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Autore: AnnabelleTheGhost    21/01/2012    1 recensioni
Zoey sta correndo nei tunnel insieme ai suoi amici e ai novizi rossi. Kalona è stato appena risvegliato.
Una storia alternativa rispetto ad Hunted.
Sviluppi mai visti sulla lotta tra il Male e il Bene; tra Zoey e Neferet.
-«Io ti amo, Zoey. Qualunque cosa sia successo. I miei sentimenti non cambieranno!» disse deciso.
«Ti amo anch’io, Erik» gli mormorai. Le nostre labbra si sfiorarono e la presa di Erik divenne più stretta, più possessiva.
Sì, quello era il mio Erik.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                         The Raven Goddess
                                                                  
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-



                                                                                                               – 4 –
 
«Ehi, Zo, cosa c’è che non va?»
Rivolsi a Heath un debole sorriso. Lui mi capiva sempre, anche prima dell’Imprinting avrebbe capito se c’era qualcosa che non andava.
«Niente» gli mentii ed aprii il SUV nero.
Mi afferrò per la manica del vestito. «Qualcosa ti turba» insistè.
Facendo un po’ di forza, riuscii a liberarmi della sua presa. «Non c’è niente, Heath!»
Misi la testa dentro la macchina ma, non riuscendo a trovare niente, vi entrai.
«Piccola, non mi mentire!» disse Heath entrando anche lui nella macchina. Lo guardai torvo.
«Ah, eccola!» esultai e mi chinai per prendere la borsetta che era scivolata sotto il sedile. La aprii: carta di credito, portafoglio, carta d’identità, patente… Sì, c’era tutto. Non mancava niente!
Heath non distolse lo sguardo da me, attendendo una risposta.
Feci un piccolo sorriso. «Ero solo preoccupata di non trovare le chiavi del mio adorato Maggiolino. Sarebbe stata una bella seccatura cercare delle forcine per farlo andare!»
Mi afferrò le mani delicatamente, impedendomi di uscire. Dallo sportello aperto entrava aria gelida e neve. «Zo, non raccontare balle! Ti conosco da più di dieci anni. Saprò bene se qualcosa non va o no!»
Sospirai e alzai lo sguardo dalle nostre mani ai suoi occhi. «Non sai com’è difficile gestire tutto!»
«Sono qui per te!» disse col suo dolce sorriso. Chiuse lo sportello e, sempre tenendomi la mano, si sedette. Lo imitai.
Mi cinse le spalle col suo braccio muscoloso e in quel momento, sommersa dal profumo di casa e di infanzia, mi abbandonai a lui e incominciai a piangere come una ragazzina.
«Su, piccola, va tutto bene» mi consolò.
Strinse la presa sulle mie spalle e mi appoggiai alla sua per sfogarmi.
Con la mano libera si frugò nelle tasche e vi trasse un Kleenex. «Tieni, Zo».
Mi asciugai le lacrime e poi il naso e riuscii ad avere un po’ di contegno.
Alzai gli occhi verso il suo viso e, anche se conoscevo il suo volto a memoria, mi sembrava quasi di vederci qualcosa di diverso. Sembrava più bello, più luminoso, più… più Heath.
Forse era l’Imprinting che me lo faceva apparire in quel modo o semplicemente stavo diventando pazza – cosa da non sottovalutare con tutto lo stress che avevo accumulato.
«Zo, sei bellissima» mi sussurrò.
Sbuffai. «Heath, me l’hai detto un trilione di volte!» replicai e mi asciugai con più cura le lacrime, stando attenta a non rovinarmi il trucco.
«Anche un trilione di volte non sarà mai abbastanza» mormorò.
Sospirai. «Heath, non…»
Ma non riuscii a finire la frase poiché le parole vennero soffocate dalla sua bocca sulla mia. Mi baciò dolcemente, come una carezza.
Non dovevo farlo. Solo il giorno prima mi ero strusciata con Erik e gli avevo detto di non trattarmi come una sgualdrina ninfomane e adesso…
Ma Heath non voleva essere possessivo, non voleva fare l’amore con me… Lui voleva solo consolarmi, a modo suo, e di tranquillizzarmi che tutto andava bene e che c’era lui.
