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Autore: KikiWhiteFly    20/01/2012    7 recensioni
{Chuck/Blair. Spoiler della puntata 05x11, "What If" ambientata in un ipotetico futuro}.
«Io, ecco, dovrei...», Blair lasciò cadere la frase, odiava quegli strazianti arrivederci, sembrava che suonassero come un addio.
Si mordicchiò nuovamente le labbra, poi si sfogò sul guanto di velluto. Chuck, allora, afferrò un asciugamano e lo cinse alla vita; dopodiché, sfiorò i suoi zigomi con le dita – per quale motivo non decidevano di mettere un punto fermo a quella relazione, eh? Separarsi in quel modo, ogni singola volta, faceva molto più male di ogni altra cosa.
«Vieni con me, fuggi con me, resta con me», Chuck la stava supplicando, Blair fu quasi sul punto di cedere.
Poi, dopo un respiro profondo, rispose: «Non puoi chiedermelo ogni volta, Bass».
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione, Nel futuro
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Oh, bene, torno a scrivere in questo fandom dopo parecchio tempo.

Il motivo che mi ha spinto a farlo è stato solo uno: la puntata 05x11, una delle più assurde mai viste. Cioè, anche nella struttura dell'episodio, non solo

per quel che riguarda i personaggi. Insomma, io spero che si riprenda ma chissà.

Questa storia è una “what if...?”, ambientata in un ipotetico futuro, in ogni caso ci sono dei riferimenti alla puntata 05x11 e quindi spoiler.


Kì.



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La prossima volta, magari








Era strano tornare a Manhattan dopo parecchio tempo, si sentiva estranea nella sua stessa città.

Blair si guardò intorno, sembrava una turista inesperta, Manhattan era magica: poteva passeggiare ogni giorno lungo le vie dell'Upper East Side e dire di averle percorse per la prima volta.

A Monaco, invece, era rinchiusa in una gabbia d'oro, si trovava isolata da tutto il resto del mondo; più volte, sfogliando le pagine di un classico nel salone principale, aveva lavorato di fantasia, immaginando la vita degli abitanti dell'élite di Manhattan.

Più volte era stata sul punto di chiamare Serena, giusto per sentire la sua voce, avrebbe addirittura chiamato Humphrey pur di poter conversare con qualcun altro. Per quanto lo sfarzo fosse all'ordine del giorno nella famiglia Grimaldi, Blair non riusciva proprio ad individuarne i lati positivi: si trovava in tutto e per tutto in una gabbia dorata, uscirne significava tradire un matrimonio regale e, con esso, anche il suo sacrificio.

Per fortuna Louis aveva un paio di faccende da sbrigare a New York e, approfittando dell'occasione, aveva deciso di invitare la coniuge; opportunità che, invero, Blair aveva colto al volo – inutile dire quanto le mancasse l'aria salubre dell'Upper East Side.

Nonostante i pettegolezzi, i gossip, gli intrighi e altre dicerie, a Blair mancava tutto ciò; d'altro canto, c'erano delle cose che avrebbero sempre fatto parte della sua vita e, volente o meno, era costretta ad accettarle.


Il cuore di Blair mancò un battito quando, alzando lo sguardo, si accorse di essere di fronte all'hotel. Tutto come stabilito, sì, il cuore aveva iniziato a tamburellare da un paio di giorni; la gigantesca scritta dorata troneggiava imperiosa, Blair fantasticò un paio di secondi.

Poi, poggiando nuovamente i piedi per terra, oltrepassò le porte girevoli e si recò alla reception.

«Bass, grazie. Dovrebbe essere arrivato».

L'uomo annuì in segno di assenso, dopodiché lanciò uno sguardo al registro per confermare la stanza.

«Camera centosei, ecco a lei», le porse un mazzo di chiavi, stavolta fu Blair ad annuire.

Chuck le mandò un messaggio in quell'esatto momento, confermava la sua presenza nella stanza da circa venti minuti. Perfetto, pensò Blair, la coordinazione dei tempi era impeccabile – come al solito.

Prese l'ascensore, allora, nascose il cellulare nella borsa e cercò di non catturare l'attenzione – temeva che qualcuno la riconoscesse e, a quel punto, che ne sarebbe stata della sua solenne promessa?


