… Lo so, è semplicemente stucchevole -anche se a modo mio.
Che vi devo dire, questo pomeriggio è andata
così.
Chiedo perdono ai poco romantici, non vi
preoccupate, non sono innamorata e non sto diventando sentimentale.
Forse è la mia dichiarazione d’amore a
lui, in realtà. A questo personaggio straordinario che nelle tante
pagine che ho scritto su di lui ha assunto per me una fisionomia e una
personalità quasi definite.
E a questa coppia assurda ma tanto ben assortita.
Mi duole dover essere rompiballe, a questo punto, ma
mi sento di pregarvi di commentarla. Davvero, per favore. Fatelo con
onestà e tranquillità.
Perché, ecco, non so proprio come giudicare
questa storiella. E ci tengo molto, e poi diciamocelo, non è che vi costi questo sforzo sovrumano, vi assicuro che mi sono impegnata di più io nello scrivere la storia.^__^
Comunque, nulla di serio.
Besos
Suni
BECAUSE
“…E
questo è quanto” concluse Remus con un tono seccato e definitivo.
Aveva la braccia allargate a dimostrare esasperazione e il volto solitamente
rilassato e calmo era corrugato in un’insolita espressione di fastidio.
L’altro,
appoggiato con rigidezza al piano del lavello, lanciò platealmente sul
tavolo il panno con cui stava asciugando i piatti e si slanciò
bruscamente in avanti.
“Oh,
certo! –sbottò con ira, la voce ad un volume decisamente troppo
alto per una conversazione amichevole- Certo…
E il fatto che per me sia il contrario non conta un cazzo,
giusto? Tanto io sono solo quell’IDIOTA di
Sirius!” urlò avvinghiando le mani allo schienale della sedia
più vicina.
Remus
lo guardò storto, gli occhi socchiusi e il naso arricciato.
Quella
conversazione insensata si stava protraendo da troppo tempo.
“Beh,
sì” rispose piano, prima di riuscire a impedirselo e ben conscio
dell’errore appena commesso.
Ed
infatti, gli occhi grigi di Sirius Black
si assottigliarono esprimendo quello che chiunque altro avrebbe ritenuto essere
profondo, viscerale odio, ma che Remus Lupin e James
Potter sapevano essere semplicemente genetica propensione dei Black al melodramma.
Ma
la furia era autentica.
“VAFFANCULO,
Remus! –urlò fuori di sé- Sei veramente uno stronzo! Ma no, tu sei perfetto, giusto? Con il tuo bel
carattere e-…” proseguì serrando i pugni, immobile al centro
della stanza.
“Sirius,
non vole-..” provò a interromperlo per
rimediare a quello stupido sì
sfuggitogli senza pensare.
“…
Tutte le tue splendide qualità! –continuò l’altro,
limitandosi ad alzare ulteriormente il tono per non sentirlo- Mi hai rotto,
Remus! –concluse, avviandosi alla porta accompagnato da sospiro
dell’altro. Poi si appoggiò allo stipite- Ma poi, perché cazzo stai a perdere il tempo con uno come me, Remus? Sei
sprecato” concluse velenoso intingendo ogni parola di sprezzo.
E
lui poté solo guardarlo mentre si chiudeva la porta della cucina alle
spalle, e lo sentì attraversare a passo veloce la sala e sbattersi
dietro anche la porta della stanza da letto.
Si
abbandonò sconsolato sulla sedia.
Adesso,
lo sapeva, ottenere il perdono di Sirius sarebbe stata un’impresa
ciclopica. Lo era, in generale, ogniqualvolta lo si contrariasse
–perché, era da ammettere, il ragazzo aveva una certa dose di
testardaggine e supponenza- e lo era molto di più perché Sirius
soffriva quel particolare argomento in maniera piuttosto pesante. Era
fermamente convinto di non essere abbastanza intelligente, abbastanza acuto ed
abbastanza colto per Remus, almeno quanto Remus medesimo era convinto di non
essere abbastanza bello, abbastanza divertente ed abbastanza interessante per
Sirius.
Questo
secondo punto era però stato archiviato nel giorno stesso in cui Remus
aveva esposto queste perplessità al diretto interessato, che si era
limitato a replicare “Ma Remus, tu per me sei perfetto!” con una tale enfasi, una tale convinzione e una
tale innocenza da scolpirgli perennemente quelle parole nel cervello.