Erik non l’avrebbe mai fatto.
Strinsi le mie braccia intorno al suo collo, sperando che non rovinasse il magico momento prendendo dalla tasca quell’odiosa lametta.
«Sono disposto a dividerti con chiunque solo per poter stare con te» mi mormorò dolcemente. Chiusi gli occhi e in quel momento non diedi peso alle sue parole. Forse condividere parte del mio stress con lui – involontariamente – mi avrebbe fatto sentire meglio.
Il nostro attimo da soli fu interrotto da un rumore fuori dal SUV. Aprii gli occhi di scatto e vidi lo sportello aprirsi.
Fuori dalla macchina c’era una ragazzina che poteva avere circa la nostra età. Aveva lunghi capelli biondi ricci fino alle scapole e il suo sguardo era lunatico.
Mi staccai subito da Heath, a disagio, e arrossii come un pomodoro.
«Scusate» mormorò.
«Non ti preoccupare» risposi subito; ancora non riuscendo ad assegnare un’identità a quella ragazza.
Vidi Heath gonfiarsi come un maschio in calore e temetti che a momenti avrebbe ordinato alla pulce di sloggiare, ma per mio sollievo non lo fece. Era solo disturbato che fossimo stati interrotti.
«Devo solo vedere se c’erano delle mentine» mormorò ancora a disagio, tentennando a fare entrare la propria testa nel SUV.
Aprii la mia borsetta e le porsi delle Vigorsol. Lei le strinse nella mano e, mormorando altre scuse, chiuse il portello e se ne andò.
«Chi era quella?» chiesi.
«Non ne ho la più pallida idea» replicò il mio consorte.
Mi districai dalla sua presa. Non volevo dare una brutta impressione a quella ragazzina, da ragazza che va a pomiciare con chiunque in qualunque luogo, così mi alzai dal sedile.
Mi asciugai con la manica della felpa il trucco che si era sbavato con le lacrime e chiusi la borsa.
«Dove vai?» chiese Heath con aria preoccupata.
«A conoscere quella ragazza».
Mi afferrò il polso. «Che ti importa?» chiese con una smorfia facciale. Voleva avere un momento con me dato che ultimamente non ne avevamo avuti, ma io lo fulminai con lo sguardo: avremmo trovato un altro momento per parlarci a tu per tu.
Uscii dalla macchina ma non vidi nessuno intorno a me. Però notai delle impronte nella neve e le seguii, sentendomi tanto un segugio da caccia.
Strinsi la giacca al petto perché la temperatura si era notevolmente abbassata e mi incamminai. La trovai dopo cinque minuti buoni. Stava masticando la mentina e guardava il cielo con le mani in tasca.
«Ehi ciao!» la salutai.
Lei si voltò e mi rivolse un mezzo sorriso. «Grazie per la mentina».
«Di niente». Mi strinsi nelle spalle e mi avvicinai a lei.
Piccoli fiocchi di neve cominciarono a scendere dal cielo e turbinarono nell’aria.
«Che fai?» le chiesi per fare conversazione.
«Ascolto la notte».
Okay, forse mi stavo rivolgendo a una sciroccata, ma feci finta di niente. «Spero di non averti dato una cattiva impressione. Non sono sempre così».
Lei si strinse nelle spalle, dando segno che non le importavano i miei rapporti sentimentali. Bene, non le ero sembrata una sgualdrina.
«Che intendevi per "ascoltare la notte"?» buttai lì.
Lei si girò verso di me e il vento le fece muovere i capelli. La frangia si aprì un po’ e solo in quel momento notai che nella fronte c’era una mezzaluna rossa.
Doveva essere una novizia rossa, il che spiegava perché era entrata nel SUV. Ma non capivo perché Stevie Rae non me l’avesse presentata.
«Tu sei Zoey Redbird, vero?» chiese. Notai chenon aveva risposto alla mia domanda; dunque neanch’io avrei dovuto rispondere, ma lasciai da parte la mia parte infantile e mi comportai in modo maturo.
«Sì, sono io».
