare Alessio. Lei gli apre e lo informa che il padrone di casa è uscita con una tipa. Poco male le risponde Alessio e si accomoda accendendo la tv e dicendo che lo aspetterà. Sofia allora si siede anche lei sul divano e immancabilmente il telecomando schiaccia 201: il canale delle partite di calcio. Il divano è stretto e Alessio non da segno di volersi stringere più di tanto. Scherzano per cinque minuti che sembrano un’infinità nel clima di imbarazzo che logicamente li assiste. Si sfiorano la mano rubandosi il telecomando più volte. Poi lui la tiene ferma e chissà per quale scherzo del destino finiscono uno sopra l’altra ridendo. Allora lui velocemente le si avvicina e la bacia e inizia a toccarla quasi con violenza. Sofia vede come in un film l’abbandono totale, la mancanza di controllo e di senso nelle azioni. Scorge una crepa sul muro e li nasconde la sua coscienza a spiare la scena. Partecipa e anche lei lo bacia. Edoardo si slaccia i pantaloni e allunga il busto cosicché la bocca di Sofia non si trovi più un’altra bocca davanti. Alla tv il Milan fa goal e Edoardo urla contento. Si rialza e va in cucina a prendere qualcosa da bere.
Scorgeva in lui l’entusiasmo dei bambini. La rendeva così semplice che si sentiva patetica a desiderare tanto quella voglia di vivere. Ma piano piano si abituava. Come il calore si trasferisce sempre ad un corpo più freddo, così i modi sinceri di Alessio le sfioravano il cuore e Sofia iniziava a capire dove stava la felicità, come si impastava la ricetta per essere sereni. Ora capiva perché era stato così facile distruggere il mondo di casa, capiva perché a filosofia le persone non si accontentavano mai. Felicità non è avere tutto ciò che si desidera ma desiderare tutto ciò che si ha. O che si è. I giorni passavano e in lei si faceva strada un nuovo sentimento: la voglia di tornare. Ad un certo punto della vita un ostacolo ti si para davanti e tu hai due chances: puoi affrontarlo o cambiare strada. Me se cambi strada devi metterti a correre più veloce che puoi per recuperare il tempo perduto. Sofia galoppava in sella al tempo senza preoccuparsi che la sua persona la seguisse. Era un corpo che fluttuava nell’aria, vuoto dentro. È stato Alessio a fermarla. Lei si è guardata attorno e si è accorta di correre in un tunnel nella direzione sbagliata quando invece l’uscita è così ovvia. “È il momento di ricominciare a cercarmi togliendo la benda dagli occhi” pensò tra se.

-posso usare il tuo computer per vedere la mia mail?-
-sei più civilizzata di quanto credessi!fai pure truzzetta ma io ora scappo.-
Sofia accende il display, quanto tempo! Digita il codice d’accesso lentamente, le mani non più abituate a scorrere su una tastiera. “Hai due nuovi messaggi” la saluta yahoo.

Da: “Nicola Missoni”
A: “Sofia Siepi”
Oggetto: ciao
Data: Tue, 01 Gen 2006 16:25:34 +0100

Ciao Sofy!
È da un po’ che non ci sentiamo comunque buon anno!! (-:

Il cuore inizia a batterle: Nicola? Oddio che bello! Si, è proprio lui, quanto tempo davvero… Che fare ora? Ripensa ai suoi occhi, ai momenti passati assieme: le volte che hanno mentito ai genitori per vedersi, la vacanza studio, le feste. Si guarda il polso: non c’è più il bracciale che lui le ha regalato alla partenza. Nessun segno sul suo corpo lascia tradire il fatto che lui un tempo l’abbia strinta e amata. Cancellare o rispondere? In fondo ormai non ha nessuna importanza, forse la loro storia non era mai stata così profonda come aveva sempre voluto credere. Senza forse. Alla fine ha ragione lui…


Da: “Sofia Siepi”
A: “Nicola Missoni”
Oggetto: ciao
Data: mon, 07 Gen 2006 11:25:06 +0100

Ciao Nicola!
Scusa se ti rispondo adesso ma sono successe un po’ di cose strane! Cmq grazie mille auguri anche a te!ciao

Semplicemente. Invia. Poi torna su messaggi ricevuti e apre l’altra mail: è inviata da se stessa. Probabilmente sono i compiti che poi avrebbe dovuto aprire nell’ora di informatica a scuola…se solo ci fosse andata, così decide di aprirla per poi cancellarla subito.