Quello
che invece Sirius in quei casi tralasciava di considerare era che Remus era
palesemente, dichiaratamente ed evidentemente innamorato perso di lui, scarsa cultura e scarsa arguzia comprese.
Lui
sospirò sconfortato prima di alzarsi, e con passo svogliato si diresse a
sua volta verso la camera da letto.
Nonostante
fosse l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, perché era
assolutamente conscio di quanto sarebbe stata sgradevole la seguente
mezz’ora, bussò piano alla porta, perché, beh,
perché sopportare l’ira di Sirius nei suoi confronti era qualcosa
che andava completamente al di là delle sue facoltà.
“Posso
entrare?” chiese dolcemente.
“Fallo
e ti prendi un pugno” ribattè la voce
ringhiante dell’altro ragazzo dall’interno.
Ottimo
inizio, constatò lui aprendo la porta.
A
stento trattenne un sorriso, avvertendo quella buffa sensazione di rivolgimento
delle interiora che provava sempre osservando Sirius semplicemente esistere.
Il
viso raffinato era contorto in una bizzosa espressione di risentimento che gli
arricciava le labbra, e non pago il ragazzo si ostinava anche a mordicchiarsele
nervosamente con una certa ferocia.
Si
era buttato sul letto e lo osservava parzialmente seduto con la schiena
appoggiata al muro e le braccia conserte davanti al petto.
Remus
prese fiato.
“Ti
amo” osservò semplicemente, sentendo di stare dicendo la
più assoluta verità della sua vita e certo che qualunque altra
affermazione che avrebbe mai fatto negli anni a venire, per quanto intelligente
e acuta, non sarebbe mai stata né così importante né
così sentita.
Sirius
gli lanciò un’occhiata che stava tra il furente e il disperato.
“Non
è vero” ribatté sottovoce.
Remus
sgranò gli occhi con stupore e lo guardò avvicinandosi di un paio
di passi.
“Non
è vero?” ripetè allibito.
Sirius
scrollò la testa.
“Vattene
via, per piacere. E’ ancora casa mia questa” aggiunse fissando il
pavimento.
E
Remus Lupin si rese conto che era estremamente serio,
convinto e sicuro di quel che stava dicendo, “non è vero” compreso.
Inspiegabile.
“Sirius,
ma stai dando i numeri?” chiese tentando di mantenere un tono di voce
tranquillo e sedendosi lentamente nell’angolo opposto del materasso.
Il
ragazzo non sollevò la testa, ed anzi si passò una mano sul viso
per poi lasciarla lì, a coprirgli parzialmente gli occhi..
“Vattene,
Remus. Tu non sei innamorato di me” ripetè
atono.
Se
non fosse stato che in quell’incresciosa
situazione stava rischiando di perdere quello che con secondo lui scientifica
certezza era il grande amore della sua vita, a quel punto Remus sarebbe
scoppiato a ridere a crepapelle ribaltandosi sul letto fino ad avere i crampi
allo stomaco.
Allungò
invece una mano posandola sullo
stinco di Sirius, che finalmente sollevò due tristissimi e impotenti
occhi nella sua direzione.
“Ma
allora sei un idiota davvero…” rispose con tutta la tenerezza con
cui la parola idiota può
essere pronunciata da un uomo.
Sirius
si ritrasse incrociando le gambe e diede una pacca contrariata al cuscino
accanto a sé.
“Sì,
lo sono, e sono anche tante altre cose sgradevoli.” concordò
mesto.
Senza
sapere se fosse per via della sua componente lupesca o per una naturalissima e
comune pulsione umana, ma lui a quel punto non poté fare a meno di
seguire il prepotente istinto di lanciarsi verso l’altro e abbracciarlo.
“Odio
queste melensaggini, ma io davvero ti amo” ripetè
piano.
Sirius,
abbandonatosi in un primo momento a quell’abbraccio,
parve ripensarci e, sollevando la testa dalla sua spalla, cui l’aveva
appoggiata, lo spintonò via senza tanti complimenti.
“No.
Non c’è niente in me di amabile. Perché mai uno dovrebbe
amarmi?” domandò con amarezza.
