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Autore: Himitsu87    20/01/2012    10 recensioni
SPOILER Sherlock 2X03.
Scritto per il Social Network Challange dello SFI.
Sherlock davanti ad una pagina di Facebook un po' speciale e un suono a richiamare la sua attenzione sul fondo della pagina.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Fandom: Sherlock BBC
Conteggio parole: 975 (è cortina u.u)
Avvertimenti: SPOILER 2X03
NOTE: Titolo scelto a caso perchè sì...sono negata coi titoli u.u




Il suono di una risata che si fa strada dentro i suoi pensieri, facendogli voltare la testa.
Una coppia e un bambino piccolissimo, tedeschi, primo viaggio dopo il viaggio di nozze e tornano nello stesso posto di allora, festeggiano la promozione a capo-sezione del marito. Il bambino è un po' sordo all'orecchio sinistro ma loro non lo sanno ancora, se ne accorgeranno col tempo, è un problema risolvibile. Lei ha avuto una proposta da parte di un suo ex pretendente ma l'ha rifiutato, ama moltissimo il marito, lui invece la tradisce da almeno cinque mesi con una sua collega.
"Come puoi dirlo?"
«Semplice, si capisce tutto da...»
Si blocca, prima che qualcuno lo prenda per pazzo. Guarda davanti a sé, un paio di occhi blu-grigio e uno sguardo interrogativo che si dissolvono nell'aria.
Fuori dalla finestra del ristorante, l'Arno scorre più tranquillamente del Tamigi. Questo sole di certo non c'è a Londra. L'Italia è davvero un posto meraviglioso, anche se gli manca casa sua.

*Plin*

Guarda lo schermo del portatile che ha sempre con sé e sorride.

We Believe

Un'intera pagina di Facebook dedicata alle ipotesi sulla morte o sulla sua finta morte.
Intelligenti?
No, amanti delle cospirazione; probabilmente molti di loro credono anche che Elvis sia vivo.
Il blog di John è il loro punto di riferimento e mille e mille teorie sono spiegati nei dettagli.
Qualcuno c'è andato così vicino!
Tutti, però, sono concordi su una cosa: Moriarty era un criminale. Loro credono in lui.
Clicca su una pagina creata appositamente "Discussioni libere sulla morte Sherlock Holmes", accanto ce n'è un'altra con l'elenco dei blog dei vari iscritti.
Gli viene quasi da ridere. Ha letto molti articoli, ha visto i telegiornali, ha visto i dibattiti in TV eppure ancora la frase "morte di Sherlock Holmes" lo fa sorridere. Ha ingannato il mondo intero.
Bè, ad eccezione di chi è convinto del contrario, ovviamente. Ma che senso ha se non hanno prove?
Alcuni ipotizzano anche che John sia complice della sua sparizione e lo stesso John è intervenuto per smentire, lui l'ha visto morire sotto i suoi occhi.
John. Vedere la sua foto in divisa spiccare accanto a frasi come "L'ho visto morire, non avete nessun diritto di fare questo." ha avuto il sopravvento. D'istinto l'ha sostenuto e lui gli ha chiesto l'amicizia.

"Basil Cushing, il tuo nome è un mix dei miei attori preferiti" era stato il suo primo messaggio.

Si era ripromesso di non contattarlo mai più, ma come resistere ogni volta che quel suono lo induceva a guardare lo schermo, quando vedeva la spia del messaggio accesa e quel nome lampeggiare in basso?
E così John gli aveva raccontato cosa faceva ogni giorno, poi cosa pensasse, cosa provasse, il suo passato con Sherlock, il suo passato in Afghanistan, le sue passioni, i suoi gusti.
Gli raccontava di come stesse la signora Hudson e di come ogni tanto andasse a prendere una birra col suo amico Greg. Di come avesse ripreso il suo lavoro da medico, di come andare avanti fosse difficile. Delle ragazze con cui usciva e dei modi in cui lo lasciavano.
Di come andasse a trovare la sua tomba.
Sherlock aveva sbuffato, si era arrabbiato per l'ingenuità dell'amico, svariate volte aveva anche lasciato il portatile acceso e John a scrivere da solo per ore, però aveva letto e non aveva potuto metterlo a tacere, non aveva potuto distrarlo con le sue brillanti deduzioni o i suoi esperimenti.
Aveva dovuto fingere di essere uno di quegli amici della "vita vera" e aveva ascoltato.
Che cosa strana per chi è sempre al centro dell'attenzione, per chi non ha bisogno di sentire la tua vita perché te la legge addosso, per chi ciò che dici sarà spesso un semplice dato, completamente inutile, da cancellare il prima possibile.
E John si era aperto con lui, cercando in un estraneo una valvola di sfogo che nessun conoscente poteva dargli, aveva trovato nella mancanza di occhi che giudicano il miglior terapeuta, nelle battute scritte su una piattaforma virtuale dove incontrare estranei il suo sfogo.
Sherlock aveva saputo dalla bocca di John quanto tenesse a lui, ovviamente lo sapeva ma non aveva mai voluto che John gli dicesse quanto fosse importante nella sua vita.
Si era ritrovato geloso di se stesso.
Dello Sherlock verso cui John provava tanto affetto e che era sotto un lapide nera e del Basil a cui John confidava i piccoli incidenti domestici, il nuovo amore della signora Hudson, la ferita imbarazzante di Lestrade, l'ultima lite tra Donovan e Anderson, il possibile matrimonio di Molly, l'ultima teoria sugli alieni e su Sherlock.
E nessuno dei due era lui.
Non poteva essere il semplice Basil, insegnante di chimica in un liceo, che rideva con John e cercava di dargli, con enorme sforzo, un conforto.
Non poteva ancora essere Sherlock, di cui John stava elaborando il lutto.
La nuova teoria del giorno lo vedeva coinvolto in un affare governativo: i servizi segreti lo avevano costretto a fingere la sua morte per lavorare in segreto su un caso di enorme portata.
A Mycroft sarebbe piaciuta.
Sempre meglio di chi ipotizzava lo avessero rapito dall'ambulanza e guarito dalla caduta, solo per sottoporlo a chissà quali fantascientifici test.

*Plin*

In basso il nome John H. Watson splendeva in rosso. Un pallino verde accanto al suo nome nella lista delle persone in chat, persone aggiunte per crearsi una credibilità con John, ma con cui non aveva mai parlato.
La ragione, la sua maggiore amica, dopo John ovviamente, che lo spinge ad avvicinare il mouse sulla crocetta di chiusura, e l'istinto che lo porta ad aprire la conversazione.

Ciao Basil, ci sei?
Se non avessi te con cui parlare penso che crollerei. 
È uno di quei giorni neri.

La ragione che gli dice di chiudere il computer e l'istinto che gli dice di premere i tasti.

Sono qui, John.

   
 
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