Da: “Sofia Siepi”
A: “Sofia Siepi”
Oggetto: volevo essere un’altra
Data: mon, 06 Gen 2006 16:40:06 +0100

È incredibile quanto questo viaggio mi abbia cambiata. Sembra un po’ di essere dentro un libro tipo “la vera storia di Charlotte Doyle” o “Capitani Coraggiosi”, che parlano di ragazzi troppo ricchi, abituati a vincere sempre che di colpo si ritrovano a dover lottare per sopravvivere e riscoprono i veri valori di un uomo. È quello che è successo a me: ero accecata come una stupida dalle firme, tutta tirata come se nuda non riuscissi a stare bene con me stessa. E poi ho visto il mondo ed ero un tipo, non una qualsiasi, una delle tante e dai tanti, ma ero io vera. Ho visto gente “normale”, reale, non stereotipi di cantanti famosi e attrici. Mi sono sentita a casa, mi sono ascoltata. Desideravo scappare, ma la difficoltà stava nell’imparare a tornare. Sono cambiata tantissimo durante questo inverno. I miei amici, la fuga che non è mai avvenuta realmente, Nicola che mi appare semplicemente per quello che è, Edoardo a cui vorrei un bene dell’anima, tutto ciò che è successo prima mi sembra un passato lontano. Ero innamorata dei luoghi dove erano nate e cresciute le persone, ma non delle persone. Mi sembra di essere stata portata per mano da un angelo, e mi sento così forte da poter essere io un angelo. Magari non ci crederà nessuno, magari Anna e Andrea nemmeno se ne accorgeranno, però ora sono io. Sono serena. Mi sento a casa in qualunque luogo, perché è il mio corpo la mia dimora. Magari ora potrei mettere una frase di Jim Morrison ma, e mi dispiace, lui non ha mai provato quello che io sento ora. Sono me stessa, non mi stancherò mai di ripeterlo.

All’ospedale c’era un gran via vai come sempre, forse di più oggi. Quando Giorgia, la mamma di Sofia, è uscita urlando in corridoio e chiamando un medico almeno dieci persone si sono girate a guardarla. Il camice bianco ancora aperto il dr. De Pieri è arrivato correndo.
-ha aperto gli occhi, ha aperto gli occhi!-
il marito di Giorgia ha alzato gli occhi sulla moglie. Avete presente quei momenti in cui vi sentite tutta la faccia tirare e avete freddo, in cui il cuore comincia un pochino a tremare e gli occhi a luccicare; quando un sorriso vi si allarga sul volto e vi sembra di avere in testa un’insegna luminosa con scritto “sono felice”?
-si è ripresa!- annuncia il dottore. La gente in corridoio applaude, i due sposi si abbracciano e corrono nella stanza di ospedale che ospitava la loro figlia ormai dalla notte di Halloween.
-amore, figlia mia! Noi l’abbiamo sempre saputo che non ci avresti abbandonato! Jasmin, corri ad abbracciare tua sorella. Sei viva, sei viva!-
Tra l’emozione generale Sofia ha davvero riaperto gli occhi, proprio quando i quaranta giorni di speranza di uscire dal coma dovevano sfumare. Vede un soffitto bianco e facce famigliari, lontane ormai da troppo tempo. Vorrebbe anche lei alzarsi dal letto e saltare ma i muscoli non le rispondono ancora. Ci vorrà un po’ prima che si riprenda completamente. Forse è meglio così perché ha proprio bisogno di riordinarsi le idee: non è facile tornare alla realtà dopo un sogno che sembrava così vero.