Remus
sospirò maledicendo nella mente il viso arcigno e aristocratico di
Walburga Black, che vi aveva appena fatto capolino: la responsabile del fatto
che il suo meraviglioso figlio, per quanti sforzi compisse in tal senso e per
quanto si affannasse a dimostrare il contrario, non riusciva a scollarsi di
dosso l’appiccicosa sensazione di essere un cumulo di spiacevoli e
deprecabili qualità, un fallimento in ogni ambito e un perfetto
imbecille.
“Non
so perché uno dovrebbe amarti.
Però io ti amo” ribattè con decisione.
“E
perché?” la domanda era scivolata sottovoce fuori dalle labbra di
Sirius con un chiarissimo senso di urgenza. Remus si rese conto che
probabilmente se l’era posta un’infinità di volte.
La
sua mente prese affannosamente a lavorare, consapevole che da quel che avrebbe
detto nei seguenti cinque minuti dipendeva probabilmente la sua felicità
futura per la vita. Se la sua risposta fosse stata soddisfacente, avrebbe
potuto lasciare lo spazzolino nel bagno di Sirius e, chissà, nel giro di
qualche mese trasferirsi stabilmente lì e rassegnarsi al fatto di non
poter proprio fare a meno di lui, consegnandosi ad un avvenire caotico,
entusiasmante e stracolmo di risate, molte risate e occhi grigi. Se invece la
sua risposta fosse stata incompleta, avrebbe conosciuto la sventura e la
solitudine, diventando un povero ubriacone senzatetto e morendo abbandonato a
se stesso prima dei cinquant’anni, per
un’infezione ad una delle ferite che lui stesso, durante un plenilunio,
si sarebbe inflitto.
Lui
era intelligente. Doveva solo dire qualcosa di altrettanto intelligente.
Sirius
lo guardava speranzoso e titubante, gli occhi grigi leggermente spalancati e la
fronte corrugata, mordendosi di nuovo il labbro; Remus parve rendersene conto
solo in quel momento.
Rivolgimento
delle interiora.
“Per
come mi stai guardando” rispose sentendosi alquanto stupido e già
pensando a quanto sarebbe stata dolorosa l’infezione mortale.
“Eh?”
mormorò Sirius.
Lui
scrollò la testa, dicendosi che ormai era fatta e tanto valeva andare
avanti.
“Quando
mi guardi così, trepidante, gli occhi sembrano più grandi, e
mordendoti le labbra quella specie di fossetta che hai sulla guancia diventa
più profonda, dandoti un’aria leggermente deforme ma molto
affascinante” spiegò con una smorfia di scuse e un vago brivido di
divertimento.
Sirius
rimase immobile, guardandolo indecifrabile, ma una specie di infinitesimale
brillio gli accese lo sguardo per un istante. Qualcosa di non identificabile
ma, come dire, felpatesco.
“Non
mi interrompere finchè non ho finito.
–aggiunse Remus con fermezza, sentendo qualcosa che spingeva per venire
fuori e rendendosi conto di cosa precisamente doveva e soprattutto voleva dire in quel momento- Ti amo
perché… -iniziò, senza saper scegliere da cosa partire-
… Perché mi piace quando ridi, non si
capisce bene se stai abbaiando o ridendo davvero ma è un suono contagioso,
elettrizzante, che mi fa sentire veramente vivo. Ti amo –proseguì
più deciso ma senza guardare l’interessato- perché
qualunque sia l’argomento di una conversazione, dalle patate fritte alla
fame nel mondo, tu nel momento di massimo pathos riesci a campare lì una
delle tue stupidissime, ironiche e comiche battute da Malandrino, e quando lo
fai ti si accendono gli occhi in quel modo preoccupante e ti sistemi i capelli
dietro l’orecchio con un certo orgoglio. E ti amo per quella luce preoccupante,
che per la verità si accende in molte altre occasioni e mi fa pensare
Hogwarts, Felpato e divertimento e che è qualcosa che esiste solo nei
tuoi occhi e non in quelli di chiunque altro. Ti ho detto di non interrompermi,
Sirius. –intimò serio vedendolo aprire la bocca con occhi attenti-
Perchè sei straordinariamente scarso in cucina e quando te lo faccio
notare ti offendi tantissimo e mi mandi a cagare, e siccome sei molto
suscettibile ed infantile ti metti subito a cucinare qualcosa per dimostrarmi
che sono in errore, ma puntualmente la cosa è immangiabile e veramente
disgustosa, e siccome sei anche molto sincero non lo neghi e ti metti a ridere.
