Quando tutto ebbe
inizio
Non aveva mai notato quanto fossero
lunghe quelle ciglia prima.
Aveva la sua testa appoggiata sul petto, che
alzandosi e abbassandosi ad un ritmo lento e regolare, faceva sfiorare quelle
ciglia da cerbiatto con la sua pelle.
Facevano un po’ il solletico, ma gli andava bene
così.
Non avrebbe mai svegliato il ragazzo per farlo
spostare.
Cazzo! Fosse stato matto!
Non gliel’avrebbe mai detto, ma quelle ciglia
erano a dir poco ipnotizzanti.
Ma come cazzo faceva ad averle così lunghe?
Era proprio una femminuccia, ormai ne era sempre
più convinto.
Pensò anche che per farsele più lunghe poteva
aver usato quell’aggeggio infernale di cui ignorava il nome.
Sì, insomma! Quel coso che solo se lo avvicinavi
agli occhi te li faceva strizzare nemmeno ti avessero spruzzato lo spray al
peperoncino.
Non avrebbe mai capito le ragazze, che pagavano
anche pur di imparare ad usare quei cosi tutti colorati e luccicanti, tutte
quelle cremine e gli aggeggi infernali del caso.
Ma forse lui non usava quei marchingegni.
Lui era così… Dio!
Nemmeno nei suoi pensieri riusciva ad
ammetterlo.
Ci aveva provato.
Davvero. Aveva tentato, diamine!
Ma non ci riusciva…
Perché, poi!
Per uno stupido blocco psicologico del cazzo,
che non riusciva ad eliminare quando era in sua compagnia.
Porca…
Lui era lì, Dave!
Proprio lì, con la testa sui tuoi pettorali, la mano stretta a pugno vicino al
naso e una gamba attorno alla tua.
Perché era così coglione?
Perché?
Lui non se ne sarebbe andato! Sarebbe rimasto!
Cazzo, Dave!
Lo poteva toccare.
“Toccalo! Toccagli i capelli!” si ripetè.
Non era una fottuta allucinazione…
Lui era veramente lì.
Avevano passato la notte insieme, una delle più
belle di tutta la sua miserabile vita, e ancora non riusciva ad ammettere a se
stesso quanto fosse preso da quella fatina.
Un momento…
Lo aveva appena fatto.
David Karofsky aveva
appena ammesso di essere fradicio d’amore come un pulcino bagnato per Kurt Hummel.
Per quel
Kurt Hummel.
Lo guardò ancora una volta dormire placidamente
appoggiato a lui.
I capelli castani dalle sfumature dorate delle
prime luci del giorno, la pelle candida che assumeva un colorito più caldo se
illuminata dal sole dell’alba, quelle dita lunghe e leggermente più rosa, lo
stesso delle guance morbide, le ciglia folte color miele per la luce che le
colpiva, il corpo esile ma tonico, quei muscoli perfetti a contatto con la sua
pelle, le punte dei piedi che si strusciavano contro la sua gamba nel sonno.
Il suo Kurt.
Dio, quant’era bello dirlo!
Il suo
Kurt!
“Fatina…”
Lo chiamò piano, dolcemente.
“Mmh…”
“Kurt…”
Dave lo scosse lievemente, appoggiando una mano sulla
spalla visibile.
Quelle ciglia lunghe sbatterono più volte non
riuscendo a sollevarsi del tutto.
Infatti, si portò un palmo contro le palpebre,
che stropicciò per qualche secondo.
“Mmh… Che c’è? E’
successo qualcosa?” chiese, provando a guardare Dave
negli occhi, non riuscendo, però, ancora ad aprirli bene.
Dave fissò quegli occhi.
Erano di un azzurro intenso quella mattina.
Lucidi come mai li aveva visti e con quelle pagliuzze color ghiaccio che
brillavano intensamente.
Cazzo, se lo amava!
“Dave, perché mi hai
svegliato?” chiese Kurt, abbandonando di colpo la testa sul petto del ragazzo e
strofinandovi la fronte contro.
“E me lo chiedi, femminuccia? Mi stai
maciullando un braccio da un po’. Credo che ti farò causa.” borbottò David,
fingendosi seriamente arrabbiato.
“Mmh… Va bene” e per
tutta risposta il ragazzo si riposizionò esattamente dov’era prima,
strofinandovi ancora una volta la testa.
“Fatina, non mi sembra di averti chiesto di rimetterti
lì.” disse Dave, stringendo Kurt ancora di più a sé.
Il ragazzo protestò, mugugnando veramente
infastidito.
“David, se non la finisci di fare il cavernicolo
e non ammetti di avermi svegliato per un valido motivo ti faccio una ceretta
nel sonno, la prossima volta!”
“La prossima volta? E quando mai ho parlato di
una prossima volta? Aah, ma allora ti è piaciuto!”