«Stevie Rae ci ha parlato molto di te. Siete molto legate…» intuì, ma non c’era l’ombra di un sorriso timido nel suo volto per la constatazione.
«Già».
 La ragazza si voltò verso il cielo che cominciava a rabbuiarsi. Tipa davvero strana!
«Il mio nome è Cherry Blossom» disse senza guardarmi.
«È il tuo vero nome?» chiesi.
Si girò e mi sorrise. Sembrava più normale quando i suoi muscoli facciali si contraevano in un’espressione normale. «No». Ci fu un attimo di silenzio e poi proseguì: «Era un soprannome che mi dava mio nonno, dovuto al magnifico ciliegio che avevamo in giardino».
Annuii. Scegliere come nome “ciliegio in fiore” poteva avere due significati: o questa ragazza era completamente fuori o era una tipa estremamente dolce.
Sperai che almeno fossero entrambi.
Alzò la testa verso un albero. Chiuse gli occhi e fischiò. Non era un normale fischiare da pecoraio o tipico dei ragazzi zotici che non sanno neanche articolare il nome del proprio amico. Sembrava il canto di un passerotto e se non fossi stata sicura al cento per cento che il suono proveniva da lei, avrei potuto affermare con sicurezza che quello era il verso di un uccellino.
Ciliegio in fiore aprì gli occhi e un piccolo uccello dall’aria infreddolita si posò sull’indice che la ragazza gli stava porgendo.
Okay, mi correggo. Questa non era un ciliegio, era una pazza Biancaneve bionda. Però il suo sguardo sembrava davvero dolce quando ammirava il piccolo volatile sul suo dito, che poi lasciò andare.
«Ti piacciono gli animali?» chiesi, cadendo nell’ovvio.
Annuì. «Da sempre. E da poco ho ricevuto l’affinità con loro». Mi guardò, stringendo gli occhi per poter far spazio nel volto a un sorriso ampissimo.
Ricambiai con un debole sorriso. «Io ho l’affinità con tutti e cinque gli elementi».
«Lo so».
Arrossii, rendendomi conto solo adesso di essere stata un po’ vanitosa, e sperai che il mio rossore fosse nascosto alla sua vista dai candidi fiocchi bianchi.
«Eccoti qua, piccola!» chiamò una voce alle nostre spalle. Girandomi vidi che, ovviamente, era Heath, che ci aveva trovate. In un attimo era già al mio fianco.
«Sta cominciando a nevicare. Non ti vorrai ammalare, vero?»
«Heath, non sei mia madre!» sbuffai. Mi girai verso Cherry e, indicandole con la mano il ragazzo accanto a me, feci le dovute presentazioni. «Lui è Heath Luck». Mi voltai verso di lui. «Heath, lei è Cherry Blossom».
«Wow, figo! Ciliegio in fiore!» disse Heath con un sogghigno stupido in volto.
La ragazza non sembrò imbarazzata e, anzi, rispose. «Wow, Heath Fortuna».
Lui non si sarebbe aspettato una risposta e quindi fu colto in contropiede ma trovò subito qualcosa da dire. «Esatto».
«Noi entriamo. Ci vediamo nei tunnel, Cherry» la salutai. Lei mi fece un cenno con la mano e poi si voltò, mettendosi a guardare nuovamente il nulla.
Ci allontanammo ed Heath mi mise la sua giacca sulle spalle e, prima che potessi lamentarmi, mi alzò il cappuccio.
«Heath, non ho bisogno della tata!» grugnii leggermente infastidita.
La neve cominciò a cadere più forte e il sibilio del vento aveva davvero impedito ad Heath di sentirmi e dunque non mi aveva ignorata. Forse.
Mi aprì la porta, lasciandoci alle spalle la nevicata. «Quella tipa è davvero strana» disse scrollandosi, come se fosse stato un cane.
Mi tolsi la giacca e gliela porsi. «Be’ sì, un po’…» mi limitai a replicare.
Scendemmo nei tunnel, dai quali avrei sperato di poter stare più lontana possibile. Non che fossero luridi come prima ma mi sentivo claustrofobica a rimanere lì dentro per un tempo prolungato.
