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Autore: Narbeleth    21/01/2012    2 recensioni
I rifiuti, rimangono tali fino alla morte.
Provò a regolare il respiro, ricercando con cura un ritmo cheto e grave, la mano posata sul cuore martellante, mentre l'immenso vuoto del cosmo l'avvolgeva, improvvisamente troppo grande, e lei ripensava a quella certezza banale e inconfutabile.

Questa storia ha ottenuto il Secondo Posto al Contest "BLOODY" organizzato da CriCri, Dudy e Saki85
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Galaxia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia ha ottenuto il Secondo Posto al Contest "BLOODY" che trovate  QUI  .
Ammetto che difficilmente avrei ritenuto possibile un simile piazzamento, non solo per la consapevolezza della bravura delle altre partecipanti, ma anche e soprattutto per la mia conclamata e pressoché totale inesperienza. Si tratta del mio primo tentativo pubblico di scrittura, su Efp come su qualunque altra piattaforma. Ho partecipato a questo Contest perchè un'amica mi spronava sempre a tentare, e alla fine ho fatto un passo avanti. Ringrazio quindi particolarmente quest'amica, Veronica, e naturalmente le giudici, che hanno colto con tanta accuratezza l'essenza della narrazione.

Il brano si ispira ad un episodio del volume 51 del manga, anche se è possibile riscontrare un blando riferimento anche ad un altro episodio contenuto nel volume 48, sempre del manga. Tuttavia, dal momento che l'indagine principale del Contest verteva non solo sulla descrizione dei lati oscuri del male, ma anche sui sentimenti e le motivazioni che spingono i "cattivi" alla vendetta e alla sete di potere, mi sono permessa di inserire una variante: ho voluto infatti descrivere non un momento a caso tra quelli impiegati da Sailor Galaxia per distruggere i pianeti "spazzatura" dell'universo, ma il primo e vero momento che presumibilmente l'ha consacrata al male, la sua prima distruzione, la distruzione del suo pianeta.
Il resto, Note e Valutazioni, in fondo alla pagina.

Buona lettura!

 



      
 

CUORE NERO
  

 