Sofia
Il medico ha mandato via i miei genitori dicendo che dovevo riposare. E’ entrata un’infermiera ma credo di essermi riaddormentata quasi subito perché non ricordo nient’altro. Adesso sta per riaprire l’orario visite: sento mia madre fuori dalla porta che scende a patti con l’infermiera per entrare un po’ prima del previsto. I giorni scorrono lenti: dormo e penso tutto il tempo. Cerco di sorridere alla mia famiglia ma mi vengono fuori strane smorfie! Jasmin mi racconta quello che sa dell’incidente: altro che l’avventura con Olga, Elsa e Losca, a quanto pare sono stata investita correndo a casa quella sera ed il resto non è stato che un sogno. Eppure ogni emozione sembra ancora così viva in me. Mi sorprendo a chiedermi cosa dirà Edoardo non vedendomi quando tornerà a casa! Ma più di tutto penso alle persone che tanto mi sono mancate nel Sogno. Andrea ed Anna non sono ancora venuti a vedere come sto, forse ormai si sono dimenticati di me. Magari credevano che sarei rimasta addormentata per sempre e si sono trovati nuovi amici. No, non può essere! Perché non arrivano?

Anna
Forza, ce la posso fare. Dio che voglia che ho di rivederla. Apro la porta e Sofia è li distesa con gli occhi chiusi: forse sta dormendo, non posso disturbarla, è destino! Faccio per andarmene quando gira il volto.
-Anna!-
al diavolo quella sera, le corro incontro.
-Sofia! Oddio, scusa, è tutta colpa mia, potrai mai perdonarmi? Cosa ho fatto? ero ubriaca, ha iniziato lui. È tutta colpa mia. Ti voglio bene. Però lo capisco se non vuoi più rivedermi ok? A me non piace Matteo, e neanche io piaccio a lui, è stato tutto un errore!Anzi, mi stava parlando di te e poi non so come è successo che ci siamo baciati… Ti prego, dì qualcosa!-
-Anna, anche io ti voglio bene!- e piangiamo tutte e due, come delle stupide.
-sapessi cosa mi è successo, ho un sacco di cose da raccontarti- dice lei.
-se tu che hai passato le ultime quattro settimane qui hai un sacco di cose da raccontarmi, figurati io quanti nuovi gossip ho!-
-solo quattro settimane?-
Grazie Signore, grazie perché l’hai salvata, e perché mi ha perdonata. Sapevo che la nostra era un’amicizia troppo grande. Prometto che mi comporterò sempre bene, grazie Signore! In quel momento si apre di nuovo la porta ed entra Andrea. Abbiamo entrambe un tuffo al cuore. Non lo vedo da molto, a parte le volte che lo incrocio in corridoio. Credo mi ritenga responsabile per quello che è successo. Come sei cambiato Andrea, hai i capelli più lunghi, gli occhi diversi. Ti sei appena fatto una canna?
-se… se volete torno più tardi…-
-Andrea!- urla Sofia –non ci pensare neanche! Oh, credevo che non sareste mai venuti, che mi avreste dimenticato. Ho pensato tanto a voi, soprattutto a filosofia: al giorno che sarei tornata a casa e vi avrei rivisto, a cosa dirvi,… certo, non me lo immaginavo così, ma d’altronde non sapevo di essere in coma! Edoardo l’aveva detto: non mi avete dimenticato!-
-Sofia, cazzo, allora sei veramente tu! Non sapevo cosa fare, non sapevo se venire. Quante volte ti ho parlato mentre dormivi.- mi intrometto nella conversazione e dico che esco un attimo a prendere un caffè.
Meglio lasciarli un po’ soli. Non posso crederci, tutti e tre di nuovo assieme!