Dave tentò di trattenersi dal ridere, ma sentiva che prima
o poi non avrebbe più resistito.
“Sei davvero un troglodita, Dave!”
disse, colpendolo con uno schiaffetto da femminuccia.
“A quanto pare piaccio così…”
e detto questo lo baciò sui capelli.
“Al mattino non proprio…
Io ho bisogno delle mie nove ore di sonno, caro il mio uomo di Neanderthal!
Altrimenti nemmeno tu vorrai baciare la mia pelle tutta raggrinzita!”
“Ew! Kurtino, tesoro, che orrore!” squittì Dave
atteggiandosi a femminuccia.
Kurt, allora, alzò la testa e lo guardò negli
occhi, aggrottando le sopracciglia.
“Che fai? Prendi in giro?” chiese, seccato.
Dave ghignò e gli scoccò un bacio sulle labbra.
“Ma ti pare?” Il più piccolo, allora, gli pizzicò un fianco per ripicca. “Oh-oh! Il gattino tira
fuori gli artigli, adesso!”
“Sei un idiota, David.”
Ma anche Kurt stava sorridendo e dopo poco si
avvicinò per baciarlo ancora e più lentamente.
Si guardarono negli occhi e poi Dave non poté più contenersi.
“Ti amo.” Disse in un soffio.
Kurt aggrottò le sopracciglia e si scostò
leggermente, pensando di aver sentito male.
Poi, rielaborando e osservando lo sguardo da
pesce lesso e le guance in fiamme di Dave, capì che
non se l’era immaginato.
Spalancò gli occhi e boccheggiò per qualche
secondo.
“C-che… Che hai detto,
scusa?”
David allora incrociò le braccia al petto,
mollando di colpo Kurt e voltandogli le spalle.
“Oh, non rompere adesso. E’ stato un momento di
debolezza. Tu eri lì che mi fissavi e…”
Le dita di Kurt sfiorarono il fianco di Dave in una carezza e si avvicinò quel tanto che bastava
per soffiargli dietro l’orecchio.
“Ti amo anch’io, Dave.
Tu non sai quanto.”
Solo allora quello si voltò, sempre a braccia
conserte e lo fissò con un’espressione dubbiosa.
In quegli occhi c’erano troppe paure.
Kurt lo poteva vedere.
Allungò una mano fino ad accarezzargli il viso e
guardandolo negli occhi gli disse “Ti amo, Dave”.
“…Ti amo…”
Un bacio.
“…ti amo…”
Un altro.
“…ti amo, ti amo, ti
amo, ti am…”
David, all’improvviso, si era allungato e lo
aveva interrotto, prendendogli il volto tra le mani e baciandolo con quanta più
dolcezza e passione aveva in corpo.
Quando si separarono, le mani di Dave erano ancora sul volto del più piccolo e le loro
fronti si erano unite in un gesto carico di sentimenti e parole non dette.
“Voglio fare l’amore, Dave…”
gli sussurrò Kurt, con ancora gli occhi chiusi.
Dave si avvicinò ancora un po’ e sfiorò appena le labbra
di Kurt con le sue.
“Va bene…” gli
sussurrò piano. E con le labbra che ad ogni parola sfioravano quelle del suo
ragazzo, l’eccitazione iniziò a circolare in corpo.
Quella mattina Dave e
Kurt fecero l’amore per la seconda volta, ma nulla fu come prima.
Quella volta in ogni tocco, in ogni spinta, in
ogni carezza, in ogni bacio, Dave e Kurt si dissero
di amarsi.
Quella fu la volta in cui tutto ebbe inizio.
§
Akira’s speaking here!
Salve
a tutti!
Sì, lo so, questa shot è decisamente fluff e incarna anche un dannato clichè, ma chi non ha bisogno di un po’ di zucchero a
questo mondo?
Poi, parliamo
sempre di Dave, che di zuccheroso non ha proprio
molto.
Spero, infatti, di
essere rimasta nel personaggio burbero e un po’ chiuso che noi tutti amiamo.
Ma passiamo ai
punti che mi premeva spiegare.
-Sì, ne sono
consapevole. Sono ossessionata dalle ciglia lunghe e che al mattino assumono un
colore leggermente più dorato. Lo so, provvederò a farmi curare.
-Chiedo perdono per
il tremendo clichè in cui vi ho fatto sbattere il
muso, ma se siete arrivati fin qua, presumo non sia stata proprio da buttare la
storia, o mi sbaglio?
-Ringrazierò fino
alla nausea la favolosa Mirokia che ha betato e pubblicato per me questa storia. Grazie, pulce!
Grazie anche a chi
avrà la pazienza di commentare o solamente leggere la storia. Molto obbligata!
Bene…
Alla prossima.
Ed così che Akira vi dice “ciao”!