I rifiuti, rimangono tali fino alla morte.
Provò a regolare il respiro, ricercando con cura un ritmo cheto e grave, la mano posata sul cuore martellante, mentre l'immenso vuoto del cosmo l'avvolgeva, improvvisamente troppo grande, e lei ripensava a quella certezza banale e inconfutabile.
Ma il cuore non la smetteva. Al contrario, come apposta, martellava ogni istante più forte, più forte, più forte...
Forse non avrebbe retto. Forse sarebbe tornata indietro.
Il vuoto dell'universo le ghermiva gelido la gola, strozzandola, rammentandole la precarietà della sua esistenza, deridendola, quasi compassionevole, come se avesse già indovinato tutto. Sentì che si smarriva, che aveva persino paura, paura a tal segno da parerle che, se quel dannatissimo cuore non l'avesse fatta finita di battere a quel modo, sarebbe fuggita via. Così nessuno mai avrebbe saputo della sua debolezza, quella nel servire e quella nel tradire.
E se si fosse sbagliata? Se quella certezza fosse stata invece la via che l'avrebbe portata alla perdizione, se tutto quello non fosse stato altro che mera illusione, il segno di una volontà afflitta, penosa, debole, un inganno della mente, l'ossessione che afferra il pensiero al momento di compiere l'illecito? Se fosse davvero stata paura, o smarrimento, chi avrebbe potuto svelare ciò che per definizione era l'ignoto? Doveva decidere, doveva decidere subito. Prima che fosse troppo tardi. Prima che il desiderio si tramutasse in ricordo, e il riscatto diventasse solo una vaga aspirazione.
Il terrore la invadeva sempre più, una sorta di eccitazione incontrollata, un impulso che lottava per venir fuori, istinto ancestrale, ancora frenato dal lato razionale che si andava assopendo. Fremeva, avrebbe voluto agire, eppure ancora si attardava, immobile, inebetita ed impaurita da se stessa, ammaliata dalla propria audacia, catturata dal vortice sempre più confuso dei suoi pensieri, e dalla sorprendente e scontata verità delle sue conclusioni.
Le labbra si storsero pietosamente in una perfetta replica di quanto accade ad un bambino, nel momento in cui comincia ad aver paura di qualche cosa e si prepara a gridare guardando fisso l'oggetto che lo spaurisce. Già, forse in verità lo temeva: e se fosse stata solo una scusa per venir meno al proprio compito, talmente infimo che non riuscire a svolgerlo sarebbe stato ancor più frustrante che svolgerlo?
Eppure, una specie di distrazione, quasi perfino di fantasticheria, prese poco alla volta ad impossessarsi di lei: pareva persino scordarsi a tratti di sé, o per meglio dire, scordarsi l'essenziale per rivolgersi inspiegabilmente alle minuzie, aggrappandovisi futilmente. Non lo odiava, lo compativa. Non lo malediva, lo disprezzava.
Così, proprio quando più era sul punto di smarrirsi del tutto, ecco che un'eccitazione malata la investiva nel profondo, una smania inguaribile che sapeva di delirio: l'enigma e la risposta si accoppiavano davanti ai suoi occhi, mentre il meccanismo contorto della ragione, negli ultimi disperati spasmi di vita, lavorava instancabilmente verso ogni possibile epilogo, incontrollato e incontrollabile. Doveva esserci qualcosa che sicuramente balzava agli occhi, una conferma evidente a prova della sua teoria, lo sapeva bene, solo che lei non la notava. Il suo strumento era se stessa, ma per trovare la forza doveva credersi infallibile: il sentire doveva farsi più acuto, le percezioni più intense.
Poi, più nulla: ogni remora, paura, sfida, rimpianto si mischiava in qualcosa di natura indefinita, turbinava nel suo animo come non avesse mai avuto un ordine, o un senso. Cosa c'era da capire? I rifiuti, rimangono tali fino alla morte. Sì, ecco la chiave: la dolce promessa di un futuro migliore, più bello, più adeguato, in cui di quel pianeta fosse cancellato anche il ricordo. Sarebbe potuta essere eterna, sarebbe potuto durare per sempre... La tentazione era così forte, e cedere così facile.
Il cuore accelerò i suoi battiti un'ultima volta prima di abbandonarsi ad una ritrovata pace. Se anche avesse dovuto giustificarsi, avrebbe sempre potuto dire che era stata tutta colpa del Destino. Ah, sì, mentire era inebriante. E forse, chi lo sa, ci credeva davvero. Quel minuscolo sputo di universo era avvilente, mortificante, sanciva la morte di ogni ambizione.
Maledetto.
Che tu sia maledetto.
La mano si sollevò d'un colpo, uno scatto deciso, rinvigorito dalla rabbia, incitato dalla vergogna, posseduto dalla vendetta. Le dita si congiunsero. Uno schiocco, e tutto sarebbe finito.
E invece, l'attimo passò. Come eco lontana che si confonde negli anfratti delle cime irte e innevate, si perse, sfumando piano con tragica bellezza, senza appassire, senza ingrigire, o avvizzire: semplicemente si esaurì, effimero figlio del Tempo, lasciando una scia vibrante nel suo cuore a prova della sua esistenza. No, non era così marcia. Non l'avrebbe fatto.
O forse sì, ma non senza una buona ragione.
O forse c'era già, ma non prima di averla definita.