«Ehi sfigati!»
Vidi Afrodite nel tunnel di fronte al nostro.
«Ciao Afrodite!» la salutai facendole ciao ciao con la mano.
«Cos’era quello?» chiese con una smorfia, imitando il mio gesto con la mano.
«È un saluto, Afrodite. Voi ricchi non lo fate?»
Storse il naso, come se le avessi messo un pesce puzzolente sotto il naso. «Certo che no!»
Sospirai e feci per proseguire, ma Afrodite continuò a parlare.
«Avete finalmente liberato il SUV per pomiciare?» chiese con un sogghigno.
La fulminai con lo sguardo. «In quel SUV non è stato fatto niente che ti riguardi» replicai, gelida.
«Certo, lo so. Soltanto che queste stanze – se si possono chiamare stanze quei buchi nella terra – sono completamente prive di privacy!» disse accompagnando le parole con dei gesti delle mani.
«Afrodite, che schifo!»
«Che c’è?» chiese, come se la precedente risposta fosse la cosa più normale del mondo.
«Stai attenta solo alla sciroccata!» disse Heath con un sogghigno. Mi ero quasi dimenticata che si trovava ancora lì!
«Sciroccata?» chiese lei, sorpresa.
«Lascialo stare. È solo una novizia rossa con l’affinità con gli animali» sbuffai.
«Ah! Ciliego in fiore!» Sorrise come se finalmente avesse capito il significato di una barzelletta.
«La conosci?» chiesi, stupita.
«Oh certo! Vuoi che non avessi notato quella sto-sempre-tra-le-nuvole in giro per i tunnel durante tutto questo tempo?»
«Non è carino chiamarla così. È solo un po’ eccentrica!» Non so perché la stessi difendendo dato che io in primis non avevo avuto la migliore delle impressioni su di lei. Forse perché quello che usciva dalla bocca di Afrodite sulle altre persone era sempre qualcosa di velenoso?
«Bene, noi andiamo!» disse Heath in vece mia e ci allontanammo da Afrodite, che imboccò l’altro tunnel sculettando.
Nel tunnel che stavamo percorrendo Heath ed io non si apriva nessuna “porta” e l’unico segno di vita erano i disegni di Shannoncompton sulle pareti e le luci che illuminavano debolmente il tutto.
Non sapevo proprio cosa dire, così calò un imbarazzante silenzio.
Vidi una figura avvicinarsi. Potevo intravederne solo i contorni a causa della poca luce. Mi preparai a dire ciao a un altro mio amico o a qualche altro novizio rosso. Non vedevo l’ora di entrare in una stanza tranquilla e poter non incontrare sempre gente.
Strinsi le palpebre per decifrare i lineamenti di quella persona ma non riuscivo a capire chi fosse.
Heath mi mise un braccio sulle spalle e mi strinse a sé in modo protettivo.
E fu in quel momento che vidi gli occhi penetranti di quella figura e un brivido mi percorse la schiena.
Avevo immaginato più volte quella scena ma fortunatamente non era mai avvenuta. Non potevo entrare in una stanza, dato che non ce n’erano e fare dietro-front era inutile dato che sapevo che lui ci aveva visti ormai.
Era una paura sciocca e insensata ma sapevo che tra lui ed Heath sarebbe finita male, se non fossi intervenuta prontamente.
«Ciao Zoey» mi salutò Erik e fece un piccolo sorriso sbeffeggiatorio.
Tra lui ed Heath sembrava che si stesse scatenando una silenziosa tempesta.
Tolsi il braccio del mio consorte dalla mia spalla e feci per mettermi tra i due, per evitare il peggio.
Sembravano due leoni ed uno era entrato nel territorio dell’altro.
 
Nota dell’autrice:eccovi un nuovo personaggio, che spero vi sia almeno piaciuto un pochino, o almeno che vi abbia incuriosito.
Non aspettatevi un lieve scambio di battute tra i due “fidanzati” di Zoey come nel libro perché sarà qualcosa di più importante.
Mi scuso per il ritardo ma nel mio cervello vagava una solitaria balla di fieno priva di ispirazione.
Al prossimo capitolo.
  
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