Stanza centosei, una normalissima camera d'albergo.

Avevano preso tutte le precauzioni possibili, ormai da un paio d'anni a quella parte; certo, le occasioni per vedersi erano poche e il tempo che potevano passare insieme era appena sufficiente a colmare i desideri dell'una e dell'altra parte, eppure non trovavano ancora la forza di rinunciarvi. Non potevano, era insito nel loro dna. O, se avessero voluto vederla in maniera romantica, nel loro destino.

Chuck era seduto su una poltroncina, accanto ad un tavolino; sorseggiava whisky, probabilmente, si era già levato la giacca.

Scattò all'istante, non appena Blair lasciò chiudere la porta dietro di sé; si guardarono per qualche minuto, allora, come se si stessero spogliando reciprocamente con lo sguardo: il sesso non c'entrava nulla in quel momento, no, era come denudarsi di una corazza e aprire il cuore per la prima volta. Ogni prima volta come se fosse l'ultima.

Blair lasciò cadere la borsa, si liberò frettolosamente del cappottino e si lanciò tra le braccia di Chuck, pianse sulla sua camicia lacrime di felicità.

Chuck le asciugò le lacrime, le sue dita percorsero con estrema precisione i suoi zigomi, poi si soffermò sulle sue labbra e le baciò. E le baciò ancora, ancora e ancora.

Dopodiché, fu un crescendo di emozioni: quei minuti erano preziosi, troppo per essere sprecati in inutili convenevoli. Ma, a conti fatti, ne valeva la pena.

Le dita di Chuck che cercavano l'elastico dei collant, le mani di Blair che slacciavano uno ad uno i bottoni della camicia, il profumo di Chanel numero 5 nella stanza, la forte colonia maschile che impregnava le lenzuola di seta, il nome di Chuck urlato ad alta voce nella stanza – sembrava che le pareti facessero eco –, quello di Blair mugugnato lentamente, con delicatezza, non sia mai che la principessa di Monaco fosse smascherata in una costosa camera d'albergo al largo di New York.

E, ancora, il forte odore di whisky che le sue labbra inevitabilmente assaggiavano, i boccoli di Blair che cadevano sulla sua schiena ogni qual volta lei si sporgeva in avanti, il seno della ragazza poggiato sul suo petto e il battito di Chuck che, volente o meno, si trovava a fare i conti con quella realtà. Blair Waldorf era lì, tra le sue braccia, gridava il suo nome e si divertiva a stuzzicarlo ogni volta.

«Dovremmo farla finita, prima o poi», bisbigliò Blair.

«Solo se vuoi che mi fermi», dibatté Chuck, eludendo la domanda con spavalderia.

«Dimmi che abbiamo ancora tempo», disse lei, lasciandosi cadere sul materasso, totalmente priva di forze. Chuck, a quel punto, la imitò e lasciò che le sue braccia cingessero i fianchi della ragazza.

«Non lo so. Credo di poterti dedicare ancora qualche ora», tuonò sarcasticamente, adorava provocarla. Nonostante gli anni passassero, era sempre un piacere poterla vedere irata – se non altro per scorgere quella vena pulsante sulla tempia e prenderla in giro.

«Potermi dedicare? Bass, stai parlando con Blair Waldorf. E, in ogni caso, cosa mi nascondi?», ecco, finalmente un po' di grinta.

«Nascondere? Sei tu la padrona dei segreti, Waldorf», rispose Chuck, lasciando intuire tra le righe una grande verità. Sebbene fossero passati un paio d'anni, Blair non gli aveva ancora voluto rivelare quale fosse il segreto che custodiva così gelosamente.

«Oh, questo è un colpo basso», dibatté lei, fissandolo stizzita.

«No», disse Chuck, muovendo agilmente le dita sul corpo di Blair. «Questo lo è».

E, d'un tratto, Blair si trovò ad urlare per lo spavento, l'eccitazione e la sorpresa. Le dita di Chuck si erano insinuate nelle cavità della sua intimità ed esploravano con sommo piacere le nuove scoperte. In ogni caso, Bass non si accontentò; anzi, con la ferma intenzione di volerla far gemere di piacere, si infilò sotto le coperte e lasciò che le sue labbra giocassero con le debolezze di Blair.