Ed ecco, eccolo il velenoso nettare che l'avrebbe nutrita, che l'avrebbe resa meravigliosa e indistruttibile, perfetta. La distruzione non era odiosa, la distruzione non era peccato, non era la proiezione di uno stupido malessere interiore come qualche anima pura e ingenua avrebbe detto: la distruzione era sublime realizzazione di sé, apoteosi dell'autocompiacimento, espressione più diretta della propria forza, delle proprie capacità, del proprio valore. La distruzione era potere di plasmare il mondo e di renderlo perfetto, era controllo sulla morte tralasciando la mediocrità della vita. Perché spegnersi senza aver potuto dare il meglio di sé, perché essere mediocri, logorarsi fino a che il fango fosse apparso più nobile e rotolarvisi dentro sarebbe sembrato un buon passatempo? Perché strisciare tutta la vita in un lurido immondezzaio finché gli anni o l'abitudine non avessero spento anche l'ultima scintilla di orgoglio?
I rifiuti, rimangono tali fino alla morte. Ma lei non era un rifiuto. Non si rotolava nel fango, e non sarebbe morta sola e in silenzio. Se anche avesse voluto dare una possibilità a quel pianeta, al suo pianeta, nulla sarebbe cambiato: semplicemente perché non poteva cambiare. Lui sì, lui era un rifiuto, era fango. Non sarebbe rimasta. Non era suo. C'era stato un terribile errore. E le prove andavano eliminate, subito.
Che insulto, che spreco! L'Universo intero aspettava solo di essere conquistato. No, di più. Di essere conquistato da lei. Avrebbe trovato una stella più grande, più potente, e sarebbe diventata invincibile. Avrebbe purificato l'universo dai rifiuti. E tutte quelle piccole anime pure e ingenue avrebbero capito qual'era stata un tempo la sua frustrazione, avrebbero capito di non essere all'altezza, di non essere degne di sopravvivere, e loro stesse le avrebbero dato ragione.
Chiuse gli occhi pregustando il momento in cui quel senso opprimente di disgusto l'avrebbe abbandonata. Era necessario, era necessario liberarsi di ciò che era futile, della spazzatura. Rifiuti. Anche loro. Che schifo. Possibile che tutto fosse così disgustoso?
Un ritmo preciso, cadenzato, insistente. Un leggero rumore di sfondo, che si andava a mescere con l'armonia del momento, scandendo il tempo, sottolineando l'attimo con epica importanza, come suono possente di tamburo in battaglia, tonante nel ciel sereno, ma ora quasi soffocato, lontano: nel suo petto, il cuore dettava i termini per il pulsare delle sue vene, per lo scorrere dei suoi pensieri, per la direzione della sua vita. Aveva ragione, ne era certa al di là di ogni ragionevole dubbio. Dovunque andasse, c'erano solo rifiuti. Non era un caso che fosse così potente. Era un dono. Per compiere il suo Destino. Chi era lei per rifiutarlo?
Il cuore nel suo petto si rigava sempre più di veleno nero come inchiostro. Insensibile, non sentiva le spaccature aride dell'anima, né il rantolo angoscioso e bruciante dei visceri infuocati, né il triste e doloroso agonizzare del cristallo: il corpo sapeva, nell'accezione più alta del suo significato, e soffriva, mentre la mente ignorava, vile, e si proiettava lontano. E se per vincere avesse dovuto rinunciare a quel corpo di Sailor, non avrebbe esitato. Tutto ciò che era inutile sarebbe scomparso dall'Universo.
Ah, il sapore della libertà e del potere era meraviglioso. Come aveva potuto pensare che potesse anche sbagliarsi?
Rise, folle.
Perché avrebbe dovuto avere pietà dei rifiuti? Perché aiutarli? I rifiuti, rimangono tali fino alla morte. Non sono cose vive. Non hanno sentimenti. Non sono preziosi. Non sono nulla. Scarti. Se non avesse avuto quell'intuizione illuminante, avrebbe passato la sua vita a difendere degli scarti. Rabbrividì disgustata al solo pensiero.
E poi...c'erano le stelle. Ecco, quella sì che era una faccenda di cui occuparsi, che l'avrebbe finalmente riempita. Dove diavolo nascevano le stelle? Quelle deboli, quelle forti, luminose o meno, potenti o meno...nascevano tutte in un luogo, ma dove? Se l'avesse conosciuto, avrebbe potuto dominare le stelle a suo piacimento, e se avesse avuto le stelle, avrebbe dominato lo spazio. Sarebbe stata imperatrice, lontano da quella mediocrità.
Che peccato. La strada non sarebbe stata certo facile, ma lei era forte, la più forte.
L'eccitazione la corrodeva in un modo quasi doloroso, corrompendo la sua anima, spingendola sul baratro, istigandola al tradimento. Nulla poteva farla sentire più viva.
Riaprì gli occhi. Una sensazione persistente di bruciore le attanagliava le orbite, mentre le labbra aride parevano spaccarsi ad ogni respiro, la mano ancora tesa davanti a sé, cristallizzata nell'attimo che precede il disastro. Il nero profondo del cosmo l'avviluppava, lisciandola con dolci lusinghe e promesse di gloria. Doveva solo farlo. E poi tutto sarebbe stato suo. La prima volta, e le altre a seguire. Non c'era problema. Non c'era intoppo. Semplice. Meraviglioso.
Fallo.
Il pianeta brillava appena, incredibilmente piccolo, rischiarato da una fioca luce che si perdeva subito nel buio. Era bello. Non lo disprezzava, lo malediva. Non lo compativa, lo odiava. Sapeva qual'era la sua strada. La visione del futuro era l'unica cosa che contasse. Avrebbe vissuto per un miraggio.
- I rifiuti...-
Sfregò le dita, uno schioccò senza esitazioni, la firma di una condanna. L'energia fluiva nel corpo e la inebriava col suo stupefacente potere.
- ...rimangono tali...-
Una luce accecante si sprigionò da spaccature profonde sulla superficie del pianeta, avvolgendolo completamente, straziandolo senza pietà, sfuggendo con violenza dall'interno della terra come se fosse troppa per restare rinchiusa lì, e lottasse per liberarsi da una prigione. L'esplosione arrivò all'improvviso, inarrestabile, terribile.
- ...fino alla morte. -
Il buio tornò a spandersi rapido nel vuoto.
Il cuore, nero e grinzoso, non martellava più.
 