E ogni santa volta finisce che me la spalmi addosso, soprattutto in testa
così mi devo fare la doccia, e tu insisti per lavarmi la schiena.
Perché sei suscettibile, infantile e molto sincero. Perchè il
fatto che tu sia suscettibile porta appunto al fatto che ti offenda spesso, e
lo fai in un modo che non è solo estremamente divertente ma anche estremamente
sensuale, e il naso ti si arriccia come si conviene ad un buon Black e ti fa
sembrare a metà tra un ritardato e un dandy. Ti amo perché sei
estremamente divertente e sensuale, e il modo in cui ti muovi, in qualunque
momento e occasione, ha qualcosa di ipnotico e sinuoso e fa venire voglia di
rimanere seduti per l’eternità a guardarti, ma anche di portarti
in un posto comodo e esaudire ogni propria fantasia recondita. Perché
hai mani entusiasmanti e non perché sono oggettivamente delle belle mani,
ma perché il modo in cui me le passi addosso quando non ho vestiti mi fa
dimenticare che esiste un pianeta intorno a me, e riescono esattamente a farmi
quello che io sto pensando che vorrei mi facessero, ogni volta ed esattamente
con la leggerezza o la pressione che desidero io, e credo che continuando a
descrivere la cosa potrei non garantire più delle mie azioni. …
Sta’ zitto, insomma! –protestò poiché Sirius si
permise di sussurrare un accenno di sillaba- E ti amo perché il semplice
pensare a una qualsiasi delle nostre scopate mi fa sentire l’uomo
più felice del mondo, anche quando sono da solo, in mezzo al traffico,
sotto una pioggia sferzante e con la giacca rotta che non mi si chiude. Perché
ogni volta che mi permetto di mettermi a leggere qualunque libro in tua
presenza, anche se magari sono tre giorni che siamo insieme ininterrottamente,
tu dopo massimo venti minuti cominci a parlare di qualcosa di futile con quel
tono da bambino capriccioso o mongoloide che ti riesce tanto bene, poi, non si
sa bene come,va a finire che cominci a strusciarti addosso a me, e guarda caso
sei estremamente bravo a strusciarti, brutto pulcioso. Ti amo perché russi
in una maniera poco aristocratica e molto rumorosa ma ti premuri sempre di
voltarti dall’altra parte, e tra una russata e l’altra fai quei
deliziosi piccoli grugniti che riescono solo a te. –e qui Sirius
scoppiò a ridere di gusto, tra l’imbarazzato e il lusingato-
Perché quando parli di James, e presumo anche di me, ti si illumina lo
sguardo e sorridi senza volere, cominci ad annuire e gesticolare e ogni volta
concludi con è unico al mondo,
e lo dici fissando il vuoto con un’espressione assente, e io sto che stai
ripensando a qualcuna delle cazzate che avete fatto a
scuola. Perché ogni volta che
puoi dimostrarci quanto ci vuoi bene lo fai senza vergognarti, con questo tuo
modo straordinario e rarissimo di abbandonarti totalmente e in piena fiducia a
noi, e non ci hai mai lesinato abbracci e appoggio incondizionato.
Perché sei fiducioso e ingenuo come un bambino nonostante i Black. Perché
sei insicuro e spaccone a causa dei Black. Ti amo perché per quanto tu
possa ripetere che il passato è passato e non centra più con la
tua vita, sei terribilmente snob e se a tavola sbaglio bicchiere o forchetta mi
fai il culo. Perché apparentemente non prendi
niente sul serio quando in realtà non è così.