«Bass, ti sto odia--», balbettò, prima di sentir crescere un infinito piacere dentro di sé.

La vide affondare le unghie nel materasso, pur con scarso successo, dimenarsi smaniosamente e mordersi le labbra con veemenza.

Solo una volta soddisfatto il proprio desiderio di vendetta, la sua bocca si quietò e lasciò che tornasse sulle labbra della legittima proprietaria.

«Sì, lo ammetto», sentenziò Blair. «Questo era un colpo davvero basso».

Chuck annuì, poi afferrò la mano di Blair per poggiarvi le labbra ma, si accorse, sul suo anulare sinistro dimorava un diamante di inestimabile valore – e ciò, a conti fatti, gli ricordava quello che non poteva avere. Cioè, tutto.

Blair ritrasse la mano, allora, desiderava pensare solo a Chuck in quel momento – il resto non esisteva –, ma, si accorse ben presto, alleviare le pene del ragazzo era impossibile.

Il cellulare vibrò nella borsa, Blair scattò improvvisamente: il pensiero che potesse essere Louis la sollazzò all'istante, evitare una sua chiamata poteva sembrare sospetto.

I lineamenti, dapprima contratti, del suo volto si distesero all'istante quando si accorse che si trattava solo di un messaggio da parte di Serena.

«Louis farà ritorno tra meno di un'ora, fatti trovare qui».

Blair lesse quel messaggio a voce alta – in quel momento si maledì per aver prestato attenzione al suo cellulare –, poi morse istintivamente la parte inferiore delle labbra.

Chuck rabbuiò un po' lo sguardo, poi si lasciò cadere sul materasso; Blair odiava quei momenti, erano cupi e tristi, era il momento di far ritorno alla vita vera. Alla realtà, in pratica.

Si rivestì in tutta fretta, sistemò i boccoli alla meglio, si passò la cipria sulle guance e si lisciò l'abito; eccola di nuovo, la stimata ed impeccabile principessa di Monaco, il sogno di ogni donna.

Chuck l'aveva fissata tutto il tempo, senza degnarla di parola, si era limitato a soffermarsi sul suo costosissimo abitino in stile anni sessanta. Era perfetta, sì, una Audrey Hepburn piena di fascino e grinta, apparentemente la donna più felice del mondo.

«Io, ecco, dovrei...», Blair lasciò cadere la frase, odiava quegli strazianti arrivederci, sembrava che suonassero come un addio.

Si mordicchiò nuovamente le labbra, poi si sfogò sul guanto di velluto. Chuck, allora, afferrò un asciugamano e lo cinse alla vita; dopodiché, sfiorò i suoi zigomi con le dita – per quale motivo non decidevano di mettere un punto fermo a quella relazione, eh? Separarsi in quel modo, ogni singola volta, faceva molto più male di ogni altra cosa.

«Vieni con me, fuggi con me, resta con me», Chuck la stava supplicando, Blair fu quasi sul punto di cedere.

Poi, dopo un respiro profondo, rispose: «Non puoi chiedermelo ogni volta, Bass».

Una lacrima rotolò via dalla ciglia, a sua totale insaputa; Chuck, a quel punto, annuì in segno di assenso.

Era tempo di lasciarla andare, di nuovo, nel mondo fatto a misura per farla soffrire; l'unica consolazione era che, nonostante tutto, Blair non lo avrebbe mai dimenticato.

E, seppure con grande rimorso, Chuck avrebbe dovuto accontentarsi di quei fuggitivi momenti di passione, perché così gli comandava il cuore – per quanto avesse tentato, nulla riusciva a distoglierlo dal pensiero di Blair.

Le loro labbra si avvicinarono, ancora una volta, si sfiorarono per infinitesimali secondi; poi, Blair aprì di scatto la porta. Sembrava che fosse in bilico, per un momento, i suoi sentimenti le dicevano che avrebbe dovuto lasciare il cuore nelle mani di Chuck Bass.

«Chuck», sussurrò, nonostante la voce tremula. «La prossima volta, magari».

Era così ogni singola volta.





   
 
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