 

Valutazioni:

Cri Cri:

Parametri di giudizio:

Sintassi e grammatica: 10/10
Originalità: 10/10
Gusto personale: 10/10

Tot: 30/30

Stupenda...
Ecco come posso definire questa shot.
Ti faccio davvero i miei più vivi complimenti; il personaggio che hai svelto: Galaxia, non era certo facile da interpretare, e tu lo hai fatto al meglio.
Ho letto la shot con il fiato sospeso, con gli occhi appiccicati allo schermo.
Il voto complessivo è 30/30 ed è strameritato; non ci sono errori grammaticali o di sintassi, quindi la lettura è risultata davvero piacevole, complimenti.
A me è piaciuto moltissimo in modo in cui hai parlato del male anteriore di colei che, un tempo, era una guerriera Sailor al servizio del bene.
Bellissima poi la parte finale dove lei, decide - senza ripensarci più - di disintegrare quel suo pianeta, da lei definito spazzatura.
Rincalzo di nuovo i complimenti, davvero un ottimo lavoro.
Questa - assieme ad un'altra shot - mi hanno fatto davvero emozionare.
Ottimo lavoro...


La mano si sollevò d'un colpo, uno scatto deciso, rinvigorito dalla rabbia, incitato dalla vergogna, posseduto dalla vendetta. Le dita si congiunsero. Uno schiocco, e tutto sarebbe finito.
E invece, l'attimo passò. Come eco lontana che si confonde negli anfratti delle cime irte e innevate, si perse, sfumando piano con tragica bellezza, senza appassire, senza ingrigire, o avvizzire: semplicemente si esaurì, effimero figlio del Tempo, lasciando una scia vibrante nel suo cuore a prova della sua esistenza. No, non era così marcia. Non l'avrebbe fatto.


Questo pezzo di storia è meraviglioso.



DuDi:

Parametri di giudizio:

Sintassi e grammatica: 9,5/10
Originalità: 10/10
Gusto personale: 10/10

Tot. 29,5/30

In grammatica sono scesa un pochino col punteggio perché ho notato un’espressione che mi sembrava un po’ dialettale (“come apposta”) e qualche svista nella punteggiatura. Sono comunque errori irrilevanti che mi hanno permesso di apprezzare lo stesso questa storia.
In originalità e gusto personale, ti ho dato il massimo perché non ho potuto fare a meno di apprezzare moltissimo il ritratto che fai di questo personaggio così controverso. Il tuo stile è molto curato nel lessico e non risulta mai pesante o prolisso. Anzi, utilizzi i giusti aggettivi per descrivere il momento difficile che sta affrontando questa Guerriera. Deve fare una scelta difficile, deve ponderare a fondo sul da farsi. Hai descritto magnificamente ogni sua emozione, ansia, timore. Ti sei soffermata su ogni gesto che compiva Galaxia in quel momento, facendo vivere maggiormente al lettore questo momento di tensione. Ci hai presentato il personaggio di Galaxia in modo molto fedele al manga: hai evidenziato maggiormente la sua personalità. Da una parte la voglia di distruggere il pianeta; dall’altra c’è qualcosa che la blocca, che vuole impedirle di farlo. La frase che hai ripetuto spesso nella storia e, che nel finale, fai pronunciare alla protagonista mentre distrugge il pianeta, è perfetta e riesce ad esprimere la decisione finale della protagonista.