Perché a volte di dico le cose e mi sembra che tu non mi stia
minimamente ascoltando, e poi sei mesi dopo mi ripeti parola per parola tutto
quello che ti ho detto. Ti amo perché in genere, quando mi ripeti parola
per parola qualcosa che ti ho detto, è per dimostrarmi che mi
contraddico o che hai fatto una cazzata perché
te l’avevo detto io o che avevo semplicemente torto. E in quelle
occasioni stai tutto impettito, con il mento sollevato e le labbra a strette e
a me viene voglia di ridere e di buttarti sul letto e fare l’amore con
te. Perché qualunque cosa tu faccia e qualunque espressione tu abbia mi
viene voglia di buttarti sul letto e fare l’amore con te… Ancora un
momento, per favore – s’interruppe, vedendo che Sirius, ormai
agitato, fremeva per parlare e si era sporto in avanti- Ti amo perché
sei cocciuto al parossismo e per convincerti che hai torto non ce
n’è, bisogna aspettare che tu prenda la tua brava facciata in
terra. Ti amo perché quando prendi la facciata vieni da me e non mi
diresti mai che avevo ragione, ma me lo dimostri in mille piccoli modi inconsci,
come comprarmi i cioccolatini al rhum e cazzate del
genere proprio quel giorno lì e non un altro. Ti amo perché sei
scorbutico, prepotente e superbo. Ti amo perché non vuoi ammettere di
esserlo e quando te lo si fa notare inalberi quell’aria
ferita ed offesa che sai tu. Perché non ti si può far notare
nulla. Perché sei ottuso, rifiuti di cambiare le tue idee anche quando
ti si dimostra palesemente che dovresti, e ti amo perché in quei casi mi
viene voglia di spaccarti la testa contro un muro, ma poi sorrido e penso che
sei tu e che quindi è normale così. Perché, quando penso a
una qualunque delle cose che non mi piacciono di te, poi penso appunto che sei
tu e che quindi è normale così, e mi viene voglia di baciarti. Il
che non ha senso. Ti amo perché, per te e a causa di te, la
razionalissima ed equilibrata persona che sono fa e pensa un mondo di cose che
non hanno senso… -gettò un’occhiata a Sirius, sollevando lo
sguardo dalla ciabatta che aveva osservato per quasi tutto il tempo onde
evitare di perdere il coraggio per parlare e si schiarì la gola; Sirius
lo guardava imbambolato e assorto, tra l’incredulo, il pensieroso e
chissà cosa ancora- … Devo continuare? Perché ti assicuro
che l’elenco è ancora molto lungo” mormorò con un
cauto mezzo sorriso.
Sirius scosse piano la testa, guardandolo
assente.
Poi
abbassò lo sguardo con un lungo espiro e si stropicciò la
guancia.
“Sirius…?”
chiamò stupito Remus.
Ma
la voce gli mancò per un istante.
Non
aveva pianto quando a undici anni si era rotto una gamba cadendo dal letto
già di per sè alto di James, per
l’occasione levitante quasi attaccato al soffitto, né quando gli
era arrivata quella Strillettera tremenda da suo
padre zeppa di minacce, o quando era scappato di casa o quando era stato
diseredato, e neppure quando suo fratello era arrivato un pomeriggio in quella
casa per raccontargli soddisfatto quanto lui fosse disgustoso e quanto gli
facesse schifo il fatto che esistesse e che non potesse rimuovere il loro
legame fisico.
Però,
in quel momento Sirius Black stava innegabilmente
piangendo.
Lo
guardava con le lacrime che scorrevano sulle guance senza emettere un suono.
Remus
allungò le braccia per stringerlo.
“Davvero
pensi questo?” mormorò l’altro con voce nasale.
Remus
sollevò un sopracciglio e lo guardò intensamente.
“Certo
che sì” rispose con decisione.
Le
braccia di Sirius gli scattarono intorno alla vita, stringendola, e la sua
faccia gli affondò grossomodo nello stomaco. Remus si avvolse su di lui.
“E
per concludere il nostro litigio e contemporaneamente la mia dichiarazione,
sì sei un idiota e ti amo perché sei un idiota”
precisò sottovoce nel suo orecchio.
Lo
sentì ridere, e il suo fiato caldo sulla pancia lo fece rabbrividire.
“Visto
–momorò Sirius leccandosi le labbra,
mentre riemerso dall’abbraccio gli si spingeva addosso forzandolo a
distendersi- che a quanto pare sono così bravo, penso che mi
struscerò un pochino. Se non preferisci leggere, ovviamente”
soffiò contro la sua guancia.
“Ho
uno splendido libro appena iniziato –ribattè
lui tentando disperatamente e con scarsi risultati di mantenere la voce ferma,
nonostante i brividi- Ma purtroppo è rimasto di là dal…
Divano” deglutì, chiudendo gli occhi.
“E
credo che ci rimarrà a lungo” mormorò ancora Sirius con
voce roca, sfilandogli la maglia.
E
Remus, nello stordimento, pensò che al momento non si ricordava nemmeno
il titolo di quel libro.
E
non gli importava.
Nemmeno
un po’.
THE END