Nella stanza la conversazione continua.
-cosa significa che mi hai parlato?- chiede Sofia ad Andrea.
-significa che venivo a trovarti e ti guardavo mentre tu eri distesa con gli occhi chiusi. Ti ho visto sorridere una volta e un’altra sembrava cantassi una canzone. Io ti vedevo viva ma nessuno mi credeva. Tua padre non si è mai staccato dal tuo letto: sono settimane che non va a dormire a casa.-
-e io non sapevo niente. Cosa mi dicevi?- chiede lei teneramente. Andrea è molto imbarazzato
-non so. Parlavo di quella sera, o di tutto quello che avevamo passato assieme. Ti raccontavo cosa facevo a scuola e ti chiedevo dove fossi tu invece, con la tua mente. È imbarazzante e sembra stupido raccontato così. soprattutto pensavo all’ultima volta che ci siamo visti e mi chiedevo cosa ti ricordassi tu…-
-credo di ricordare tutto. Di certo ricordo quando mi hai dato della troia!- lui sorride –e io mi ricordo del tuo schiaffo invece!-
–ma anche quando mi hai baciato.-

Andrea
Quante volte ho pensato a quando insieme avremo rivangato i ricordi di quella sera, e ora non so cosa dire. “Quando l’ho baciata”. Cosa si aspetta ora? Cosa devo fare? Forse vuole che le dica che è stato tutto uno sbaglio e che possiamo dimenticare e tornare migliori amici. O magari vuole che lo faccia di nuovo. Baciarla intendo.

Sofia
Siamo zitti da trenta secondi, che imbarazzo! Magari non dovevo tirare fuori questa storia ma far finta di aver dimenticato tutto. Cosa si aspetta che faccia? Forse vuole che lo baci io questa volta. Nel viaggio in macchina quanto ho pensato alle sue labbra, ma adesso non so come comportarmi.

Al diavolo. Non importa cosa vuole uno o cosa vuole l’altro, basta fare quello che ci sentiamo di fare! Sofia e Andrea si abbracciano stretti, che emozione sentirsi di nuovo vicini. Lui si alza e va a chiamare Anna. La trova seduta in corridoio
-siamo stati stupidi- le dice.
-lo credo anche io. Forza, torniamo dentro che dobbiamo recuperare!- si sorridono di nuovo. Andrea, Sofia, Anna. Di nuovo assieme. Si guardano e si riconoscono uno negli occhi dell’altro. È una vera amicizia la loro.

Sofia
Un paio di settimane e inizio a riprendermi. Domenica riesco per la prima volta a spostarmi in carrozzina. Nel pomeriggio verranno a trovarmi un po’ di amici, ma prima ho una cosa da fare. Vado in sala computer e mi connetto ad internet grazie ad un vecchio modem: apro la mia mail e comincio a scrivere

A: “Sofia Siepi”
Oggetto: volevo essere un’altra
Data: mon, 06 Gen 2006 16:40:06 +0100

È incredibile quanto questo “viaggio” mi abbia cambiata. Sembra un po’ di essere dentro un libro tipo “la vera storia di Charlotte Doyle” o “Capitani Coraggiosi”, che parlano di ragazzi troppo ricchi, abituati a vincere sempre che di colpo si ritrovano a dover lottare per sopravvivere e riscoprono i veri valori di un uomo. È quello che è successo a me: ero accecata come una stupida dalle firme, tutta tirata come se nuda non riuscissi a stare bene con me stessa. E poi ho visto il mondo ed ero un tipo, non una qualsiasi, una delle tante e dai tanti, ma ero io vera. Ho visto gente “normale”, reale, non stereotipi di cantanti famosi e attrici. Mi sono sentita a casa, mi sono ascoltata. Desideravo scappare, ma la difficoltà stava nell’imparare a tornare. Sono cambiata tantissimo durante questo inverno. I miei amici, la fuga che non è mai avvenuta realmente, Nicola che mi appare semplicemente per quello che è, Edoardo a cui vorrei un bene dell’anima e Michele; tutto ciò che è successo prima mi sembra un passato lontano. Ero innamorata dei luoghi dove erano nate e cresciute le persone, ma non delle persone. Mi sembra di essere stata portata per mano da un angelo, e mi sento così forte da poter essere io un angelo. Magari non ci crederà nessuno, magari Anna e Andrea nemmeno se ne accorgeranno, però ora sono io. Sono serena. Mi sento a casa in qualunque luogo, perché è il mio corpo la mia dimora. Magari ora potrei mettere una frase di Jim Morrison ma, mi dispiace, lui non ha mai provato quello che io sento ora. Sono me stessa, non mi stancherò mai di ripeterlo.
  
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