Saki85:

Parametri di giudizio:

Sintassi e grammatica: 10/10
Originalità: 10/10
Gusto personale: 10/10

Tot. 30/30

Che dire… sono senza parole per la bellezza di questa shot e di come stata scritta e strutturata. I miei complimenti ,questa è la seconda storia che mi fa restare incollata allo schermo e crea un turbine di emozioni e sensazioni indescrivibili, come se stessi vivendo in prima persona le sensazioni, le paure e i timori di questa guerriera che si logora l’anima su quale sia la scelta giusta da fare. Hai colto perfettamente il carattere del personaggio l’hai descritto e mostrato a noi in tutta la sua vera essenza e il suo doppio alter ego. Brava, brava ! In grammatica non ho rilevato errori tali da essere considerati solo qualche piccola virgola da rivedere.
Ho apprezzato molto anche il ripetersi della frase: ” I rifiuti, rimangono tali fino alla morte.” Usata in modo perfetto e in pieno accordo con la shot.



Note:

La storia di Sailor Galaxia varia sensibilmente dall'anime al manga: nel manga, Sailor Galaxia nasce in un piccolo pianeta sperduto, che lei stessa considera "spazzatura". Pur essendo una Sailor, vaga a lungo per la galassia distruggendo i pianeti che a lei non sembrano utili, ed è per questa ragione che la Principessa Kakyuu la definisce Guerriera della Distruzione; tutto ciò è dovuto alla continua ricerca di una stella più potente e grande che possa essere sua. Ma siamo già oltre.
Qui, ho immaginato il principio, la progressiva trasformazione del suo ego più profondo, inquadrando il progredire della corruzione del suo spirito per via di quell'inguaribile ossessione per i "rifiuti" e la "spazzatura", ingigantita nel corso del tempo e radicata nel suo animo. Quella frase che ritorna, pronunciata da lei stessa nel manga, rappresenta il tarlo nella sua testa, l'idea fissa che una volta pensata non può più essere dimenticata nonostante la consapevolezza di essere una Sailor. Ed è anzi questa consapevolezza che la tormenta ancora di più fomentando la scissione tra quel che lei è nata per essere, e quel che in cuor suo vorrebbe davvero. Il Destino è infatti un tema che tornerà anche nel brano: lei sa già che per le sue azioni sarà "tutta colpa del Destino", quasi una vendetta. Forte è qui la sensazione che Sailor Galaxia abbia bisogno di radicare il proprio autoconvincimento: lei è forte, potente, ma è una Sailor, e la sua originaria buona natura è alla ricerca di un'approvazione per il grande passo che si appresta a compiere fuori dagli schemi, che le dia ragione liberandola dalla "gabbia". Soprattutto emerge la sua profonda solitudine, fisica e interiore, che finisce col farle perdere il senso della giustizia e della realtà, e le instilla il desiderio di gloria e potere: l'universo l'avvolge, immenso, buio, oscuro, la deride, ma non fa nulla per fermarla. È davvero così forte? Inizialmente appare titubante, vorrebbe farlo ma non può, è una Sailor: eppure il suo pensiero ossessivo finisce col darle ragione. Molte questioni, o persino frasi si rovesciano (quasi identiche ma al contrario) alla fine del racconto rispetto all'inizio: il fiume dei suoi pensieri, lasciato a se stesso, finisce col cedere. E una volta distrutto il pianeta, una volta compiuto il primo grande passo, non si torna indietro.

Alcune suggestioni all'interno del brano sono tratte più o meno liberamente dal capolavoro di Fëdor Dostoevskij "Delitto e Castigo", certamente una delle più alte testimonianze della complessità dell'animo umano e dei suoi insanabili conflitti. Traendone spunto ed esempio, ho ripercorso quella che secondo me è per Galaxia l'origine del Male e la sua evoluzione.

Naturalmente rimando anche al Manga di Sailor Moon,  volumi 48 e 51.

 

Note: 

   
 
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